NAVA, Cesare
NAVA, Cesare. – Nacque a Milano il 7 ottobre 1861 da Leonardo, commerciante, e da Maria Bettali.
Proveniente da una famiglia della piccola borghesia milanese, frequentò prima il R. Istituto tecnico S. Marta, conseguendo la licenza fisico-matematica nel 1879, e poi il R. Istituto tecnico superiore, dove si laureò in ingegneria nel 1884. Nei primi anni di attività professionale si dedicò prevalentemente all’architettura sacra.
Fondamentale per la sua formazione politico-culturale fu l’intensa attività svolta nell’associazionismo cattolico milanese. Dal 1884 fu presidente del Circolo Ss. Ambrogio e Carlo, che aderiva alla Società della gioventù cattolica italiana, a cui dette un indirizzo transigente e conservatore, tale da contrapporlo al Circolo della gioventù cattolica milanese di orientamento intransigente. Nel 1886 partecipò alla nascita del giornale La Lega lombarda, che si distingueva dalla linea editoriale de L’osservatore cattolico e auspicava la partecipazione politica dei cattolici a fianco dei moderati. Con l’appoggio del Comitato elettorale conservatore entrò a far parte del Consiglio comunale di Milano nel 1893 e fu poi eletto nelle amministrative generali del 1895.
Negli anni del sindaco liberale Giuseppe Vigoni prese posizione su temi molto sentiti dall’arcivescovo Andrea Carlo Ferrari, come l’insegnamento religioso nelle scuole e il riposo festivo degli impiegati comunali; partecipò alla costituzione del Segretariato del popolo di Milano e nel corso del XV Congresso cattolico italiano tenne un vigoroso discorso su L’azione pubblica dei cattolici di fronte ai partiti avversari (in Atti e documenti del decimoquinto Congresso cattolico italianotenutosi a Milano nei giorni 30, 31 agosto, 1, 2, 3 settembre 1897, I, Venezia 1898, pp. 179-182), in cui, oltre alla ferma condanna del socialismo, non esitò ad attaccare anche i liberali.
Rimasto vedovo della prima moglie, Giuseppa Prina, il 27 novembre 1895 sposò in seconde nozze Maria Cesa Bianchi, figlia del noto architetto Paolo.
Il 22 dicembre 1897 fu eletto amministratore del Banco ambrosiano al posto del fondatore e presidente Giuseppe Tovini, morto il 18 gennaio di quell’anno. Nella seduta del 18 gennaio 1898, fu ratificata la sua nomina a presidente, carica che mantenne fino al 1933. Immediatamente apportò alcune modifiche statutarie che permisero un notevole sviluppo della banca e con un significativo aumento di capitale sociale – da 1 a 3 milioni di lire – la portò ad avere dimensioni superiori a quelle delle altre banche cattoliche lombarde.
Sconfitto, come tutti i candidati cattolici, nelle amministrative del dicembre 1899 in cui si affermarono le forze radicali, repubblicane e socialiste, spiegò le ragioni della disfatta elettorale (Le recenti elezioni comunali e l’insuccesso dei cattolici, in Nuova Antologia, 16 febbraio 1900, pp. 729-747) sottolineando i limiti dell’astensionismo politico e auspicando un momento d’incontro tra le forze politiche moderate e quelle cattoliche per combattere sia il radicalismo liberale sia il massimalismo socialista.
Nei primi anni del secolo iniziò a collaborare con alcuni esponenti intransigenti come Filippo Meda per la creazione dell’Unione elettorale cattolica, un’organizzazione che avrebbe dovuto coordinare l’azione politica delle due diverse anime del movimento cattolico milanese. Questo processo di superamento delle divisioni ebbe una tappa importante nel 1907 con la nascita del giornale L’Unione, scaturito dalla fusione tra La Lega lombarda e L’osservatore cattolico. Nello stesso periodo, inoltre, accrebbe notevolmente la sua attività professionale. In particolare, in collaborazione con l’architetto Luigi Broggi, realizzò il palazzo della Banca d’Italia a Milano e la villa della regina Margherita a Bordighera.
Rieletto al Consiglio comunale di Milano nel 1908, l’anno successivo si candidò alla Camera dei deputati, nel collegio di Monza, e grazie all’appoggio delle locali organizzazioni cattoliche e dell’Associazione monarchica monzese riuscì a superare al ballottaggio il radicale Oreste Pennati.
