FACCHINETTI (Fachenetti), Cesare
Nacque a Bologna il 29 sett. 1608, figlio del marchese Ludovico e di Violante Austriaca di Correggio. Il F. era pronipote di papa Innocenzo IX e nipote del cardinale G.A. Facchinetti (morto nel 1606); il marchese Ludovico era ambasciatore residente di Bologna a Roma allorché vi morì nel 1644.
Il 23 febbr. 1628 il F. si addottorò in giurisprudenza e quattro anni dopo fu inviato dal padre a Roma per intraprendere la carriera curiale. Egli poté presto contare su un'ascesa ininterrotta grazie allo stretto rapporto di amicizia e clientela che instaurò con la famiglia Barberini (in particolare con il cardinale Francesco senior), destinato a durare per tutta la vita. Papa Urbano VIII lo nominò referendarius utriusque signaturae, segretario della congregazione de' Vescovi e Regolari e infine prelato della congregazione del Buon Governo. Nel 1638 ricopriva la carica di segretario della congregazione del S. Offizio. Il vertice della sua carriera è rappresentato senza dubbio dalla nunziatura a Madrid (1639-1642), che ottenne con il titolo di arcivescovo di Damietta. Il F. era stato in un primo tempo inviato a Madrid in veste di nunzio straordinario, contemporaneamente ad altri legati spediti a Parigi e a Vienna, per formare una lega antiturca nel Mediterraneo. Questa missione trovò poco ascolto da parte del conte duca di Olivares. Senza aver concluso l'alleanza, il F. subentrò al nunzio ordinario Lorenzo Campeggi, morto il l'8 ag. 1639, e si vide immediatamente coinvolto nelle questioni più spinose a proposito della guerra condotta in Europa dalle potenze cattoliche. Un impegno ancora maggiore dovette comportare per lui il progetto maturato da tempo da parte del governo spagnolo di ridurre drasticamente le prerogative della nunziatura apostolica.
Riguardo al conflitto europeo il F. aveva avuto istruzioni di favorire la pace con ogni mezzo: il progettato convegno generale a Colonia doveva aprirsi se possibile presto, includendo anche gli Olandesi. Ma da Madrid il nunzio poteva esercitare solo una assai modesta influenza su avvenimenti così ostici; inoltre, le ferree direttive del segretario di Stato Francesco Barberini lasciavano ben poco spazio per sviluppare iniziative personali. Altro era invece per le faccende al di fuori dello scenario politico internazionale che riguardavano direttamente la Curia. Durante la sua nunziatura ebbero luogo la rivolta in Catalogna dell'agosto 1640 e la secessione del Portogallo del dicembre successivo. I Catalani avevano pregato Urbano VIII di condurre una mediazione e il pontefice non era contrario ad accettare. L'incarico avrebbe consolidato la sua posizione nel concerto europeo e in Spagna, ma l'Olivares respinse la proposta facilitando così l'intervento francese.
La rivolta del Portogallo dimostrò ancor più chiaramente che il governo di Madrid non era intenzionato a tollerare una "presa di posizione autonoma" del papa "nella situazione interna spagnola". In Portogallo con l'espulsione del collettore Alessandro Castracani (fu estromesso il 10 sett. 1639) la situazione per la Sede apostolica si era fatta molto critica, mentre la nuova signoria dei Braganza aveva prontamente riconosciuto i diritti del pontefice. Come mossa ulteriore il nipote di re Giovanni IV, il vescovo di Lamego, si precipitò a Roma e tentò ostinatamente di farsi riconoscere come ambasciatore portoghese. Al papa toccava ora - scriveva infastidito il F. al cardinale Barberini - una presa di posizione decisiva in Italia per il riconoscimento del Portogallo. Urbano VIII aveva in realtà deciso di non decidere e di non piegarsi alle pressioni spagnole. Il vescovo non fu riconosciuto come ambasciatore, ma non fu neppure mandato via da Roma. Il conflitto portoghese doveva sopravvivere a lungo sia al papa sia all'Olivares.
