BALBANI, Cesare
Nacque a Lucca da Turco e da Zabetta Michaeli il 10 ott. 1556.
Sia la famiglia paterna sia quella materna avevano dato in quel periodo numerosi aderenti alla causa della Riforma. L'appesantirsi a Lucca della repressione dell'eresia spinse molti tra loro ad esulare nel decennio 1555-1565. Il padre del B. fu uno degli ultimi ad abbandonare la patria. Nel 1564 accettò la direzione della compagnia commerciale "Filippo e Turco Balbani e C." di Lione, al fine di organizzare, di là, il trasferimento della famiglia in terra di Riforma. Questa nuova sede avrebbe dovuto essere probabilmente Ginevra, dove si trovavano a far parte della folta colonia di Lucchesi Niccolò Balbani, ministro della Chiesa italiana, e la sorella Zabetta Balbani, vedova del grande mercante Francesco Michaeli, con i figli. La morte di Turco Balbani a Lione nell'estate del 1564 arrestò la realizzazione di questi progetti. Il B., che aveva allora otto anni, rimase a Lucca con la madre e sei fratelli, di cui cinque più giovani di lui. Come curatori dell'eredità degli orfani, furono designati Biagio fu Agostino Balbani, fratello di Turco, Giovanni fu Francesco Balbani e Alessandro di Michele Balbani. Le condizioni finanziarie della famiglia non dovevano essere brillanti, se nel 1569 e nel 1573 i curatori testamentari di Turco Balbani alienavano beni per saldare dei debiti.
L'educazione familiare ricevuta dal B. diede presto i suoi frutti. Terminati gli studi a Lucca e avviato all'esercizio della mercatura, egli ebbe presto l'occasione di recarsi all'estero e di entrare in contatto con le colonie lucchesi riformate. Compì all'età di diciassette anni, nel 1573, il primo viaggio al di là delle Alpi di cui abbiamo notizia dalle fonti ginevrine. La sua destinazione ufficiale non fu certo la città di Calvino - essendo vietato dal governo lucchese ogni rapporto con essa - ma più probabilmente Lione. In quella città il B. poteva avere relazioni sia con la casa bancaria dei figli di Francesco Balbani, sia con quella dei Michaeli-Arnolfini, corrispondente quest'ultima di una analoga ditta ginevrina di cui il B. fu più tardi socio. Da Lione a Ginevra il viaggio non era lungo e il B. poté riallacciare in quell'anno i contatti con i familiari che abitavano nella città svizzera. Non è dato sapere se negli anni seguenti il B. facesse ritorno a Lucca, o rimanesse all'estero. Comunque solo dopo aver raggiunto la maggiore età egli mise in atto la decisione di abbandonare Lucca. Il 2 genn. 1577 giungeva infatti a Ginevra e vi stabiliva definitivamente la propria residenza, aderendo subito alla Chiesa italiana, nella quale in seguito ricoprì gratuitamente le funzioni di diacono, di tesoriere e di ministro.
Al suo arrivo a Ginevra il B. possedeva "poche facultà". Fu accolto in casa del cugino Orazio Michaeli, figlio di Zabetta Balbani, e si impiegò nella bottega d'arte serica di "Paolo Arnolfini e C." in cui il Michaeli aveva un'importante partecipazione. Nel 1582 assunse la direzione di questa, rinnovata sotto il nome di "Cesare Balbani e C."; per le relazioni con l'Italia la compagnia assumeva invece il nome di Michele Liena, che fungeva da intermediario al fine di eludere i decreti contro le persone e i beni dei lucchesi "eretici".
La bottega ginevrina ebbe vita, sotto il nome del B., fino al 1624. Egli tenne la direzione di tutti i negozi fino alla morte avvenuta nel 1621. Fu la sua una brillante e fortunata carriera di uomo d'affari. Partito quasi dal nulla nel 1577, egli lasciò, dopo 44 anni di attività, un capitale di oltre 200.000 fiorini. Aveva acquistato col tempo una partecipazione importante al capitale sociale della bottega ginevrina: alla sua morte, la sua quota ammontava a 42.500 fiorini. Come le botteghe lucchesi, la bottega ginevrina del B. era un'impresa per la manifattura e l'esportazione della seta. Sulla piazza di Lione i suoi corrispondenti erano i Michaeli-Arnolfini. A Londra la testa di ponte fu rappresentata dal banco di un cognato del B., Filippo Burlamacchi. Il B. ebbe anche nel banco londinese un conto corrente che nel 1621 ammontava a 71.400 fiorini. Fu inoltre socio della bottega ginevrina di Francesco Turrettini, cognato di Renea Burlamacchi, moglie del Balbani. Nel 1621 la quota parte del B. nel capitale sociale di questa ditta ammontava a 34.000 fiorini.
Il B. si mosse raramente dalla sua dimora ginevrina e quasi sempre per motivi di salute. A partire dal 1598 egli doveva essere già in possesso di una cospicua fortuna, e dava allora inizio ad una serie di investimenti in case e terreni a Ginevra e nel Ginevrino. Il complesso più importante fu rappresentato dalla tenuta di Sacconex.
