CESATI, Alessandro, detto il Greco o il Grechetto
Nato a Cipro (donde il soprannome) agli inizi del sec. XVI, in data imprecisata, da padre di origine milanese e da madre cipriota (Bertolotti, 1881, I, p. 316; Martinori, 1917, n. 9, pp. 68-69), come risulta da una lettera inviata in Cipro al commendatore Cornaro dal cardinale A. Farnese (Ronchini, 1364, p. 254), fu incisore di gemme, cammei e conî per monete e medaglie.
Trasferitosi a Roma in giovane età, seppe procurarsi in breve fama di ottimo intagliatore di gemme e di cammei. Egli divenne amico di Annibal Caro, appassionato collezionista di monete antiche, e fu da questo introdotto ai favori della corte pontificia, allora dominata dalla famiglia Farnese. La prima testimonianza della presenza del C. alla corte dei Farnese ci è fornita da una lettera del 13 ott. 1532 di A. Caro da Castro e Tolfa ai familiari di monsignor G. Gaddi (I, p. 8); in un'altra lettera del Caro al C. stesso (I, pp. 103 s.), datata da Napoli il 1º luglio 1538, si fa cenno, fra l'altro, a una gemma che il C. doveva legare in oro. Finalmente grazie all'appoggio del cardinale Farnese, nel 1540, probabilmente in aprile (Bertolotti), egli venne assunto come "Incisore e Maestro delle Stampe" presso la zecca di Roma; il primo mandato di pagamento in suo favore si riferisce a un periodo iniziato il 1º ott. 1540 (Martinori, n. 9, p. 55). Da una lettera inviata da A. Caro al C. (I, n. 46) apprendiamo che il lavoro alla zecca in quei primi mesi doveva impegnarlo notevolmente. Questo non gli impedì comunque di accettare, di lì a poco, l'incarico di preparare i conî delle monete che Ottavio Farnese, duca di Camerino, si apprestava ad emettere a proprio nome, e che dovevano essere pronti nel luglio del 1542 (Ronchini, p. 255). Il 24 dello stesso mese, per ordine dello stesso cardinale, furono "battuti 25 o 30 grossi della stampa di Camerino nuova, per vederne la mostra"; la stampa di questi grossi fu fatta presso la zecca di Roma (Ronchini, p. 255 e nota 4). Anche Pierluigi Farnese, con il quale sono testimoniati in seguito stretti legami, si rivolse al C. nel 1545 quando si trattò di preparare i conî per la moneta grossa della zecca di Castro (I. Affò, Vita di Pierluigi Farnese, Milano 1821, p. 32; Ronchini, p. 256 e nota 1). Sembra anche che Pierluigi, dietro suggerimento del suo segretario A. Caro (lettera ad A. Filareto, 30 genn. 1546), avesse intenzione di chiamare il C. a Parma per preparare i conî delle nuove monete (Affò, 1788, p. 166); è di questo periodo la medaglia con ritratto di Pierluigi, menzionata dal Vasari (p. 386), di cui però non ci è giunto alcun esemplare (Armand, 1883, p. 171 n. 1).
L'appoggio dei Farnese aveva inoltre procurato al C., forse già dal 1540, quel canonicato in Nicosia, nell'isola di Cipro, la riscossione delle cui rendite sarà motivo per lui di non pochi fastidi (Ronchini, pp. 258 s.; A. Caro, Lettere farnesiane, Milano 1807, III, n. 104). Dalla lettera inviata dal cardinal Farnese al commendatore Cornaro in Cipro apprendiamo inoltre che nell'isola viveva ancora parte della famiglia del C. e in particolare due suoi fratelli, uno dei quali bisognoso di aiuto (Ronchini, p. 254). L'8 genn. 1546 venne nominato incisore della zecca papale il parmigiano Giovan Giacomo Bonzagni, ma contro questa nomina reclamò aspramente il C., per cui, il 28 genn. 1547 il papa rese doppia la carica (Martinori, 1917, n. 9, pp. 28 s., 66 s.: anche per documenti del 10 marzo e del 3 ag. 1547). Da questo momento diventa piuttosto difficile distinguere i conî eseguiti dal C. da quelli del Bonzagni, in quanto i due incisori non usavano apporvi la propria firma (Armand, 1887, p. 76 a.I, 172, 8). Da un mandato della Tesoreria segreta, datato 12 apr. 1548, si sa però che il C. venne pagato per la fattura dei punzoni dei mezzi grossi, dei baiocchi d'argento e dei mezzi scudi d'oro (Martinori, n. 9, pp. 24, 30, 69). Poiché questi ultimi non figurano nei Capitoli della zecca, si è pensato trattarsi dei mezzi scudi coniati in Parma e Piacenza.
