PAGANI, Cesare
PAGANI, Cesare. – Nacque a Milano nel 1634 da Francesco e da Isabella Foppa dei marchesi di Borgovercelli.
Francesco aveva ereditato dal padre Cesare un discreto patrimonio, tra cui alcuni terreni situati in località Rovello, nella Pieve di Appiano. Tuttavia il pacifico possesso di essi fu contestato da un certo Carlo Agostino Pagani che riteneva di essere il legittimo discendente dell’avo Giovanni Ambrogio: solo dopo lunga lite si venne a una composizione, sottoscritta da Cesare, figlio e successore di Francesco (Milano, Arch. storico civico, Famiglie, cart. 1098). La famiglia della madre era invece cospicua, radicata in Piemonte, ma con buona collocazione a Milano e con entrature nell’Impero: Maffeo Foppa era stato infatti auditore alla corte cesarea nel 1489 per conto degli Sforza. In seguito Agosto Foppa, nonno materno di Cesare, «ebbe officio militare al servizio del re cattolico in Piemonte, ove crebbe il lustro alla sua famiglia» (Teatro genealogico..., 2003, I, p. 365). Uno dei suoi figli, Carlo, fu tenente generale delle truppe spagnole e soldato di grande fama; un altro, Cesare, fu capitano al servizio spagnolo in Lombardia. Il figlio di quest’ultimo, Agosto, colonnello delle armate imperiali, ottenne nel 1683 il titolo cesareo di marchese, trasmissibile a maschi e femmine.
Pagani compì gli studi al collegio Borromeo di Pavia e si laureò in legge all’Università della stessa città il 20 dicembre 1657 (Rovello Porro, Arch. Porro, cart.Pagani). Dal 1663 fu aggregato al Collegio dei giureconsulti, divenne un celebre avvocato e, primo della sua famiglia, nel 1670 entrò nel Consiglio dei sessanta decurioni della città di Milano (Carriere, magistrature e stato..., 2008, p. 76). Nel 1674, per interposizione di Marianna d’Austria, regina di Spagna, ottenne il posto di avvocato fiscale soprannumerario con le stesse prerogative degli altri fiscali generali: contrariamente alla prassi abituale gli fu anche concessa la facoltà di entrare in tutti i tribunali e nelle giunte, nonché di percepire un salario (Archivio di Stato di Milano, Uffici e tribunali regi, p.a., cart. 872). In tal modo si inserì nella vita politico-amministrativa milanese in un periodo contrassegnato dalla venalità degli uffici. I membri della Junta para el alivio, Giovan Battista Durini, Carlo Imbonati e Sebastiano Leruela Caxa, lo indicarono come uomo di grande cultura giuridica.
Sospettato di corruzione (Álvarez Ossorio, 2002, p. 214), per contrastare l’accusa Pagani ottenne dal Magistrato ordinario una relazione in cui nel 1677 lo si definiva individuo dai meriti rilevanti, distintosi per aver difeso strenuamente gli interessi del Fisco nelle cause a lui addossate e per aver fatto recuperare crediti per 4 milioni di lire (Archivio di Stato di Milano, Uffici e tribunali regi, p.a., cart. 872). Entrato nella pianta ordinaria dell’Avvocatura fiscale nel 1677, al momento della Riforma di questo ufficio, realizzata nel 1678, fu temporaneamente assegnato al Magistrato straordinario, ma l’anno successivo gli fu ordinato di ‘assistere’ al Consiglio segreto in qualità di avvocato fiscale (ibid., cart. 872, 28 ottobre 1679). All’epoca era anche auditore generale delle milizie forensi e ciò gli aveva dato modo di seguire due delle cause più importanti che avessero riguardato l’Avvocatura dello Stato negli anni Settanta: quella delle fortificazioni e quella inerente la falsificazione delle monete. Nel 1683 divenne pretore di Pavia, città nella quale dal 1688 esercitò la carica di podestà (Simancas, Archivo general, Secretaria de Estado, legajo 3413).
