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PASCARELLA, Cesare

di Salvatore Rosati - Enciclopedia Italiana (1935)
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PASCARELLA, Cesare

Salvatore Rosati

Poeta dialettale e pittore, nato a Roma il 24 aprile 1858. La sua attività iniziale fu prevalentemente di pittore e disegnatore; fu uno degli esponenti più significativi del gruppo detto "i XXV della Campagna romana" e si specializzò come animalista (ha dipinto innumerevoli asinelli). Tale sua attività si svolse, intorno al 1880, a contatto con gli artisti e i letterati che si raggruppavano intorno all'editore A. Sommaruga e al Capitan Fracassa. Appunto su questo giornale apparvero i primi sonetti del P. in dialetto romanesco e altri che poi cominciarono a essere pubblicati anche in piccoli volumi: Er morto de campagna e La serenata (Roma 1882, più volte ristampati), il primo dei quali edito dallo stesso Sommaruga. A consacrare definitivamente la fama di poeta del P. vennero poi i 25 sonetti di Villa Gloria (come il P. trasformò il nome di Villa Glori: Roma 1885 e ristampe). In un giudizio, in seguito riprodotto come prefazione a questi sonetti, G. Carducci affermò la profonda originalità del P. e la natura epica dei sonetti di Villa Gloria. Effettivamente, il P. appare ora nel pieno possesso di un suo linguaggio e di una sua tecnica e può cimentarsi in un'opera di più lunga lena, come i 50 sonetti de La scoperta de l'America (Roma 1893 e numerose ristampe).

Sotto le molte trovate umoristiche sparse, all'infuori di Villa Gloria, nei suoi sonetti, il sentimento del poeta è essenzialmente serio e tende anzi verso un fondo di tristezza, che dimostra come il suo atteggiamento non sia, in definitiva, di satira negatrice, ma di sincera adesione. Analogamente, nonostante l'abbondanza dei motti di spirito, il P. non è un poeta epigrammatico, ma ha bisogno di sviluppi rappresentativi e riesce benissimo a raccontare senza nulla perdere nell'intensità del tono lirico. È la sua stessa visione che, a differenza di quella di G. G. Belli, tende a rappresentare lo svolgimento nel tempo, e di qui, oltre che dalla perfetta capacità di rivivere la situazione quale a lui apparve, derivano l'intima vitalità e la singolare efficacia di Villa Gloria. In questi sonetti sono scomparse le pur poche incertezze che si notavano nella struttura dei primi da lui composti, e il verso assume una grande intensità di rilievo, anche perché, sull'esempio del Belli, il P. evita, come alieni al dialetto, inversioni di costrutto e enjambements, ai quali ultimi non ricorre se non per ottenere determinati effetti. Ma del dialetto egli non ha fatto un fine a sé stesso: nella parlata romanesca ha trovato soprattutto un elemento intimamente congeniale alla sua sensibilità. Perciò nella sua poesia il dialetto ha tutta l'immediatezza dell'espressione naturale, nonostante il lunghissimo lavoro a cui, con senso critico molto sottile, il P. assoggetta i suoi versi, portandoli a un'aderenza perfetta ai minimi moti del suo animo, a un'ampiezza, dignità ed espressività di suono, che pongono tutte le varie collane di sonetti fin qui citate al livello della migliore poesia dialettale italiana. Da molti anni il P. lavora intorno a una numerosa serie di sonetti nei quali si propone di rivivere la storia d'Italia.

L'effettivo valore della sua opera poetica contribuisce a tenere in ombra le sue prose, piene di un umorismo che talvolta è fine a sé stesso, ma ricche anche di scene, tipi e notazioni di paesaggio assai belli. Si citano; Il manichino (conferenza umoristica, Roma 1885); Le memorie di uno smemorato (ivi 1910); Viaggio in Ciociaria (Napoli 1914), dei quali volumi nessuno è in dialetto.

Dal 23 ottobre 1930 il P. fa parte della R. Accademia d'Italia.

Ediz.: Sonetti, nuova ristampa riveduta dall'autore (Torino 1911 e numerose ristampe successive); Poesie disperse, raccolte e annotate da E. Provaglio (Roma 1919); Prose (Torino 1920).

Bibl.: G. Carducci, Opere, III, pp. 442-43; E. Bovet, in Nuova Antologia, 1889; P. Mastri, Su per l'erta, Bologna 1903; B. Croce, La letteratura della nuova Italia, II, 3ª ed., Bari 1929; C. Pellizzi, Le lettere italiane del nostro secolo, Milano 1929, pp. 186-187; A. Bizzarri, Vita di C.P., in Quadrivio, 1° ott.-19 nov. 1933.

Vedi anche
Trilussa Pseudonimo anagrammatico del poeta in dialetto romanesco Carlo Alberto Salustri (Roma 1871 - ivi 1950). Autore di sonetti, nei quali raffigurò la Roma borghese e piccolo borghese, Trilussa abbandonò assai presto, quasi completamente, questa forma espressiva, per passare alla creazione, intorno al 1907, ... Adolfo Giaquinto Poeta dialettale italiano (Napoli 1847 - Roma 1937); visse sempre a Roma. Cuoco di professione, si occupò di culinaria anche in libri (La cucina di famiglia, 1901; ecc.) e giornali. Diede un vivo impulso alla poesia romanesca, compilando per parecchi anni, con L. Zanazzo, il periodico Rugantino e fondando ... Enrico Còleman Còleman, Enrico. - Pittore italiano (Roma 1846 - ivi 1911), figlio del paesaggista inglese Charles (m. Roma 1874). Prediligendo l'acquerello, dipinse soprattutto paesaggi della campagna romana. Ebbe contatti con O. Carlandi, A. Castelli, N. Costa e A. Raggio, per un breve periodo si avvicinò anche a ... Enrico Cairòli Cairòli, Enrico. - Patriota (Pavia 1840 - Villa Glori 1867), quarto dei figli di Carlo e di Adelaide Bono; cacciatore delle Alpi nel 1859, uno dei Mille nel 1860, si distinse a Calatafimi, e a Palermo fu gravemente ferito. Nel 1862 partecipò alla spedizione di Aspromonte, nella guerra del 1866 alla battaglia ...
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Vocabolario
Céṡare
Cesare Céṡare s. m. – 1. Titolo distintivo degli imperatori romani, derivato dal cognome del generale, triumviro e dittatore Gaio Giulio Cesare (100 o 102 - 44 a. C.). 2. Nell’Impero bizantino, in origine titolo dell’imperatore associato...
cèṡio¹
cesio1 cèṡio1 agg. [dal lat. caesius «grigio azzurro, verdastro»], letter. – Azzurro chiaro, celeste, detto per lo più degli occhi: gli occhi tuoi cesii (D’Annunzio); come s. m., il c., il colore cesio.
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