BUSSOLA, Cesare
Figlio di Dionigi, nacque a Milano nel 1653; giovanissimo, venne iniziato alla scultura dal padre, sotto la cui direzione già nel 1669 frequentava la scuola di "disegno delle statue della galleria" dell'Accademia ambrosiana. Certamente la frequentava ancora nel 1674, quando viene ricordato nei documenti tra gli "accademici abili per copiare delli rilievi e delle statue" (Nicodemi, 1957). Fu stretto collaboratore del padre fino alla sua morte; del 1677 e 1678 sono due richieste di Dionigi perché al figlio fosse concesso il posto di scultore fisso alla Fabbrica del duomo di Milano e in seguito il permesso di lavorare nella sua bottega (Arch. stor. della Fabbrica del duomo, cart. 140).
Poiché non si hanno notizie di viaggi o di esperienze artistiche al di fuori dell'ambiente lombardo, è lecito indicare le origini dell'educazione rigidamente provinciale del B. nella sfera paterna. Lo stesso Dionigi, nei documenti di supplica rivolti al consiglio di Fabbrica a partire dall'anno 1667fino alla sua morte, sottolinea la compartecipazione del figlio alle opere a lui affidate; il B. stesso si farà vanto, nei documenti della Fabbrica, del prestigio e della fama del padre che gli valsero commissioni e lavoro per tutta la vita, senza che egli riuscisse tuttavia a raggiungere posizioni di prestigio nell'ambiente artistico lombardo.
In base agli elementi documentari e in base anche all'analisi delle opere sinora rintracciate del B., ci sembra possibile fare una distinzione di qualità tra le opere prodotte in collaborazione o sotto la diretta e stimolante guida di Dionigi (il quale "da molti anni per la sua vecchiaia non travagliava": Arch. storico della Fabbr. del duomo, cart. 140, anno 1687)e le opere eseguite dopo la sua morte, avvenuta nel 1687.
Tra le opere del primo periodo vanno poste la Santa Dorotea (n. 113 dei grafici del Nebbia) e il profeta Abacuc (n. 102 dei grafici del Nebbia), rappresentato nell'atto di essere trasportato in cielo tenuto per i capelli da un angelo (per il pagamento, cfr. Archivio storico della Fabbrica del duomo, cart. 140; Annali, VI, p.).
Di questa statua è conservato nel Museo del duomo di Milano il bozzetto in creta, di raffinate proporzioni, animato da un vivace slancio ascensionale, che, a motivo della buona qualità, saremmo propensi ad attribuire alla mano di Dionigi; la traduzione in marmo, probabilmente opera prevalente del B., mostra una alterazione delle proporzioni e una tendenza, che rimarrà costante nelle opere del periodo successivo, a ridurre il movimento barocco a una contrapposizione sistematicamente geometrica lungo assi dinamici assai rigidi delle membra del corpo.Altre opere del periodo antecedente alla morte del padre sono il modello per un bassorilievo per la cappella di S. Giovanni Buono, rappresentante L'ingresso del santo in Milano (portato a compimento in marmo soltanto nell'anno 1700), un Angelo adorante per uno dei piloni del coro del duomo e la Fede da porsi nel battistero, ora non più in luogo. La collaborazione con il padre si estende anche ai gruppi statuari del Sacro Monte di Varese, e di quelli di Orta e di Varallo; questa fondamentale esperienza verrà riecheggiata nel bassorilievo della cappella di S. Giovanni Buono, inteso come un quadro vivente per la visione scenografica dello spazio e il rapporto dei personaggi con esso, privo tuttavia dell'impeto drammatico e vitale delle opere paterne. Il B. affianca Dionigi anche nelle sculture della certosa di Pavia; al suo personale intervento la critica attribuisce le opere di qualità meno sostenuta, quali il S. Ambrogio, il S. Giovanni e il paliotto con l'Adorazione dei Magi nella cappella dell'Annunciata (Bossaglia).
Nel periodo che segue la morte del padre il B. affianca all'attività di scultore anche quella di decoratore (cfr. Arch. stor. della Fabbrica, cart. 141; Annali, VI).Come scultore di figura, partecipa alla decorazione delle due cappelle, di S. Giovanni Buono e dell'Albero, che venivano portate a compimento in quegli anni. Per la cappella di S. Giovanni Buono esegue un bassorilievo rappresentante un Angelo che porta una corona di fiori, iniziato nel 1709 e stimato nel 1712, "di grandezza tripla delle figure ordinarie", posto sopra l'arco d'ingresso; nel 1716 una parte della cuffia con un Arcivescovo "quasi di tutto rilievo di grandezza maggiore del naturale", un Puttino con messale, due Angeli e tre teste di Cherubini. Per l'esterno della medesima cappella esegue nel 1711 un serpente per un acquedotto, nel 1713 e nel 1723 due statue sostegni di acquedotti che ripetono, nei tipi e negli atteggiamenti, i telamoni della facciata (tre dei quali eseguiti da Dionigi); per le gugliette esterne due piccole statue rappresentanti gli apostoli Taddeo e Filippo, del 1726. Per le gugliette esterne della cappella dell'Albero esegue nel 1729 due piccole Sibille.
L'ultima opera di cui i documenti danno notizia è una S.Agata (n. 296 dei grafici del Nebbia), terminata nel 1735 con la collaborazione dello scultore Antonio De Marchi (collaborazione non importante, stando alla suddivisione del compenso: lire 2.500 al B., lire 100 al De Marchi). In questa figura la schematizzazione geometrica delle membra dimostra come il B. non fosse riuscito a superare l'accademismo dell'educazione giovanile e i limiti di uno stretto provincialismo e come, una volta rimasto senza la guida paterna, avesse ridotto lo spirito barocco a esteriorità di atteggiamenti.
Fonti e Bibl.: Milano, Archivio storico della Fabbrica del duomo, cartt. 140-141; Annali della Fabbrica del duomo..., V, Milano 1883, pp. 318321; VI, ibid. 1885, pp. 1, 27, 29, 33, 41, 439 53, 61, 72-81 (passim), 86, 91, 101, 108, 118; U. Nebbia, La scult. nel duomo di Milano, Milano 1908, pp. 217, 284; G. Nicodemi, L'Accad. di pittura,scultura e architett..., in Studi in onore di C. Castiglipni,prefetto dell'Ambrosiana, Milano 1957, p. 677; Id., La scult. milanese nel XVIII sec., in Storia di Milano, XII, Milano 1959, pp. 780 s.; R.Bossaglia, in La certosa di Pavia, Milano 1968, ad Indicem;U.Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 294.