Nel frattempo, nel 1685, aveva ottenuto dal Sacro Romano Impero il titolo di marchese, forse in virtù dei suoi rapporti con la casata del Palatinato-Neuburg cosicché svolse, a partire dal 1692, la funzione di residente per l’Elettore Filippo Guglielmo di Neuburg (Archivio di Stato di Milano, Uffici regi, p.a., cart. 66).
Per capire il rilievo di tale legame basti pensare che questo principe fu un personaggio di grande peso nella politica internazionale e riuscì tra l’altro a stipulare interessanti alleanze matrimoniali vantaggiose per il casato e per le sue figlie: nel 1687 Maria Sofia Elisabetta sposò Pietro II del Portogallo, nel 1690 Maria Anna si unì con Carlo II di Spagna e nel 1695 Dorotea Sofia divenne duchessa di Parma.
Grazie a una dottrina che nessuno aveva osato contestargli, Pagani, nel 1686, venne chiamato a coprire un seggio nel prestigioso Senato di Milano: con la carriera e i suoi contatti internazionali crebbero anche i suoi interessi culturali. I legami con i principi di Neuburg e la frequentazione della corte di Parma affinarono il suo gusto stimolando in lui l’interesse per l’arte: accertati sono il suo collezionismo e la sua committenza per il Legnanino, Cesare Fiori e il pittore Paolo Pagani (Aversa, 1993, p. 146; Morandotti, 1993, p. 97).
L’inventario della sua collezione redatto alla sua morte restituisce la descrizione di ben 169 tele tra le quali opere di Tiziano, Paolo Veronese, Giovanni Ghisolfi, Correggio, Ercole e Giulio Cesare Procaccini, Peter Paul Rubens, Antoon Van Dick (Pescarmona, 1991, p. 125; Aversa, 1993, p. 146).
Da podestà di Pavia fu eletto presidente dell’Accademia degli Affidati, di cui fu principe con il nome di Concorde. Devoto dell’Immacolata, intorno al 1690 compose i testi di due oratori che furono dati alle stampe: il primo subì nel 1690 la censura dall’Inquisizione (Aversa, 1993, p. 143), il secondo fu un omaggio al re di Spagna Carlo II in occasione del suo secondo matrimonio, quello con Maria Anna di Neuburg (Pavia, Biblioteca universitaria, Ticinesi, XI, 11,12).
Il culto mariano si era sempre caricato di significati universalistici e nella seconda metà del Seicento era stato appoggiato alla corte di Madrid dai gesuiti per mezzo della regina Marianna e del suo confessore, padre Johann Eberhard Nithard, in polemica con i domenicani. A caldeggiarne l’osservanza a Milano era stato in particolare il duca di Ossuna, governatore tra 1669 e 1671 (Álvarez Ossorio, 1992, pp. 194-197). Secondo Serviliano Latuada (1738, p. 230) Pagani nel 1693 fu indicato dal Senato quale direttore responsabile dell’erigenda chiesa di S. Maria di Caravaggio in Monforte.
Nel 1698 si recò, quale rappresentante del re di Spagna, alla corte di Modena per porgere le congratulazioni di Carlo II per la nascita dell’erede estense (Paris, Bibliothèque nationale, Collection de Lorraine, 730, f. 164). Nel 1695, era stato nominato reggente del Consejo de Italia con le stesse prerogative assegnate a Danese Casati, ovvero senza l’obbligo di trasferirsi a Madrid, il che costituiva un grandissimo onore e denotava un elevato grado di confidenza con la corte. In realtà non poté mai entrare nell’effettivo esercizio della carica perché Danese Casati morì due giorni dopo Carlo II, quando ormai Pagani aveva perso tutti i suoi protettori: la regina Marianna era morta nel 1696, il conte di Melgar, Juan Enríquez de Cabrera, era caduto in disgrazia nel 1699, Maria Anna di Neuburg fu allontanata dopo la morte del sovrano.