Il B. morì a Ginevra il 21 apr. 1621.
Nell'inventario dei beni la sua fortuna fu valutata a 218.900 fiorini, ed era così ripartita: 147.900 fiorini, corrispondenti ad oltre i due terzi del totale, in investimenti, in imprese commerciali e bancarie; 56.200 fiorini, corrispondenti a circa un quarto del totale, in proprietà immobiliari; 14.800 fiorini in mobili e oggetti di uso domestico.
Nel testamento, che il B. aveva redatto nel 1615 e che venne applicato nel 1621, egli suddivise così la sua eredità: alla moglie 51.550 fiorini in contanti, più i profitti della compagnia "Cesare Balbani e C." di Ginevra e gli interessi del conto corrente aperto presso il banco londinese di Filippo Burlamacchi. Non avendo eredi diretti, distribuì il restante in lasciti e legati. Ne furono beneficiari alcune istituzioni religiose di Ginevra, quali la Chiesa italiana, la Borsa dei Poveri Francesi, la compagnia dei Pastori Ginevrini, per complessivi 27.000 fiorini. Tra i lucchesi abitanti a Ginevra il B. distribuì i seguenti legati: a vari membri della famiglia Minutoli, per 20.400 fiorini; ai Burlamacchi, per 8.075 fiorini; ai Diodati, per 4.475 fiorini; ai Turrettini, per 4.675 fiorini; ai Michaeli, per 1.275 fiorini; ai Calandrini, per 1.275 fiorini. Ad Anversa Bonaventura Michaeli, figlio di Orazio, ricevette 1.000 fiorini; a Parigi, la sorella del B., Caterina, vedova Berti, 12.000 fiorini; a Londra il cognato Filippo Burlamacchi, 4.250 fiorini, la moglie di lui, Zabetta Calandrini, 1.700 fiorini, e i loro cinque figli, 2.125 fiorini; a Lucca, infine, il B. destinò 6.000 fiorini, da dividersi in parti uguali fra le sorelle, Laura Buiamonti e Sara Santini, e la nipote Zabetta Franciotti, figlia della sorella Susanna.
Nel maggio 1586 il B. aveva sposato a Ginevra Renea, figlia del banchiere Michele Burlamacchi, che si era trasferito in quegli anni da Parigi a Ginevra. Il contratto di nozze fu stipulato nel novembre 1586 in casa di Orazio Michaeli e alla presenza di Niccolò e Arrigo Balbani, di Benedetto e Giovanni Calandrini. Renea Burlamacchi portò in dote 1.000 scudi d'oro, Più 333 scudi donatile da Benedetto Calandrini e da Maddalena Arnolfini. Dal matrimonio nacquero, tra il 1587 e il 1606, dieci figli, di cui tuttavia neppure uno sopravvisse al quinto anno di età. I maggiori personaggi dell'emigrazione lucchese a Ginevra condussero i figli del B. al fonte battesimale della Chiesa italiana o di quella francese.
Il 23 nov. 1602 il B. assunse ufficialmente la tutela delle persone e dei beni di Maddalena e di Vincenzo Burlamacchi, orfani di Fabrizio (m. 1596) e di Giuditta Diodati (m. 1602). Privo di figli, egli allevò i pupilli in casa propria finché Maddalena nel 1614 andò sposa a Marco Michaeli e Vincenzo fu inviato a Londra presso la casa bancaria di Filippo Burlamacchi.
Il B. aveva probabilmente conservato in casa propria il manoscritto della Memoria (o Cronaca) della famiglia Balbani,che l'avo Agostino Balbani aveva iniziato a Lucca nel 1524, e il padre Turco aveva continuato fino all'anno 1564. Il B. completò con varie aggiunte le biografie dei Balbani emigrati a Givra. Fu Vincenzo Burlamacchi che nel 1623 si accinse a portare l'opera a compimento con l'aggiunta della lunga biografia del Balbani.
La vedova del B., Renea, si rimaritò il 26 apr. 1623 con Teodoro Agrippa d'Aubigné, il poeta e storico francese protestante, proscritto dalla Francia e rifugiato a Ginevra.
Fonti e Bibl.: Gèneve, Bibliotèque publique et universitaire, Libro dei dignissimi ricordi delle nostre famiglie, raccolti da V. Burlamacchi, Cronaca della famiglia Balbani, ff. 1-2, 32 ss.; J.-B.-G. Galiffe, Le réfuge italien de Genève, Genève 1881, p. 152; A. Pascal, Da Lucca a Ginevra. Studi sulla emigrazione religiosa lucchese a Ginevra nel sec. XVI°, in Riv.stor. ital., XLIX (1932), pp. 464 s.; L (1933), pp. 43-46, 444 s.; B. Croce, Un calvinista italiano. Il marchese di Vico Galeazzo Caracciolo, in La Critica, XXXI (1933), pp. 326 s.