FERRI, Cesare
Nacque a Torino il 9 ag. 1863 da Augusto e da Giuseppina Ludovisi. Frequentò l'Accademia Albertina di Torino e, a soli diciassette anni, iniziò ad impratichirsi nel mestiere di scenografo sotto la guida del padre e di Riccardo Fontana. Trasferitosi a Madrid l'anno successivo, lavorò con gli scenografi G. Busato e B. Bonardi, che avevano continuato in Spagna l'attività teatrale intrapresa oltre vent'anni prima con il padre del Ferri. Nel 1881, ingaggiato dal teatro Comunale di Alicante, vi eseguì da solo le scene della rivista Los nietos del capitán Grant.
Tornato a Torino nel 1883, collaborò con R. Fontana e U. Gheduzzi agli allestimenti per il teatro Regio e nel 1884, a Milano, fu aiuto dello scenografo A. Rovescalli, uno dei più fedeli interpreti e seguaci del realismo scenico di C. Ferrario. Nella città lombarda aprì uno studio di scenografia: la ditta Amato Ferri e Rancati.
Dal 1897 al 1901 fu scenografo stabile per il teatro del Casinò di Montecarlo ed eseguì diverse opere di repertorio, tra cui gli allestimenti della Messalina di I. de Lara (1899), dell'Amy Robsart, del Guglielmo Tell, della Tosca. Nel 1901 tornò in Italia e lavorò per i teatri Rossini di Pesaro, Comunale di Bologna, Carlo Felice di Genova, S. Carlo di Napoli (Cristini, 1948, p. 47).
Nel 1905, chiamato dall'impresario Morichini, iniziò a prestare la sua collaborazione per il teatro Costanzi di Roma, destinata a protrarsi quasi ininterrottamente per più di venti anni. La cronologia degli spettacoli operistici e dei balli rappresentati al Costanzi, pubblicata di recente, ha consentito di riferire gran parte degli allestimenti scenici realizzati nelle stagioni teatrali comprese tra il 1906 e il 1926 al F., che si valse quasi sempre della collaborazione degli scenografi. E. Polidori e P. Stroppa.
La lunga attività svolta per il teatro romano, di cui finora non sono stati identificati, né si conoscono, composizioni sceniche o bozzetti autografi, è documentata dai brevi commenti delle cronache teatrali contemporanee, altrimenti ricche di notizie e di giudizi critici sull'operato dei musicisti, dei cantanti, degli esecutori.
Per l'opera La dannazione di Faust di H. Berlioz, che inaugurò il 26 dic. 1905 la stagione lirica 1905/1906, il F., al suo primo allestimento al Costanzi, preparò una serie di scene accuratissime, contraddistinte da speciali effetti scenotecnici e da mirabolanti movimenti di masse danzanti, manovrate dall'esperto direttore di scena E. Cecchetti.
Il successo strepitoso dello spettacolo, che realizzò ben diciotto repliche, fu una volta tanto attribuito dai giornali dell'epoca anche alla bravura dello scenografo F., capace di realizzare una scena "formata da oltre trenta pezzi a piani vari" per raffigurare la "piazza a sfondi diversi" del II atto. Ma soprattutto destò meraviglia nel pubblico e nella critica il succedersi ininterrotto di scene del III atto, tra cui quella intitolata "La corsa all'abisso", ispirata a disegni di G. Dorè, che si svolgeva su di un immenso panorama girevole di 120 m. di lunghezza per 11 di larghezza (Frajese, 1977, I, pp. 229 s.).
Molto più brevi e laconici i commenti alle scenografie dei successivi spettacoli. Eccessivamente modesto, di una semplicità addirittura "austera", fu giudicato l'allestimento dell'opera Aida, rappresentata il 13 febbr. 1909; mentre per le La leggenda delle sette torri di A. Gasco ed O. Schanzer, dell'11 marzo 1913, le scene del F. e di Polidori sembrarono ispirarsi alle atmosfere preraffaellite di D. G. Rossetti (ibid., II, p. 16, 69).
