BARONIO, Cesare
Cardinale, nato a Sora il 30 ottobre 1538 da Camillo Barone (questo il cognome prima che Cesare lo latinizzasse in Baronius) e Porzia Febonia. Conseguì la laurea in giurisprudenza a Roma il 20 maggio 1561 e fu ordinato prete il 27 maggio 1564. Da S. Filippo Neri, sotto la cui guida fin dal 1559 s'era dato alla vita devota, fu ammesso tra i Padri dell'Oratorio, alternando gli studî di storia ecclesiastica con la predicazione e con gli uffici più umili, perfino con quello, com'egli diceva scherzosamente, di coquus perpetuus della comunità. Nel gennaio 1583 fu inviato a Napoli a reprimere un'eresia nascente; nel 1584 nominato deputato della Congregazione dell'Oratorio e prefetto dell'Oratorio grande; nello stesso anno assistette Giovanni Paleologo durante l'ultimo supplizio; nel 1589 rinunciò al vescovato di Teano, offertogli dal papa; nel 1593 da S. Filippo Neri, dimessosi da superiore degli oratoriani, venne designato suo successore. Dal 1594 fu confessore di Clemente VIII, su cui ebbe autorità sempre crescente. Lo convinse anche, malgrado fiere opposizioni, ad ammettere nel grembo della chiesa Enrico IV di Francia. Nel 1595 assistette S. Filippo Neri nei suoi ultimi momenti; il 21 novembre dello stesso anno fu nominato protonotario apostolico; il 5 giugno 1596 cardinale; nel 1597 bibliotecario di Santa Romana Chiesa e componente la Congregazione dei riti e quella della stamperia vaticana; nel 1598 accompagnò Clemente VIII a prender possesso di Ferrara, spingendosi, col Bellarmino, suo amicissimo, a Venezia e a Padova. Nei due conclavi del 1605 ebbe scrutinî altissimi (fino a 32 voti), e senza dubbio sarebbe stato eletto se contro di lui la Spagna non avesse posto l'"esclusione". Già dalla gioventù rovinato nello stomaco per il soverchio lavoro di tavolino, morì il 30 giugno 1607. È sepolto in Santa Maria in Valli cella.
Il B. fu concordemente chiamato (anche dai suoi avversarî acattolici) "padre della storia ecclesiastica", al cui studio consacrò tutto sé stesso da che, appena ventenne e ancora laico, ebbe dal Neri l'incarico, assolto fino al 1584 sei volte, di narrare al popolo, prima in S. Girolamo alla Carità, poi in S. Giovanni dei Fiorentini, le vicende della chiesa cattolica. E come quei corsie di conferenze furono, per categorica istruzione di S. Filippo Neri, apologetici e polemici, in quanto miravano a combattere la trattazione del medesimo argomento, esibita in senso luterano dai Centuriatori di Magdeburgo (v.); così apologetica e polemica (pur senza che in essa i centuriatori vengano mai nominati esplicitamente) restò l'opera maggiore del B., che, intitolata primamente Historia ecclesiastica controversa, ricevette soltanto in un secondo momento il titolo di Annales ecclesiastici. I vecchi critici rimproverarono sempre al B. la sua ignoranza dell'ebraico, la scarsa conoscenza del greco (la quale gli fece scambiare una volta un avverbio per il nome d'una martire inesistente), il suo inelegante latino ed i suoi - come s'impegnava a provare Luca Holste (Olstenius), anch'egli bibliotecario vaticano - "ottomila" errori di fatto. Ma già allora ribatteva facilmente Adriano Baillet, che data la mole dell'opera compiuta in tempo relativamente brevissimo da un uomo solo, era piuttosto da stupire non fossero di più. La critica moderna, sorvolando su tutto ciò, trova invece che gli Annales, forse ancora più delle Centurie di Magdeburgo, rappresentano quasi un ritorno alla forma mentis degli storiografi vissuti nel Medioevo. Senza dubbio il B. analizza le fonti medievali con maggior cura dei Centuriatori; non ha, come questi, l'ingenuità di citare quali testimonianze per il secolo XIII compilatori cinquecentisti (vero è anche che i tardi Padri della Chiesa sono allegati da lui come autorità per i primissimi secoli); e adopera su scala molto più vasta documenti inediti, che non manca talora d'inserire nella narrazione. Ma, quanto poi al punto di vista generale, come i Centuriatori riuscivano a leggere nel Nuovo Testamento i loci della dommatica luterana, così il B. trova nei Vangeli la Chiesa cattolica con tutte le sue istituzioni. Che se poi la maggiore conformità dei Santi Padri alla concezione cattolica che non alle idee protestanti, gli consente di fare alle fonti minore violenza che non i suoi avversarî; d'altro canto egli, tutto preso dalla sua tesi che la Chiesa cattolica, fondata compiutissimamente da Cristo, è restata da allora in poi immutata, si preoccupa ancor meno dei Magdeburghesi dello sviluppo storico del dogma. Questi, sebbene da un punto di vista angusto e non senza ricorrere talvolta a falsificazioni, avevano per lo meno tentato di scrivere una pagina di storia dello spirito; il B., invece, la cui divisione della materia per anni (e qualche volta per mesi) sminuzza la realtà ancora più antistoricamente che non la grossolana ripartizione per secoli dei Centuriatori, ritorna quasi a un mero racconto di fatti e geste. Racconto, al certo, che, per l'enorme materiale messo a profitto, costituisce oggi ancora un indispensabile strumento di lavoro; ma che è da adoperare con cautela tanto maggiore, in quanto il B. non solo ebbe in comune con tutti gli storici a tesi l'ipercrisia, quando il documento potesse danneggiare la tesi avversaria, e l'acrisia, quando si risolvesse in danno della propria; ma inaugurò altresì in grande stile il cosiddetto "metodo della sordina", procurando d'ingarbugliare i problemi scabrosi invece di risolverli, e compiendo, quando non potesse altrimenti, qualche ardito salto mortale.
Gli Annales ecclesiastici, cominciati a preparare in iscritto alquanto prima del 1578 (l'originale, tutto di pugno del B., si conserva nella Vaticana) constano di 12 volumi in-folio, comprendenti gli anni di Cristo 1-1198, e pubblicati via via a Roma, presso la tipografia vaticana, dal 1588 al 1607. Seguirono 21 ristampe, l'ultima delle quali è quella di Bar-le-Duc 1860-87 (a cura di diversi, tra cui principalmente Agostino Theiner); varie le traduzioni, che non andarono mai oltre il primo o, al più, il secondo volume. L'opera fu altresì compendiata: in italiano, da Francesco Panigarola, che non andò oltre i primi cento anni (Roma 1590 e Venezia 1593); da Oderico Rinaldi (Roma 1641-43 e parecchie ristampe, nonché una versione latina, Roma 1667); da Alessandro Tassoni in un Ristretto con diverse considerazioni aggiunte, restato inedito; e altresi in tedesco, in polacco, in latino, in francese, in arabo. Continuarono l'opera del B.: a) dal 1199 al 1572 il Bzowski (Bzovius) (Roma 1616-72, voll. 9, con qualche ristampa parziale); b) dal 1199 al 1567 il Rinaldi, ponendo a profitto il materiale già iaccolto dal B. per altri tre volumi (Roma 1646-77, voll. 10 e parecchie ristampe, tra cui, al seguito dell'opera baroniana, Lucca 1747-56 e Bar-le-Duc 1887); c) dal 1199 al 1646 il De Sponde (Parigi 1639; ivi 1647 e altre ristampe); d) dal 1567 al 1571 Giacomo Laderchi (Roma 1728-34, voll. 3, ristampati, in seguito alla continuazione del Rinaldi, a Bar-le-Duc 1887); e) dal 1572 al 1582 il Theiner (Roma 1856-57), che annunciò altresì (1864), senza per altro pubblicarla, un'ulteriore continuazione fino alla morte di Pio VII.
Più d'una ventina (con un complesso di decine di volumi, spesso in-folio) i confutatori degli Annales in senso acattolico, principalissimo tra i quali Isacco Casanbon (Exercitationes ad card. Baronii Annales).
