FAGIANI, Cesare
Nacque il 30 sett. 1901 a Lanciano (Chieti) da Alfonso e Anna Scaccia. Il padre, tipografo nella casa editrice di Rocco Carabba e autore di poesie in dialetto, lo avviò agli interessi letterari. Dopo aver frequentato per alcuni anni la scuola tecnica, il F. dovette interrompere gli studi per motivi economici e si impiegò anche lui presso Carabba. Nel 1920, da autodidatta, conseguì il diploma magistrale nella scuola normale di Chieti. Dal 1920 al '23 insegnò materie letterarie nella scuola di avviamento industriale di Lanciano. Entrato nel '23 come vincitore di concorso nei ruoli dell'insegnamento elementare, fu destinato alla scuola della frazione Verratti di Casoli (Chieti).
In questo ambiente rurale cominciò a comporre in dialetto poesie e testi teatrali, tra i quali le commedie A la fere de lu Bon Cunzije (Alla fiera della Madonna del Buon Consiglio) e Na parentezza a la ritorne (Una parentela a circolo), rimaste inedite. Nel 1926 sposò Candida Di Santo, anche lei insegnante elementare ed autrice di versi in lingua e in dialetto. Trasferito nel '29 a Lanciano, vi trascorse il resto della sua carriera scolastica, insegnando nelle scuole elementari.
Nel teatro Fenaroli di Lanciano fu rappresentato nel febbraio 1930 un suo dramma in tre atti per ragazzi, La mamme che nen more (La madre che non muore; Lanciano 1930); tra i piccoli attori era il futuro scrittore Eraldo Miscia, allora decenne, alunno del Fagiani.
Sebbene già nel '24 alcune sue poesie fossero comparse nel periodico locale Bagliori di fiamma, la prima pubblicazione in volume di componimenti del F. avvenne nel 1933, in appendice alla raccolta paterna Lu done (Il dono; Lanciano): sono una ventina di liriche "vivaci, scherzose, qualche volta venate di sottile malinconia" (Giancristofaro, in Dimensioni, 1967), su temi prevalentemente sentimentali.
Si intensificava intanto la sua partecipazione alla vita culturale con interventi a dizioni pubbliche di poesie, collaborazione a periodici, conseguimento di premi in concorsi poetici. Molti suoi testi furono musicati per canzoni destinate alle rassegne folcloristiche abruzzesi.
Con la pubblicazione di Luna nova (Lanciano 1949) il F. intese avviare un'organica raccolta dei suoi versi dialettali.
La silloge comprende poco meno di un centinaio di componimenti in vario metro, suddivisi in cinque sezioni tematiche: dai motivi sentimentali e satirici si passa ai ritratti di conterranei illustri, dai testi per canzoni alle liriche di ispirazione religiosa. Notevoli le "pagine di storia" che rievocano attraverso testimonianze personali le vicende della seconda guerra mondiale in Abruzzo e la rivolta antinazista di Lanciano dell'ottobre 1943.
Nel 1953 apparve a Lanciano come secondo volume delle poesie abruzzesi del F. Stamme a sentì ca mo' te la recconte (Sta' a sentirmi, ora ti racconterò), con l'introduzione di I. Testa.
Strutturata in quattro sezioni, la raccolta comprende circa sessanta liriche di vario argomento. Pur riprendendo, a volte, spunti tematici del poeta conterraneo Modesto Della Porta, il F. esprime una personale visione della realtà con un linguaggio duttile e colorito. È una poesia ispirata "alla schiettezza arguta, all'allegria festosa, alla comunicativa cordialità" (Testa).
Allo sviluppo del teatro dialettale abruzzese il F. diede un valido contributo con una serie di testi ispirati alla vita degli strati sociali più modesti (contadini, artigiani), che la sua attività didattica gli consentiva di osservare da vicino. La sua produzione maggiore è raccolta in Teatro abruzzese (Lanciano 1961), che comprende la commedia in versi in tre atti Sciò-llà (interiezione che intima allontanamento), la commedia in prosa in tre atti Lu crivelle (Il crivello; rappresentata al teatro Fenaroli di Lanciano nell'aprile 1959), il quadro di tradizione popolare La feste di Sant'Eggidie (La festa di S. Egidio; rappresentata a Lanciano nel settembre 1957). Il F. vi ritrae costumi e rituali caratteristici del mondo popolare, servendosi di tipici modi di dire del vernacolo. Nella raccolta Lu pijatore de le feste (L'impresario di bande musicali; Pescara 1965) sono inclusi quattro componimenti che in parte risentono del modello di M. Della Porta.
Il F. si spense a Roma l'8 nov. 1965. Postuma venne pubblicata, a cura di G. Rosato, Fenestre aperte (Finestra aperta; Pescara 1966), già in parte allestita dall'autore.
Nell'introduzione F.P. Giancristofaro, distinguendo la poesia del F. da quella di Cesare De Titta e M. Della Porta, la definisce "intrisa di venature sentimentali e di accenti per lo più immediati". I settanta componimenti sono distinti in una prefazione e tre sezioni tematiche, delle quali la più ampia, Stu monne (Questo mondo), raccoglie una serie di immagini e riflessioni sulla realtà quotidiana, guardata con un atteggiamento tra meditativo e ironico.
Oltre che nelle raccolte citate nel testo, liriche del F. sono comprese in O. Merciaro, Parlature paesane, Pescara 1954; Cantidella terra d'Abruzzo e Molise, a cura di O. Giannangeli, Milano 1958; E. Giammarco, Antologia dei poeti dialettali abruzzesi, Pescara 1958; V. Esposito, Parnaso d'Abruzzo, Roma 1980. Inoltre: C. Fagiani, Trenta poesie, tradotte in dialetto siciliano da E. Petix, Lanciano 1975.
Bibl.: Un'ampia biografia e bibliografia in C. F., a cura di Candida Fagiani, Lanciano 1973. Inoltre: P. P. Pasolini, Passione e ideologia, Milano 1960, p. 58; F. P. Giancristofaro, Della letteratura e di un poeta dialettale, in Itinerari, IV (1965), 6, p. 4; G. Giuliante, La poesia di C. F., in Abruzzo, III (1965), 1-2, pp. 117-134; F. P. Giancristofaro, Una scuola poetica dialettale, in Itinerari VI (1967), 6, p. 3; Id., Motivi e forme dell'opera diC. F., in Dimensioni, XI (1967), 1-2, pp. 71-78; E. Giammarco, Storia della cultura e della letteratura abruzzese, Roma 1969, p. 143; U. Russo, L'attività letteraria, in Abruzzo nel Novecento, Pescara 1984, p. 111; G. Oliva-C. De Matteis, Abruzzo, Brescia 1986, pp. 66 s., 69.