BRANCADORO, Cesare
Nato a Fermo il 28 ag. 1755 dal conte Giuseppe e da Giulia Massi, in una delle più antiche famiglie patrizie del luogo, fu avviato alla carriera sacerdotale. Laureatosi in utroque iure nell'università della città natale e ricevuti gli ordini sacri, divenne coadiutore dello zio Orazio Brancadoro, arciprete della cattedrale. Il B. si distinse frattanto per le sue qualità di elegante letterato e oratore (Lettera per una professione di una monaca, Macerata 1777; Orazione in lode di monsig. Andrea de' conti Minucci arcivescovo e principe di Fermo, Fermo 1779), divenendo segretario dell'Accademia degli Erranti e quindi bibliotecario dell'arcivescovo.
Pubblicò in questo periodo una serie di dissertazioni (Dissertazione sull'educazione de' giovani, Fermo 1782; L'uomo senza religione, Fermo 1783; Dissertazione sopra il digiuno quaresimale, Fermo 1784; Dissertazione sulla utilità delle Accademie di Religione, Macerata 1785; Dissertazione sull'utilità delle lettere e delle scienze per la felicità di uno stato, Macerata 1786) che, sebbene prive di idee originali, mostrano una buona cultura e un interesse particolare per il pensiero scientifico moderno, con l'esaltazione di Copernico, Cartesio, Keplero, Newton, Bacone e Galileo. Iniziò quindi un'intensa attività di traduttore, che pur rivolta a generi diversi, s'incontrano nell'apologia della religione cattolica. Dopo il Libro unico di L. Celio Lattanzio Firmiano sopra le morti de' persecutori della Chiesa..., Fermo 1783, pubblicava le Meditazioni d'Hervey sopra i sepolcri, Fermo 1787 (attraverso la traduzione francese di M. Le Tourneur), che anche imitava con Le mie meditazioni sopra le tombe, Fermo 1787 (2 ediz. Modena 1788): in queste ultime i pensieri malinconici sulla caducità della vita, più che ispirare quel vago e sottile piacere proprio dei preromantici inglesi, insistevano sul motivo del giudizio di Dio sempre imminente: in sostanza si trattava di oratoria sacra vestita alla moda.
Il B. partecipò quindi alla polemica antigiansenista, assai viva in quegli anni, pensando di difendere il primato del papa con la traduzione di alcuni libri di autori francesi: su questa via fu anche indirizzato dal card. Giuseppe Garampi che lo mise in contatto con l'abate J. Pey, molto noto in Francia come apologista cattolico. Videro, così, la luce prima la Confutazione succinta di un libro intitolato Trattato dell'autorità del papa del signore di Burignì, s.l. 1788, poi L'autorità delle due podestà..., 6 voll., Fuligno 1788-89.
In particolare quest'ultima vasta opera del Pey aveva una grande importanza nella lotta contro le idee febroniane e richeriste segnando con nettezza i limiti entro cui poteva agire l'autorità del sovrano senza invadere il campo spirituale. La diffusione in Italia di queste opere non era tuttavia ritenuta senza rischi dagli intransigenti, essendo esse intinte dei principî gallicani evidenti nella mancata difesa della infallibilità pontificia e nell'affermazione della superiorità del concilio sul papa. Tuttavia la difesa del primato di giurisdizione del papa fatta da un autore francese era di grande utilità per impedire che i giansenisti coprissero sotto lo scudo delle proposizioni del clero di Francia del 1682 il loro attacco all'autorità pontificia. Il B. d'altronde, giovandosi dell'aiuto di due teologi ex-gesuiti, lo spagnolo J. Itturiaga e Gianvincenzo Bolgeni, provvide a corredare gli scritti del Pey di introduzione e note che mettessero in guardia il lettore, ove ce ne fosse bisogno. Allo stesso scopo pubblicò anche del p. I.-J. Berruyer L'infallibilità del papa provata coll'esame del quarto articolo della dichiarazione del clero di Francia radunato nel 1682, Fermo 1788.
Il B. fu premiato per questa sua attività di apologista con la nomina a cameriere d'onore di S. Santità, e in tale qualità accompagnò Pio VI nel viaggio a Subiaco nel maggio 1789 (vedi la relazione del B. Pio VI Pontefice Massimo a Subiaco, Roma 1789); quindi fu creato il 20 ott. arcivescovo di Nisibi e il 5 nov. 1789 assistente al soglio pontificio. Consacrato il 25 luglio 1790 nella cattedrale di Fermo, fu inviato, come vicesuperiore delle missioni d'Olanda, a Liegi, ove dal 1791 negoziò con il rappresentante imperiale Metternich il ristabilimento della nunziatura di Bruxelles, soppressa nel 1787 con l'espulsione del nunzio A. F. Zondadari, reo, agli occhi del governo austriaco, di aver fatto stampare e diffondere il breve papale Super soliditate che condannava l'opera Was ist der Papst? di Eybel.
