ROSSETTI, Cesare
– Pittore e mosaicista, fu figlio di un Giacomo, anch’egli pittore, il cui nome compare in relazione a quello del figlio in un documento di battesimo (Vodret, 2011, p. 261). Ignota è la sua data di nascita, collocabile presumibilmente nel settimo decennio del Cinquecento. Alle sue origini romane allude, invece, Giovanni Baglione nel succinto medaglione biografico a lui dedicato entro Le vite de’ pittori, scultori et architetti (1642). La biografia artistica di Rossetti è indissolubilmente legata a quella del suo maestro, Giuseppe Cesari, detto il Cavalier d’Arpino, con il quale collaborò durante tutto il corso della sua carriera emulandone lo stile. L’incontro tra i due artisti non è documentato ma dovette avvenire attorno alla fine degli anni Settanta, quando, secondo la testimonianza di Baglione, entrambi operarono nei cantieri avviati a Roma per volere del pontefice Sisto V (Baglione, 1642, 1995, I, p. 294 [196]).
La mano di Rossetti non è stata identificata in alcuno dei molti dipinti dei cicli sistini, nell’ambito dei quali è probabile che rivestisse un ruolo di secondo piano.
È sempre Baglione a menzionarlo tra i lavoranti della villa suburbana dei Farnese, a Caprarola, dove dovette operare a servizio di un tale Bartolomeo, «pittore del cardinale» Alessandro (ibid.), personaggio che potrebbe identificarsi con il poco noto fiorentino Bartolomeo Sogliani (Di Muro, 2012-13, pp. 9, 42-48).
Con quest’ultimo avrebbe anche collaborato alla perduta decorazione dell’aula magna e dell’aula di teologia del Collegio romano. In una nota del 21 aprile 1584 del Libro delle spese della fabbrica del Collegio, infatti, sono ricordati i pittori Cesare e Bartolomeo, identificati da Pietro Pirri (1970) e Claudia Cerchiai (Il Collegio romano, 2003) come Rossetti e Sogliani.
Dalla fine degli anni Ottanta risulta tra i collaboratori stabili della bottega di Giuseppe Cesari, nell’ambito della quale fu incaricato dell’esecuzione (e in alcuni casi dell’ideazione) di intere porzioni delle numerose imprese pittoriche commissionate al maestro. Nella cappella Olgiati in S. Prassede la sua mano è stata riconosciuta nei monocromi con le Storie della Passione di Cristo (1593-95; Baglione, 1642, 1995, I, p. 294 [196]; Röttgen, 2002, p. 274); nel salone del palazzo dei Conservatori in Campidoglio negli ovali con scene della storia di Roma che ornano lo zoccolo delle pareti (1596-1639; Baglione, 1642, 1995, I, p. 294 [196]; Röttgen, 2002, p. 295); in S. Giovanni in Laterano negli apparati ornamentali che incorniciano i grandi affreschi del transetto (1599-1600; Baglione, 1642, 1995, I, p. 294 [196]; Röttgen, 2002, p. 326). Fu inoltre incaricato da Cesari di portare a compimento interi cicli decorativi a lui commissionati. È il caso degli affreschi che decorano la cappella di S. Barbara (o dei Bombardieri) in S. Maria in Traspontina, dove il pittore è ricordato da Baglione (1642, 1995, I, p. 295 [197]), da Giovanni Battista Mola (1663, 1966, p. 185) e da Carlo Fea (1824) come autore delle pitture delle pareti.
Mentre Röttgen ha riferito a Rossetti solo alcune delle scene della vita di s. Barbara dipinte sui muri del sacello, attribuendo le restanti al fratello minore dell’Arpino, Bernardino Cesari, più recentemente chi scrive ha assegnato al pittore l’intero ciclo e restituito sempre a lui il progetto su carta per l’episodio con S. Barbara davanti al giudice (Bolzoni, 2016, p. 57).
