MATTEI, Cesare
– Nacque a Bologna l’11 genn. 1809 da Luigi e Teresa Montignani, in una agiata famiglia di origini ferraresi appartenente alla ricca borghesia locale.
Il M. ricevette un’educazione adeguata allo status dei genitori: allievo con M. Minghetti di P. Costa, del quale conservò l’amicizia, maturò idee liberali e, ma sostanzialmente – anche per propensioni caratteriali – rimase un moderato, contrario a ogni estremismo. Nel 1823, intanto, la famiglia Mattei ampliava il suo patrimonio con l’acquisto della fortezza di Magnavacca e dei territori circostanti. Il M. iniziò la sua attività occupandosi prevalentemente di questioni finanziarie: nel 1837 fu uno dei cento fondatori della Cassa di risparmio di Bologna.
Nel 1847, il M. e il fratello Giuseppe fecero dono a Pio IX di tutti i loro possedimenti situati sul canale della Magnavacca, via di comunicazione di Comacchio con il mare e naturale separazione da questo delle fortezze di Comacchio e di Ferrara nelle quali gli Austriaci avevano potenziato il proprio insediamento militare, offrendo così la possibilità alle truppe pontificie di attestarsi in una favorevole posizione strategica. Il papa ricompensò i due fratelli conferendo loro il titolo ereditario di conte.
Nella primavera del 1848, preposto all’arruolamento della guardia civica bolognese, nel cui VII battaglione prestò servizio con il grado di tenente colonnello, ne divenne poi capo dello stato maggiore. Fece poi parte del gruppo di volontari bolognesi che, al comando di Enea Bignami, prestò servizio presso il quartier generale di Carlo Alberto. Partecipò poi con i volontari alla difesa del Veneto dalla controffensiva austriaca (aprile-maggio 1848). Il 18 maggio 1848, durante il periodo costituzionale dello Stato pontificio, ricevette dai collegi S. Vitale di Bologna e di Budrio il mandato di rappresentarli a Roma nel Consiglio dei deputati. Il clima di incertezza e di tensione determinatosi dall’evolversi degli eventi, culminato con l’uccisione di P. Rossi e la fuga del papa a Gaeta, indusse alla fine di novembre del 1848 il M. a rinunciare definitivamente alla vita politica, rompendo l’amicizia che lo legava a M. Minghetti con il quale non si sarebbe più riconciliato.
Acquistati nel 1850 i terreni ove sorgevano le rovine dell’antica Rocca di Savignano, il 5 novembre dello stesso anno vi iniziò i lavori per la costruzione del nuovo castello che avrebbe chiamato la Rocchetta. La struttura, progettata inizialmente secondo l’originario stile medievale, fu arricchita poi di aggiunte sul modello dell’Alhambra di Granada e della Mezquita di Cordoba e sarebbe stata completata solo nel 1875; la Rocchetta divenne dal 1859 la sua residenza abituale.
Ritiratosi a vita privata, il M., che seppure non laureato aveva sempre provato una viva attrazione per le scienze mediche, cominciò a dedicarsi allo studio e alla pratica della medicina omeopatica, subendone rapidamente un irresistibile fascino. Probabilmente nel determinare e consolidare tale interesse giocarono un ruolo decisivo la morte della madre e il conseguente acuirsi di una certa diffidenza nei riguardi della metodologia clinica ufficiale. Così, sfruttando sapientemente i mezzi dei quali disponeva e la buona affermazione che l’omeopatia andava registrando nell’Italia della seconda metà del secolo, riuscì a pubblicizzare e valorizzare in breve tempo un nuovo, personale metodo terapeutico, che chiamò elettromiopatia e dichiarò ottimo rimedio per un gran numero di patologie, in modo particolare per il cancro: consisteva, in buona sostanza, in una sorta di mescolanza di omeopatia e di fitoterapia, di alchimia e di magnetismo, che andava ben oltre i principî hahnemanniani dei similia similibus e delle diluizioni.
Seppure non bene precisata nei suoi numerosi scritti, la teoria sottesa al suo sistema di cura sembra basata sulla adesione ai vecchi concetti eziologici delle alterazioni umorali e temperamentali e sulla convinzione dell’esistenza nei vari segmenti dell’organismo di due metà, una fornita di elettricità positiva e l’altra di elettricità negativa, dal cui costante equilibrio dipenderebbe lo stato di benessere, mentre il prevalere dell’una sull’altra sarebbe in grado di provocare i vari sintomi dello stato di malattia. Coerentemente a tale impostazione dottrinaria, il M. allestì rimedi specifici per uso interno ed esterno dotati di azione omeopatica (preparati composti, anziché semplici come quelli impiegati dagli omeopati) e di azione elettrica (acque vegetali elettriche, dotate di effetto potenziante dei primi), la cui composizione e il cui metodo di preparazione mantenne accuratamente segreti. Il metodo, che ottenne subito un vasto successo in Italia e all’estero, soprattutto in Francia e in Germania, suscitò aspre critiche e polemiche nel mondo medico e tra gli omeopati: tra le varie contestazioni che gli furono rivolte una fra le più insistenti riguardò l’effettiva presenza di elettricità nei prodotti che aveva elaborato, che non poteva in alcun modo essere dimostrata. Tuttavia il M., colto, dotato di buon eloquio, felice scrittore, seppe validamente affermarsi e dar vita a un vivace movimento in suo favore, così che un numero sempre crescente di pazienti accorreva a consultarlo in una casa che possedeva a Bologna o ne richiedeva l’intervento al proprio domicilio: tuttavia, non essendo laureato, per non incorrere nel reato di esercizio abusivo della professione ebbe cura di operare sempre alla presenza di un medico. In seguito, però, quando sulle ali del successo ottenuto mise in vendita i suoi prodotti nelle farmacie, non poté evitare un processo presso la pretura di Vergato, il 19 luglio del 1887.
