BATTISTI, Cesare
Nacque, il 4 febbraio 1875, da agiata famiglia di commercianti, a Trento. Nell'ambiente cittadino, vibrante di passione nazionale, il carattere del B. si forma già negli anni dei primi studî. A Firenze, dove egli si recò nel 1893 studente di lettere, il contatto con la vita e con la cultura nazionale gli fece misurare appieno l'assurdità della situazione, nella quale si dibatteva allora il Trentino, dove l'oppressione tedesca s'era fatta più implacabile e sistematica, mentre i vecchi partiti conservatori intristivano nell'inerzia.
Il patriota. - Conscio del grave pericolo in cui si dibatteva l'irredentismo; convinto che in quell'angolo d'Italia, politicamente schiavo e avulso dal suo centro naturale di sviluppo intellettuale, c'era una missione importante da compiere, il B. entrò, a vent'anni, nella vita politica del paese, facendo suoi i due massimi postulati degl'irredenti: la questione dell'università italiana e la questione autonomistica. Le prime e principali manifestazioni di questa attività sono: la fondazione della Rivista popolare trentina, periodico di propaganda socialista, uscito una sola volta e interamente confiscato nel febbraio 1895; i due saggi biografici e letterarî sul Gazzoletti e sul Prati, che insistono sulla partecipazione dei due patrioti al Risorgimento nazionale; la Relazione tenuta al 2° congresso della Società degli studenti trentini, da lui fondata l'anno innanzi con altri condiscepoli, dove la questione dell'università è trattata nel suo aspetto di questione essenzialmente politica e dove sono espresse le basi delle sue convinzioni.
Già dal 1895, e cioè dal tempo del soggiorno fiorentino, il B. aveva abbracciato con entusiasmo le idee socialiste e del '96 è la fondazione del settimanale socialista L'Avvenire del Lavoratore, ma la nuova fede, anziché straniarlo dalla questione irredentistica, gli consente di sentirla come una pregiudiziale alle rivendicazioni del nuovo diritto predicato dal socialismo, di farne partecipe e consenziente il popolo. Egli ha compreso che in un paese economicamente e politicamente schiavo non è possibile unire i lavoratori, né farne una forza viva e operante, sin che il problema nazionale non sia posto e risolto come un problema di libertà e di giustizia sociale, e cioè considerato come il punto di partenza per la soluzione di tutti gli altri. Informato a questi concetti, il metodo del B. dà alla battaglia irredentistica un indirizzo del tutto nuovo e un carattere originalissimo, che avrà i suoi risultati e influirà in modo benefico anche sugli altri partiti. La formula è chiara e logica. Poiché è esclusa, fin che duri la Triplice, ogni altra soluzione, spetta agl'irredenti provvedere alla difesa dell'italianità e alla propria salvezza, riprendendo con vigore la lotta per l'autonomia amministrativa, vale a dire per il netto distacco del Trentino dal Tirolo, che l'opprime moralmente e materialmente; mezzi: la resistenza attiva e passiva, individuale e collettiva; l'ostruzionismo alla Camera e alla Dieta; la guerra a oltranza mediante le manifestazioni pubbliche e le agitazioni per l'università, e, soprattutto mediante la stampa. La propaganda del B. si svolge minuziosa, assidua, multiforme, documentata, pratica. La sua attività non è fatta di sole parole, ma anche di studî severi, di ricerche metodiche, di esplorazioni amorose del Trentino, della sua storia, delle sue ricchezze e bellezze, attraverso fatiche, disagi, condanne e persecuzioni di ogni sorta.
Il 7 agosto 1899 celebra il matrimonio con Ernesta Bittanti. Nel 1900, già da due anni capo del suo partito, crea una moderna tipografia, dove impiega tutto il suo, e fonda il quotidian0 Il Popolo, che tanta parte avrà nell'educazione nazionale del popolo. Nel 1901 si batte con gli studenti a Innsbruck; nel 1903 vi ritorna per l'inaugurazione dell'università libera, poi chiusa; nel 1904, per la stessa causa, vi subisce il carcere. Nel 1908 presenta per la prima volta la sua candidatura alla Dieta, esponendo in parte il programma dei liberali del '48. Nel 1911 è eletto deputato alla Camera di Vienna. Oramai l'esperienza gli ha dimostrato che nessun assetto federale o repubblicano è, come ha creduto sinora, possibile. I suoi discorsi diventano una continua messa in stato d'accusa delle autorità politiche e militari dell'Austria. Quasi presago degli avvenimenti, nel suo ultimo discorso alla Dieta fa chiaramente intendere a coloro che sentono patriotticamente che, se vogliono una patria, devono cercarla fuori della monarchia. E quando divampa la conflagrazione europea egli capisce subito che quelli che hanno delle rivendicazioni da compiere non devono restare assenti; e, con questa convinzione, il 12 agosto 1914 varca il confine. Stabilitosi a Milano, pensa che il problema al quale s'è consacrato sino allora è da quel momento il problema della nazione stessa, che solo la guerra potrà risolvere, che intanto urge far penetrare nella coscienza europea la causa della sua patria. Così, informando a questa nuova esigenza la sua azione, comincia quell'intensa, fervida, ardente propaganda, per la quale egli va considerato uno dei principali artefici dell'intervento dell'Italia nel conflitto mondiale.