Fu autore degli affreschi della cappella Sannesi in S. Silvestro al Quirinale (S. Stefano davanti al sinedrio, Lapidazione di s. Stefano, 1604-05), così come lo fu di quelli del sottarco nella cappella Benigni in S. Maria della Pace (S. Giovanni Evangelista a Patmos, S. Giovanni Evangelista condotto alla tomba, S. Giovanni Evangelista beve il veleno al cospetto del tiranno, 1611-19). In collaborazione con altri artisti, partecipò a imprese decorative di ampio respiro. Le fonti lo ricordano al principio del Seicento tra i pittori impegnati nella decorazione a fresco di uno dei chiostri, oggi distrutti, del convento annesso alla chiesa di S. Maria in Aracoeli (Baglione, 1642, 1995, I, p. 295 [197]; Casimiro da Roma, 1736), dove avrebbe dipinto undici lunette istoriate, delle quali, tuttavia, non si conoscono i soggetti. Al 1607, invece, risalgono gli affreschi eseguiti nell’appartamento pontificio al secondo piano del palazzo vaticano di Sisto V (il cosiddetto appartamento novo), accanto alle sale Clementina e del Concistoro. I fregi che decorano le stanze furono affidati congiuntamente a Rossetti e a Ranuccio Semprevivo, Pasquale Cati e Gaspare Celio, che realizzarono i dipinti sotto la direzione di Giovan Battista Crescenzi, intestatario degli acconti versati per i lavori della Camera apostolica fra il gennaio del 1607 e l’ottobre dello stesso anno (Fumagalli, 1996). A Rossetti vanno riferite due delle figure allegoriche che affiancano lo stemma pontificio nella sala degli Scultori, uno degli angeli che accompagnano le armi di Paolo V Borghese nella biblioteca, uno dei dottori della Chiesa nella sala degli Evangelisti e, nello stesso ambiente, quattro episodi del fregio con le Storie di s. Paolo (la Chiamata di Paolo, Paolo e Barnaba ad Antiochia di Pisidia, Paolo a Malta, la Decollazione di Paolo), questi ultimi già attribuiti alla cerchia del Cavalier d’Arpino e restituiti all’artista da Elena Fumagalli (Pugliatti, 1978, pp. 62 s.; Fumagalli, 1996).
Seppure gli affreschi vaticani di Rossetti si dimostrino stilisticamente prossimi alla contemporanea produzione dell’Arpino, essi si caratterizzano per uno spiccato gusto per la descrizione del dato naturale raramente presente nell’opera di Cesari, al punto da poter fare ipotizzare che le vedute di paesaggio furono realizzate non da Rossetti ma da un collaboratore.
Assieme alla stessa squadra di pittori che collaborò in Vaticano, fu impegnato alla decorazione di un’ala del palazzo pontificio al Quirinale, appena costruita sotto la direzione di Flaminio Ponzio. Al 1609 risalgono i pagamenti erogati in favore di Rossetti e dei suoi colleghi per la decorazione a fresco di due ambienti con fregi, oggi perduti, rappresentanti putti, figure allegoriche, stemmi papali e riquadri con Storie di Abramo e illustrazioni delle opere edilizie promosse durante il pontificato di Paolo V (Il patrimonio artistico del Quirinale, 1993, p. 9). Sempre nel palazzo del Quirinale, nel 1616 fu responsabile della decorazione della sala delle Virtù, nella quale la sua mano è identificabile nelle figure allegoriche e nei putti che affiancano i finti cartigli entro i quali sono dieci paesaggi, questi ultimi riferibili forse a un suo collaboratore (Fumagalli, 1996, p. 345).
I paesaggi del Quirinale ricordano quelli con le storie di s. Paolo realizzati in Vaticano nella sala degli Evangelisti, dai quali, tuttavia, si discostano per la totale assenza di figure e azione.
