BENEVELLO, Cesare Antonio Giuseppe Della Chiesa conte di
Nacque a Saluzzo il 13 nov. 1788 da Vincenzo Giuseppe dei conti di Cervignasco e di Benevello e da Filippa Solaro di Govone. Laureatosi in diritto a Torino il 30 ag. 1809, si dedicò successivamente agli studi preferiti di arte e di letteratura, per il perfezionamento dei quali, durante la Restaurazione, e soprattutto dopo il 1821, trascorse lungo tempo a Parigi e compì numerosi viaggi, di cui ci ha lasciato testimonianza in uno scritto dal titolo Mes étrennes (Torino 1830), che adomò di incisioni da lui stesso eseguite.
Durante il regno di Carlo Alberto partecipò attivamente alle iniziative benefiche ed educative che fiorirono allora numerose e, con articoli pubblicati nei periodici subalpini dell'epoca, portò il suo contributo al dibattito circa i problemi del pauperismo, dell'educazione popolare e dell'applicazione pratica delle contemporanee invenzioni tecniche e scoperte scientifiche.
Nominato il 20 maggio 1842 socio corrispondente e il 17 marzo 1845 Socio effettivo dell'Accademia agraria di Torino per i meriti acquistati con gli esperimenti innovatori compiuti nei suoi possedimenti (fu tra l'altro un pioniere, in Piemonte, dei pozzi artesiani, e nel 1833 pubblicò a Torino in proposito un dotto scritto, redatto in tono umoristico, dal titolo Diceria sulle sorgenti artesiane e delle società che vollero introdurne l'uso in Piemonte), vi lesse alcune memorie sulla coltivazione del mais, dell'helianthus tuberosus (topinambur) e sulla estrazione dell'olio dalle noci. Fu inoltre tra i fondatori della ben nota Associazione agraria subalpina.
A parte queste sue attività nel settore dell'agricoltura e dell'assistenza pubblica, a parte le cariche ricoperte di membro del consiglio d'amministrazione dei Debito pubblico (dal 1846) e del Consiglio comunale di Torino, durante il regno di Carlo Alberto egli continuò ad occuparsi soprattutto di arte e di letteratura.
Già nel 1820 il B. aveva pubblicato anonimo a Torino (ove vennero edite tutte le sue opere che qui citiamo) un poema in versi sciolti (Il teatro. Poema lapponico recentemente tradotto da un saluzzese), nel quale criticava, col tono umoristico e alquanto bizzarro che caratterizza molti dei suoi scritti, le usanze e tecniche teatrali vigenti. Sull'argomento tornò nel 1841 pubblicando quattro dispense, riunite poi in un volume, dal titolo Azioni coreografiche, coll'illustrazione delle principali scene che vi corrispondono, precedute dalle proposte di alcune riforme nei moderni teatri. L'opera è corredata di belle incisioni, disegnate dall'autore ed eseguite da F. Gonin.
Tentò anche con discreto successo il genere narrativo, pubblicando novelle in periodici e miscellanee dell'epoca. Alcune di esse furono raccolte in volume nel 1836 (Sette novelle)ed altre nel 1838 (Nuove novelle). Nella prefazione a quest'ultimo volumetto egli polemizza contro coloro che ritenevano necessario assegnare alla narrativa un fine moralistico e sostiene invece il principio dell'autonornia dell'arte nei confronti della morale.
La fama del B. è tuttavia particolarmente legata all'attività artistica. Numerosi furono i suoi dipinti, che si ispirano ai temi paesistici (per esempio, Foresta, Torino, Museo Civico) e ai temi storici, che erano allora molto in voga (ricordiamo: Il vescovo di Grenoble che presenta il giovane Baiardo al duca Carlo I, Palazzo Reale, Torino). Molte anche le sue incisioni (ricordiamo quelle, eseguite su disegno del conte di Barante. che adornano la preziosa edizione in 32º del Lebbroso della città d'aosta di Xavier de Maistre, tradotto in italiano da Cesare Balbo, Torino 1832).
