MASINI, Cesare.
– Nacque a Bologna il 3 dic. 1812 da Domenico, facoltoso proprietario terriero, e da Anna Valdisserra.
Compì gli studi presso l’Accademia Clementina, animata dal forte conservatorismo del suo presidente, il marchese Antonio Bolognini Amorini, conseguendovi diversi riconoscimenti già a partire dal 1829. Nel 1833 si aggiudicò il «piccolo premio» curlandese con Petrarca (ripr. in I concorsi…, p. 111, fig. 20).
La tela, che fu accolta assai favorevolmente dalla critica e celebrata in un sonetto dal filologo e poeta Giovanni Marchetti (Rime e prose, I, Bologna 1841, p. 180), era perfettamente in linea con gli ormai attardati dettami della pittura di storia a Bologna e venne riproposta anche all’esposizione dell’Accademia del 1835 insieme con un Autoritratto e con copie tratte da P.P. Rubens e da C. Dolci.
Nel 1834 il M. si spostò a Firenze per seguire la scuola di Giuseppe Bezzuoli, improntata sì a un gusto neoseicentesco, ma moderatamente aperta e aggiornata su novità puriste.
Nella città toscana il M. approfondì la pittura del Rinascimento (soprattutto la maniera di Masaccio, Ghirlandaio e Andrea del Sarto) e intrecciò una forte amicizia con Giuseppe Sabatelli. Oltre a copie da Raffaello, nel 1836 inviò a Bologna L’abboccamento del sommo pontefice Leone X in Bologna con il re di Francia Francesco I (ripr. in I concorsi…, p. 112, fig. 21), opera che, proposta all’esposizione annuale dell’Accademia, vincendo il «gran premio» di pittura, venne vista come l’annuncio di un ritorno all’antico splendore della scuola bolognese. Rientrato a Bologna nel 1837, oltre a numerosi ritratti, ispirati alla fine maniera di Bezzuoli con richiami all’arte di K.P. Brjulov, realizzò una serie di dipinti a sfondo storico e letterario, quali La morte di Dario (Bologna, Pinacoteca nazionale; in deposito presso la sede del comando della legione dei carabinieri dell’Emilia e Romagna), presentata nel 1838 all’Esposizione di Brera e premiata nel 1841 col «premio grande» dell’Accademia per la pittura di storia, la guerciniana Olimpia abbandonata e La morte dei signori Carraresi di Padova, anch’essa presentata a Brera.
Quest’ultima opera, nota oggi solo grazie a numerose descrizioni della critica contemporanea e attraverso un bozzetto comparso su L’Album il 26 ott. 1839, era stata acquistata dalla «duchessa di Sagan», durante la sua visita allo studio bolognese dell’artista il 29 ott. 1838 ed esposta a Roma l’anno seguente (Intorno a due pitture…, p. 5).
Già a partire dal 1838 il M. aveva cominciato ad affiancare alla sua carriera di pittore anche quella di scrittore e poeta. Scagliandosi contro le teorie propugnate in quegli anni da Tommaso Minardi, nell’Arte pittorica (Bologna 1838), nell’ode giocosa I pittori puristi e nel discorso Dei puristi del 1842 (entrambi nella sua Raccolta completa delle poesie giocose, Bologna 1846, pp. 322, 326), espose la propria avversione per i «fanatici della gotica pittura», colpevoli di far ripiombare l’arte in una barbara infanzia.
Invitato a Roma (1839) dalla duchessa di Sagan, desiderosa di essere da lui ritratta (la cagionevole salute della giovane non rese possibile il progetto), eseguì per lei il Dante ambasciatore dei Fiorentini a Bonifacio VIII (1841), tela assai lodata e ampiamente descritta dai contemporanei, acquistata con I Carraresi dal duca di Bracciano Marino Torlonia (Borgogelli, 1983, p. 107). Il soggiorno romano, durante il quale fu eletto membro dell’Accademia dei Virtuosi al Pantheon (1840), durò fino al 1842, anno in cui, sposatosi il 9 maggio con Clementa Mazzetti, fu nominato presidente e professore di pittura dell’Accademia di belle arti P. Vannucci di Perugia, cariche che mantenne fino al 1845.
