CERVELLO (lat. cerebrum; fr. cerveau; sp. cerebro; ted. Hirn, Gehirn; ingl. brain)
Il cervello è la parte più importante dell'apparecchio nervoso. Questo risulta di organi centrali e di organi periferici, i nervi, che collegano i centri con le parti periferiche di senso e di moto. Nei Vertebrati i centri nervosi sono rappresentati dall'encefalo e dal midollo spinale, tra loro in continuità. L'encefalo (dal gr. ἐγκέϕαλος, "cervello") ha sede nella testa e occupa la cavità del cranio; il midollo spinale discende nel tronco ed è contenuto nel canale vertebrale. Nell'encefalo si considerano molti organi differenti per forma, per struttura e per funzione, il maggior numero dei quali si raccolgono in una massa principale che è il cervello. Nell'uso comune il termine cervello serve per indicare tutta la sostanza nervosa racchiusa nel cranio, e anche in opere scientifiche non di rado cervello vale come sinonimo di encefalo.
Si chiamano centri primarî quelli che stanno in diretta connessione con la periferia: come nuclei terminali di fibre afferenti ricevono impulsi sensitivi, come nuclei d'origine di fibre efferenti trasmettono eccitamenti a organi di moto; se hanno fra loro diretti rapporti, lo stimolo sensitivo può in maniera diretta provocare un movimento, altrimenti gli eccitamenti sensitivi venuti dalla periferia, prima di raggiungere i nuclei che dànno origine alle fibre di moto, passano attraverso i centri di correlazione, di coordinazione e d'associazione che sono specialmente accumulati nell'encefalo, e acquistano uno sviluppo considerevole nella classe dei Mammiferi, in modo particolare nell'uomo.
Sviluppo dell'encefalo.
In uno stadio precoce del suo sviluppo l'apparecchio nervoso centrale è rappresentato da un canale a parete sottile e a cavità ampia (figg. 1-4). Più spaziosa la cavità si presenta fin da principio in quella parte che formerà l'encefalo, in confronto all'altra che darà origine al midollo spinale; e mentre l'abbozzo di quest'ultimo si mantiene di un calibro assai uniforme, l'abbozzo del primo mostra ben presto in tutti i Vertebrati tre segmenti successivi, in continuità fra loro, che sono, da dietro in avanti, il rombencefalo, il mesencefalo e il proencefalo.
Più tardi, mantenendosi ancora la continuità fra le varie parti dell'abbozzo, tanto nel rombencefalo quanto nel proencefalo si distinguono due segmenti secondarî, mentre il mesencefalo rimane semplice. Il rombencefalo risulterà del mielencefalo, che fa seguito al midollo spinale, e del metencefalo. Il proencefalo comprenderà il diencefalo e il telencefalo, che ne rappresenta la parte terminale. I varî segmenti nei Sauropsidi e nei Mammiferi non si trovano sul medesimo piano, ma la parte anteriore e la posteriore dell'abbozzo encefalico formano tra loro una curva a convessità dorsale, curva cefalica, che ha il suo culmine nel mesencefalo e va accentuandosi con lo sviluppo. Nei Pesci e negli Anfibî la curva si accenna tardivamente e scompare quasi del tutto.
I cinque segmenti dei quali fondamentalmente risulta l'encefalo embrionale, s'accrescono disugualmente. Le loro pareti in alcune parti divengono notevolmente grosse, in altre si mantengono sottili; possono anche ridursi a una lamina a struttura epiteliale (fig. 2), sulla quale si applica direttamente la membrana vascolarizzata che copre l'encefalo, formandosi in tal modo una tela corioidea. In ciascun segmento si costituiscono speciali organi che differiscono per forma, per grandezza e per struttura. La cavità che era contenuta nell'abbozzo embrionale dell'encefalo si conserva fino a sviluppo completo, modificandosi però l'ampiezza e la forma delle sue sezioni, in correlazione coi cambiamenti sopravvenuti nelle corrispondenti regioni encefaliche.
A sviluppo progredito, la sostanza che forma l'encefalo e il midollo spinale non ha struttura uniforme; dove contiene in gran numero cellule nervose ha un colorito grigio (sostanza grigia); dove risulta di fibre nervose è bianca e più consistente (sostanza bianca).
Dal rombencefalo, e più precisamente da quella parte di esso (mielencefalo) che sta a confine col midollo spinale, prende origine ventralmente la midolla allungata, mentre dorsalmente la parete si riduce a una lamina epiteliale. Nel successivo segmento del rombencefalo (metencefalo) si distinguono una regione ventrale e una dorsale. Alla prima, nei Mammiferi, superficialmente si addossa una zona che la rende sporgente e prende allora il nome di ponte. Dalla regione dorsale si sviluppa il cervelletto.
Nel mesencefalo (figg. 3, 4) la regione ventrale si arricchisce nei Mammiferi superficialmente di fasci longitudinali di fibre, che formano i peduncoli cerebrali. Nella dorsale si sviluppano nei Vertebrati inferiori i lobi ottici, che in molti sono di cospicuo volume; nei Mammiferi, la regione prende più propriamente nome di lamina quadrigemina, perché da essa si sollevano due coppie di eminenze, tubercoli quadrigemelli: i superiori corrispondono morfologicamente ai lobi ottici delle altre classi, gl'inferiori, accennati rudimentalmente nei Sauropsidi, acquistano soltanto nei Mammiferi un notevole sviluppo.
Il diencefalo fondamentalmente presenta due pareti laterali massicce, una vòlta e una base generalmente sottili, e risulta di due sezioni principali: del talamencefalo e dell'ipotalamo.
a) Il talamencefalo comprende il talamo, il metatalamo e l'epitalamo. Il talamo si trova da ciascun lato nella parete laterale dorsalmente. Il metaltalamo, rappresentato dai corpi genicolati mediale e laterale, sta al di dietro del talamo. L'epitalamo, posto dorsalmente e in dietro, comprende sul mezzo, fra due fasci commessurali, evaginazioni o processi di natura varia, fra i quali il più costante è una formazione ghiandolare, epifisi o corpo pineale; da ciascun lato si trova nell'epitalamo la regione abenulare. La maggior parte della vòlta diencefalica al dinnanzi dell'epitalamo, nell'intervallo fra i talami, si riduce a una tela corioidea.
b) L'ipotalamo sta nella parete laterale sotto al talamo, e, continuandosi quello di un lato con quello dell'altro lato, forma il pavimento del diencefalo; quivi nella superficie libera si solleva in prominenze varie per posizione e per volume, secondo le specie. Al pavimento diencefalico è congiunta l'ipofisi, un organo in parte nervoso e spettante al diencefalo, in parte di natura ghiandolare, derivato da un'evaginazione, rimasta sequestrata nel cranio, della bocca primitiva. Più in avanti è il chiasma ottico dove s'incontrano e s'incrociano, per lo più parzialmente, i nervi ottici. Qui è da aggiungere che la retina, la membrana nervosa dell'occhio, e il nervo ottico si sviluppano dal diencefalo.
Il telencefalo, rappresentato dapprima da una vescicola mediana, s'espande ben presto notevolmente da ciascun lato, mentre lo sviluppo nella sua parte mediana s'arresta; così si differenziano il telencefalo impari, che rimane nella direua continuazione del diencefalo, e le vescicole emisferiche. In ciascuna, alla base e presso la linea mediana, dinnanzi al talamo, si sviluppa un importante organo, che è il corpo striato; più frontalmente le due vescicole s'accrescono dando origine ai lobi olfattivi. Vario, secondo la specie, è il destino di tutta la rimanente parete delle vescicole emisferiche, che nei Vertebrati più bassi nella scala zoologica, può ridursi, totalmente o in parte, a una semplice lamina epiteliale, ma per lo più aumenta in grossezza e diventa il pallio, la parete degli emisferi cerebrali; nella serie dei Vertebrati il pallio si fa gradatamente più esteso, comparendo in esso, in parti determinate, nuove aree, che crescono in superficie, mentre le precedenti vanno riducendosi. Tra le due vescicole, o emisferi, si trovano organi commessurali, che per qualità e sviluppo stanno in correlazione con le parti che congiungono.