Nel 1869, grazie alla sua dimestichezza con gli ambienti pontifici, riuscì a ottenere da Pio IX l’autorizzazione a sperimentare i suoi rimedi per tre mesi nell’ospedale militare romano di convalescenza di S. Teresa, il cui direttore sanitario, L. Pascucci, era un suo convinto estimatore.
Nel 1881, infine, spinto dal successo ottenuto e indifferente all’avversione manifestatagli ripetutamente dalla medicina ufficiale e da quella omeopatica, decise di avviare la produzione in massa dei rimedi elettromiopatici e di promuoverne l’esportazione anche all’estero. Per la realizzazione di tale ambiziosa iniziativa si rese necessario l’allestimento di una serie di depositi, che dai 26 iniziali (il primo dei quali sito in Bologna), raggiunsero nel 1884 il ragguardevole numero di 107, dislocati in tutto il mondo, dall’Europa agli Stati Uniti, a Haiti, alla Cina.
Il M. illustrò i suoi principî in numerose opere, molte delle quali furono tradotte nelle principali lingue europee: Un poco di storia sui rimedj Mattei (Bologna 1874; 2ª ed., ibid. 1881); Emancipazione dell’uomo dal medico pei rimedi Mattei (ibid. 1875); Elettromiopatia…: scienza nuova che cura il sangue e sana l’organismo: libro dettato dal conte C. M. a bene dei popoli che la massima parte dei medici rifiuta di curare con l’elettromiopatia (Casale Monferrato 1878; 2ª ed., Bologna 1881); La scienza nuova del conte C. M. e la scienza vecchia del dott. C (Casale Monferrato 1878); Vade-mecum della elettromeopatia. Breve guida per chiunque voglia curarsi coll’elettromeopatia (Nizza 1879 e successive edizioni: dalla 2ª riveduta e ampliata dall’autore, Elettro-omeopatia: nuovo vade-mecum: nuova e vera guida ad ognuno che voglia curarsi da se stesso con la elettromeopatia, Bologna 1883, alla 11ª, ibid. 1937); Scienza nuova: storia dell’elettromiopatia (Bologna 1892).
Figura quanto mai singolare, il M., accanto a critiche feroci, seppe suscitare grandi consensi (nel 1883 alcuni suoi sostenitori portarono la questione al Parlamento: La elettro-omeopatia del conte C. M. di Bologna dinnanzi al Parlamento italiano, Nizza 1883): tuttavia la notorietà del suo metodo non gli sopravvisse. Generoso ed estroverso, amava le riunioni conviviali e le allegre giornate trascorse alla Rocchetta. Non contrasse matrimonio, e adottò come figlio il giovane amministratore M. Venturoli.
Il M. morì alla Rocchetta il 3 apr. 1896.
Fonti e Bibl.: P. Costa, Epistola… a C. M. contra alcune false opinioni circa i progressi che fa nel bene l’umana generazione, Bologna 1835; M. Venturoli-Mattei, Il conte C. M. nella vita politica: documenti inediti pubblicati ed illustrati…, Bologna 1892; B. Danyell de’ Tassinari, Il conte C. M. e la cura della lebbra, Firenze 1894; H. Carrington Bolton, Iatr-chemistry in 1897, in Science, VII (1898), pp. 398 s.; A. Bonaiuti, Elettromiopatia del conte C. M.: a chi resta il segreto?, Bologna 1900; M. Rosi, Storia contemporanea d’Italia. Dalle origini del Risorgimento ai nostri giorni, Torino 1922, p. 183; A. Palmieri, In Rocchetta con C. M.: ricordi di vita paesana, Bologna 1931; A. Lodispoto, Storia della omeopatia in Italia, Roma 1961, pp. 136-139 e ad ind.; Il signore della Rocchetta. Il conte C. M. nel centenario della morte (1809-1896). Atti della Giornata di studio, Riola… 1996, a cura di A. Guidanti - R. Zagnoni, Porretta Terme 1997; M. Facci, Il conte C. M.: vita e opere di un singolare «guaritore» dell’Ottocento, inventore dell’elettromeopatia, costruttore della Rocchetta di Riola, Porretta Terme 2002; Diz. dei Bolognesi, a cura di G. Bernabei, Bologna 1990, II, p. 346; Diz. del Risorgimento nazionale…, III, pp. 530 s. (G. Maioli).