Avvicinandosi l'anno santo 1550, il C. si apprestava a coniare medaglie per questa occasione quando, il 10 nov. 1549, Paolo III venne a morte. Dal Vasari (p. 386) apprendiamo che per il nuovo papa, Giulio III, il C. preparò una medaglia "bellissima e rara", con al rovescio "quei prigioni che al tempo degli antichi erano ne' lor giubilei liberati". Sotto il nuovo pontefice continuò indisturbata anche la sua attività di incisore presso la zecca (Martinori, 1918, n. 10, pp. 9, 32). A partire dal 1554, nella carica di incisore della zecca papale ebbe accanto Giovan Federico Bonzagni, fratello minore di Giovan Giacomo, come risulta da un mandato di pagamento del 16 nov. 1554 (Bertolotti, 1881, p. 317). In questo periodo il C. abitava a Roma "in S. Giorgio, nelle stanze di Annibal Caro" (Ronchini, p. 254 nota 2). Un pagamento di 100 scudi d'oro è registrato il 13 giugno 1555 per la fattura dell'anello del pescatore, consegnato a Paolo IV per tramite del cardinale Farnese (Bulgari). Intanto Ottavio Farnese, che aveva riaperto la zecca di Parma, chiamò il C. a lavorarvi; sono registrati pagamenti per il 1557, 1558, 1559 (Ronchini, p. 259).
Nel 1561 il C. era nuovamente a Roma, come risulta da un mandato di pagamento emesso in data 16 ag. 1561 a favore del C. e di G. A. de Rossi per trentacinque medaglie fatte in occasione della festa di S. Pietro (Martinori, 1918, n. 10, p. 83). Ma di lì a poco passò in Piemonte, chiamatovi da Margherita di Francia, moglie di Emanuele Filiberto di Savoia. Per i duchi di Savoia fece in quella occasione una medaglia recante al dritto il busto di Emanuele Filiberto e al rovescio quello di Margherita (Armand, I, p. 173 n. 13, e III, p. 77b; Cott, p. 186; Pollard, n. 367). Nella primavera del 1562 il C. si ammalò abbastanza gravemente (Caro, III, pp. 119 s.). Nell'ottobre dello stesso anno comunque, completamente ristabilito, attendeva in Moncalieri all'esecuzione di una medaglia per la duchessa Margherita, recante al rovescio la figura di Minerva e il motto "Vertice nata Jovis" suggerito dallo stesso Caro (lettera del 16 ott. 1562, III, p. 129). Nel 1564, probabilmente senza più far ritorno a Roma, il C. si imbarcò da Venezia per Cipro. Il suo nome ritorna per l'ultima volta, in una lettera del Caro, datata da Roma il 7 ott. 1564, da cui si sa che il C. aveva mandato, da Cipro all'amico "un par di medaglie per antiche, molto belle, e con una bella vernice" ma che, a detta del Caro, erano "moderne, perché la vernice mostra di essere fresca. Del resto non possono essere meglio fatte" (III, p. 208). Si trattava probabilmente di riproduzioni di monete antiche fatte con grande abilità dal C. stesso, similmente a quanto andava facendo in quel tempo Giovanni da Cavino a Padova.
Si ignora la data di morte del C., ma essa dovette avvenire in Cipro, non molti anni dopo il suo ritorno nell'isola. In una lettera inviata da Torino il 5 giugno 1574 da tale Scaramuccia ad Ottavio Farnese si parla infatti del C. al passato, ricordandone i servigi resi al Farnese e l'intolleranza del carattere. Dalla lettera si sa inoltre che in Torino, nonostante il soggiorno piuttosto breve, egli aveva lasciato almeno un discepolo, tale Mario Romano, orefice (Ronchini, p. 260 nota 5).
Nel 1547 il C. ricordava al Vasari, tramite A. Caro (II, p. 50), "la promessa... d'immortalare ancor lui" nelle Vite, e infatti Vasari tesse altissimi elogi di questo intagliatore di cammei e incisore di conî e riferisce un giudizio altamente ammirativo espresso dallo stesso Michelangelo nei confronti di una medaglia fatta per Paolo III con al rovescio la figura di Alessandro Magno che si getta ai piedi del Gran Sacerdote di Gerusalimme (ma vedi Hill, 1920, p. 94). Oltre alla serie papale, il C. fece medaglie per i Farnese: Pierluigi, Ottavio e il cardinale Alessandro. A lui è stata attribuita anche la serie anonima delle medaglie pseudoantiche di Priamo,Didone,Alessandro Magno,Augusto, ecc. (Parkes Weber, 1897). Tra i lavori di incisione su gemme il Vasari ricorda il ritratto di Enrico II di Francia, su corniola (Leningrado, Ermitage), quello di Focione Ateniese (Londra, British Museum: ill. in Forrer), oltre a tre cammei raffiguranti un Leone, un Putto e una Donna nuda e ad opere di minore importanza. Nel Museo degli argenti in Palazzo Pitti a Firenze è conservata una testa di Giovane; gli è attribuito inoltre un cammeo con testa di Augusto nel Victoria and Albert Museum di Londra (già nella collezione Earl of Arundel: cfr. Somers Cocks).
Incisore raffinato, il C. nelle sue opere amò ispirarsi ai modelli classici, ricopiando talora i tipi delle monete romane (Panvini Rosati, 1973, p. 102). Il suo nome è il più rappresentativo fra quelli degli incisori della scuola romana dei Cinquecento, ma il suo stile risente talora di un gusto accademico un po' freddo. Solo alcune delle sue opere sono firmate. Il nome vi compare di solito in lettere greche: "A.K."; "Σ "; "Σ "; "A.E.", e, molto raramente, in caratteri latini: "ALEXAN. F."; "AL."; "A.C.".
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