La familiarità con il Cavalier d’Arpino e con l’ambiente di Crescenzi gli permise di ottenere altri importanti incarichi lavorativi. Nel 1608 Cesari e Crescenzi sottoscrissero in veste di supervisori il contratto stipulato con un gruppo di mosaicisti – tra i quali spiccano i nomi di Rossetti e di Semprevivo – per i lavori della cupola della basilica di S. Pietro (Röttgen, 2002, p. 362; Pupillo, 1995), dove lo ricorda infatti Baglione (1642, 1995): «co’ cartoni del detto Cavaliere, lavorò anche ne’ musaici della gran cupola di S. Pietro in Vaticano, et assai con lode, e con guadagno vi si affaticò, et avanzossi ai meriti della sua stima» (I, p. 295 [197]). Come mosaicista e frescante lavorò anche presso la chiesa di S. Cesareo sull’Appia, restaurata e ridecorata in occasione del giubileo del 1600. Qui, assieme a Baldassarre Croce e Andrea Lilio, realizzò parte della decorazione pittorica delle pareti: ai suoi pennelli, infatti, sono da riferire alcune delle figure dei santi che inframmezzano i riquadri con le vite dei ss. Cesareo e Ippolito, l’affresco con S. Cesareo condotto davanti al prefetto, la calotta interna del ciborio con angeli e ai lati i quattro dottori della Chiesa, e le due coppie di angeli con corone e ghirlande nei triangoli dell’arco absidale (Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Bruzio, [1655-1679]; Röttgen, 2002, pp. 328 s.). Nel 1609, su cartone di Cesari, Rossetti, assieme a Semprevivo, eseguì in Vaticano il mosaico che sovrasta la porta degli Svizzeri (p. 383).
Rossetti fu autore di opere in proprio. La sua attività di frescante di facciate è oggi testimoniata unicamente dalle pagine di Baglione (1642, 1995, I, p. 295 [197]), che ricorda l’artista come autore della «figura a man diritta dell’arme del pontefice, con due puttini» di palazzo Verospi in via del Corso, oggi scomparsa, e della «storia della Sibilla, che mostrò all’imperatore Ottavio Augusto la Nostra Donna col figliuolo Gesù in braccio, ed altre figure, con diversi ornamenti», anch’essa scomparsa, dipinta sul prospetto di uno dei palazzi che si affacciavano sulla salita di Montecavallo e di cui rimane testimonianza grazie a un foglio conservato presso il Fitzwilliam Museum di Cambridge (Scrase, 2011; Bolzoni, 2013).
Oltre che di grandi opere pubbliche, Rossetti fu autore di diversi dipinti di destinazione privata, per lo più opere devozionali, che dimostrano le sue discrete capacità di pittore ma anche il limitato talento inventivo che lo costrinse a operare sulla traccia delle più tipiche composizioni del Cavaliere, apertamente citate a modello nella disposizione delle figure nello spazio e nelle attitudini dei personaggi. Tra i quadri da stanza di medio e piccolo formato si ricordano il S. Giorgio del Walters Art Museum di Baltimora, il Martirio di s. Stefano del Musée des beaux-arts di Nantes (Sarrazin, 1994), una Madonna con il Bambino e angeli, un papa, s. Chiara e due francescane delle Staatsgemäldesammlungen di Monaco, una Predica di s. Giovanni al Palais Fesch - Musée des beaux-arts di Ajaccio (Bolzoni, 2013), un S. Lorenzo tra i poveri e gli ammalati (già Sotheby’s, 1993), una Madonna con il Bambino e s. Girolamo (già Sotheby’s, 1999), oltre a una Madonna con il Bambino tra i ss. Agostino e Lorenzo e tre angeli di collezione privata, recentemente restituitagli (Mancini, 2012).
Se sconosciuta è la data di nascita di Rossetti, alcune considerazioni possono essere avanzate riguardo a quella della sua scomparsa, che Baglione ricorda avvenuta durante il pontificato di Urbano VIII (1623-44). Rossetti, infatti, si spense a Roma a una data che andrà sicuramente collocata tra il 16 giugno 1626, quando partecipò a una delle congregazioni dell’Accademia di S. Luca, e il 10 dicembre 1627, quando fu redatto l’inventario post mortem dei suoi beni (Nicolai, 2008).
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, G.A. Bruzio, Theatrum Romanae Urbis sive Romanorum sacrae aedes... [1655-1679], Vat. lat. 11885, fol. 143.