Nel tempo che i suddetti cambiamenti si producono nei varî segmenti, si modificano la forma e l'ampiezza delle loro cavità, cioè dei ventricoli cerebrali, che sono ripieni di liquido. I due segmenti del rombencefalo hanno una cavità comune, il quarto ventricolo; la cavità del mesencefalo, quando si restringe a canale, come avviene in molti casi, prende nome di acquedotto cerebrale; il ventricolo del diencefalo, completato in avanti da quello residuale del telencefalo impari, è il terzo ventricolo; quest'ultimo da ciascun lato comunica coi ventricoli primo e secondo, contenuti nelle vescicole o emisferi cerebrali.
L'encefalo è involto, nello sviluppo, da una membrana connettivale, meninge primitiva, che nella maggior parte dei Vertebrati, tranne i più bassi nella scala zoologica, si differenzia in tre meningi sovrapposte. La più superficiale è la dura madre, membrana fibrosa. Al di sotto l'aracnoide, sottilissima, priva di vasi. Viene infine la pia madre, riccamente provvista di vasi sanguigni che si distribuiscono alla sostanza nervosa, alla quale la pia intimamente aderisce. Dove le parti encefaliche si sono ridotte nello sviluppo a semplici lamine epiteliali, dalla pia madre possono svilupparsi in punti, o secondo linee determinate, glomeruli vascolari, che, fasciati dall'epitelio, sporgono nelle cavità ventricolari: si dicono plessi corioidei, e servono alla secrezione del liquido contenuto nei ventricoli. Una fessura rimane fra la dura madre e l'aracnoide, e un'altra fra l'aracnoide e la pia madre. In quest'ultima, spazio intraracnoideo, il quale comunica con uno spazio simile che sta intorno al midollo spinale, è contenuto il liquido cefalo-rachidiano (v.).
L'encefalo nelle varie classi dei Vertebrati..
Ciclostomi. - Tra i Ciclostomi, i Petromizonti hanno l'encefalo foggiato secondo un tipo primitivo, che, fino a un certo punto, si accosta a quello proprio dei Pesci. Più ne differisce l'encefalo dei Mixinoidi per le modificazioni dovute forse alla loro vita parassitaria. Ci limiteremo ad alcune indicazioni sui Petromizonti (fig. 6, nn.1-4).
In questi l'encefalo è allungato e sottile, e i suoi segmenti sono disposti in un piano. Nel rombencefalo, voluminoso, è specialmente sviluppata la midolla allungata. Il cervelletto è in forma di lamina grossa e breve, al limite anteriore della tela corioidea del 4° ventricolo, cui dà inserzione. Nel mesencefalo sono voluminosi i lobi ottici. Una parte della sua parete dorsale ha la struttura di una tela corioidea, e si mette a contatto e in apparente continuazione con la tela corioidea del 4° ventricolo; ambedue sono estroflesse, e hanno, nella superficie interna, numerose pieghe sporgenti in cavità. Il diencefalo ha la vòlta a forma di cupola, sacco dorsale, con la struttura delle tele corioidee, ma senza pieghe verso l'interno, e senza funzioni di secrezione. Al sacco dorsale in alto è inserito per mezzo di un sottile peduncolo l'organo pineale, e un altro simile, più piccolo, organo parapineale, si trova al davanti e a sinistra del precedente: ambedue ricordano per la struttura gli occhi pari dei Vertebrati. Alla base del peduncolo pineale v'è un accenno di epifisi. Il telencefalo risulta del telencefalo impari, e di due masse laterali che rappresentano il rinencefalo. Il primo sta nella diretta continuazione del diencefalo e ne completa la cavità; è stretto ed è formato da una lamina nervosa sottile. Molto grosse sono le masse rinencefaliche; ambedue risultano d'una porzione posteriore, il lobo olfattivo, e d'una anteriore, il bulbo olfattivo, al quale fa capo il nervo olfattivo; contengono un ventricolo in comunicazione con quello del telencefalo impari. Sono tra loro collegate da due commessure che decorrono rispettivamente nelle pareti superiore e inferiore del telencefalo impari.
Pesci. - a) Selaci. - In alcune specie l'encefalo è lungo e sottile (p. es. nell'Acanthias), in altre ha le sue parti raccolte in una breve massa. I varî segmenti sono sempre disposti quasi in un solo piano (fig. 6, nn. 5-9). Nel mielencefalo è da notare il grande sviluppo della midolla allungata, che in molte specie può superare in lunghezza tutte le altre parti dell'encefalo insieme. Il ventricolo, spazioso, è chiuso dorsalmente da una tela corioidea. Nelle Torpedo, dal pavimento del ventricolo si sollevano due lobi pari, voluminosissimi, i lobi elettrici, dai quali nascono i nervi che si distribuiscono agli organi elettrici (Matteucci, 1836). Nel metencefalo è molto sviluppato il cervelletto che può raggiungere dimensioni enormi. È sostenuto da un peduncolo, s'espande in un corpo, e contiene un prolungamento della cavità ventricolare. Nel corpo solchi superficiali lo dividono in lobi; i solchi possono essere numerosissimi, e allora la parete è increspata in pieghe, che si dicono circonvoluzioni. Il mesencefalo nella sua parte dorsale presenta la coppia dei lobi ottici fatti a cupola, voluminosissimi. Il diencefalo è incastrato e come compresso fra telencefalo e mesencefalo e s'espande al di sotto di questo. Le sue pareti laterali sono massicce e risultano, da ciascun lato dell'epitalamo (nucleo abenulare), del talamo, nel quale è incluso il corpo genicolato laterale, e dell'ipotalamo. Dalla vòlta diencefalica in dietro, tra due fasci di fibre commessurali, la commessura superiore e l'abenulare, si stacca un lungo canale, che termina con una vescicola, accolta in una fossetta della vòlta del cranio; rappresenta l'epifisi, che in alcune specie (Torpedo) manca. In tutta la rimanente parte, che è la più estesa, la vòlta è membranosa con la struttura di una tela corioidea, sacciforme, sacco dorsale; accollandosi il sacco dorsale in avanti, alla parete contigua del telencefalo, prende origine una piega, velo trasverso, sporgente in cavità. L'ipotalamo, con una lamina nervosa sottile, che passa da un lato all'altro, forma la base del diencefalo; la medesima si fa sporgente dietro al chiasma con due lobulazioni pari, i lobi inferiori, e con un'altra posta più in dietro, il lobo posteriore, che termina coi corpi mammillari; i suddetti lobi contengono recessi del ventricolo. Un tratto della superficie inferiore della base diencefalica, area ipofisaria, ha rapporto con un diverticolo epiteliale della bocca primitiva e formano insieme l'ipofisi. Più in dietro si trova il sacco vascoloso che ha la parete, rivestita dalla meninge, riccamente vascolarizzata e provvista di nervi; sembra che sia un organo secernente e sensoriale. Il telencefalo nella sua parte primitiva rimane sul piano mediano (telencefalo impari); nelle grosse pareti laterali di questo, ventralmente, si differenzia il corpo striato, e, più dorsalmente, un nucleo grigio che fu detto epistriato. Il pavimento è sottile. La vòlta è ridotta a una lamina corioidea epiteliale, dalla quale si solleva la parafisi, evaginazione a struttura ghiandolare. Rostralmente la parete telencefalica s'estroflette in due diverticoli, le vescicole emisferiche, delle quali la parete ha i caratteri di un pallio primitivo. Da ciascun emisfero emana il rinencefalo, rappresentato all'origine dal lobo olfattivo, cui fa seguito un peduncolo, che può essere lungo e sottile, il quale termina col bulbo olfattivo. La cavità del telencefalo impari sta in continuazione con quella degli emisferi e del rinencefalo. Le connessioni fra le regioni olfattive dei due lati sono contenute nella commessura anteriore.