L'accordo con la Santa Sede era ritenuto necessario dagli Austriaci, che a stento avevano potuto domare la rivoluzione del Brabante causata in parte dall'opposizione dei cattolici alle riforme giuseppiniste, particolarmente dopo che dalla Francia si andavano diffondendo le dottrine rivoluzionarie: essi si aspettavano in cambio che il clero collaborasse con le autorità per la riconciliazione della popolazione col governo imperiale.
Le trattative furono concluse dal B. a Liegi soltanto nel novembre 1792 quando, dopo la battaglia di Jémappes, il Belgio fu occupato dai Francesi. Ricevuta, quindi, la bolla che l'accreditava nunzio a Bruxelles (dicembre 1792), il B. fu costretto a riparare in Olanda, ove fu il primo rappresentante papale ammesso a risiedervi dopo la Riforma: qui ebbe particolari contrasti con il clero giansenista di Utrecht, che ne contestava il potere giurisdizionale.
Rientrato a Bruxelles nell'aprile 1793, dopo la battaglia di Neerwinden, il B., seguendo le istruzioni ricevute da Roma, cercò invano di unire il clero e il popolo belga agli Austriaci nella lotta contro i principî e le armi della Rivoluzione. Scarse concessioni, nonostante il suo deciso atteggiamento, che fu giudicato talvolta troppo zelante persino dalla segreteria di Stato, ottenne, d'altronde, anche da parte del governo imperiale, cui chiedeva l'abrogazione dei residui della legislazione ecclesiastica giuseppina, la restituzione dei beni del clero francese situati in territorio belga e l'annullamento nelle regioni conquistate delle vendite decise dall'Assemblea nazionale di Francia. Ogni trattativa fu peraltro troncata dalla nuova invasione rivoluzionaria seguita alla battaglia di Fleurus: il B. si rifugiò temporaneamente in Olanda, ove la sua permanenza fu caratterizzata da una completa armonia con il governo olandese che, mentre agevolava la diffusione delle sue lettere pastorali anti-rivoluzionarie, gli permetteva di esercitare notevoli pressioni sul clero giansenista e sui preti emigrati francesi: fra l'altro al B. fu permessa la ristampa e la pubblicazione della bolla Auctorem fidei che, condannando il sinodo di Pistoia, colpiva la dottrina giansenista.
Di fronte all'incalzare delle armate francesi, il B. nel febbraio 1795 si rifugiò a Münster, subendo durante il viaggio la dolorosa perdita dell'archivio della nunziatura; dalla Germania mantenne i contatti con il clero belga che si rivolse a lui per le controversie sulla vendita dei beni ecclesiastici e sulla legittimità del giuramento civico.
Nominato segretario di Propaganda Fide, il B. lasciò Münster nel giugno 1795, delegando i poteri all'abate Ciamberlani, vicesuperiore delle missioni d'Olanda; giunto a Roma fu scelto da Pio VI, che lo preferì ad E. Consalvi, come vicario di S. Pietro. La sua attività a Propaganda, data la precarietà delle condizioni del Papato, fu di scarsa importanza ed interrotta dall'occupazione francese di Roma: arrestato il 17 maggio 1798, il B. fu liberato due giorni dopo, con la condizione di ritirarsi a Fermo o lasciare lo Stato.
Emigrato a Padova, cercò di riorganizzarvi l'Istituto di Propaganda, ma il tentativo fallì con l'arresto del suo segretario Grazioli e del padre Paccanari a Spoleto, ove questi cercavano di raccogliere gli alunni del Collegio urbano e importanti documenti della Congregazione. All'apertura del conclave veneziano del 1800, pronunciò l'elogio funebre di Pio VI e l'allocuzione d'apertura del conclave. Ritornato a Roma nel giugno 1800 fu nominato l'11 agosto vescovo di Orvieto e il 23 febbr. 1801 cardinale col titolo di S. Girolamo.
