SERMEI, Cesare
– Nacque a Castel della Pieve, non ancora Città della Pieve, da Ferdinando del fu Bernardino, pittore di Orvieto, e da Gismonda di Vico vasaro. Il padre si era trasferito a Castel della Pieve sin dal 1578 (Canuti, 1926, p. 289) e aveva preso dimora in una casa ottenuta dal collega e amico Cesare Nebbia in permuta della propria abitazione orvietana. L’anno seguente ebbe la figlia Laura e tre anni dopo il secondogenito, che fu battezzato il 2 giugno 1581 con il nome di Cesare, verosimilmente in omaggio proprio a Cesare Nebbia. Ferdinando ebbe altri due figli, ai quali diede il nome di Giuseppe e di Federico in omaggio ai loro rispettivi padrini, Giuseppe Cesari detto il Cavalier d’Arpino e Federico Zuccari (Pampalone, 2002, p. 37). Non è dunque escluso che Nebbia facesse da padrino di battesimo a Cesare.
Nel 1550 Giulio III del Monte aveva dato in feudo Castel della Pieve al nipote Ascanio della Corgna, che vi si fece costruire un palazzo. Alla morte di Giulio III la stella di Ascanio subì una momentanea eclissi, per poi tornare a splendere nel 1560 con l’elezione di Pio IV. In questi anni si stabilirono a Castel della Pieve numerosi pittori – Cesare Nebbia, Nicolò Circignani, detto il Pomarancio, da cui nacque Antonio, Ferdinando Sermei – che insieme al fiorentino Salvio Savini decorarono palazzo Della Corgna e altre residenze di famiglia a Perugia e nelle terre del Chiugi perugino.
È dunque errata la notizia, riferita da Giovanni Francesco Morelli (1683) e da Pellegrino Orlandi (1704), di una nascita di Cesare a Orvieto, città di origine di Ferdinando, benché in quadri giovanili Sermei si sia firmato «Orvetanus» (Pittura del ’600 e del ’700, 1980, p. 389). La prima formazione di Cesare si svolse a Orvieto, dove il padre lavorò negli ultimi due decenni del secolo alle dipendenze di Cesare Nebbia nei mosaici della facciata del duomo, nei saloni di palazzo Monaldeschi della Cervara e in altri luoghi (Tosini, 2010, p. 511). Ma, soprattutto, Ferdinando fu coinvolto a Roma nei principali cantieri sistini che ebbero per protagonista Nebbia, come la cappella di Sisto V in S. Maria Maggiore e la decorazione della Biblioteca Vaticana.
Cesare Sermei è documentato la prima volta a Roma il 15 ottobre 1602, in un atto di procura fra agostiniani (Masetti Zannini, 1974, p. 101). La primavera dell’anno seguente (17 aprile 1603) un Cesare «Germei» compare a Pavia tra gli aiuti di Nebbia, impegnato nella decorazione del salone di rappresentanza del Collegio Borromeo con episodi della vita del defunto cardinale Carlo, proclamato santo di lì a poco. Nebbia era stato chiamato a Pavia dal cardinale Federico Borromeo, e al termine della sua parte – gli affreschi del salone furono completati da Federico Zuccari – si trattenne in Lombardia ospite del cardinale, mentre Cesare Sermei tornò in Umbria, dove lo ritroviamo l’8 gennaio 1605 ad Assisi stipulare un contratto con Palmina di Nicolò Confidati per decorare «di pitture, stucco et oro» la cappella di S. Giovanni Battista nella basilica di S. Maria degli Angeli alle porte della cittadina, in adempimento alle ultime volontà del marito Bernardino Locatelli (Biviglia - Romani, 2015, p. 281).