b) Teleostei. - Hanno l'encefalo relativamente piccolo: occupa una parte limitata della cavità cranica, essendo separato dalla parete di questa da un abbondante tessuto linfoide-adiposo. Nell'insieme ha raggiunto un'evoluzione di minor grado che nei Selaci. Nei diversi gruppi offre molte differenze nei suoi caratteri morfologici. In questi cenni terremo particolarmente presente l'encefalo del Salmone (fig. 7, nn.1-3). Nel rombencefalo (particolarmente nei Ciprinoide nel Siluroidi) è da segnalare, nel pavimento del 4° ventricolo, la presenza di due cospicui rilievi, uno per lato, i lobi del vago: hanno preso origine per la grande estensione acquistata al di fuori della cavità buccale nella testa e nel tronco, da un'area provvista di bottoni gustativi, e che è innervata dai nervi vago, glosso-faringeo e facciale. Notevole è il volume del cervelletto: è ripiegato su sé stesso così che la sua sommità è inclinata in dietro; con la sua parte mediana, valvola del cervelletto, in forma di complicato piega trasversale, penetra nella cavità del mesencefalo e la riempie quasi completamente. Vi sono importanti connessioni fra il cervelletto e i lobi inferiori dell'ipotalamo. Sviluppato è il mesencefalo, rappresentato dorsalmente dai lobi ottici. Il diencefalo, assai ridotto, è infossato fra telencefalo e mesencefalo. Dalla vòlta di esso si solleva l'epifisi in forma di un peduncolo cavo rigonfiato all'estremità. Alla base il diencefalo si rigonfia in avanti nei lobi inferiori dell'ipotalamo; al di dietro di questi è l'ipofisi; più in dietro ancora la parete diencefalica s'espande nel sacco vascoloso. I nervi ottici subiscono un incrociamento totale, senza che si costituisca un vero e proprio chiasma. Il telencefalo è piccolo, indiviso. Alla base presenta il corpo striato voluminoso, lateralmente sormontato dall'epistriato. Il pallio è rappresentato da una membranella epiteliale. Voluminosi sono i lobi olfattivi, in diretto rapporto col telencefalo (ma in qualche specie da esso bene differenziati), e quelli dei due lati sono riuniti da fibre contenute nella commessura anteriore; contengono una cavità comunicante con quella impari del telencefalo.
Anfibî. - L'encefalo degli Anfibî, e in particolare quello degli Urodeli, ha una conformazione più semplice che negli altri Vertebrati (fig. 7, nn. 4-7). Nel rombencefalo si nota il piccolo volume del cervelletto, con differenze fra Anuri e Urodeli, essendo nei primi più sviluppato nella sua parte centrale, nei secondi nelle parti laterali (ali). Dalla sommità del cervelletto si stacca un grosso plesso corioideo per la vòlta del 4° ventricolo. Voluminosi sono i lobi ottici del mesencefalo, ciascuno scavato da un prolungamento della cavità del ventricolo. Il diencefalo è assai sviluppato, e negli Urodeli con la vòlta raggiunge la superficie del cervello. L'epifisi nell'adulto è rudimentale. Nel telencefalo si considerano il telencefalo impari e gli emisferi cerebrali. La cavità del primo è chiusa da una lamina terminale, in basso nervosa, in alto membranosa, che dorsalmente fa capo a una parafisi. Gli emisferi sono voluminosi, presentano alla base il rilievo del corpo striato, al di sopra e lateralmente quello determinato dall'epistriato; nella loro parte mediale è accennato in forma primordiale l'ippocampo, che ritroveremo con caratteristiche più marcate in Vertebrati delle classi superiori. Nella parete emisferica la sostanza grigia è all'interno, la bianca, con poche cellule, all'esterno. In avanti gli emisferi si continuano nei lobi olfattivi, fusi tra loro nel piano mediano, e le cavità di quelli si prolungano nelle cavità di questi ultimi. Dalla commessura anteriore s'è differenziata la commessura ippocampica.
Rettili. - Nei Rettili l'organizzazione dell'encefalo ha raggiunto un più alto grado che negli Anfibî (fig. 7, nn. 8-11).
Nel rombencefalo si nota che in generale piccolo è il cervelletto; soltanto nei Coccodrilli è assai voluminoso; risulta d'una parte principale, lobo medio (verme), e di due piccoli lobi laterali (flocculi), e si applica in dietro sulla vòlta del 4° ventricolo. È sempre riconoscibile la curva a concavità ventrale, tra la midolla allungata e il midollo spinale. Nel mesencefalo, dorsalmente, si trovano i grossi lobi ottici, ovoidali, e in poche specie sono accennati, al di dietro di questi, due piccoli rilievi, così da poter riconoscere in questi casi un primo accenno alla conformazione della lamina quadrigemina dei Mammiferi. Il diencefalo è sempre dal lato dorsale profondamente infossato fra i segmenti prossimi. Dalla vòlta di esso emerge l'epifisi e al dinnanzi, in stretto rapporto con essa, in molti Rettili, l'occhio pineale, che può raggiungere nelle varie specie uno sviluppo di vario grado. È molto bene organizzato nello Sphenodon (Hatteria; fig. 5). In questo è una vescicola inclusa in un involucro connettivale con vasi, sostenuta da un peduncolo nel quale decorre un fascetto di fibre nervose in connessione col diencefalo. La sua parete nella parte prossimale è differenziata in una grossa membrana con la struttura di retina e, distalmente, in un corpo biconvesso, trasparente, coi caratteri di un cristallino. Quest'occhiò è contenuto in un forame della regione parietale del cranio, mettendosi così in rapporto col tegumento, il quale di contro a esso si modifica nella struttura e diventa trasparente a mo' di cornea. Nella cavità della vescicola è contenuta una sostanza che ricorda il corpo vitreo. Nei casi nei quali l'occhio pineale acquista e conserva anche nell'adulto un'organizzazione di alto grado, si crede che possa ricevere e trasmettere eccitamenti calorifici. Il telencefalo è assai voluminoso in confronto a quello degli altri segmenti encefalici. Negli emisferi la regione striata (corpo striato e epistriato) si presenta, specialmente in alcune specie, assai voluminosa, e si complica nella sua costituzione. Nel pallio è riconoscibile per la prima volta una struttura che manca nelle classi inferiori di Vertebrati, cioè la presenza d'una corteccia cerebrale di sostanza grigia applicata sopra uno strato di sostanza bianca. Medialmente e dorsalmente il pallio ha acquistato, più distintamente che negli Anfibî, i caratteri dell'ippocampo. La connessione fra i due emisferi è fatta dalla commessura anteriore e da una commessura ippocampica posta più dorsalmente. Gli emisferi cerebrali si continuano in avanti nei lobi olfattivi che o sono a essi applicati direttamente (come nell'Anguis) o vi si congiungono (come nella Lacerta) per mezzo di un lungo peduncolo, che all'estremità si rigonfia in un bulbo, al quale fanno capo i nervi olfattivi. Contengono un prolungamento dei ventricoli emisferici.
Uccelli. - Negli Uccelli l'encefalo è corto, largo, arrotondato, e più eomplicati, per la sovrapposizione delle parti, sono divenuti i rapporti fra i varî segmenti (fig. 7, nn. 12-14).