Partecipò a molti dibattiti della XXIII legislatura intervenendo, in particolar modo, sulla ricostruzione delle zone del Mezzogiorno d’Italia distrutte dal sisma del 1908; sulle questioni economiche, manifestando la sua posizione antistatalista e antiburocratica; e, infine, sulla legge elettorale, dichiarandosi favorevole all’adozione del sistema proporzionale oltre che all’allargamento del suffragio.
Fu eletto una seconda volta alla Camera nel 1913, dopo aver sconfitto al ballottaggio il socialista Ettore Reina.
Nell’ottobre 1917, parlando a nome dei deputati cattolici, dichiarò di ritirare la fiducia al governo Boselli a causa delle dichiarazioni del ministro degli Esteri Sidney Sonnino, il quale aveva liquidato la nota pontificia del 1° agosto, con cui si invocava la cessazione della guerra, come un documento di ispirazione germanica. La frattura si ricompose il mese successivo con un intervento di Nava sulle colonne del Corriere d’Italia in cui invocava una sorta di pacificazione nazionale per risollevare le sorti del conflitto dopo la disfatta di Caporetto.
Nel maggio 1918, dopo le dimissioni del ministro per le Armi e munizioni, generale Alfredo Dallolio, fu nominato dal presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando prima sottosegretario e poi commissario generale alle Armi e munizioni. All’indomani della conclusione della guerra aderì al Partito popolare italiano (PPI). Il 26 giugno 1919 Francesco Saverio Nitti lo scelse come ministro per le terre liberate dal nemico con lo scopo di promuovere la ricostruzione nelle regioni dell’Italia settentrionale investite dal conflitto. Nel novembre 1919 fu eletto alla Camera dei deputati, nel collegio di Milano, nelle liste del PPI.
Nel 1920 le elezioni amministrative milanesi misero in luce le profonde divisioni all’interno del PPI. I timori suscitati dalle occupazioni delle fabbriche, la presentazione di un programma elettorale massimalista da parte del Partito Socialista Italiano (PSI) e le preoccupazioni del cardinal Ferrari per una possibile affermazione socialista portarono un gruppo di cattolici conservatori, tra cui Nava, a rompere la disciplina di partito, le cui indicazioni erano contrarie a ogni accordo con i moderati, e a presentare un appello sul Corriere della sera a favore del blocco dei liberali. Nava scrisse anche una lettera al quotidiano L’Italia in cui invitava i cattolici a sostenere la lista dei moderati in contrapposizione a quella dei socialisti. Questa posizione gli causò l’esclusione dalla lista dei popolari per le elezioni politiche del maggio 1921.
Estromesso dalla Camera, continuò l’attività parlamentare con la nomina a senatore, avvenuta l’8 giugno 1921. L’impegno politico romano non gli impedì di essere nominato, nel 1922, presidente della Fabbrica del duomo di Milano. Nello stesso anno assunse la carica di presidente del Comitato esecutivo della Fiera di Milano, che mantenne fino al 1926.
In quegli anni maturò il distacco definitivo dal PPI. Nell’estate del 1922, infatti, criticò l’atteggiamento del partito durante la crisi del governo Facta, e il 18 settembre con i senatori Carlo Santucci, Girolamo Coffari, Enrico Conci, Giovanni Grosoli, Luigi Montresor, Angelo Passerini e Giacomo Reggio inviò una lettera a Luigi Sturzo, in cui prendeva le distanze da ogni possibile intesa con le forze socialiste. Nell’ottobre 1922 due popolari, Stefano Cavazzoni e Vincenzo Tangorra, entrarono a far parte del primo governo Mussolini e immediatamente all’interno del partito si aprì un aspro dibattito sulla continuazione della collaborazione governativa. Il 10 aprile 1923, alla vigilia del IV Congresso del PPI, alcuni esponenti della destra del partito, tra cui Nava, diffusero un ordine del giorno in cui si chiedeva una più stretta collaborazione con il fascismo e l’uscita dal partito della sinistra di Guido Miglioli, che invece si opponeva alla scelta collaborazionista. L’assise congressuale, però, oltre a respingere l’ordine del giorno della destra, ratificò la fine della partecipazione del partito sturziano alla compagine governativa. Nava abbandonò il partito e in prossimità delle elezioni politiche del 6 aprile 1924 sottoscrisse un appello, insieme ad altre 150 personalità del mondo cattolico, che giudicava positivamente l’azione del governo e invitava a votare per il listone nazionale.