La basilica era stata fondata nel 1569 su disegno di Galeazzo Alessi. La decorazione delle cappelle della navata ebbe inizio nel 1591 con la richiesta a Federico Barocci di una tela con l’Annunciazione per l’omonima cappella, le cui pareti furono affidate a Giovanni Battista Lombardelli. Nei primi anni del Seicento le altre cappelle della navata videro impegnati Simeone Ciburri, Baldassarre Croce, Ventura Salimbeni, Cristoforo Roncalli e Antonio Pomarancio. Non sappiamo attraverso quali canali Cesare Sermei riuscisse a ottenere la commissione della cappella Locatelli: forse per l’amicizia tra Federico Borromeo, il legato per l’Umbria Bonifacio Bevilacqua e il vescovo di Assisi Marcello Crescenzi, o forse anche per la sua personale conoscenza di Antonio Pomarancio, autore della cappella dell’Immacolata. Comunque sia, quasi tutta la squadra di pittori si era trovata in precedenza in S. Maria Maggiore a Roma e nell’abbazia di S. Pietro a Perugia, alla cui decorazione concorse anche Ferdinando Sermei (Mercurelli Salari, 2015, pp. 53-56).
Nel contratto Cesare Sermei s’impegnò a portare a termine la cappella entro due anni per un compenso di 1200 scudi. Il 7 settembre «dominus Caesar Sermeus de Urbeveteri» si accordò con Giovanni Branca da Loreto per eseguirne gli stucchi, ma i lavori seguirono a rilento e nel novembre 1610 fu stipulato un nuovo contratto con lo stuccatore Domenico di Bongiovanni da Gaeta. È probabile che lo stesso Sermei non rispettasse i termini pattuiti, ma intanto il 2 marzo 1608 si era impegnato con la confraternita dei Ss. Giacomo e Antonio di Assisi per dipingere una tela destinata all’oratorio di S. Caterina.
Contrariamente agli altri pittori forestieri coinvolti nel cantiere di S. Maria degli Angeli, Sermei si fermò ad Assisi, vi prese moglie e vi portò i propri fratelli, compreso il padre Ferdinando, che amministrò i beni di famiglia fino alla morte, avvenuta entro l’aprile 1635. Sposata una donna del posto, Elisabetta di Bernardino di Camillo, dalla quale non ebbe figli, Cesare non lasciò più Assisi e ne chiese la cittadinanza, che gli venne concessa il 3 luglio 1611 in cambio di «una cona o quatro»: è la tela conservata nella Pinacoteca comunale di Assisi, che ritrae S. Francesco morente e benedicente Assisi, datata 1626, ma in realtà del 1616 (Mercurelli Salari, 2015, pp. 141-143). La cittadinanza assisana fu anche una conseguenza del ruolo centrale che Sermei venne ad assumere nel rinnovamento tridentino della città di s. Francesco, proponendosi come un ideale prosecutore di un francescanesimo delle origini, dove il recupero di una «formula di pittura devota, sostanziata dal recupero di modelli più antichi o decisamente arcaici, da Giotto all’Alunno, da Signorelli allo Spagna, assume valore testimoniale di uno specifico clima religioso locale nel primo Seicento» (Sapori, 1989, p. 886). In questo ruolo, Cesare ottenne il titolo di cavaliere di Cristo da Urbano VIII con breve del 28 novembre 1635 (Frondini, 2007, p. 177).
Con la morte di Dono Doni, avvenuta nel 1575, Assisi si era venuta a trovare sprovvista di pittori locali, nonostante la forte richiesta d’immagini seguita alla conclusione del Concilio di Trento per la costruzione di nuove chiese e numerose residenze nobiliari. In un primo tempo la domanda fu soddisfatta con la chiamata di pittori forestieri, ma fu la residenza stabile di Sermei a invertire questa situazione, dando origine a una sorta di scuola locale, composta da pittori legati da rapporti di parentela o di discepolato – Cesare Sermei, Vincenzo Giorgetti, Giacomo Giorgetti, Girolamo Martelli, Girolamo Marinelli – che operarono in regime di monopolio per l’intero Seicento.