G. Baglione, Le vite de’ pittori, scultori et architetti... (1642), a cura di J. Hess - H. Röttgen, I, Città del Vaticano 1995, pp. 294 s. [196 s.], II, 1995, p. XII, III, 1995, C6040, C7032, 7826; G.B. Mola, Breve racconto delle miglior opere d’architettura, scultura et pittura fatte in Roma et alcuni fuor di Roma (1663), a cura di K. Noehles, Berlin 1966; F. Titi, Studio di pittura, scoltura et architettura nelle chiese di Roma, Roma 1674, passim; Casimiro da Roma, Memorie istoriche della chiesa e convento di S. Maria in Araceli di Roma, Roma 1736, p. 445; C. Fea, Descrizione di Roma e suoi contorni, Roma 1824, p. 9; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIX, Leipzig 1935, p. 48; P. Pirri, Giuseppe Valeriano S.I.: architetto e pittore..., Roma 1970, pp. 70, 279; Il Cavalier d’Arpino (catal.), a cura di H. Röttgen, Roma 1973, p. 54; T. Pugliatti, Agostino Tassi fra conformismo e libertà, Roma 1978, pp. 62 s.; J.A. Gere - Ph. Pouncey, Italian drawings in the Department of prints and drawings in the British Museum. Artists working in Rome c. 1550 to c. 1640, I, London 1983, p. 160; Il patrimonio artistico del Quirinale. Pittura antica: la decorazione murale, a cura di L. Laureati - L. Trezzani, Milano 1993, pp. 7, 9, 136-141; Roma di Sisto V. Le arti e la cultura, a cura di M.L. Madonna, Roma 1993, p. 257; B. Sarrazin, Catalogue raisonné des peintures italiennes du Musée des beaux-arts de Nantes, XIIIe-XVIIIe siècle, Nantes 1994, p. 232, cat. 180; M. Pupillo, in La regola e la fama: san Filippo Neri nell’arte (catal., Roma), a cura di C. Strinati, Milano 1995, pp. 512 s.; E. Fumagalli, Paolo V Borghese in Vaticano. Appartamenti privati e di rappresentanza, in Storia dell’arte, 1996, n. 88, pp. 341-370; A. Cirinei, Conflitti artistici, rivalità cardinalizie e patronage a Roma tra Cinque e Seicento. Il caso del processo criminale contro il Cavalier d’Arpino, in La nobiltà romana in età moderna, a cura di M.A. Visceglia, Roma 2001, pp. 255-305; H. Röttgen, Il Cavalier Giuseppe Cesari d’Arpino. Un grande pittore nello splendore della fama e nell’incostanza della fortuna, Roma 2002, passim; Il Collegio romano dalle origini al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, a cura di C. Cerchiai, Roma 2003, p. 207; F. Nicolai, Mecenati a confronto. Committenza, collezionismo e mercato dell’arte nella Roma del primo Seicento. Le famiglie Massimo, Altemps, Naro e Colonna, Roma 2008, pp. 200 s., 208, n. 107; D. Scrase, Italian drawings at the Fitzwilliam Museum, Cambridge: together with Spanish drawings, Cambridge 2011, pp. 571 s., cat. 601; R. Vodret, Alla ricerca di Ghiongrat: studi sui libri parrocchiali romani (1600-1630), Roma 2011, pp. 45, 117, 261 s.; F.F. Mancini, Un’opera firmata di C. R., in Mosaico. Temi e metodi d’arte e critica per Gianni Carlo Sciolla, a cura di R. Cioffi - O. Scognamiglio, I, Napoli 2012, pp. 119-124; M. Di Muro, La vita e le opere di C. R. pittore romano, tesi di laurea magistrale, Università degli studi Roma Tre, a.a. 2012-13 (relatore prof. Maria Cristina Terzaghi); M.S. Bolzoni, C. R., «amico» del Cavalier d’Arpino: un nuovo dipinto e alcune note sull’opera grafica, in Storia dell’arte, 2013, n. 136, pp. 46-65; Id., Connoisseurship e disegno: il caso della «compagnia» di Giuseppe Cesari d’Arpino, in Il metodo del conoscitore. Approcci, limiti, prospettive, a cura di A. Aggujaro - S. Albl, Roma 2016, pp. 49-66.