LIGARI, Cesare
Nacque a Milano il 28 apr. 1716 da Pietro e Annunziata Steininger (Quadrio, p. 496). Venne avviato alla pittura nella bottega del padre e fu introdotto allo studio della grammatica e della musica insieme con la sorella Vittoria. Nonostante il parere negativo del padre, all'età di diciannove anni si trasferì a Venezia; vi rimase circa tre anni avvicinandosi alla pittura di S. Ricci e di G.B. Tiepolo e studiando presso G.B. Pittoni.
Come riportato sul Mastro N (un registro familiare iniziato verso il 1720: Sondrio, Museo valtellinese di storia e arte, Fondo Ligari), nel 1739 Pietro Ligari donò al conte Pietro Salis di Coira, suo mecenate, copie di mano del figlio da opere di Pittoni (Moltiplicazione dei pani e dei pesci) e di Ricci (Mosè che parla al popolo), che testimoniano l'impegno del L. nello studio di dipinti veneziani, di cui assunse lo stile estroso e l'uso di colori cangianti (opere perdute: Meli Bassi, 1974, p. 76, e 1979, p. 11).
Elementi veneziani, tratti in particolare da Ricci e da G.B. Piazzetta, si ritrovano nelle opere realizzate negli anni del soggiorno veneziano destinate alla Valtellina.
Nel 1739 dipinse due pale d'altare, la Crocifissione e cinque santi, di cui non si conosce la collocazione originaria (oggi nel santuario di Gallivaggio), e il Transito di s. Giuseppe della parrocchiale di S. Caterina di Albosaggia. Negli stessi anni inviò in Valtellina altre tele di soggetto biblico come Il sacrificio di Isacco e La benedizione usurpata da Giacobbe, donate dal padre all'abate G.S. Paravicini, al quale furono venduti, a prezzo di cortesia, La moltiplicazione dei pani e dei pesci e La sete nel deserto (notizia tratta ancora dal Mastro N: Meli Bassi, 1974, pp. 144, 199). Caratteri spiccatamente tiepoleschi emergono dal Serpente di bronzo del 1740 (Milano, Pinacoteca Ambrosiana), desunto dal Castigo dei serpenti realizzato appunto da Tiepolo per la chiesa dei Ss. Cosma e Damiano alla Giudecca e oggi alle Gallerie dell'Accademia.
Tornato in patria nel 1740 il giovane pittore ricominciò ad affiancare il padre nello studio di famiglia, ma già nel 1742 firmò una tela per l'ossario di Cepina, Cristo deposto con la Beata Vergine, s. Antonio da Padova e un vecchio. Dal 1741 al 1744 le notizie riguardanti il L. sono molto scarse: soggiornò a Milano dal maggio 1741 all'ottobre 1743 e in quel periodo dipinse alcune tele non meglio identificate per casa Visconti (Quadrio, p. 496). In quegli stessi anni realizzò la Cena in Emmaus per la chiesa di S. Filippo a Torino, attribuita nel Settecento allo stesso Tiepolo, data la stretta vicinanza stilistica, e riconosciuta come opera del L. da Meli Bassi (1971-72).
Nel settembre del 1744 si stabilì a Sondrio e il 24 dello stesso mese sposò nella chiesa di S. Pietro a Morbegno Lucrezia Brisia (Id., 1974, p. 80). Collaborò ancora con il padre, e tra il 1746 e il 1749 fu attivo in Valtellina.
In particolare, nel 1748 realizzò gli affreschi di una cappella nella chiesa parrocchiale di Sacco, ora perduti (ibid., p. 141). Tra il 1747 e il 1749 dipinse un S. Ignazio con due angeli, pure perduto, per la chiesa parrocchiale di Arigna e la Beata Vergine con il Cristo morto e i ss. Gregorio e Abbondio per S. Abbondio a Polaggia. Quest'ultima era stata commissionata a Pietro, il quale ne affidò la realizzazione al figlio suscitando le proteste dei committenti, che pretesero una riduzione del prezzo. Lo stile del L., o forse la qualità della sua pittura, non trovò favore neanche presso il conte Caimi, che congedò bruscamente l'artista dopo la realizzazione della prima delle due medaglie a fresco commissionategli nel 1750 per la sua residenza di Turate affidando l'esecuzione della seconda a G.B. Ronchelli.
