FANTITTO, Cesare
Non si conoscono i dati biografici del F., originario dell'Aquila, attivo nella seconda metà del sec. XVII.
Dai pochi documenti noti si sa che il 19 maggio 1688 ebbe l'incarico dal reverendo fra' Paolo de Filippis, agostiniano e cittadino aquilano, di eseguire per una delle "camere del Palazzo Municipale" della città dell'Aquila due quadri raffiguranti i ritratti di due pontefici, più altri otto raffiguranti alcuni cardinali (Archivio di Stato dell'Aquila, Arch. civico aquilano, Reformationes, T. 35), opere di cui non rimane traccia. Collaborarono con lui l'aquilano Francesco Bedeschini, per i disegni, e un certo maestro Giuseppe del Grande, anch'egli aquilano, per gli stucchi, ricevendo un compenso di "ducati cento" (ibid.). Nell'anno 1695 il F. effettuò la "vendita di una casa, sita nei locali di Bazzano" "malamente ridotta per la sua antichità", ad un certo "Francesco Corona della terra di Tussillo ... per centocinquanta ducati in tutto" (Ibid., Fondo notarile, busta 977, vol. XXIII). L'atto notarile venne stipulato "in domo Cesaris Fantitti sita ante Chiesa S. Maria Paganica ..." (ibid.).
Non possediamo alcun documento relativo a questa abitazione, ma, dall'atto citato, si sa che in quell'anno il F. abitava proprio nel quartiere di S. Maria Paganica della città dell'Aquila.
In un inventario del 1908 presso l'Archivio comunale dell'Aquila risulta un solo dipinto del F., raffigurante il Pontefice Paolo IV Carafa, proveniente dal Museo di arte sacra della stessa città, eseguito probabilmente per rendere omaggio alla madre del pontefice, Vittoria di Pietro Lalle Camponeschi, di origine aquilana.
L'opera, esposta nel Museo nazionale d'Abruzzo, restaurata a cura della soprintendenza dell'Aquila nel 1967, è firmata in basso a sinistra: "CES.FANT.AQUIL.F." Si tratta dell'unica testimonianza a noi giunta dell'attività del F., il quale appare sostanzialmente fedele al linguaggio controriformistico e vicino all'arte di Francesco Bedeschini, con il quale ebbe rapporti di lavoro e di amicizia. Nel dipinto inoltre mostra di aderire pienamente al naturalismo, evidente nel modo con cui vengono resi i particolari del volto e delle mani, fortemente caratterizzati dalla luce; le ombre che si formano tra l'ampio panneggio, tagliando nette le superfici, sottolineano il rifiuto ai canoni della maniera.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato dell'Aquila, Arch. civico aquilano, Reformationes, T. 35; Ibid., Fondo notarile, busta 977, vol. XXIII; T. Bonanni, La guida stor. della città dell'Aquila e dei suoi contorni, Aquila 1875, p. 47; V. Bindi, Artisti abruzzesi, pittori, scultori, architetti..., Napoli 1883, p. 116; G. Filangieri, Documenti per la storia, le arti, e le industrie delle provincie napoletane, V, Napoli 1901, p. 188; M. Moretti, Museo nazionale d'Abruzzo, L'Aquila 1968, p. 154; O. Lehmann-Brockhaus, Abruzzen und Molise, München 1983, p. 415; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 258.