Assai frequenti nei periodici dell'epoca e negli Albums della Società promotrice delle belle arti di Torino i suoi articoli di storia o critica d'arte. Alla sua penna è inoltre dovuto lo scritto anonimo Don Eusebio al Valentino (Torino 1838), ove si conunenta con arguzia l'esposizione apertasi allora in quel parco, e il Progetto d'un monumento consacrato a Dio (Torino 1845), Ove - con accompagnamento di numerosi disegni - è descritto un tempio da erigersi all'Essere supremo, di forma sferica ed adorno di bassorilievi illustranti episodi biblici. Il suo nome è inoltre strettamente legato alla Società promotrice delle belle arti sopra ricordata poiché egli ne fu l'ideatore, l'animatore ed il presidente dalla fondazione (1842) sino alla morte e perché con!ribuì generosamente a finanziare le iniziative a cui la Società diede l'avvio.
In riconoscimento per le benemerenze acquistatesi nei vari campi in cui la sua azione si esercitò e per l'atteggiamento liberaleggiante da lui sempre mantenuto (fra l'altro durante l'epoca carlo-albertina il suo salotto fu uno dei focolai più attivi di progetti innovatori), egli fu nominato senatore il 18 dic. 1849. Nelle battaglie parlamentari, nonostante talune riserve ed esitazioni, si schierò sostanzialmente in favore del ministero d'azeglio prima (votò per esempio a favore delle leggi Siccardi) e del ministero Cavour poi. I suoi interventi oratori furono tuttavia molto radi e volti soltanto a discutere problemi tecnici particolari, soprattutto circa lo sviluppo della rete ferroviaria e i nuovi tipi di tassazione che il governo voleva introdurre.
Sposatosi a Torino l'8 maggio 1820 con Polissena Pasero di Comegliano, ebbe cinque figli, due maschi e tre femmine, ma dei maschi il primo morì in fasce e il secondo all'età di 23 anni. Il 16 sett. 1837 gli fu concesso il titolo di conte. Morì a Torino il 16 dic. 1853.
Fonti e Bibl.: Cenni sul B. sono in molte delle opere riguardanti il periodo carlo-albertino. Manca tuttavia ancora un adeguato studio bíografico. Il miglior saggio su di lui rimane quello di G. F. Baruffi, Notizia biografica del conte C. della Chiesa di B., in Ann. della R. Acc. di Agricoltura di Torino, VII (1859), pp. 95 ss. Un breve profilo è stato tracciato da M. Sbodio Cerrato, Un piemontese spirito bizzarro. Il conte C. della Chiesa di Benevello, in Torino, XXXI, 9 (1955), pp. 33-35. Qualche spunto interessante in V. Cian, Vita e cultura torinese nel periodo albertino, in Atti della Acc. delle Scienze di Torino, LXIII (1928), pp. 355 ss.; LXIV (1929), pp. 389 ss.; LXV (1930), pp. 333 ss.; LXVI (1931), pp. 245 ss. Cenni sulla sua attività artistica in A. Stella, Pittura e scultura in Piemonte, 1842-1891, Torino 1893, pp. 44 ss.; L. Chiappino, La litografia a Torino durante il regno sardo, Torino 1939, p. 30; A. Calabi, Saggio sulla litografia…,Milano 1958, passim; L.Servolini, Dizionario ill. degli incisori…, Milano 1955. p. 70. I suoi interventi in Parlamento sono editi negli Atti del Parlamento subalpino. Discussioni del Senato del Regno, nei volumi riguardanti gli anni 1849-53. Ricordiamo ancora il bel profilo che di lui ci ha lasciato M. d'Azeglio nei Miei ricordi (I, 16). Ciò che resta del suo archivio è conservato nel castello di Rivalta Torinese. Si tratta soprattutto di carte amininistrative che testimoniano la larghezza delle sue risorse finanziarie e nello stesso tempo l'oculatezza con cui le amministrava, nonostante l'estrosità del carattere. Meritevoli di essere ricordate sono pure alcune lettere di artisti, letterati e uomini politici dell'epoca, fra cui ricordiamo G. P. Vieusseux (cfr. A. Maquet, Une lettre inédite de G. P. Viessieux au comte C. di B., in Risorgimento, Bruxelles VII [1964], pp. 103-111), L. Sauli d'Igliano, Carlo Alfieri di Sostegno.