Presso l’Accademia umbra si conservano oggi solo carte d’archivio relative alla sua nomina e ai temi d’esame proposti agli studenti: nessuna traccia, purtroppo, delle tele Petrarca in viaggio per la certosa di Monterivo, I Siriani sconfitti cercano di salvare la vita (1841) e Dalinda liberata da Rinaldo, presentate dal M. all’esposizione perugina del 1842 insieme con il Dante ambasciatore e con la Morte dei Carraresi. La stampa contemporanea ricorda come proprio durante gli anni umbri il M. avesse realizzato, per conto di monsignor John Thomas Hynes vescovo di Leros, un’Ascensione (1843) per la cattedrale di Cork, pala che qualche anno dopo replicava per la chiesa irlandese di Bantry (Borgogelli, 1980 p. 95). Non si hanno invece notizie più dettagliate relative alla Madonna tra cherubini e serafini che lo stesso M. (nel suo saggio Del movimento artistico in Bologna dal 1855 al 1866, Bologna 1867, p. 19) dice di aver dipinto per la chiesa dei barnabiti di Moncalieri, al Ferruccio Ferrucci ambasciatore dei Fiorentini, commissionato da Severino Bonora nel 1857, e alla grande tela con La battaglia di Fossalta, iniziata nel 1856 e mai ultimata.
Ritornato a Bologna per la nomina a segretario dell’Accademia (1845) a fianco del marchigiano Amico Ricci, accettò l’incarico (mantenuto sino al 1871) manifestando un certo disappunto per non essere stato chiamato a ricoprire la cattedra di pittura, sua più alta aspirazione, forse per le sue intransigenti posizioni antipuriste, come confidava in una lettera del 29 maggio 1843 al vecchio Bolognini Amorini (Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, Collezione autografi, XLIV, n. 11803).
Autore di opuscoli biografici, nei quali chiare sono le sue posizioni estetiche e le sue predilezioni personali (Elogio storico del cav. Gaspare Landi pittore piacentino, Roma 1841; Vita di Antonio Basoli, Bologna 1848; Cenno biografico di Pietro Fancelli pittore figurista, ibid. 1850), manifestò il suo spirito ironico e goliardico in una serie di poesie giocose (comprese nella citata Raccolta del 1846), in cui colpiti sono i più comuni vizi della vita quotidiana. Più che mai inserito nella difesa del sistema accademico, il primo segretario artista, oltre a manifestare le sue idee nelle relazioni annuali dell’Accademia e nei numerosi necrologi in memoria di personalità legate al mondo clementino (quali Memoria intorno al prof. di prospettiva Francesco Cocchi, Bologna 1865; Parole necrologiche memoranti Marco Minghetti socio d’onore e Gaetano Lodi maestro ornatista e Necrologia dell’ing. Giovanni Luigi Protche, Bologna 1886), non tralasciò di dipingere: per il marchese Francesco Guidotti realizzò il Ritratto di Pio IX (1846: Bologna, Museo del Risorgimento), mentre per la contessa Dorotea, sorella della duchessa di Sagan, dipinse la Sala curlandese (1847).
La tela, dispersa, immortalava il luogo dell’Accademia bolognese in cui si custodiva il busto del padre della contessa, Pietro di Curlandia, promotore del premio curlandese, circondato dalle opere premiate in ciascun concorso. Nel 1851 inviò alla mostra di Odessa Petrarca in viaggio per S. Giacomo di Compostella, Pietro l’Eremita e Il bagno di Nerina (tele non più rintracciate) e iniziò, da autodidatta, l’attività di xilografo per conto di diversi periodici bolognesi (come ricorda in Movimento artistico…, p. 32).