Il 29 maggio 1915 si arruola nel 5° reggimento alpini. È destinato al battaglione Edolo. Nell'estate partecipa alle ricognizioni alla Forcella di Montozzo, presso il Tonale; il 23 e il 25 agosto nei fatti d'armi dell'Albiolo si guadagna la prima medaglia al valor militare. In autunno va sull'Adamello, al rifugio Garibaldi, dove compie con gli sciatori ardite scorrerie. Nominato sottotenente, nel dicembre è mandato sul M. Baldo; combatte a Malga Zures e a Loppio. Nella primavera del 1916 è chiamato a Verona presso l'ufficio informazioni della I armata. Il 21 aprile, invitato dalla Dante Alighieri, parla in pubblico a Milano per l'ultima volta, celebrando gli alpini. Ma l'inazione gli pesa, e, quando, alla metà di maggio, si abbatte sul nostro fronte la Strafe-Expedition, egli riparte per la trincea ed è, in Vallarsa, a capo della a compagnia di marcia del battaglione Vicenza. Arrestata l'offensiva, partecipa ai combattimenti che dovranno fare arretrare il nemico sulle primitive posizioni e oltre. La notte fra il 9 e il 10 luglio il Vicenza riceve l'ordine di attaccare M. Corno. L'azione riesce parzialmente, ma il mancato arrivo dei rincalzi favorisce gli Austriaci che, all'alba, contrattaccano in forze, infliggendo agli alpini grandissime perdite. Il B. si difende sino all'ultimo, e, quando si tratta di salvarsi con la fuga, non può o non vuole. Fatto prigioniero e subito riconosciuto con Fabio Filzi, suo conterraneo e suo ufficiale subalterno, da un rinnegato della sua terra, l'alfiere Bruno Franceschini, certo non s'illude che l'Austria debba risparmiarlo. Con fredda serenità dà esempio di socratica dignità nelle tappe più tristi del suo calvario. Caricato su una carretta galiziana, incatenato e circondato di armati, la mattina dell'11 vien condotto attraverso Trento, seguito dall'urlio osceno, coperto dalle percosse e dagli sputi di una turba di soldati e di popolo, aizzata dal poliziotto Muck, che dovrebbe provargli che la causa per la quale ha combattuto e sta immolandosi, è affatto estranea alla coscienza e ai sentimenti dei suoi concittadini. Condotto con Filzi la mattina del 12 davanti alla corte marziale, nel Castello del Buon Consiglio, non si scusa né mendica vane difese, ma riafferma la sua fede italiana. Invano tenta di respingere l'accusa di alto tradimento, sostenendo di avere sempre confessato gli scopi della sua azione, e chiede di essere considerato, quale è effettivamente, un combattente caduto in guerra aperta. "Quel che ora accade non è una pagina gloriosa per l'Austria" scriverà più tardi il dott. Carlo Issleib, che diresse il dibattimento, ricordando fra l'altro come, dopo la condanna, al R. non sia stato consentito di scrivere direttamente alla famiglia, come sia stato condotto al patibolo vestito di rozzi abiti borghesi ed esposto ai dileggi d'una folla d'incoscienti. Si reca nella fossa del Castello, dove è preparata la forca, con la fierezza di un vincitore, e, prima di porgere il capo al capestro, grida cou voce altissima: "Viva Trento italiana! Viva l'Italia!"