Nell’agosto 1609 i frati del Sacro Convento avevano commissionato al pittore senese Marcantonio Grecchi una nuova decorazione della cappella di S. Antonio di Padova nella chiesa inferiore di S. Francesco (Mercurelli Salari, 2015, p. 57). Per una ragione inspiegabile la commissione passò a Sermei, che il 5 dicembre 1610 rilasciò quietanza al custode Ignazio Vanzini per il saldo dei lavori. Nel 1623 Sermei dipinse la tribuna absidale alle spalle della tomba del santo, con un grandioso Giudizio finale datato 1623, in sostituzione di un affresco giottesco lodato da Vasari. Tra il 1630 e il 1634 – insieme a Giacomo Giorgetti – affrescò la Gloria di Francesco nelle volte della sacrestia inferiore, subentrando a una commissione che il vescovo Marcello Crescenzi aveva offerto al pisano Orazio Riminaldi. Tra il 1645 e il 1647 dipinse la volta e le pareti del nartece d’ingresso, insieme a Girolamo Martelli. Pian piano la parte svolta da Sermei eguagliò per estensione l’opera di Giotto e lasciò una profonda impronta nel programma decorativo della tomba di s. Francesco.
Negli stessi anni Sermei si servì di Assisi come base per espandere la propria attività in altre città della Valle Umbra, imponendosi per le sue qualità di abile frescante secondo l’insegnamento paterno. Intorno al 1610 dipinse il Trionfo delle virtù francescane e un Miracolo della beata Pacifica di Assisi nella chiesa delle Clarisse di Vallegloria a Spello, insieme al mevanate Ascensidonio Spacca detto il Fantino e a Marcantonio Grecchi. Nel 1612 fu chiamato a Todi, dove affrescò una cappella nella chiesa del convento francescano di Montesanto. Nel 1620 affrescò l’intera chiesa di S. Caterina Vecchia di Perugia, patronato della famiglia perugina degli Oddi, salvo il presbiterio decorato con affreschi di Cristoforo Roncalli (Teza, 1983). Negli stessi anni gli fu richiesta una decorazione pressoché identica per l’oratorio delle monache benedettine di S. Maria Maddalena in Porta S. Pietro a Perugia. Sempre a Perugia, in data posteriore, dipinse le volte dell’oratorio dei Nobili nella chiesa del Gesù.
Ma fu soprattutto Assisi la città dove Sermei esercitò gran parte dell’attività, lavorando al servizio delle diverse famiglie in cui si era diviso l’ordine francescano nel corso del XVI secolo. Per i frati minori conventuali, dopo le cappelle nella basilica papale di S. Francesco, dipinse nella chiesa di Rivotorto un ciclo di tele con episodi della vita di s. Francesco (1653). Per i frati minori del convento della Porziuncola a S. Maria degli Angeli, dipinse la cappella di S. Giovanni e la cappella del Terz’Ordine, in compagnia di Giacomo Giorgetti (1630-40). Per i minori riformati della Chiesa Nuova, costruita al posto della casa paterna di s. Francesco, la pala d’altare e le pareti del presbiterio con storie dei martiri francescani del Marocco e delle Fiandre (1628 circa), dividendo l’impresa con Vincenzo Giorgetti, che dipinse una cappella con i martiri francescani del Giappone e di Ceuta, e con il figlio di lui Giacomo, che dipinse una cappella con la Condanna dei progenitori e la Nascita di Maria. Per la chiesa di S. Antonio di Padova del terz’ordine regolare di s. Francesco la volta del presbiterio con storie del santo (1640 circa). Unica eccezione furono i frati cappuccini, che per la loro chiesa di S. Antonio Abate si servirono di Durante Alberti da Sansepolcro.
A questi cicli di affreschi vanno sommate le numerose tele dipinte da Sermei per la cattedrale di S. Rufino e ora conservate nel Museo annesso, per gli oratori delle fraternite e in numerosi conventi femminili.
Sermei morì ad Assisi il 3 gennaio 1668 e fu sepolto nel cimitero della parrocchia di S. Rufino (Beviglia - Romani, 2015, p. 304).