Raggiunta la sua diocesi, vi fece due volte la visita pastorale, prima di essere promosso arcivescovo di Fermo (11 luglio 1803). In questo periodo attese al riordinamento dei suoi scritti, ripubblicati in nove volumi (Opere, Fermo 1805-1807; ne rimangono escluse le traduzioni e le lettere pastorali). Costretto a vivere a Parigi dal 1810 con gli altri membri del Sacro Collegio, il B. rifiutò di assistere al matrimonio religioso di Napoleone e Maria Luisa, celebrato il 2 aprile. Fu per questo motivo confinato a Reims, assieme al Consalvi, il 10 giugno e privato del privilegio di portare la porpora. Alla fine del 1813, appena gli fu possibile raggiungere Pio VII a Fontainebleau, fu uno dei più intransigenti nel chiedere al papa la denuncia del concordato, strappatogli da Napoleone e ritenuto lesivo delle prerogative papali. Ciò gli costò un altro confino ad Orange (gennaio 1814): liberato nell'aprile, raggiunse Roma alla fine dell'anno; se ne allontanò poi durante l'occupazione murattiana dello Stato pontificio, recandosi a Genova.
Rientrato definitivamente nella sua diocesi nel giugno 1815, il B. fu fautore di un ritorno integrale alla situazione preesistente alla Rivoluzione, predicando la necessità della restituzione dei beni ecclesiastici alienati: fu perciò contrario alla politica riformistica del Consalvi. Nel conclave del 1823 appoggiò, coerentemente con questa posizione, la candidatura di A. G. Severoli insieme con gli altri "zelanti". Ammalatosi, e divenuto dal 1828 quasi completamente cieco, non partecipò ai conclavi del 1829 e del 1830-31.
Morì a Fermo il 10 sett. 1837.
Fonti eBibl.: Arch. Segr. Vaticano, Nunz. Fiandra 194 (minute della Segreteria di Stato al B.: 1793-95); Ibid., Fondo Garampi 276, ff. 129-181; Bullarium pontificium sacrae congregationis de Propaganda Fide, IV, Romae 1841, pp. 216-219, 231, 241 ss.; Ricordi e documenti sul conclave di Venezia (1800), a cura di A. Lumbroso, Roma 1903, p. 7; L. Jadin, Les actes de la Congrégation consistoriale concernant les Pays-Bas..., Rome 1935, pp. 603-607; Documents relatifs à la jurisdiction des nonces et internonces des Pays-Bas pendant le régime autrichien (1706-1794), Bruxelles-Rome 1950, pp. XXII, XLIX-LI, 390-407; R. Colapietra, Il diario Brunelli del conclave del 1823, in Arch. stor. ital., CXX (1962), pp. 113, 116, 123, 127 s.; Biblioteca picena o sia notizie istoriche..., III, Osimo 1793, pp. 70-72; G. Fracassetti, Not. stor. della città di Fermo, Fermo 1841, p. 64; G. Cappelletti, Le chiese d'Italia, III, Venezia 1845, p. 644; V, ibid., 1846, p. 526; Notice sur le card. Bernetti, in Revue catholique, X (1852), pp. 271 ss.; M. Geoffroy de Grandmaison, Napoléon et les cardinaux noirs (1810-1814), Paris 1895, pp. 43, 61, 63 s., 92, 96, 121, 133, 177, 182, 198, 217, 237, 243, 260; A. Verhaegen, Le cardinal de Franckenberg archevôque de Malines (1726-1804), Lilles-Paris-Bruges, s.d. (ma 1899), pp. 322 s., 326, 332, 334, 350; D. Spadoni, Sette cospirazioni e cospiratori nello Stato pontificio all'indomani della Restaurazione, Roma-Torino 1904, p. LXXIV; C. Terlinden, Guillaume I.er et l'Eglise des Pays-Bas, I, Louvain 1906, p. 181; L. von Pastor, Storia dei papi..., XVI, 3, Roma 1934, p. 327; M. Petrocchi, La restaurazione,il card. Consalvi e la riforma del 1816, Firenze 1941, pp. 196, 223, 226; Mem. del card. E. Consalvi, a cura di M. Nasalli Rocca, Roma 1950, pp. 25-27, 29 s., 114, 121 s., 131, 352, 355, 372; P. Savio, Giansenizzanti e giurisdizionalisti, in Italia francescana, XXX (1955), p. 100; G. Natali, Il Settecento, Milano 1964, I, p. 542; II, p. 84; G. Moroni, Diz. di erud. stor-eccl., VI, p. 92 e ad Indicem; Dict. d'Histoire et de Géogr. Ecclés., X, coll. 390 s.; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica..., VI, Patavii 1958, p. 311.