Segretario generale dell’Accademia centrale di Bologna (1860), all’indomani del nuovo assetto datole da C. Farini, oltre a elaborare un Progetto di un nuovo statuto per le accademie nazionali di belle arti (Bologna 1870) e a garantire qualità al regolare svolgimento dei concorsi per i premi accademici (nel 1870 su sua indicazione il Comune di Bologna riformò lo statuto del premio curlandese, aprendolo a tutti gli artisti italiani e sostituendo le medaglie con premi in lire), fu segretario nelle sottocommissioni artistiche di Bologna per l’ammissione delle opere d’arte alle Esposizioni internazionali di Londra (1862) e di Parigi (1867). Proprio in occasione di queste due importanti manifestazioni il M. pubblicò due saggi storico-critici: Dell’arte e dei principali artisti di pittura, scultura e architettura in Bologna dal 1777 al 1862 (Bologna 1862) e il già citato Movimento artistico. Qualche anno dopo, in concomitanza con l’Esposizione nazionale di Torino pubblicò i Cenni storici sulle belle arti in Bologna (ibid. 1884), che con gli scritti precedenti costituiscono un valido strumento di conoscenza dell’ambiente artistico bolognese.
Tenacemente ancorato alle sue origini, polemizzando con A. Puccinelli, insegnante di pittura presso l’Accademia felsinea dal 1860, si scagliò contro il naturalismo, colpevole di competere con la fotografia (1864), strumento già denigrato nell’opuscolo Di un’innovazione in pittura: avviso ai giovani artisti (Bologna 1863); il forte eclettismo carraccesco e l’esaltazione del classicismo seicentesco lo portarono a disconoscere la pittura verista, troppo facile e cruda: dalle pagine del Gazzettino delle arti del disegno (10 apr. 1867) intervenne contro l’impostazione antiaccademica data dal macchiaiolo Diego Martelli a quella stessa rivista, rivelando la totale incapacità nell’intendere il cambiamento dei tempi. Agli stessi anni risale anche la diatriba con l’amico Luciano Scarabelli, docente a Bologna dal 1865 di storia applicata alle arti, nuova figura del tutto inutile per il M., pronto a criticarla, con una punta di gelosia, in alcune sestine giocose (Il professore Luciano Scarabelli in Bologna…, Bologna 1867).
Fu anche direttore della Pinacoteca di Bologna dal 1882 fino alla morte (sua una Storia della Pinacoteca di Bologna, ibid. 1888).
Il M. morì a Bologna il 20 giugno 1891.
Fonti e Bibl.: Intorno a due pitture storiche del professor C. M. di Bologna, rappresentanti La morte dei Carraresi signori di Padova e Dante Alighieri ambasciatore a Bonifacio VIII…, Bologna 1845; S. Lodovici, Storici, teorici e critici delle arti figurative d’Italia (dal 1800 al 1940), Roma 1946, p. 228; A. Borgogelli, C. M., in I concorsi curlandesi (catal.), a cura di R. Grandi, Bologna 1980, pp. 94-96; Id., C. M., in Dall’Accademia al vero. La pittura a Bologna prima e dopo l’Unità (catal.), a cura di R. Grandi, Bologna 1983, pp. 107 s.; G. Tiziani, Tre dipinti ottocenteschi inediti di C. M. e di Virginio Monti, in Boll. della Soc. tarquiniense di arte e storia, 1986, n. 15, pp. 179-184; A. Borgogelli - P. Stivani, La pittura nell’Ottocento, in Storia illustrata di Bologna. Bologna nell’età moderna: fatti, luoghi, caratteri, III, a cura di W. Tega, Bologna 1989, pp. 285 s., 290; A. Borgogelli, Antonio Puccinelli a Bologna. Gli anni nella città emiliana tra incomprensione e polemiche, in ’800 italiano, I (1991), 2, pp. 13-16, 18 s.; La pittura in Italia. L’Ottocento, Milano 1991, I, ad ind.; II, pp. 908 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 205; L. Servolini, Diz. illustrato degli incisori italiani…, p. 506.