Condotte invece da un punto di vista meramente erudito sono le annotazioni critiche agli Annales composte dal cappuccino Antonio Pagi e pubblicate postume da suo nipote Francesco Pagi (Critica historico-chronologica in universos Annales C. B., Ginevra 1705, voll. 4 e Anversa 1727), le quali, con le posteriori Animadversiones del somasco Giovan Domenico Mansi, trovaron posto, a piede di pagina dei luoghi a cui si riferivano, nella ricordata edizione degli Annales di Bar-le-Duc.
Oltre gli Annales, il B. (autore, nella sua prima gioventù, anche d'un canzoniere inedito, da lui medesimo dato alle fiamme) scrisse parecchie altre opere (Vita Sancti Ambrosii, Roma 1580, Parigi 1604; Martyrologium romanum restitutum cum adnotationibus, Roma 1586 e molte ristampe, ecc.); elenchi, più o meno compiuti, delle sue opere possono vedersi nei biografi (più ricco quello, in 19 numeri, esibito dal Mazzuchelli). Larga risonanza europea ebbero: a) il Tractatus de Monarchia Siciliae (inserito già nel vol. XI degli Annales e più volte ristampato a parte), il quale, nella stessa cerchia curialista, diede luogo a una polemica tra il B. e il cardinale Ascanio Colonna, e a una forte protesta della Spagna, alla proibizione del libro in tutti i dominî della Corona spagnola, all'esclusione, come s'è visto, del B. dal papato, non senza venire allegato dalla Curia pontificia anche nelle posteriori dispute al riguardo con Vittorio Amedeo II di Savoia e Carlo VI d'Austria, ed esser confutato, tra moltissimi, da Lodovico Ellies Dupin (1712) e da Pietro Giannone (1723, nell'Istoria civile; 1725, in apposita monografia); b) la Paraenesis ad rempublicam Venetam (Roma 1606 e una decina di ristampe), a cui rispose con una Anti-Paraenesis (Padova 1606 e due ristampe) Nicola Crasso iuniore, suscitando a sua volta una Disceptatio di replica (falsa data di Venezia 1607, e Monaco, stesso anno) di "Nicodemo Magro seniore", pseudonimo scherzoso di Gaspare Schopp, il quale (alla stessa guisa di Giusto Calvino, divenuto Giusto Baronio) aveva precedentemente affermato d'essere stato indotto dalla lettura degli Annales a convertirsi al cattolicesimo. Tre volumi di Epistolae et opuscula inediti pubblicò inoltre (Roma 1759-70), di su i mss. baroniani serbati nella Vallicelliana, Raimondo Alberici; e altre lettere e scritti minori hanno veduto la luce a cura di U. Lämmer (in Analecta romana, Roma 1861 e cfr. anche De C. B. literarum commercio diatriba, ivi 1903).
Bibl.: Memorie sulla vita del B. cominciarono a raccogliere, lui vivente, i suoi confratelli Francesco Zazzara, Pompeo Pateri e Gian Matteo Ancina, le quali, insieme con due Vitae latine scritte da Michelangelo Bucci, si serbano inedite nella Vallicelliana. Al Bucci attinsero il De Sponde nell'introduzione al suo compendio degli Annales, Parigi 1612, e Girolamo Barnabei in un'altra Vita latina (Roma 1651), fonte precipua di tutti i biografi posteriori (Dony d'Attichy, Dupin, Niceron, Mazzuchelli, Villarosa, ecc.). Più ampia la Vita scritta da Enrico Sarra (Roma 1862); attinti anche e soprattutto alle lettere del B. il vol. The life of C. B., Londra 1898, e l'altro su La vita e gli scritti del cardinale C. B. di Generoso Calenzio (Roma 1907). Cfr. inoltre, Per Cesare Baronio, scritti vari nel centenario della morte, Roma 1912. Una moderna monografia critica sul B. storiografo manca; cfr. sull'argomento, Fueter, Histoire de l'historiographie moderne, traduzione francese, riveduta e accresciuta dall'autore, Parigi 1914, pp. 327-29 e passim; Croce, Teoria e storia della storiografia, 3ª ed., Bari 1927, parte 2ª, cap. IV.