In questo periodo il L. realizzò anche gli affreschi di soggetto mitologico e allegorico nella sala da ballo della villa del marchese O. Casnedi a Birago, e nel 1749 dipinse, ancora a fresco, la Gloria di s. Ignazio sulla volta dell'aula della chiesa gesuitica di Ponte in Valtellina. Fu proprio in questa tecnica che il L. raggiunse gli esiti più alti della sua produzione artistica e in essa conservò il suo stile veneto, mentre nella pittura a olio il suo stile si riavvicinò presto a quello paterno, di stampo più lombardo, come attestato dalle tele S. Pietro risana s. Agata e il Miracolo di s. Abbondio della chiesa arcipretale di S. Giovanni Battista a Morbegno. Di spiccata ascendenza tiepolesca è invece la Gloria di s. Lorenzo dipinta nel 1750 per la parrocchiale di Villa di Tirano, cui anticamente facevano da cornice quadrature a fresco dello stesso L. (Settecento lombardo, p. 426, n. IV.13).
Nel 1752, alla morte di Pietro, il L. assunse la direzione della bottega subentrando negli impegni al padre. Alcune delle opere che gli erano state commissionate furono affidate ad altri, come nel caso del S. Giovanni Nepomuceno per l'arcipretale dei Ss. Gervasio e Protasio di Bormio realizzato da A. Torricelli; molti incarichi furono tuttavia portati avanti dallo stesso L.: tra questi l'Annunciazione e il Sogno di s. Giuseppe in S. Giorgio a Montagna e la Via Crucis della chiesa di Valmalenco.
Nel 1753, grazie alla mediazione di Paravicini, ottenne la commissione della pala d'altare con la Beata Vergine appare a s. Gerolamo Emiliani per il collegio Gallio dei padri somaschi di Como.
Quasi contemporanea è la pala della parrocchiale di S. Agostino a Cedrasco raffigurante la Beata Vergine col Bambino e i ss. Vincenzo Ferrer e Luigi Gonzaga. Tra il 1752 e il 1755 dipinse quattro scene dalle Favole di Ovidio per il conte C. Salis di Tirano: Medea e Giasone, Medea ed Esone, Pigmalione, Apollo e Marsia (Tirano, palazzo Sertoli Salis: Meli Bassi, 1974, pp. 142, 214). Nel 1753 realizzò il Ritratto del canonico G.B. Sertoli (Sondrio, palazzo Sertoli in Quadrivio: ibid., pp. 142, 210), unica tela del L. di questo genere pittorico pervenuta a oggi. Dispersa in seguito alla soppressione del convento è poi la pala per il monastero di S. Lorenzo a Sondrio con la Beata Vergine con i ss. Mauro e Scolastica e altre figure del 1757.
Tra la fine del sesto decennio e l'inizio del successivo si collocano l'esecuzione di due grandi medaglie a fresco dipinte ai lati dell'altare maggiore della chiesa parrocchiale di Domaso entro quadrature di F. Biella (1758: Martirio di s. Bartolomeo e Miracolo di s. Nicola) e la realizzazione di un ciclo per il palazzo Malacrida di Morbegno (1761).
Fu P. Solaris di Bolvedro, architetto del palazzo appena ultimato, a volere il L. per la decorazione della volta del salone e di cinque plafoni (Meli Bassi, 1971). Il L. si avvalse della collaborazione del quadraturista G. Coduri detto Vignoli e realizzò, su suggerimento di Paravicini e in omaggio alle convinzioni illuministiche di P. Malacrida, il Trionfo della Verità nelle arti e nelle scienze sopra l'Ignoranza, nella cui virtuosistica composizione dei piani e nella fantasia dei particolari riaffiora il tiepolismo dell'artista. In una sala minore dipinse le Tre Grazie e dai documenti è nota la realizzazione di quattro puttini a chiaroscuro e quattro busti a finto bronzo a completamento della cornice. Portati a compimento i lavori descritti, fu bruscamente congedato dal committente.