Nel rombencefalo è da notare la convessità nella regione del ponte (curva del ponte) e la concavità in direzione opposta (curva nucale), nel limite fra la midolla allungata e il midollo spinale. Il cervelletto, voluminoso, è principalmente costituito da un lobo mediano, verme, cui si aggiungono due lobuletti, uno per lato, flocculi, molto variabili per forma e per grandezza. Il grosso lobo mediano in dietro si sovrappone al tetto del 4° ventricolo, e in avanti s'accosta agli emisferi cerebrali; è percorso alla superficie da solchi che irradiano dalle facce laterali e comprendono tra loro circonvoluzioni sensibilmente trasversali. La cavità del 4° ventricolo non si prolunga entro il cervelletto. Nel mesencefalo i voluminosi lobi ottici, dati i rapporti del cervelletto con gli emisferi cerebrali, sono spostati sui lati, rimanendo dorsalmente a congiungerli una lamina commessurale; ciascuno di essi contiene una cavità comunicante mediante uno stretto orifizio con l'acquedotto cerebrale. In dietro due piccoli tubercoletti rudimentalmente rappresentano, come nei Rettili, i quadrigemelli inferiori. I suindicati rapporti fra cervelletto ed emisferi cerebrali fanno che il diencefalo dorsalmente non compaia alla superficie, tranne che con l'epifisi, peduncolata, che con la sua estremità distale rigonfiata raggiunge la dura madre. Eccezionalmente voluminosi sono i nervi e soprattutto i tratti ottici, che fanno seguito al chiasma e si mettono lateralmente a contatto dei lobi ottici. Il 3° ventricolo è stretto, e lateralmente vi prospettano i talami ottici. Nel telencefalo si nota l'enorme volume raggiunto alla base degli emisferi cerebrali dalla regione striata, corpo striato ed epistriato, di complicata struttura, che insieme con il cervelletto rappresentano i principali organi dell'encefalo aviano; essi sporgono tanto nei ventricoli emisferici da ridurli a strette fessure. Sottile è la parete emisferica nella parte che rappresenta il pallio. Verso la base, lateralmente, una depressione, fossa limbica, che ritroveremo nei Mammiferi, sta sul limite della parte frontale con la parte temporale dell'emisfero. Sebbene non si possa escludere la presenza dell'ippocampo, esso è affatto rudimentale, correlativamente al deficiente sviluppo dell'organo dell'olfatto negli Uccelli. Per lo stesso motivo, piccolissimi sono i lobi olfattivi. La principale connessione fra gli emisferi cerebrali è fatta dalla commessura anteriore; ma è anche rudimentalmente rappresentata la commessura del pallio (fornice).
L'encefalo nell'uomo.
Nei Mammiferi, e più particolarmente nell'uomo, l'encefalo raggiunge uno sviluppo e una complicazione di struttura maggiore assai che negli altri Vertebrati. La sua forma, considerato nel suo insieme, s'accosta più o meno all'ovoidale con l'asse maggiore longitudinale, con la piccola estremità in avanti, e lo diviene distintamente nell'uomo (figg. 8-24).
Nell'uomo è regolarmente convesso nella superficie dorsale, ineguale, ma nell'insieme appiattito nella ventrale. Per il grande sviluppo assunto dagli emisferi cerebrali, questi, col corpo calloso che li riunisce, formano da soli la parte dorsale dell'organo, ricoprendo ogni altro organo encefalico. Invece in Mammiferi più bassi nella scala zoologica prospettano in dietro, direttamente verso la superficie dorsale, altri organi, in modo particolare il cervelletto. Dal lato ventrale compaiono in dietro, sul mezzo, sotto al cervelletto, la midolla allungata e il ponte; poi i peduncoli cerebrali in forma di due grossi fasci, che divergono in avanti (fig. 9).
Varî organi di minore volume si presentano nell'intervallo e al dinnanzi di loro, tra i quali l'ipofisi e il chiasma ottico. Sui lati si vedono, in dietro, le parti laterali del cervelletto (emisferi cerebellari); poi gli emisferi cerebrali nella loro parte media e anteriore, delimitate l'una dall'altra da un solco curvilineo; più medialmente i lobi olfattivi, assai variamente sviluppati nei varî Mammiferi, pochissimo nell'uomo; quando sono voluminosi oltrepassano in avanti la parte corrispondente degli emisferi, e concorrono a rendere più appuntita l'estremità anteriore dell'ovoide encefalico.
Oltre che con l'esame in superfcie dell'encefalo, una buona idea della topografia dei suoi organi principali s'acquista con l'esame di una sezione mediana come quella riprodotta nella fig. 18, n. 10, nella quale sono rappresentati gli organi commessurali tra gli emisferi e i ventricoli cerebrali.
Variabilissimo nei Mammiferi è il peso dell'encefalo, sia in senso assoluto, sia in rapporto alla mole del corpo. I valori assoluti minimi si trovano nei più bassi Mammiferi, i più elevati in quelli di grossa mole: nell'elefante arriva (come risulta da una media di varie osservazioni) ai 4500 grammi all'incirca; nei grossi Cetacei si avvicina più o meno ai 3000 grammi o li supera, fino a raggiungere, nella Balaenoptera rostrata, i 7000 grammi (Weber). L'uomo occupa nella serie un alto grado. Negl'Italiani il peso medio dell'encefalo (spogliato dei suoi involucri) si può calcolare a grammi 1308 nel maschio, a grammi 1171 nella femmina, con oscillazioni assai estese intorno a queste medie (Chiarugi).
Le variazioni del peso encefalico nell'uomo stanno in rapporto con la razza, con la massa corporea, con l'età, col sesso, con la forma del cranio, col grado dell'intelligenza. La mole del corpo (della quale l'indice più sicuro nell'uomo è la statura) è tra i fattori più importanti delle variazioni ponderali in tutti i Mammiferi. Nell'uomo il rapporto del peso dell'encefalo con la statura si può stabilire nella cifra media di circa 8 grammi a centimetro; peraltro il quoziente con l'aumentare della statura diminuisce, con l'abbassarsi s'eleva. Rapido è l'accrescimento dell'encefalo nella nostra specie, nell'infanzia fin verso i 7 anni, cessa verso il 20° anno; dopo il 50° si ha una lenta, progressiva diminuzione di peso.
Che un rapporto vi sia fra il peso encefalico e lo sviluppo della intelligenza è dimostrato anzitutto dal fatto che nell'uomo in confronto a molti altri Mammiferi di mole superiore, fatte poche eccezioni, il peso encefalico è più elevato; inoltre dal sapere che mentre negl'individui a levatura intellettuale molto al di sotto della media (come negl'idioti) il peso encefalico è insolitamente basso, in alcuni di eccezionale ingegno ha raggiunto cifre elevatissime: l'encefalo di Turgenev, per es. pesava 2012 grammi, quello di Cuvier 1861 grammi, quello di Byron 1805 grammi, quello di Schiller 1580 grammi. Sarebbe peraltro assurdo il volere stabilire un rapporto fra il peso encefalico e il grado dell'intelligenza, sia perché, come sopra dicemmo, svariati fattori influiscono nel determinarlo, sia perché non la massa globale soltanto può renderci conto della funzione di un organo come l'encelalo, ma lo sviluppo di alcune sue parti e specialmente la loro intima struttura, che in gran parte sfugge ai nostri mezzi d'indagine.
Considerando piû in particolare l'anatomia dell'encefalo dei Mammiferi, prenderemo a base della descrizione quello dell'uomo indicando via via le più importanti differenze proprie di altre specie.
Rombencefalo. - Midolla allungata (Bulbo rachidiano; figure 9, 10, 13). - Somiglia per l'aspetto generale al midollo spinale, col quale è in continuazione; un solco la delimita ventralmente dal ponte è in connessione col cervelletto. Ha la forma di un cono tronco a base superiore. Fasci di fibre la percorrono alla superficie; perciò ha colorito bianco. Nella sua parte più bassa è attraversata assialmente (come lo è il midollo spinale) da uno stretto canalicolo residuo di quello assai più spazioso che vi si trova durante lo sviluppo; ma nel rimanente il canalicolo va dilatandosi e si trasforma nell'ampia cavità del rombencefalo e forma il 4° ventricolo; contemporaneamente, dal lato dorsale, atrofizzandosi la sostanza nervoga, prende origine una tela corioidea provvista di plessi corioidei. Il 4° ventricolo è in comunicazione con lo spazio intraracnoideo. Risulta da quanto si è detto che la superficie dorsale della midolla allungata non è libera, ma prospetta verso la cavità del ventricolo e concorre a formarne il pavimento, insieme con quella simile del ponte. Il pavimento del 4° ventricolo, a contorno romboidale, ha nell'insieme colorito grigio, e nella sostanza che vi corrisponde, o che rimane più profondamente, si trovano speciali centri, parecchi dei quali sono nuclei di origine, rispettivamente nuclei terminali, di nervi motori o sensitivi. Con quella parte del pavimento che spetta alla midolla allungata prendono rapporto vari nervi encefalici di moto, di senso o misti: ipoglosso, accessorio, vago, glosso-faringeo, parte vestibolare dell'acustico, che, a seconda della loro natura, vi nascono o vi terminano.
