BOCCELLA, Cesare
Nato a Lucca il 24 marzo 1810 dal marchese Cristoforo e da Elisabetta Bartolommei, fu educato a Parma in un collegio retto dai padri benedettini, da cui uscì nel 1825 per completare i suoi studi a Montpellier in Francia. Dal padre aveva ereditato l'amore per gli studi letterari e filosofici; poco più che adolescente lesse avidamente Voltaire e, come egli stesso confesserà più tardi, non sfuggì "alle seduzioni infinite del razionalismo, passò attraverso lo scetticismo, il deismo" e nelle sue lunghe dimore all'estero subì il fascino della cultura protestante per quella "fatale apparenza di libertà che racchiude il protestantismo" (Dello stato attuale del Protestantismo, nella Pragmalogia cattolica, IX [1841], p. 70). In Germania, dal 1827 al '33, fu al seguito di Carlo Lodovico di Borbone duca di Lucca, e fra il '31 e il '33 ne condivise anzi "la stravagante avventura religiosa", convertendosi al protestantesimo, conversione però di breve durata, come di breve durata furono gli atteggiamenti liberaleggianti di entrambi.
L'avventura sarà chiusa definitivamente nel 1844 con un atto formale di abiura nelle mani del patriarca di Venezia (Spini, p. 192). Ma, almeno per quel che riguarda il B., il ritorno alla Chiesa cattolica data di alcuni anni prima, se nel 1840 inizia sulla Pragmalogia cattolica la pubblicazione, in tre articoli, di uno studio sullo stato del protestantesimo in Germania; al termine dell'ultimo il B. inserisce una nota autobiografica, spiegando i motivi della sua temporanea adesione a una confessione protestante. Secondo il Sardi si deve proprio al B. se Carlo Lodovico, rientrando nel suo piccolo Stato nel '33, sconfessò l'operato dei suoi ministri e lasciò cadere il processo contro alcuni liberali lucchesi che nel '31 avevano simpatizzato per i moti carbonari di Modena. Senza il deciso intervento del B., difficilmente Carlo Lodovico avrebbe concesso l'amnistia, non perché in quel tempo non nutrisse in fondo all'animo simpatie "progressiste", ma perché aveva troppo bisogno delle sovvenzioni che gli venivano dalla Spagna e troppo si sentiva strettamente sorvegliato dal Metternich, che in effetti non se ne fidò mai troppo ed a un certo punto preferì anzi mettergli a fianco quell'Ostini, il cui mestiere di spia al soldo del cancelliere austriaco è oggi ben noto.
Temperamento inquieto, il B., seguendo il gusto romantico del tempo, viaggiò instancabilmente dalla Francia all'Inghilterra, dalla Germania alla Palestina, da Malta all'Egitto alla Russia, acquistando una conoscenza pressoché perfetta di sette lingue straniere, in particolare dell'inglese, del tedesco e del russo, e delle rispettive letterature. Primo frutto di questo arricchimento culturale fu la traduzione del Monaco (Pisa 1835) di I. I. Kozlov, eseguita però non direttamente dal russo, di cui non si sentiva ancora sicuro, ma dal francese; dall'originale tradusse invece I quattro poemi maggiori di Alessandro Pouschkine (Pisa 1841). Durante i frequenti soggiorni in Francia il B., che aveva ammirato il Lamennais seguendo con dolorosa partecipazione il suo distacco dalla Chiesa cattolica, si legò di stretta amicizia con il Montalembert e con il padre Lacordaire, di cui tradurrà La vita dis. Domenico (La Pragmalogia cattolica, X [1841], pp. 5-66); nel 1838 conobbe a Parigi anche il Guizot, con cui mantenne una lunga corrispondenza.
Alla morte del ministro degli Esteri lucchese Ascanio Mansi (1840) il B. sembrò destinato a succedergli, essendo egli gradito a molti Lucchesi e caro al duca; invece il 20 marzo Carlo Lodovico chiamava al ministero degli Esteri il barone Fabrizio Ostini, che fu imposto dal Metternich, non tanto a causa delle idee liberali del B., come fa notare il Sardi, ma piuttosto perché l'Ostini era da tempo suo diligente informatore di tutto quanto accadeva in Toscana. Infatti il ritorno del B. al cattolicesimo, maturato attraverso un lungo travaglio interiore, era coinciso anche con un ripiegamento su posizioni rigorosamente conservatrici.