L’ampio rimpasto di governo attuato da Mussolini dopo il clamore suscitato dalla scomparsa di Giacomo Matteotti il 10 giugno (la certezza dell’omicidio si ebbe solo il 16 agosto quando fu ritrovato il cadavere) portò Nava alla guida del ministero dell’Economia nazionale il 1° luglio 1924 al posto di Mario Orso Corbino.
La breve esperienza governativa si caratterizzò per una serie di interventi in linea con la politica economica elaborata dal ministro delle Finanze Alberto De’ Stefani. Potenziò le strutture del ministero predisposte all’analisi dell’economia nazionale e internazionale, introdusse nuove regole per diffondere il credito agricolo e prese alcuni modesti provvedimenti in campo sociale, come la revisione dei sistemi previdenziali nei territori appartenuti all’Impero asburgico; infine, nel gennaio 1925, dopo un acceso dibattito sui giornali, che si era esteso alle polemiche sull’assassinio di Matteotti, e dietro indicazione di Mussolini, firmò il decreto che annullava la convenzione stipulata il 29 aprile 1924 tra l’ex ministro Corbino e la società americana Sinclair per le ricerche petrolifere nei territori più promettenti del paese.
Nello stesso mese di gennaio, Mussolini incaricò Nava di predisporre, in collaborazione con l’ingegnere torinese Mario Giani, un disegno di legge per la costituzione di un ente governativo nazionale del dopolavoro. Il 21 aprile il Consiglio dei ministri approvò il progetto di legge e il 1° maggio il re firmò il decreto-legge n. 582 con cui veniva istituita l’Opera nazionale dopolavoro come ente parastatale con il compito di organizzare il tempo libero dei lavoratori.
A partire dalla primavera del 1925 De’ Stefani e Nava furono oggetto di continue critiche da parte dei principali gruppi industriali del paese che li accusavano di aver generato, attraverso l’aumento del tasso di sconto e l’adozione di norme più severe per l’attività borsistica, la caduta dei titoli azionari e il crollo del listino della Borsa. L’ulteriore svalutazione della moneta in giugno portò a un immediato rimpasto ministeriale e a un radicale cambiamento della politica economica nazionale: l’8 luglio, sia Nava sia Alberto De’ Stefani, su richiesta di Mussolini, presentarono le dimissioni.
In quegli anni Nava aveva ricevuto numerose onorificenze, come quelle del titolo di Gran cordone dell’Ordine della Corona d’Italia, nel 1920, e di Grande ufficiale dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro, nel 1925.
Una volta conclusa l’esperienza ministeriale, scomparve dalla scena politica nazionale e diventò presidente dell’Unione milanese, un’associazione cattolica filofascista aderente al Centro nazionale italiano e impegnata a promuovere incontri di carattere culturale e attività di tipo assistenziale. Nel 1929 si iscrisse al Partito nazionale fascista. Il 9 ottobre 1933 dette le dimissioni come presidente della Fabbrica del duomo di Milano per motivi di salute.
Morì a Milano il 27 novembre 1933.
Opere. Tra gli scritti si ricordano: Opera antischiavista, in Atti e documenti dell’ottavo congresso cattolico italiano tenutosi in Lodi dal 21 al 23 ottobre 1890, I, Bologna 1890, pp. 120 s.; Il nuovo palazzo della Banca d’Italia in Milano, Milano 1914; Se i tedeschi venissero..., ibid. 1917; Dopo la Guerra mondiale. All’inizio di una nuova civiltà, Monza 1919; Sul bilancio dell’economia nazionale, Roma 1924.