Ponte (protuberanza del Varolio; figg. 9, 13). - È un grosso rilievo che rimane al dinnanzi e al disopra della midolla allungata; confina in avanti coi peduncoli cerebrali e con la sostanza tra loro interposta; il cervelletto gli rimane dorsalmente. Ha colorito bianco, essendo superficialmente percorso da fasci di fibre ad andamento trasversale, dirette verso gli emisferi cerebellari. Il volume considerevole del ponte nell'uomo, e in generale nei Mammiferi, sta appunto in correlazione con lo sviluppo che in questa classe zoologica hanno acquistato gli emisferi cerebellari. Il ponte, come già dicemmo, con la sua superficie dorsale prospetta verso il 4° ventricolo e concorre con la midolla allungata a formarne il pavimento; anche presso questa parte del pavimento troviamo centri d'origine o terminali di nervi encefalici rispettivamente di moto, di senso o misti, e cioè della parte cocleare dell'acustico, del faciale, dell'abducente e della maggior parte del trigemino.
Cervelletto (figg. 10-13). - Dopo gli emisferi cerebrali è la più voluminosa parte dell'encefalo. Negl'Italiani il peso medio di esso si può calcolare a 142 grammi nel maschio, a 127 grammi nella femmina. Occupa, insieme col midollo allungato e col ponte, rispetto ai quali è posto dorsalmente, la parte posteriore e più declive della cavità cranica, compresa tra la fossa cranica posteriore e una estesa piega della dura madre (tentorio del cervelletto), che separa il cervelletto dagli emisferi cerebrali. Ha forma ellissoidale, a grande asse trasversale, e risulta d'una parte mediana, lobo medio o verme, di due masse voluminose, una per lato, lobi laterali o emisferi cerebellari, e di due corpiciattoli, anch'essi uno per lato, che si dicono flocculi. Il lobo medio è di piccolo volume; dorsalmente sta in continuazione diretta con la corrispondente superficie degli emisferi cerebellari, ventralmente è accolto e sporge nel fondo di una fossa delimitata dai suddetti emisferi, coi quali è connesso. I flocculi, che sono di assai piccolo volume, si trovano alla faccia inferiore dell'organo, in avanti. In base alle ricerche di morfologia comparata si può affermare che dei varî lobi cerebellari il verme e i flocculi sono nella serie dei Vertebrati le parti del cervelletto di più antica origine; gli emisferi cerebellari hanno fatto la loro comparsa soltanto nei Mammiferi come gemmazioni del verme; questo dai più bassi ai più elevati Mammiferi e all'uomo è andato incontro a riduzione. Nello stesso tempo progressivamente crescevano gli emisferi.
È caratteristica l'architettura del cervelletto, quale appare con l'esame della superficie, combinato con quello di sezioni, specialmente sagittali. La superficie dell'organo ha colore grigio ed è percorsa da solchi stretti e ravvicinati, nell'insieme a andamento trasversale e paralleli, i quali delimitano e separano sottili e corte lamelle; altri solchi stanno tra gruppi di lamelle, lamine; altri assai più profondi servono a suddividere il verme e gli emisferi in lobuli: sulle superficie che delimitano questi ultimi solchi si veggono, come nella superficie libera dell'organo, lamelle e gruppi di lamelle. Le sezioni dimostrano che il colore della superficie del cervelletto è dovuto a uno strato continuo di sostanza grigia, sostanza corticale, che è disteso sulle lamelle e s'approfonda nei solchi di vario ordine. Nel cervelletto si trova una massa centrale di sostanza bianca, corpo midollare, dal quale emanano grossi prolungamenti diretti verso la periferia; i medesimi formano come lo scheletro dei lobuli, e con le loro diramazioni secondarie e terziarie quello delle lamine, rispettivamente delle lamelle, fino a raggiungere e continuarsi con la faccia profonda della sostanza corticale. In una sezione mediana la descritta arborizzazione della sostanza bianca compare con un aspetto che le ha procurato il nome di albero della vita. Piccoli nuclei grigi sono contenuti nel corpo midollare. Il cervelletto è congiunto agli organi vicini per mezzo di fasci di sostanza bianca, peduncoli cerebellari: gl'inferiori lo uniscono alla midolla allungata, i medî al ponte, i superiori alla lamina quadrigemina.
Cervello. - In continuazione del rombencefalo, frontalmente rispetto a esso, si trova la massa principale dell'encefalo, cui più propriamente spetta la denominazione di cervello. Comprende il mesencefalo, il diencefalo e il telencefalo.
Mesencefalo (figg. 9, 14, 15). - Questo segmento che fa direttamente seguito al rombencefalo è breve e poco sviluppato in grossezza; è una specie d'istmo, che congiunge il rombencefalo agli organi cerebrali antistanti. Risulta di due parti principali, i peduncoli cerebrali ventralmente, la lamina quadrigemina dorsalmente. È percorso dall'acquedotto cerebrale del Silvio, un canale sottile, residuo del primitivo ventricolo, che sta sulla linea di mezzo fra i peduncoli e la lamina quadrigemina; mette in comunicazione il 4° col 3° ventricolo del diencefalo.
I peduncoli cerebrali presentano, dal lato della superficie ventrale del cervello, i cosiddetti piedi, che si portano in avanti con decorso divergente; risultano di fasci di fibre nervose, le quali per la massima parte li percorrono per lungo con direzione ascendente o discendente. Sopra a ciascun piede è il tegmento o calotta, un grosso strato di sostanza nervosa a struttura estremamente complicata; i tegmenti dei due lati, a differenza dei piedi dei peduncoli, sono tra loro in continuità. Nella sostanza grigia che è posta sul contorno dell'acquedotto si trovano ventralmente i nuclei d'origine dei nervi trocleare e oculomotorio (v. cranici, nervi). La lamina quadrigemina nella sua superficie dorsale, che è libera, si solleva in due coppie di tubercoli, chiamati tubercoli quadrigemelli inferiori e superiori: i primi contengono centri acustici, i secondi centri visivi.
Diencefalo (figg. 9, 15, 16). - Nelle pareti di questo segmento, posto frontalmente al mesencefalo, che prospetta soltanto dal lato ventrale e in piccola parte verso la superficie libera del cervello, si sono differenziate importanti formazioni. La sua cavità, 3° ventricolo, è in forma d'imbuto a base superiore, fortemente appiattito in senso laterale. La sua parete dorsale, che si raggiunge facendosi strada attraverso gli organi che stanno fra i due emisferi cerebrali, s'è ridotta per la massima parte a una stretta lamina epiteliale, cui si applica la pia madre; vi si sviluppano plessi corioidei. Soltanto in dietro, presso al limite con la lamina quadrigemina, la vòlta del mesencefalo presenta un corpiciattolo sporgente a forma di pina, corpo pineale o epifisi, cui Cartesio diede celebrità, avendolo considerato come la sede dell'anima; oggi si sa che è una ghiandola a secrezione interna, il cui ufficio non è ancora bene definito.
In ciascuna delle pareti laterali del diencefalo, si è sviluppato dorsalmente un voluminoso organo, il talamo, che contiene varî nuclei grigi e sta in rapporto con importanti vie nervose di varia destinazione. Dietro a ciascun talamo stanno i corpi genicolati, mediale e laterale, nuclei grigi, rispettivamente in rapporto con la via acustica e con la via ottica. Ai medesimi fanno capo i tratti ottici, dei quali diremo, e alla loro volta si connettono coi tubercoli quadrigemelli, il corpo genicolato mediale col tubercolo quadrigemello inferiore, e il laterale col superiore.