In occasione dell'Esposizione musicale del 1911, organizzata per la celebrazione del cinquantenario dell'Unità d'Italia, il comitato degli spettacoli del teatro Costanzi affidò al F., coadiuvato dal solito Polidori, la realizzazione del Barbiere di Siviglia, della Falce, opera inedita di A. Catalani (in cui il passaggio della carovana, nell'ultima scena, veniva realisticamente movimentato dalla presenza di due cammelli veri, uno bianco e uno scuro), e del Mefistofele.
Durante la gestione Mocchi-Carelli del teatro lirico romano il F. raggiunse l'apice del successo artistico, sostenendo, nella stagione 1911-12, il record di ben undici rappresentazioni, tra cui la trionfale prima romana dell'Elettra di H.v. Hofmannsthal e R. Strauss, interpretata dalla stessa Emma Carelli.
Negli anni successivi, fino al 1924, realizzò, in coppia con il Polidori, una media di quattro spettacoli per stagione, di cui, oltre alle già note opere del repertorio lirico, si ricordano gli allestimenti di alcuni lavori dati in prima assoluta a Roma, come le scene per il Canossa (24 genn. 1914) di G. Malipiero, per Una tragedia fiorentina di M. Mariotti, per Fedra di R. Romani e per Abul di A. Nepomuceno, tutti rappresentati nel 1915; per la Lodoletta di P. Mascagni (1917). Sempre nel 1914 ideò, con la collaborazione del Polidori e di A. Toccafondi, l'allestimento dell'Aida all'aperto, allo stadio Nazionale di Roma. L'assiduo lavoro svolto per il Costanzi fu interrotto solo da alcuni soggiorni in Argentina. Nel 1908, mentre si trovava a Torino per impegni al Regio, il F. fu invitato da C. Ciacchi, impresario del teatro Colón di Buenos Aires a ricoprire l'incarico di direttore della scenografia di quel teatro, che si era inaugurato nell'aprile dello stesso anno (De Angelis, 1938, p. 105).
Degli spettacoli realizzati per il Colón si ricordano le scene dell'Aida, del Don Giovanni, del Trovatore, del Barbiere di Siviglia, della Tosca e del Boris Godunov, e l'allestimento di opere nuove come Losheroes di A. Benetti. Il F., che eseguì anche la decorazione del palcoscenico del Colón, trasformato ad uso di pista da ballo, nel 1909, in occasione della visita dell'infanta di Spagna a Buenos Aires, ideò gli ornati floreali della platea dello stesso teatro. Per l'Esposizione mondiale di Buenos Aires del 1909 il F. dipinse una serie di dodici pannelli, di cui si ricordano quelli, notevoli, del padiglione delle Ferrovie, del palazzo della Donna (per il quale realizzò due panorami della città com'era cinquant'anni prima e quale appariva nel 1909) e del padiglione dell'Agricoltura.
Nel 1910 fece ritorno in Italia e dimorò stabilmente a Roma, ove, come si è ricordato, lavorò in modo continuativo per il Costanzi. Il F. abbandonò il mestiere di scenografo solo negli ultimi anni della sua vita, per dedicarsi alla pittura da cavalletto. Morì a Roma il 16 febbr. 1936.
Fonti e Bibl.: G. Ferrari, La scenografia, Milano 1902, pp. 178,234; A. De Angelis, Scenografi italiani di ieri e di oggi, Roma 1938, pp. 104 s.; C. M. Cristini, La scenografia, in Cento anni di vita del teatro di S. Carlo 1848-1948, Napoli 1948, p. 47; V.Frajese, Dal Costanzi all'Opera. Cronache, recensioni e documenti..., Roma 1977, I, pp. 229 s.; II, pp. 16, 45, 59, 62, 69; IV, pp. 84 s., 101, 103, 107, 109 s., 114 s., 117 s., 120-127, 129-140,142-145, 148-149, 151, 153 s.; Enc. dello spettacolo, V, col. 217.