La situazione catastrofica in cui versava ormai la Spagna rese l'Olivares disponibile al compromesso su alcune questioni. Questo riguardò in primo luogo il conflitto sul tribunale della nunziatura e qui il F. poté registrare l'unico, ancorché duramente combattuto, successo della sua missione. Come nunzio, egli non aveva solo incarichi diplomatici ma dirigeva anche una filiale della Dataria apostolica, presiedeva il tribunale per le controversie del clero e controllava i Collectoria di Spagna (l'8% dei quali costituiva il suo stipendio). A partire dal 1632 il governo spagnolo aveva ingiunto con vari memoranda di porre fine agli abusi del tribunale e la morte del nunzio L. Campeggi fu subito sfruttata per sospenderne l'attività (fino al 9 ott. 1640). Il F. era giunto a Madrid con due brevi papali: il primo lo nominava uditore del nunzio e il secondo gli consentiva di esercitare i poteri di nunzio per due mesi. In breve nacque un conflitto. Mentre il F. considerava i poteri interinali regolarmente in vigore, il governo gli interdì la presidenza del tribunale, dapprima con il pretesto della mancanza delle credenziali e poi, dopo l'assunzione dei pieni poteri, il 3 sett. 1639, a causa di una delibera della Giunta delle riforme del 23 ag. 1639 che prevedeva la soppressione del tribunale o, se non fosse stato possibile, la sua riforma.
In questa situazione il F. era scrupolosamente impegnato a non sospendere la normale attività del tribunale: se i chierici spagnoli si rifiutavano di eseguire gli inventari degli spogli, egli dovette impiegare il personale della nunziatura. Nel 1640, dopo aspre trattative tra il commissario spagnolo G. Chumacero e il papa a Roma e al contempo tra il F. e l'Olivares a Madrid, si arrivò ad una soluzione. Quando il compromesso sembrava raggiunto, la divulgazione anticipata, da parte degli Spagnoli, della formula concordata nel marzo 1641 rimise tutto nuovamente in discussione. Il documento divulgato voleva fare apparire la riforma del tribunale come un atto di grazia del re. Un breve papale del 6 apr. 1641 annullò subito la formula e la firma già apposta troppo precipitosamente dal Facchinetti. Il 27 aprile, invece, il cardinale Barberini inviò, come decreto unilaterale del papa, le, cosiddette Constitutiones Urbanas, che del resto si discostavano ben poco dalla redazione del compromesso ad opera del Facchinetti. Con la "Concordia Facchinetti" era sancita l'esistenza del tribunale della nunziatura e la nomina papale dei suoi principali membri. Le trattative condotte dal F., a prescindere dalla pubblicazione anticipata della "Concordia", si possono quindi considerare riuscite.
Dopo il suo ritorno dalla Spagna, come uno dei più fedeli seguaci dei Barberini, il 13 luglio 1643 il F. ottenne il cappello cardinalizio, ma la morte di Urbano VIII e la caduta dei Barberini l'anno seguente ebbero i loro effetti anche sul F., che non poté mantenere la sua posizione in Curia. Egli optò allora per il vescovato di Senigallia, rimasto vacante per la morte del suo predecessore a Madrid, Lorenzo Campeggi.
Qui resse la diocesi fino al 1655, per rilevare quindi l'arcivescovato di Spoleto giusto in tempo per ricevere degnamente la regina Cristina di Svezia di passaggio per la città diretta a Roma. Nel 1680 divenne decano del S. Collegio: si cumularono così gli uffici e gli incarichi onorifici e il F. poté riprendere la residenza a Roma. Dal 1643 al 1671 ebbe il titolo dei Ss. Quattro Coronati, nel 1671-72 passò a quello di S. Lorenzo in Lucina, dal 1672 al '79 a quello di Palestrina, nel 1679-80 a quello di Porto, infine dal 1680 all'83 ebbe il titolo di cardinale vescovo di Ostia e di governatore di Velletri. Nel 1679, dopo la morte del suo antico protettore Francesco Barberini, assunse per qualche tempo la carica di vicecancelliere della Chiesa. Tutti questi uffici e queste cariche giungevano però troppo tardi perché il F., di salute già malferma, potesse esercitare un'influenza decisiva: la nunziatura in Spagna rimase il momento più importante della sua carriera.