Il governatore di Milano, Carlo Enrico di Lorena, principe di Vaudémont, dopo aver respinto alla fine del 1700 le richieste di Vienna di accettare la devoluzione dello Stato all’Impero, nel 1704 in piena guerra di Successione spagnola iniziò a colpire quanti erano sospettati di parteggiare per la soluzione asburgica (Cremonini, 2008, p. 772). Unico tra i membri dell’élite Pagani venne arrestato: rimase rinchiuso per 30 mesi nel carcere di Pizzighettone (Paris, Bibliothèque nationale, Collection de Lorraine, 888). Altri, come i Borromeo o i Visconti di Brignano, più fortunati o forse perché, diversamente da lui, pilastri di un presente che si poggiava su un passato di centenaria tradizione, subirono soltanto l’isolamento politico o al massimo l’esilio e la confisca dei beni: a Pagani indubbiamente toccò la sorte più dura. Ma al ritorno degli Asburgo, dopo la liberazione di Milano il 26 settembre 1706, gli fu ridata la libertà e ricevette le congratulazioni di molti membri del partito asburgico tra cui il principe Eugenio di Savoia, il duca di Parma Francesco Farnese, il duca Vittorio Amedeo di Savoia, lo stesso imperatore Giuseppe I (Rovello Porro, Arch. Porro, cart. Pagani). Nominato nella primavera del 1707 delegato del principe Eugenio a Pavia, fu successivamente eletto presidente del Consiglio di S. Chiara di Napoli, ma vi rinunciò per motivi di salute (ibid.).
Morì a Milano il 18 novembre 1707 e fu sepolto nella chiesa dei cappuccini intitolata all’Immacolata Concezione.
Alla morte del padre le figlie Faustina e Marina, nate dal matrimonio con Caterina Roma, ereditarono due terzi del patrimonio, un terzo spettò invece a Carlo Giuseppe Porro (Archivio di Stato di Milano, Senato, Fedecommessi, 483), suo cugino con il quale il marchese aveva continuato a rimanere in contatto durante i lunghi mesi di detenzione (Rovello Porro, Arch. Porro, cart. Pagani).
Fonti e Bibl.: Rovello Porro, Arch. Porro, cart. Pagani; Arch. di Stato di Milano, Uffici e tribunali regi, p.a., cart. 872; Senato, Fedecommessi, cart. 483; Milano, Arch. storico civico, Famiglie, cart. 1098; Simancas, Archivo general, Secretaria de Estado, legajo 3413; Paris, Bibliothèque nationale, Collection de Lorraine, livre 730, 888; Pavia, Bibl. universitaria, Manoscritti Ticinesi, XI, 11, 12; S. Latuada, Descrizione di Milano, I-VI, [1738] Milano 1995, p. 230; D. Pescarmona, Per l’attività di Paolo Pagani e i suoi rapporti con l’omonimo marchese C., in Arte Lombarda, 1991, nn. 3-4, pp. 118-126; R. Aversa, Artisti e committenza a Pavia e Milano tra XVII e XVIII secolo: il marchese C. P., in Boll. della Soc. pavese di storia patria, 1993, pp. 135-159; A. Morandotti, Paolo Pagani: il ciclo Leoni Montanari e altre suggestioni, in Verona Illustrata, 1993, n. 6, pp. 96 s.; A. Álvarez Ossorio Alvariño, Gobernadores, agentes, y corporationes: la corte del Madrid y el Estado de Milàn, in L’Italia degli Austrias. Monarchia cattolica e domini italiani nei secoli XVI e XVII, a cura di G. Signorotto, in Cheiron, 1992, 17-18, pp. 183-288; Id., La república de las parentelas. El Estado de Milán en la monarquía de Carlos II, Mantova 2002, p. 214; Teatro genealogico delle famiglie nobili milanesi. Riproduzione del manoscritto 11500-11501 della Biblioteca nacional di Madrid, a cura di C. Cremonini, II, Mantova 2003, p. 199; C. Cremonini, Traiettorie politiche e interessi dinastici tra Francia, Impero e Spagna: il caso di Carlo Enrico di Lorena, principe di Vaudémont (1649-1723), in Studi in memoria di Cesare Mozzarelli, Milano 2008, p. 772; Carriere, magistrature e Stato. Le ricerche di Franco Arese Lucini per l’Archivio storico lombardo (1950-1981), a cura di C. Cremonini, Milano 2008, pp. 99, 217, 289, 427.