Il marchese Giambattista Carrega di Genova in una lettera confidenziale del 9 nov. 1841 scrisse al conte Clemente Solaro della Margarita: "Le marquis César Boccella, qui en 1830 était consideré comme dévoué aux principes libéraux, est revenu depuis long temps de ses erreurs, et sa conduite est maintenant très honorable et très exemplaire sous tous les rapports", tanto è vero che Carlo Lodovico, per giustificarsi di non averlo nominato ministro degli Esteri, a chi gliene domandava ragione rispondeva maliziosamente che "sachant que le marquis Boccella passait sa journée à prier et à faire des œuvres pieuses il avait pensé qu'il n'aurait pas le temps de s'occuper des affaires et que d'ailleurs le marquis Boccella étant toujours entouré de prêtres on aurait dit à Lucques que les prêtres regnaient et gouvernaient" (Sforza, pp. 489-490). In effetti il B. collaborò da questo momento intensamente alla Pragmalogia cattolica e all'Araldo dellaPragmalogia cattolica, sia con articoli propri sia traducendo brani di giornali stranieri. Nell'anno 1841 il B. approfittò di un viaggio in Inghilterra per seguire da vicino le accese vicende dei tories e degli whigs che si stavano contendendo il primato nel paese. Destava grande allarme fra i cattolici europei il trionfo dei tories, che erano ritenuti incapaci di conservare in Irlanda quel clima di tolleranza mantenuto fino ad allora dagli whigs. Il B. descriveva a tinte fosche questa situazione nell'articolo Che avverrà del Cattolicismo britannico sotto il ministero Peel, in Pragmalogia cattolica, X (1840, pp. 227-238).
Di questo periodo sono le sue migliori prove poetiche. Nel 1842 usciva a Lucca una raccolta di versi, Pensieri poetici, lodata da L. Fornaciari, che esortava però il B. ad una più attenta purezza linguistica. Del 1845 è il poema in ottave in dodici canti Il templare (Lucca), denso di erudizione storica e geografica, ispiratogli da un viaggio in Palestina.
Nel febbraio 1849 il B. fu tra i fondatori della Pia Aggregazione cattolica, sorta in difesa della libertà della Chiesa lucchese contro il giurisdizionalismo leopoldino: nella seconda adunanza del 5 febbraio egli fu eletto presidente dell'associazione. Il 20 nov. 1848, frattanto, era stato eletto deputato per il partito conservatore al Parlamento toscano dal collegio di Capannori. I suoi elettori gli dimostrarono il loro attaccamento cacciando - si narra - a colpi di vanga i partigiani del candidato "moderato" Pietro Pacini. Questa fu in sostanza una vittoria del gruppo cattolico lucchese, che con il B. fece sentire la sua voce nel Parlamento toscano (Stanghellini-Tintori, pp. 59-60 e passim).
Il granduca Leopoldo II lo prese a benvolere e nel 1849 lo nominò ministro dell'Istruzione Pubblica e Beneficenza. Durante questo suo incarico, che tenne fino al 1854, si occupò tra l'altro dell'università di Pisa e, per ridurre le frequenti agitazioni degli studenti, trasferì a Siena alcune delle facoltà pisane, ma in modo che si avesse in Toscana un'unica università con due sedi distinte.
Dopo il non expedit (1874) il B., cattolico rigidamente intransigente, trascorse gli ultimi anni ritirato in campagna, lontano dai pubblici uffici, tutto dedito agli studi e ad opere di beneficenza. Morì a Lucca il 12 ott. 1877.
Tra le altre opere: In morte di I. Pindemonte, Elegia, Pisa 1829; Versi, Pisa 1840; Dello stato attuale del Protestantismoin Germania, in La Pragmalogia cattolica, VIII (1840), pp. 207-229; IX (1841), pp. 5-24, 45-71; Delle certose e dei certosini. La certosa di Pisa - Quella di Lucca, ibid., X (1841), pp. 189-225, 315-353; XI (1842), pp. 5-26; Storia di s. Francesco d'Assisi scritta da E. Chavin de Malan, ibid., XII (1842), pp. 5-26, 159-183, 337-357; XIII (1843), pp. 163-182, 361-396.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Lucca, Carte B. Invent. delle carte del march. Cesare di Cristoforo Boccella, a c. di A. D'Addario (ined. 1951); Lucca, Arch. arciv., Atti vicariali 1849, prot. 404, doc. 1; C. Sardi, Il marchese C. B., Lucca 1878; D. L. Pardini, C. B. e un poema di Kozloff, Poggibonsi 1924; G. Paganini, C. B., in Rass. lucchese, I (1903), pp. 6 ss.; L. Teldeschi, In morte del march. C. B., Lucca 1877; C. Sardi, Lucca e il suo ducato dal 1814 al 1859, Firenze 1912, pp. 76, 79-80, 298-299 e passim; G. Sforza, Ricordi e biografie lucchesi, Lucca 1916, pp. 432, 487 ss., 567; G. Spini, Risorgimento e protestanti, Napoli 1956, pp. 189, 192, 309; M. Stanghellini, Il Movimento cattolico a Lucca dal 1828 al 1848, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, IX (1955), pp. 58-91; Id., Le Origini della Pia Aggregazione Cattolica a Lucca (1847-1849), in Rass. stor. del Risorg., XLIII (1956), pp. 549-551; M. Stanghellini-U. Tintori, Storia del movimento cattolico lucchese, Roma 1958, pp. 32, 51, 52, 59, 274.