ARETUSI, Cesare
Figlio di Pellegrino, non è conosciuta la sua data di nascita. Nel contratto stipulato il 27 ag. 1586 dall'A. con i monaci benedettini, per la decorazione del coro di San Giovanni a Parma, è scritto: "Egregius D. Caesar Aretusius quondam D. Peregrini, pictor et civis Bononiensis". Bolognese, quindi, l'artista, come del resto è indicato in dipinti e in alcune fonti, e non modenese, né figlio del noto pittore Pellegrino Aretusi, come aveva proposto erroneamente il Tiraboschi. Ancor giovane si diede allo studio della pittura, ispirandosi alle opere di Bartolomeo Ramenghi da Bagnacavallo, e a quelle dei grandi Veneziani, specialmente alla ricerca di una narrazione facile e vivace, e divenne amico di Giambattista Fiorini, pittore abbastanza capace nel disegno e nella composizione, con cui collaborò spesso (cfr. Malvasia, p. 332), come nel coro di San Pietro a Bologna (Consegna delle chiavi).
Essendo molto esperto nel copiare artisti famosi (alcune sue opere furono ricambiate per gli originali), i benedettini di S. Giovanni a Parma gli ordinarono di eseguire una copia ingrandita della correggesca Incoronazione di Maria, da porre poi nel coro rinnovato ed ampliato (1587); secondo il Malvasia (p. 334), la copia diretta dal Correggio sarebbe stata eseguita su "quadri a olio" da Agostino e Annibale Carracci, che molto ebbero a lamentarsi del poco, anzi nessun credito che fu dato al loro lavoro. Ranuccio 1 Farnese duca di Parma lo nominò pittore di corte per la sua rara abilità di ritrattista e lo lasciò andare a Ferrara da Alfonso II, che gli diede l'incarico di ritrarre segretamente su piccoli rami alcune dame della corte. Ma essendo l'A. "linguacciuto e alquanto sfacciato" e gloriandosi di questo incarico, il duca gli ordinò di "levarsi in termine di duo, giorni da quella corte, né mai più porvi il piede" (Malvasia, p. 335). L'A. trovò rifugio presso Ranuccio, poi andò a Bologna; tornò anche a Modena nel 160 6 - segno che il duca l'aveva perdonato - per terminare i ritratti del duca e della duchessa. Morì in Toscana nel 1612.
Aveva sposato una Lucia Barbieri. Il Malvasia non riuscì a sapere se avessero avuto figli, ma ebbe contatti con un nipote, Costanzo, ex frate, "intelligentissimo non solo di Pittura"' che fornì al Malvasia stesso il ritratto da anteporre alla vita dello zio, che lo scrittore giudicò somigliantissimo "ancorché talvolta non così felicemente tagliato".
Fra i suoi quadri sono da ricordare a Bologna: La Messa di san Gregorio, nel coro della chiesa dei Servi, una Conceptio immaculata sull'altare maggiore di San Benedetto e la pala d'altare con San Bartolomeo nella chiesa dei teátini. Fra i suoi ritratti alla Galleria di Panna: Ranuccio I Farnese, il monaco servita Paolo Ricci (sul retro è segnato "Cesar Aretusi Bon. f. 1602") e un ritratto di vecchio con barba (firmato).
Fonti e Bibl.: Parma, Biblioteca del Museo Naz. di Antichità, E. Scarabelli Zunti, Documenti e memorie di Belle Arti parmigiane, IV(1551-1600), ms. 12; A. Masini, Bologna perlustrata..., Bologna 1650, pp. 39, 116, 123, 132, 161, 170, 171; C. C. Malvasia, Felsina Pittrice, I Bologna 1678, pp. 331-335; G. A. Averoldo: Le scelte Pitt. di Brescia, Brescia 1700, p. 152; L. Chizzola e G. B. Carboni, Le pitture e sculture di Brescia, Brescia 1760, p. 109; I. Affò, Vita del graziosissimo pittore F. Mazzola detto il Parmigianino, Parma 1784, p. 95; G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, VI, Notizie de' pittori... di Modena, Modena 1786, p. 303; L. Lanzi, Storia Pittorica della Italia, Milano 1823, IV, pp. 41, 115 s.; V, pp. 59, 67; P. Brognoli, Nuova guida per la città di Brescia, Brescia 1826, p. 100; A. Sala, Pitture... di Brescia, Brescia 1834, p. 71; M. Gualandi, Memorie..., III, Bologna 1842, p. 185; G. Campori, Raccolta de' Cataloghi..., Modena 1870, p. 192; C. Ricci, La R. Galleria di Parma, Parma 1896, p. 207; J. Meyer, Künstler-Lexikon, II, pp. 239-241; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, II, pp. 84 s.; Encicl.Ital., IV, p. 168.