Nel 1764 il L. decise di trasferirsi a Como, seguito dalla sorella Vittoria. In questa città non incontrò però il consenso desiderato e fu costretto a impartire lezioni di violino e violoncello. I pochi dipinti realizzati a Como sono andati dispersi e così anche i due cicli di affreschi realizzati per la famiglia Brentano Griante nell'oratorio di Rezzonico e nel palazzo di Bolvedro.
Le maggiori commissioni continuarono a venire dalla Valtellina. Gli antichi committenti - le famiglie Peregalli, Lavizzari e Guarinoni e gli amici G. Brisa e A. Facetti - gli procurarono qualche lavoro di pittura, di cui restano solo il dipinto a olio Morte di s. Andrea Avellino, realizzato nel 1766 per i padri teatini di Ponchiera (Sondrio, Museo valtellinese di storia e arte), e i medaglioni a fresco nella chiesa della Madonna della Neve a Chiuro raffiguranti l'Allegoria della Verità, la Madonna della Neve e l'Assunzione della Beata Vergine, eseguiti all'interno delle quadrature ancora di Coduri. Perduta è invece l'ancona di marmi policromi che il L. mise in opera per il demolito oratorio del Ss. Sacramento di Sondrio (Meli Bassi, 1994).
Il L. morì il 12 apr. 1770 a Como (Id., 1979, p. 11).
Fonti e Bibl.: F.S. Quadrio, Dissertazioni critico-storiche intorno alla Rezia di qua dalle Alpi, oggi detta Valtellina, III, Milano 1755-56, pp. 496 s.; G.B. Giovio, Gli uomini della comasca diocesi nelle arti, e nelle lettere illustri, Modena 1784, p. 137; A. Riccoboni, Un tiepolesco in Valtellina: C. L., in Arte veneta, VII (1953), pp. 175 s.; R. Bossaglia, I Ligari nei rapporti coi pittori del loro tempo, in Commentari, X (1959), 4, pp. 228-237; L. Meli Bassi, Vicende degli affreschi di C. L. nel palazzo Malacrida di Morbegno, in Bollettino della Società storica valtellinese, XXIV (1971), pp. 65-69; Id., C. L. autore della Cena in Emmaus nella sacrestia di S. Filippo in Torino, in Bollettino della Società piemontese di archeologia e belle arti, 1971-72, n. 24, pp. 159-164; Id., I Ligari: una famiglia di artisti valtellinesi del Settecento, Sondrio 1974, pp. 73-105, 141 s., 144, 191-217; Id., in Dai Ligari ai Carloni: un momento della pittura lombarda nel Settecento (catal.), a cura di G. Mascherpa, Como 1979, pp. 11, 17-19; Disegni dei Ligari dalle collezioni del Museo valtellinese di storia e d'arte di Sondrio (catal.), a cura di L. Meli Bassi, Lecco 1982, pp. 77-122; R. Bossaglia, Veneziani in Lombardia. Lombardi a Venezia nel XVIII secolo, in Venezia Milano. Storia civiltà e cultura nel rapporto tra due capitali, Milano 1984, pp. 129-176; S. Coppa, Schede di pittura lombarda del Settecento: Legnanino, Magatti, Pietro Ligari, e altri, in Arte cristiana, LXXVII (1989), 731, p. 126; Settecento lombardo (catal.), a cura di R. Bossaglia - V. Terraroli, Milano 1991, ad ind.; L. Meli Bassi, L'artista della vita moderna, in La Provincia di Sondrio, 28 maggio 1994; C. Paganoni, A Cesare quel che è di Cesare, ibid.; Pittura in Alto Lario e in Valtellina, a cura di M. Gregori, Milano 1995, pp. 56, 60 s., 292 s., 305 s.; F. Franchetti, Documenti del fondo ligariano del Museo valtellinese di storia ed arte: manoscritti inediti di C. L., pittore del 18 secolo, tesi di laurea, Università degli studi di Pavia, a.a. 1996-97; F. Franchetti, Primo sondaggio tra le carte di C., in Pietro Ligari o la professione dell'artista, a cura di L. Giordano, Sondrio 1998, pp. 40-45; L. Meli Bassi, La Gloria di s. Ignazio di C. L. a Ponte, 1749, in Bollettino della Società storica valtellinese, LI (1998), pp. 165-170; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, p. 217 (s.v. Ligari, Pietro).