Anche se l'attività pastorale lo tenne per più di un ventennio lontano dalla Curia, il F. svolse le sue mansioni di presule senza trascurare i contatti con Roma. Visitò intensamente la diocesi e compì anche ispezioni per incarico della congregazione de' Vescovi e Regolari, ma ogni sei mesi si recava a Roma per un lungo soggiorno. Coltivò con cura i rapporti con le famiglie patrizie della sua diocesi e da esse fu chiamato m veste di paciere in occasione di contenziosi. Anche ai suoi contatti con la Spagna, a distanza di decenni dalla nunziatura, il F. dava ancora la massima importanza e anche da Senigallia e da Spoleto cercò di intervenire nei rapporti diplomatici tra Madrid e Roma. Le sue azioni erano dettate da interessi famigliari, che egli sapeva inserire abilmente nel suo rapporto clientelare coi Barberini, ora soprattutto col principe Maffeo. Fino alla fine si considerò una creatura di Urbano VIII e perciò legato anche al suoi successori. Questo fu particolarmente evidente nell'incondizionato appoggio concesso a Francesco Barberini nei conclavi del 1644 e del 1669, nel secondo dei quali egli stesso fu considerato papabile. In questa luce vanno visti anche i suoi lunghi conciliaboli coi Barberini, relativi all'"accasamento" dell'unica cugina Violante Facchinetti (1649-1716), che riuscì infine a fare sposare brillantemente con Giambattista Pamphili.
Il F. non fu tra i grandi cardinali mecenati del Seicento romano: ragioni finanziarie e di mentalità dovevano avere il loro peso. Il gesuita Honoré Fabri gli dedicò nel 1665 i suoi Dialogi physici. Il F. vi figura nel ruolo dell'interlocutore "Augustinus", in possesso di cognizioni scientifiche, che sostiene la teoria copernicana. È difficile però riconoscere in questo personaggio la personalità di accorto tattico del F., che anche da cardinale non cessò mai di considerarsi una di quelle "creature" con l'aiuto delle quali le grosse famiglie dei pontefici si imponevano in Curia.
Morì a Roma il 30 genn. 1683 e fu sepolto nella chiesa di S. Maria della Scala.
Fonti e Bibl.: Madrid, Ministerio de Asuntos Exteriores, Archivo de la Embajada cerca de la Santa Sede, leg. 338, Expedientes; Arch. segr. Vaticano, Nunziatura di Spagna, 83, 84; Ibid., Miscell., Arm. I 86; Bibl. ap. Vaticana, Barb. lat. 8445-8477 (corrispondenza tra il F. e il segretario di Stato F. Barberini); Ibid., Ottob. lat. 2206, ff- 137r-146r; Ibid., Barb. lat. 8713, 8785, 8823-25 (lettere a Antonio, Francesco, Taddeo e Maffeo Barberini); Ibid., Vat. lat. 9528 (lettere a diversi); Ibid., Barb. Stamp. H. H. V. 85 (int. 5): "... graves daños que padecen, ocasionados de la jurisdicción que los Nuncios de Su Santidad exercen en ertos Reynos"); Nelle nozze de gl'ill.mi signori il signor marchese Lodovico Fachenetti ed donna Violante di Correggio..., Bologna 1607; Funerale celebrato nella chiesa de' Bolognesi in Roma dall'ill.mo Senato di Bologna ... Lodovico Fachenetti ambasciatore residente per quella città, Romae 1644; G.P. Pancaldi, Nella felicissima promotione dell'em.mo e rev. sig. card. Fachenetti. Oda, Bologna 1643; H. Fabri, Dialogi physici, Lugduni 1665, p. I; Decreta habita in generali synodo diocesana Spoleti celebrata mense maii 1673, Spoleti 1673; G. Bentivoglio, Memorie e lettere, a cura di C. Panigada, Bari 1936, p. 61; A. Meister, Zur spanischen Nuntiatur im XVI. und XVII. Jahrhundert, in Römische Quartalschrift, VII (1893), pp. 447-481; P. Cantero, La Rota Española, Madrid 1946, pp. 66-78; Raccolta di concordati su materie ecclesiastiche tra la S. Sede e le autorità civili, I, Città del Vaticano 1954, pp. 282 s., n. 1; L. Thorndike, A history of magic and experimental science, VII, New York-London 1958, pp. 665 s.; N. G. Martin, Esfuerzos y tentativos del conde-duque de Olivares para exonerar de los espolios y vacantes a los prelados hispanos, in Anthologica annua, VI (1958), pp. 231, 284; Id., El tribunal de la Rota de la nunciatura de España. Su origen, construcción y estructura, ibid., VIII (1960), pp. 143-278; J. M. Marqués, Indices del Archivo de la Nunciatura de Madrid, I, (1664-1735), ibid., XXII-XXIII (1975-76), pp. 691-853; J. Tejada y Ramiro, Colección completa de concordatos españoles, Madrid 1862, pp. 17-82; H. Biaudet, Les nunciatures apostoliques permanents..., pp. 237, 264; P. Gauchat, Hierarchia cattolica…, IV, Monasterii 1935, pp. 25, 312, 321.