Al di sotto del talami si trova la regione ipotalamica, che completa in basso la parete laterale del diencefalo e di questo forma il pavimento. La medesima ha una complicatissima struttura e molteplici connessioni, tra le quali meritano ricordo quelle che riguardano le vie olfattive. L'ipotalamo prospetta con una sua superficie verso la faccia ventrale del cervello, qui riducendosi a una lamina grigia sottile, che limita la parte più declive del 3° ventricolo. Questa superficie libera dell'ipotalamo mostra in dietro una coppia di tubercoli emisferici bianchi, corpi mammillari. Più in avanti sostiene con un sottile peduncolo l'ipofisi (corpo pituitario), corpiciattolo accolto in una fossetta della base del cranio (sella turcica). L'ipofisi risulta di due parti, che, come fu detto, hanno differente origine e natura: ha un lobo posteriore. nervoso, e un lobo anteriore risultante d'una lamina epiteliale applicata al lobo nervoso, e di una massa ghiandolare, relativamente grossa, al dinnanzi della prima L'ipofisi è un'importante ghiandola a secrezione interna. Più frontalmente delle parti ultimamente ricordate si trova il chiasma ottico, formato dalla convergenza dei nervi ottici, che qui vanno incontro a un parziale incrociamento. Il chiasma da ciascun lato si prolunga in un tratto ottico, che, contornando a spirale il peduncolo cerebrale cui aderisce, si porta dorsalmente e raggiunge i corpi genicolati del corrispondente lato.
Telencefalo (figure 8, 17, 18, 19). - Questa parte del cervello nell'uomo, come negli altri Mammiferi e più generalmente nei Vertebrati superiori, prevale molto per volume su tutte le altre. La vescicola mediana impari, in comunicazione col diencefalo, dalla quale in principio è rappresentato, si sviluppa da ciascun lato negli emisferi cerebrali destro e sinistro, che s'espandono assai, superando di gran lunga nell'accrescimento la parte mediana dalla quale hanno preso origine.
In ciascun emisfero alla base, frontalmente al talamo e presso la linea mediana, si differenzia il corpo striato, grosso cumulo di sostanza grigia, decomponibile in nuclei secondarî intramezzati da lamine di sostanza bianca; il medesimo sporge verso il ventricolo dell'emisfero, e lateralmente s'accosta alla superficie laterale di esso, che, nella corrispondente area, dato questo rapporto, non può espandersi come nelle parti prossime.
Più in avanti e ventralmente, in ciascun emisfero si sviluppa il lobo olfattivo, collegato all'organo periferico dell'olfatto. Nell'uomo questo è pochissimo sviluppato: si stacca dall'area, dalla quale emana, in forma d'un fascio di fibre prismatico, tratto olfattivo, che si dirige in avanti e termina con un rigonfiamento grigio, il bulbo olfattivo, al quale fanno capo i filamenti del nervo olfattivo. Il tratto e il bulbo sono applicati alla faccia inferiore dell'emisfero ma non le aderiscono. Il lobo olfattivo è assai voluminoso in altri Mammiferi, specialmente in quelli che godono di una squisita sensibilità olfattiva (Mammiferi macrosmatici); in questi è, in proporzione, più sviluppato in lunghezza e in grossezza, contiene un prolungamento del ventricolo; voluminoso è nella sua parte iniziale, che fa corpo con l'emisfero, e nella sua parte terminale, o bulbo, sporge più o meno oltre il polo frontale del cervello.
Tutta la parte rimanente, che è la principale, della parete emisferica, si sviluppa nel pallio o mantello. Con l'aumento della sua estensione, esso acquista più o meno distintamente la forma di un'ansa, con un braccio che rimane dorsalmente all'emisfero e si spinge in avanti verso la regione frontale, e l'altro che discende in avanti e in basso in modo da occupare la fossa media della base del cranio.
Nel punto di riflessione del braccio superiore, fronto-parietale, nel braccio inferiore, temporale, soltanto nell'uomo e nei Primati l'emisfero si sviluppa in un breve prolungamento diretto verso l'occipite. I due emisferi sono separati l'uno dall'altro da una profonda fessura che arriva fino a incontrare la faccia dorsale del corpo calloso, la più importante fra le commessure che li congiungono; s'insinua nella detta fessura un prolungamento della dura madre, la falce cerebrale. In ciascun emisfero si considera una faccia laterale, convessa, che guarda verso la vòlta del cranio; una faccia inferiore, che riposa e si modella sulle fosse anteriore e media della base del cranio, e in dietro sul tentorio del cervelletto; una faccia mediale, verticale e piana, che prospetta verso la fessura fra i due emisferi.
Prima dì procedere oltre nella descrizione degli emisferi, dei quali il pallio costituisce, come dicemmo, la parte principale, dobbiamo riassumere alcuni dati relativi all'evoluzione, alla quale esso è andato incontro nella serie dei Vertebrati (figg. 6, 7, 18).
Nei Selaci le vescicole emisieriche, da ciascuna delle quali si formano il corpo striato e il lobo olfattivo, nella parte principale della loro parete si trasformano in un pallio, che, per il suo carattere primitivo, prende più propriamente il nome di paleopallio: il medesimo non è ben delimitabile dal lobo olfattivo, e al pari di questo riceve le vie nervose che traggono origine dall'organo dell'olfatto. In altri Pesci (così nei Teleostei), nei quali l'organo dell'olfatto ha un'importanza fisiologica minore, il paleopallio si forma soltanto nella parte laterodorsale delle vescicole in continuazione del corpo striato (epistriato), e il rimanente si riduce a una membranella epiteliale.
Negli Anfibî e nei Rettili inferiori le vescicole emisferiche, che si dicono ora più propriamente emisferi cerebrali, hanno acquistato maggior superficie e s'è in loro costituita una nuova regione del pallio, l'archipallio, che col suo sviluppo, il quale s'inizia medialmente, ha sospinto il paleopallio verso la base dell'emisfero, dove prende rapporto con l'origine del lobo olfattivo spostatosi anch'esso alla base dell'emisfero.
L'archipallio s'estende anche sulla periferia del corpo striato e ne copre la superficie libera. L'archipallio, come il paleopallio, sta in connessione con l'organo dell'olfatto.
Già nei Rettili, una nuova regione si è aggiunta alle precedenti nel pallio, il neopallio: compare dapprima sulla faccia laterale dell'emisfero ed è pochissimo estesa; ma nel passaggio dai Rettili agli Uccelli, da questi ai Mammiferi, e dai più bassi Mammiferi ai più elevati fino all'uomo, il neopallio aumenta in superficie, mentre si riducono il paleopallio e l'archipallio: il primo si limita a una piccola area in prossimità dell'origine del lobo olfattivo; l'archipallio viene sospinto e confinato medialmente verso l'ilo (là dove l'emisfero s'unisce alle parti situate sul piano mediano), ed è costretto a ripiegarsi ivi su sé stesso in una formazione marginale di complicata struttura, che è l'ippocampo. Il perfezionamento nella costituzione morfologica e nelle funzioni del cervello è in modo particolare legato allo sviluppo del neopallio. Il pallio non è più, col nuovo acquisto, soltanto un centro olfattivo, ma sta anche in rapporto con gli altri organi di senso. La presenza del neopallio ha determinato la comparsa di nuove formazioni nei segmenti sottostanti, e ha moltiplicato i sistemi delle relative vie nervose di collegamento.
Quando si voglia tener conto di questi fatti relativi all'evoluzione storica dell'encefalo, si debbono distinguere nell'encefalo dei più alti Vertebrati due parti fondamentali, il paleoencefalo e il neoencefalo: nel paleoencefalo si comprendono i residui di tutte le formazioni più antiche, corrispondenti allo stadio del paleopallio e dell'archipallio; nel neoencefalo si comprendono formazioni nuove, che, con la comparsa del neopallio, si sono aggiunte alle precedenti lungo tutto l'asse encefalico.
Gli emisferi cerebrali dei Mammiferi hanno esternamente colorito grigio per la qualità della sostanza nervosa, che è stratificata alla loro superficie. Al di sotto di questo strato grigio, o corteccia cerebrale, e in continuità con esso, si trova sostanza bianca; questa è in notevole copia e, tranne in qualche parte. s'approfonda tanto da delimitare la cavità ventricolare dell'emisfero.