Fu per natura un pittore conservatore e restò a lungo fedele ai modelli tardomanieristi appresi in gioventù da Cesare Nebbia. Negli anni venti del Seicento si aprì a un timido naturalismo, guardando all’attività umbra di Noël Quillerier e di Orazio Riminaldi. Ottenne i risultati migliori negli sfondi paesistici che si aprono luminosi nei suoi quadri di storia sacra, come nelle tele con soggetti francescani a Rivotorto, o nelle grandi scene di mercato, oggi in collezioni private.
Fonti e Bibl.: G.F. Morelli, Brevi notizie delle pitture e sculture che adornano l’augusta città di Perugia, Perugia 1683, p. 161; P.A. Orlandi, Abecedario pittorico contenente le notizie de’ professori di pittura, scoltura ed architettura, Bologna 1704, p. 123; A. Cristofani, Delle storie di Assisi, Assisi 1902, pp. 401-410; R. Maiocchi - A. Moiraghi, Gli affreschi di C. Nebbia e di F. Zuccari nell’Almo Collegio Borromeo di Pavia, Pavia 1908, pp. 18, 30; F. Canuti, Nella patria del Perugino: note d’arte e di storia su Città della Pieve, Città di Castello 1926, p. 289; G.L. Masetti Zannini, Pittori della seconda metà del Cinquecento in Roma, Roma 1974, p. 101; F. Todini - B. Zanardi, La Pinacoteca Comunale di Assisi, Firenze 1980, pp. 125 s.; Pittura del ’600 e del ’700. Ricerche in Umbria, a cura di L. Barroero, et al., II, Treviso 1980, p. 389; L. Teza, La pittura a Perugia nel primo Seicento: note sul Roncalli e sul Sermei, in Esercizi, VI (1983), pp. 48-61; G. Sapori, Una fatica di C. S., in Prospettiva, 1984, n. 33-36, pp. 194-201; E. Lunghi, Il Museo della cattedrale di San Rufino ad Assisi, Assisi 1987, pp. 188-198; G. Sapori, S., C., in La pittura in Italia. Il Seicento, a cura di M. Gregori - E. Schleier, II, Milano 1989, pp. 886 s.; B. Toscano, La pittura in Umbria nel Seicento, ibid., I, pp. 361-381; E. Lunghi, Tematiche e committenze pittoriche in età barocca, in Assisi in età barocca, a cura di A. Grohmann, Assisi 1992, pp. 367-388; P. Tosini, Ferdinando Sermei, in Roma di Sisto V. Le arti e la cultura, a cura di M.L. Madonna, Roma 1993, p. 544; G. Sapori, S., C., in Dizionario della pittura e dei pittori, a cura di E. Castelnuovo - B. Toscano, V, Torino 1994, p. 158; Raccolte Comunali di Assisi. Disegni, a cura di G. Sapori, I, Perugia 2001, passim; A. Pampalone, Ferdinando Sermei: i restauri del 1599 nella Corsia Sistina e una nota sulla sua attività nelle tenute di Santo Spirito, in Il veltro, XLVI (2002), n. 1-4: L’antico ospedale di Santo Spirito dall’istituzione papale alla sanità del terzo millennio. Atti del convegno internazionale di studi... 2001, pp. 35-55; P. Tosini, La decorazione nei palazzi orvietani nel secondo Cinquecento, in Storia di Orvieto. Quattrocento e Cinquecento, a cura di C. Benocci - G.M. Della Fina - C. Fratini, III, t. 2, Pisa 2010, pp. 489-515; F.A. Frondini, Famiglie di Assisi. Trascrizione del manoscritto n. 29 dell’Archivio del Capitolo della cattedrale di S. Rufino di Assisi, a cura di M. Gasperini, Assisi 2007, p. 177; M. Beviglia - F. Romani, Le fonti archivistiche, in E. Lunghi - P. Mercurelli Salari, C. S. pittore devoto nell’Umbria del Seicento, Foligno 2015, pp. 277-304; P. Mercurelli Salari, Del cavalier C. S., ibid., pp. 49-99; Ead., Catalogo delle opere, ibid., pp. 101-273.