BREVEGLIERI, Cesare
Di origine ferrarese, nacque a Milano il 12 marzo 1902, da Luigi e Teresa Tadini.
Ebbe presto vocazione per la pittura, ma per necessità familiari dovette seguire in un primo tempo altre vie. Fece così rimpiegato, il maestro elementare e il commesso viaggiatore di una fabbrica di comici, ma riuscì a mantenere sempre viva la sua vocazione, compiendo un tirocinio da autodidatta nelle poche ore libere. Contrariato dai familiari per la pittura, prese tuttavia nel 1928 la decisione di lasciare ogni altro impegno, di dimettersi da maestro e di dedicarsi interamente all'arte.L'anno successivo fu ammesso alla Mostra sindacale lombarda. Furono inizi duri e in un certo senso le difficoltà continuarono per un pezzo. Ebbe la fortuna di vincere nel 1930 il concorso a Brera per il pensionato Sarfatti della Cassa di Risparmio delle province lombarde con Maternità. A un amico giornalista (M. Lepore, in Corriere lombardo, ed. pomeriggio, 21 ag. 1946) confidò di essersi presentato al concorso senza sperarci molto. Con le venticinquemila lire vinte poté recarsi a a Firenze e a Roma per studiare nei musei, e poi a Parigi. E fu a Parigi che trovò quasi all'improvviso la sua strada, con un'apertura originale, scoprendo in particolare i quadri di Utrillo e del Doganiere Rousseau.
Quei paesaggi parigini e la vita quotidiana e semplice, popolare e leggermente ironica, gli aprirono un mondo più consono ai suoi ideali tranquilli, ai suoi personaggi giornalieri, senza rilievo e familiari. E fu già un segno di novità l'aver scelto questa vita modesta ma vera che metteva nei suoi quadri, estranea a tutti i rimbombi eroici del regime e della tradizione. Dipinse le periferie milanesi, i giardini pubblici con gli episodi domenicali dei soldati e delle cameriere vicino, alle gabbie dello zoo, i nuotatori del Naviglio appena oltre le ultime case, gli orti, i caffè umili, i salotti piccolo-borghesi col divano rosso e le oleografie alle pareti, i teatrini delle marionette, le modelle in posa nude e pudibonde, le nature morte da cucina. Davanti alle bandiere sventolanti di un "destino imperiale", il B. dipingeva la povera gente tranquilla intenta alle sue vicende quotidiane, con un affetto per nulla crepuscolare che gli permetteva di coglierne gli aspetti più usuali con patetica gentilezza ironica.
La breve sosta a Parigi gli permise altresì di uscire dalla consunta pittura di tradizione lombarda, con uno spirito più acceso e una vibrazione di colore a forti tinte luminose, con una composizione disegnativa ben calcolata per dosature di spazi ed equilibrio cromatico. In questo senso si giovò anche dell'esempio di Carrà. Ma non fu per nulla né un istintivo né un naïf. Dipinse, è vero, quadri come ex voto, anche quando scoprì il paesaggio della Versilia e della Brianza. Difatti i paesaggi eseguiti a Viareggio nel '3 g., lungo la vecchia darsena e i piccoli cantieri, hanno una luce intensa e quel verde-azzurro corposo che deriva da Carrà; ma la lucentezza è sua personale, come lo stupore per quegli incontri inattesi di battelli panciuti più alti delle case, col ma e disteso come un fondale. Tuttavia non ci si deve fermare a questo repertorio di scene, di oggetti, di interni da piccola gente pacifica. Bisogna arrivare alla forza espressiva delle sue inquadrature dalle prospettive verticali, soprattutto al valore evocativo e sottile del colore, che proviene da una maturazione, nella memoria, del soggetto, per cui esso si carica di una risonanza particolare, apparentemente usuale e invece elaborata con profonda sapienza.
Dal 1929 espose ogni anno alle Sindacali lombarde; la mostra allestita a Brera al ritorno dai suoi viaggi di "pensionato" (autunno 1932) non mutò granché le sue difficoltà; ma il B. crebbe nell'estimazione dei colleghi e dei critici. Nel 1931 era stato invitato alla Quadriennale di Roma e da allora non mancò a queste esposizioni. Lo stesso accadde per la Biennale di Venezia, dove fu invitato per la prima volta nel 1932. Ebbe anche l'incarico di compiere l'affresco intitolato Olimpiade, purtroppo distrutto, per la V Triennale di Milano (1933). Alcuni premi furono un sostegno atteso nelle sue difficili vicende economiche: il premio Fumagalli alla Biennale di Brera del 1934, il premio delle Corporazioni a quella del 1936, quello per il paesaggio alla IV Quinquennale di Lecco nel 1937, nel '39 il premio Fornara e nel 1943 il premio del Partito naz. fascista. Dopo essere stato invitato alla Mostra d'arte italiana a Budapest (1935), tenne la sua prima personale nel 1938 alla galleria del Milione a Milano. Ne scrissero favorevolmente Guido Piovene (in Corriere della Sera, 17 dic. 1938), R. Giolli (in Domus, gennaio 1939), L. Borgese (in L'Italia, 15 dic. 1938).
Il suo nome cominciava a correre come quello di un pittore che tendeva, come altri artisti, a non chiudersi nel conformismo novecentesco. Si avvertiva, cioè, che sotto quell'apparenza semplice la pittura era colta, e al di là di quelle scene senza eroi il B. esprimeva la vita di tutti. Nell'intervista con Lepore già citata il B. disse di aver sempre bisogno del soggetto: le coppie al giardino pubblico, la gente che chiacchera in salotto, che sta assorta al teatro d'opera, che balla nelle balere, che fa compere nelle botteghe; ma di non dipingere dal vero, perché dal vero quella realtà non gli diceva nulla; la doveva prima filtrare attraverso il ricordo e lafantasia.
Nel 1943 allestì una seconda personale alla gall. del Milione a Milano; ma i bombardamenti sulla città lo costrinsero a rifugiarsi nei piccoli centri lombardi. Nel 1946 alla stessa galleria (che aveva preso il nome di galleria del Camino) tenne una nuova personale. Aggredito dal cancro, morì in pochi giorni a Milano il 22 marzo 1948. La XXIV Biennale veneziana di quello stesso anno ne celebrò la memoria esponendo cinque quadri (presentaz. di L. Borgese).
Fonti e Bibl.: C. Carrà, L'esposiz. alla Permanente, in L'Ambrosiano, 2 febbr. 1935; Id., La pitt. alla Quadriennale romana,ibid., 14 marzo 1935; Id., VI Mostra sindac. lombarda,ibid., 1º maggio 1935; U. Ojetti, La XX Biennale, in IlCorriere della Sera, 31 maggio 1936; G. Piovene, C. B., Milano 1943 (2 ediz., Milano 1949: a pp. 15-21, contributo a una bibl.; a pp. 12-14, stralcio dell'intervista con M. Lepore in Corriere Lombardo, 21 ag. 1946); M. Valsecchi, 12opere diC. B., Milano 1950; Id., in Arte moderna in Italia 1915-1935 (catal.), Firenze 1967, p. 337; M. Valsecchi, Breveglieri,32disegni Milano 1970; H. Vollmer, Künstlerlexikon des XX. Jahrh.s, I, p. 312.