La superficie degli emisferi in alcune specie di Mammiferi è nell'insieme regolare, liscia, ma in altre è percorsa da solchi, ora più ora meno numerosi, con varia direzione e profondità, i quali tra loro comprendono rilievi caratteristici, che sono le circonvoluzioni cerebrali; le medesime si trovano a mutuo contatto con le superficie laterali e sporgono col loro culmine verso la superficie dell'emisfero. In base a queste differenze si sono classificati i Mammiferi in lissencefali (o lissocerebri) e in girencefali (o girocerebri). Sono in genere lissocerebri i piccoli Mammiferi a encefalo poco voluminoso, sono girocerebri ì Mammiferi di maggior mole, con encefalo relativamente più grosso (fig. 18). Non v'è rapporto fra la posizione zoologica della specie, e l'appartenenza del loro cervello all'uno o all'altro dei due tipi considerati. Il fattore principale delle differenze nella complicazione corticale è principalmente rappresentato, come risulta da quanto s'è detto, dalla mole del corpo, e anche dalla forma del cranio.
L'importanza fisiologica delle circonvoluzioni cerebrali sta nell'aumento che acquista per la loro presenza la superficie del pallio, che, a parità di volume degli emisferi, sarà tanto maggiore quanto più si fanno numerosi e flessuosi i solchi di vario ordine che li percorrono. Aumentando la superficie emisferica, aumenta la quantità della sostanza grîgia della corteccia, moltiplicandosi il numero delle cellule che vi sono contenute, l'attività delle quali è legata a importanti e svariate funzioni. Si noti che questo risultato vantaggioso per la specie viene conseguito senza quell'aumento di volume degli emisferi, con la conseguente espansione del cranio, che sarebbero state necessarie se la superficie cerebrale fosse molto cresciuta in superficie senza pieghettarsi. Le circonvoluzioni cerebrali nella nostra specie sono sviluppate in alto grado, e rappresentano uno dei più importanti caratteri di perfezionamento nella struttura e nelle funzioni del cervello.
Esiste durante lo sviluppo fetale un periodo, nel quale anche nell'uomo gli emisferi cerebrali sono a superficie liscia. Nel neonato sono a tipo più semplice di quanto non saranno in seguito. All'avvicinarsi della pubertà sembra che il pieghettamento della superficie emisferica debba aver raggiunto il suo definitivo ordinamento. Nelle più basse razze umane e negl'individui d'intelligenza anormalmente scarsa (idioti) le circonvoluzioni si mantengono più semplici e di un tipo più grossolano. In personalità eminenti per intelligenza e per dottrina è stato talune volte riconosciuto un maggiore sviluppo delle circonvoluzioni, caratterizzato dal loro decorso più flessuoso, dalla presenza di solchi che le suddividono in parti secondarie, e da più numerose anastomosi; si citano come esempî i cervelli del Gauss, del Mommsen, dell'Helmoltz ecc.
Datano dal principio del secolo scorso le prime osservazioni anatomiche, moltiplicatesi in seguito, dalle quali è risultato che l'ordinamento dei solchi e delle circonvoluzioni, risponde a un determinato disegno. Tra coloro che fra i primi diedero opera a questi studî va ricordato il Rolando, anatomico a Torino.
I solchi cerebrali non hanno tutti un'eguale importanza. Alcuni compaiono più presto, sono costanti, hanno una sede e un decorso più fissi, e s'approfondano assai, taluni fino a interessare a tutta sostanza la parete dell'emisfero; si dicono scissure primarie e ci servono a delimitare i varî lobi dell'emisfero. Altri solchi si formano più tardi, sono più soggetti a variazione e s'approfondano meno: sono i solchi secondarî che separano in ciascun lobo le circonvoluzioni l'una dall'altra. Infine si considerano nelle circonvoluzioni i solchi terziarî, di comparsa tardiva, molto variabili e superficiali, che le rendono più complicate (fig. 18).
Tra le scissure primarie va ricordata per prima una molto importante, la scissura laterale o del Silvio, che comincia sulla faccia inferiore dell'emisfero, al dinnanzi di quella parte di esso che discende nella fossa media della base del cranio; la scissura si continua per un buon tratto sulla faccia emisferica laterale. Divaricandone i labbri in questa sua parte, si scopre l'insula, un lobo dell'emisfero, percorso da circonvoluzioni: corrisponde al corpo striato, che, per la sua grossezza, ha impedito a questa porzione della parete emisferica di espandersi come nelle parti prossime. La scissura primaria che decorre obliquamente in basso e in avanti nella parte centrale della faccia laterale, è la scissura centrale (del Rolando). La scissura perpendicolare, non lungi dal polo posteriore dell'emisfero sale perpendicolarmente sulla faccia mediale verso il margine superiore, e si prolunga alquanto sulla faccia laterale; nella sua parte laterale è appena accennata nel cervello dell'uomo; molto sviluppata è in quello delle scimmie. La scissura limbica, discontinua, risultante di diversi tronchi, decorre nella faccia mediale dell'emisfero parallelamente al corpo calloso, e si prolunga nella faccia inferiore verso l'estremità del braccio temporale dell'emisfero.
Le scissure primarie che abbiamo enumerate ci permettono di suddividere l'emisfero in lobi, ciascuno risultante di più circonvoluzioni, che si dicono frontale, parietale, occipitale, temporale, limbico, ai quali s'aggiunge il già menzionato lobo dell'insula.
A complemento di questi ricordi sulla morfologia del mantello cerebrale dell'uomo, diremo che in una zona antistante alla scissura centrale hanno sede i centri per i movimenti volontarî; in quella che decorre al di dietro della detta scissura si trovano i centri per la sensibilità cutanea e muscolare (fig. 20). Il lobo frontale ha nella nostra specie un'estensione assai maggiore che in altri Mammiferi. Fisiologicamente importante in questo lobo è la circonvoluzione inferiore della faccia laterale (circonvoluzione del Broca), che presiede ai movimenti coordinati necessarî per il linguaggio. Altri centri che sono in rapporto col linguaggio parlato e scritto si trovano rispettivamente nella circonvoluzione temporale superiore e nella circonvoluzione parietale inferiore (più precisamente nel giro angolare).
Il centro corticale acustico è situato nel lobo temporale, e più specialmente nella circonvoluzione superiore della sua faccia laterale (v. afasia). Nel lobo occipitale, e più particolarmente in corrispondenza della profonda scissura calcarina che lo percorre sagittalmente nella sua faccia mediale, è il centro corticale per la visione. Nel lobo limbico, nella circonvoluzione dell'ippocampo con cui termina in avanti e in basso, ha sede il centro dell'olfatto.
Nella parte centrale del telencefalo si trovano fra un emisfero e l'altro organi nervosi, che con quelli stanno in connessione. Di tali organi il più sviluppato è il corpo calloso. È una grossa lamina di sostanza bianca, incurvata su sé stessa, a convessità superiore, che s'affaccia libera nel fondo della scissura interemisferica, e con la sua faccia inferiore prospetta in parte verso i ventricoli laterali. Ha una lunghezza minore degli emisferi, e le sue estremità sono discoste dai poli anteriore e posteriore dei medesimi. Termina in avanti ripiegandosi su sé stessa e assottigliandosi; termina in dietro con un ingrossamento a cercine. Risulta di fasci di fibre nervose a direzione trasversale. Seguendola da ciascun lato si vede che penetra negli emisferi, concorrendo a formare la sostanza bianca, che rimane al di sotto della corteccia cerebrale; verso di questa le sue fibre s'irradiano a ventaglio, spingendosi anche in direzione delle estremità degli emisferi, che collegano anatomicamente e funzionalmente.
Al di sotto del corpo calloso si trova un'altra formazione di sostanza bianca, il fornice o trigono cerebrale. È una lamina di figura triangolare incurvata a vòlta, la quale in dietro è unita al corpo calloso, in avanti gradatamente se ne discosta, rimanendo fra i due organi un intervallo, nel quale, sul piano mediano, è teso il setto pellucido. Il fornice con la sua faccia inferiore si sovrappone al 3° rventricolo e ai talami ottici. Da ciascuno dei suoi angoli posteriori parte un nastricino bianco che scende con decorso curvilineo lungo il margine mediale del lobo temporale. Dalla sua estremità anteriore nascono due cordoncini bianchi che discendono, discostandosi l'uno dall'altro, verso l'ipotalamo, in direzione dei corpi mammillari.
Il setto pellucido, che rimane sul piano mediano fra corpo calloso e fornice, è una lamina nervosa sottile, che prospetta da ciascun lato verso i corni frontali dei ventricoli cerebrali (fig. 17, n. 8).