Fonti e Bibl.:Archivio di Stato di Milano, Ufficio del registro successioni di Milano, b. 134, n. d’ordine 84, vol. 263 (1885); Milano, Archivio storico della Diocesi, Duplicati atti di battesimo,Parr. di S. Nazaro in Brolo, 1878/n. 53 (Maria Cesa Bianchi); Parr. di Longone al Segrino, 1896/n. 8 (Luigi Nava); Duplicati atti di morte, Parr. di S. Lorenzo Maggiore, 1893/n. 123 (Giuseppa Prina); Parr. di S. Eufemia, 1923/n. 135 (Maria Cesa Bianchi); Parr. di S. Eufemia, 1933/n. 132 (Cesare Nava); Archivio storico del Politecnico, Studenti ed uditori, Tasse, anni 1879-80; Registro iscrizione, anni 1879/80-1884/85; Archivio dei Luoghi pii elemosinieri, Verbali di seduta, 1905-08; Archivio civico del Comune, Fondo Stato Civile, Ruolo generale della popolazione 1835, vol. 39 (Na-Nob), Fondo Ornato fabbriche 1a serie (1802-60), cart. 184/20 del 1827, cart. 185/10 del 1839; Fabbrica del Duomo, Ordinazioni capitolari; Roma, Archivio centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei ministri, Gabinetto 1925, 3.3.6.3200/1.1; Archivio storico della Camera dei Deputati, Disegni e proposte di legge e incarti delle commissioni (1848-1943), Commissioni parlamentari d’inchiesta, Incarti di Segreteria (1848-1943);Archivio storico del Senato, ad nomen. La commemorazione ufficiale di Nava, tenuta da Luigi Federzoni, è in Atti del Parlamento italiano, Senato, Legislatura XXVIII, VI, 11 dicembre 1933, p. 6707. Per gli articoli commemorativi si rimanda a La morte del sen. N., in Corriere della sera. Corriere milanese, 28 novembre 1933; La morte del sen. C. N., in L’Italia, 28 novembre 1933. Tra le fonti edite sull’attività politica di Nava si segnalano: Atti del Municipio di Milano(1884-1894); Atti del Comune di Milano(1894-1914); Atti del Parlamento italiano, Camera dei Deputati, Legislature XXIII, XXIV, XXV e XXVII; Atti del Parlamento italiano, Senato del Regno, Legislature XXVI e XXVII. Si vedano inoltre: L’opera degli ex-allievi del Politecnico milanese nei campi delle pubblicazioni, delle industrie e delle costruzioni durante il primo mezzo secolo di vita della scuola. Rassegna pubblicata per cura della loro associazione in occasione della celebrazione del Cinquantenario, Milano 1914, passim; G. Candeloro, Il movimento cattolico in Italia, Roma 1953, passim; L. Ambrosoli, Profilo del movimento cattolico milanese nell’Ottocento, in Rivista storica del socialismo, 1960, n. 2, pp. 677-724; G. De Rosa, Storia del movimento cattolico in Italia, Bari 1966, ad ind.; R. De Felice, Mussolini il fascista, I, La conquista del potere 1921-1925, Torino 1966; Id., Mussoliniil fascista, II, L’organizzazione dello Stato fascista 1925-1929, ibid. 1968, ad ind.; S. Jacini, Storia del Partito popolare italiano, Napoli 1971, passim; A. Canavero, Milano e la crisi di fine secolo (1896-1900), Milano 1976, ad ind.; A. Riccardi, Il clerico-fascismo, in Storia del movimento cattolico in Italia, IV, Roma 1981, pp. 3-38; V. De Grazia, Consenso e cultura di massa, Roma-Bari 1981; G. Vecchio, I cattolici milanesi e la politica, Milano 1982; M. Pessina, N. C., in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia (1860-1980), III, 2, Le figure rappresentative (M-Z), Casale Monferrato 1984, pp. 589 s.; G. Formigoni, I cattolici deputati (1904-1918), Roma 1988; C. Besana, Materiali per una biografia di C. N., in Bollettino dell’Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia, 1988, n. 3, pp. 293-311; Id., C. N. al Ministero dell’economia nazionale, ibid., 1989, n. 1-2, pp. 179-195; M. Taccolini - P. Cafaro, Il Banco ambrosiano: una banca cattolica negli anni dell’ascesa economica lombarda, Roma-Bari, 1996; M. Canali, Il delitto Matteotti. Affarismo e politica nel primo governo Mussolini, Bologna 1997, ad ind.; G. Sale, Popolari e destra cattolica al tempo di Benedetto XV, Milano 2006; Id., Fascismo e Vaticano prima della conciliazione, ibid. 2007.