Una fotografia ci ha conservato l'immagine del martire reclinata sul legno infame, già trasumanata nella luce del martirio, mentre intorno uomini con visi bestiali sorridono turpemente. Le autorità austriache, turbate dalle ripercussioni che la tragedia ha avuto in tutto il mondo, si dànno a distruggere le fotografie del supplizio, a bruciare le divise dei martiri, e, il 1° novembre 1918, ordinano che le salme sepolte presso le fogne del Castello siano dissepolte e nascoste in una fossa del cimitero militare sotto la croce e con i resti di un soldato tedesco. Le ossa di B. sono poi state provvisoriamente deposte nella tomba di famiglia, nel cimitero di Trento.
Il geografo. - Già da studente universitario il B. diede prova del suo amore per gli studî geografici; e la geografia finì poi con assorbire la sua attività di studioso, come quella che, più di ogni altro ramo di studio, gli giovava per conoscere e per far conoscere il suo paese e per inspirarne l'amore. Nello studio di quella disciplina ebbe la fortuna di avere a maestro Giovanni Marinelli. Sotto la sua guida preparò per dissertazione di laurea una monografia corografica del Trentino che, presentata a un concorso, fu giudicata dal suo stesso maestro "per originalità di ricerche, maturità di criterî e copia di dottrina e rigore di metodo degna di particolare distinzione". A Trento, iniziava fin dal 1898, in collaborazione con G. B. Trener, la pubblicazione di un periodico di cultura locale che avrebbe dovuto chiamarsi Venezia Tridentina, ma per divieto opposto dal governo austriaco s'intitolò poi Tridentum. In questa rivista e nell'Annuario degli alpinisti tridentini e in altri periodici egli pubblicò una serie di studî riguardanti la geografia della regione: studî tutti che dimostrano a un tempo l'amore e l'interessamento per la scienza geografica nei suoi varî aspetti e quello per la terra che gli aveva dato i natali, sulla quale egli, alpinista provetto e infaticabile e conoscitore perciò espertissimo, si proponeva di richiamare sempre più l'attenzione di tutti gl'Italiani. Né questo fervore di studî, per quanto necessariamente attenuato, venne a cessare negli anni successivi. Le numerose illustrazioni sotto forma di guide alpinistiche o descrittive delle più interessanti parti del Trentino, di cui curava sempre la pubblicazione, ne sono la testimonianza. E, mentre si trovava in Italia, svolgendovi la sua infaticabile propaganda per l'intervento italiano e per la liberazione del Trentino, pubblicava appunto i due volumi: Il Trentino: cenni geografici, siorici, economici, con un'appendice sull'Alto Adige (Novara 1915) e Il Trentino: illustrazione statistico-economica (Milano 1915).
Né gli studî geografici trascurò sino agli ultimi giorni della sua vita. Negli ultimi mesi che precedettero la sua cattura egli stava elaborando i materiali già raccolti per pubblicare il suo volume su La Venezia Giulia, materiali che furono rinvenuti nel suo bagaglio, riordinati, e pubblicati a Novara nel 1920.
Opere: Scritti politici di C. B., e Scritti geografici (edizione nazionale curata dalla vedova, con ampia bibliografia in appendice, Firenze 1923). In questi due volumi sono raccolti i più importanti scritti geografici e politici del B.; le edizioni originali di questi, come delle monografie, delle guide, dei numerosi opuscoli su ogni argomento, sono, dopo le confische austriache, quasi introvabili, fatta eccezione per: Il Trentino, cenni geografici, storici, economici, con un'appendice sull'Alto Adige, Novara 1915; La Venezia Giulia, Novara 1920; Il Trentino, illustrazione statistico-economica, Milano 1915; Al parlamento austriaco e al popolo italiano: discorsi, Milano 1915; Gli alpini, Milano 1916.
Bibl.: P. Maranini, C. B., Piacenza 1922; J. Hazon de Saint-Firmin (Jane d'Hazon), C. B. et la fin de l'Autriche, Parigi 1917, trad. ital., Milano 1928; O. Ferrari, Martiri ed eroi trentini della guerra di redenzione, 2ª ed., Trento 1927, con documenti, fotografie ed un'appendice bibliografica; E. Fabietti, C. B. L'anima, la vita, Firenze 1928; E. Battisti, C. B. nel pensiero degli italiani: indicazione annotata di scritti intorno a C. B.; passi scelti, Trento 1928. Di Cesare Battisti come geografo trattarono nei loro scritti commemorativi, A. Mori, in Riv. geogr. italiana, 1916; L. F. De Magistris, in La geografia, 1916; A. Ghisleri, in Il Secolo, 25 agosto 1916; M. Baratta, in Boll. Soc. geogr. ital., 1917; F. Musoni, ibid., 1920.