Ricorderemo in ultimo la commessura anteriore, che è particolarmente sviluppata, quando ancora non ha fatto la sua comparsa il corpo calloso, nel cervello dei Vertebrati inferiori, nei quali il telencefalo è essenzialmente deputato all'olfatto. Nei Mammiferi ha un'importanza relativamente minore; pure è ancora grossa nei macrosmatici, mentre rimane piccola nei microsmatici, e così anche nell'uomo. Collega tra loro i due lobi olfattivi e gli altri organi cerebrali che servono alla funzione dell'odorato.
Abbiamo già avuto occasione di ricordare che quando dal primitivo telencefalo si sviluppano le vescicole emisferiche, la cavità del tegmento in piccola parte rimane sul piano mediano, e completa in avanti il 3° ventricolo, mentre da ciascun lato s'espande nell'interno delle vescicole, formando i ventricoli 1° e 2°, che stanno in permanente comunicazione col ventricolo diencefalico.
I ventricoli laterali sono assai spaziosi. Nel cervello dell'uomo. correlativamente alla forma generale dell'emisfero, sono a mo' di ansa, la quale coi suoi bracci si prolunga nel lobo frontale e nel lobo temporale, e invia una corta appendice nel lobo occipitale.
A limitare ciascun ventricolo concorrono varie formazioni, fra le quali sono specialmente da ricordare la sostanza bianca dell'emisfero soggiacente alla corteccia cerebrale, il corpo calloso con la sua faccia inferiore, il setto pellucido, il corpo striato ecc. Ma in determinati punti, e precisamente lungo la faccia mediale della porzione centrale del ventricolo e lungo il suo prolungamento temporale, la parete è ridotta a una semplice lamina epiteliale rinforzata dalla pia madre, lungo la quale si sono sviluppati voluminosi plessi corioidei, che sporgono in cavità e ne occupano una buona parte.
Struttura dell'encefalo (figg. 22, 23). - Abbiamo fin qui illustrato la morfologia dell'encefalo. Come per tutti gli organi, lo studio della minuta struttura è un indispensahile complemento di quello delle forme esterne. Nel caso particolare degli organi centrali dell'apparecchio nervoso l'anatomia microscopica si propone: a) di riconoscere la sede e i caratteri delle molte formazioni di sostanza grigia che esso contiene, e in specie quelli particolari delle cellule nervose proprie di ciascuna formazione le quali vi rappresentano l'elemento fisiologicamente più importante; b) di seguire dalla loro origine alla loro terminazione i molteplici fasci di fibre nervose che congiungono tra loro complicatamente i varî centri di sostanza grigia; di determinare il punto di origine dei fasci di fibre efferenti, che emergendo alla superficie del nevrasse, passeranno a formare i nervi di moto; accompagnare i fasci di fibre dei nervi sensitivi che penetrano nel nevrasse fino ai nuclei grigi, nei quali vanno a terminare; c) mettere in relazione questi reperti coi dati che si posseggono sulle funzioni delle varie parti dell'asse cerebro-spinale. Lo studio della struttura dei centri nervosi nella serie dei Vertebrati serve alla determinazione della natura anatomica e del significato funzionale delle parti; le disposizioni più semplici ci guidano nell'interpretazione delle più complicate.
L'analisi microscopica della struttura dei centri nervosi ha fatto negli ultimi decennî del secolo scorso e nel presente grandi progressi, resi possibili anzitutto dal perfezionamento della tecnica. In questo un posto di onore, nel ricordare i più benemeriti, spetta a Camillo Golgi per il suo metodo dell'impregnazione argentica degli elementi del tessuto nervoso, che, nelle sue varie modalità e perfezionamenti, è d'uso universale. Grandi vantaggi ha arrecato un metodo immaginato dal Weigert per seguire nei centri le fibre nervose, che abbiano raggiunto una completa struttura, con l'acquisto di una guaina (guaina midollare) intorno al filamento di natura nervosa che le percorre assialmente (cilindrassile). Utilissimo è riuscito anche il metodo del Marchi per riconoscere nel tessuto nervoso le fibre in degenerazione. I progressi raggiunti si debbono anche all'adozione di particolari metodi d'indagine. Insufficiente è lo studio della struttura dei centri nervosi nell'individuo adulto normale. È necessario, com'è possibile nell'uomo, specialmente per approfondire la conoscenza del decorso delle vie nervose, esaminare microscopicamente, a complemento dell'osservazione clinica, i centri nervosi in caso di lesioni dovute a emorragie, a rammollimenti, a tumori, che abbiano prodotto distruzione di nuclei grigi, o interrotto la continuità dei fasci di fibre che nascevano in quei nuclei. Si possono eseguire ricerche analoghe sperimentalmente in animali, sottoponendo all'osservazione microscopica i centri nervosi di soggetti operati con lo strappamento di nervi di moto, o con la distruzione di organi periferici dai quali nascono fibre di senso, o con la distruzione di parti del sistema nervoso centrale, ecc. Infine per l'analisi delle vie nervose si trae gran profitto dallo studiarle nello sviluppo: i differenti sistemi di fibre si rendono perfetti in epoca differente, perché le loro fibre acquistano più presto o più tardi la guaina midollare; perciò finché un fascio completamente sviluppato si trova in mezzo a sistemi di fibre ancora imperfetti, potrà essere distinto da quelli e seguito più facilmente nel suo decorso, mentre ciò non sarebbe possibile quando gli altri sistemi hanno raggiunto il termine del loro sviluppo.
La sostanza grigia che si trova nelle varie parti dell'encefalo è caratterizzata dalla presenza di cellule nervose dette multipolari, nelle quali il corpo cellulare s'espande in prolungamenti ramificati, dendriti, che ne rappresentano la diretta continuazione, si riducono a filamenti d'estrema tenuità e terminano liberi; emette inoltre un prolungamento particolare, neurite, che è unico e nel maggior numero delle cellule si continua nella parte essenziale di una fibra nervosa, mentre in alcune termina arborizzandosi dopo un brevissimo percorso. Si trovano inoltre nella sostanza grigia fibre nervose che hanno in essa la loro origine o che vi trovano la loro terminazione prendendo, mediante le loro ramificazioni, rapporti intimi con le cellule di quel centro, o che la traversano e si dirigono poi verso altri territori. Ma nei varî cumuli di sostanza grigia il numero, la grandezza e la forma delle cellule nervose varia assai, e in genere vi si trovano di differente qualità. Sarebbe lungo e difficile illustrare la particolare struttura dei varî territorî encefalici di sostanza grigia; ci limiteremo a un breve esame della sostanza corticale, distesa alla superficie degli emisferi cerebrali, considerandola nell'uomo.
La sostanza corticale non ha struttura omogenea, ma risulta di varî strati sovrapposti, generalmente indicati in numero di sei (fig. 24), che trapassano l'uno nell'altro e si distinguono per i caratteri delle loro cellule nervose, le quali, oltreché per il numero, per la grandezza e per la forma, differiscono per l'aspetto e il modo di ramificarsi dei loro dendriti, e per il comportamento del neurite; questo in alcune esce dalla corteccia e passando a formare una fibra nervosa raggiunge altri territorî, anche molto lontani, fino a discendere su tutta la lunghezza del midollo spinale; in altre cellule il neurite può avere un decorso brevissimo, o anche relativamente lungo, ma non varca i limiti della corteccia. Mentre gli elementi nervosi del primo tipo col loro neurite propagano gli eccitamenti dalla corteccia a altri centri nervosi, quelli del secondo tipo servono ad associare funzionalmente territorî corticali differenti di uno stesso emisfero. Analogamente si comportano le fibre nervose che terminano nella corteccia cerebrale o provengono da altri centri vicini o lontani, o da altre regioni corticali dello stesso emis fe ro.
Tra le cellule della corteccia molto numerose e abbastanza caratteristiche sono quelle che per la loro forma si dicono c. piramidali: hanno la base rivolta verso la superficie aderente della corteccia; all'apice si continuano in un grosso dendrite; il loro neurite scende nella sostanza bianca sottostante, ed è a lungo decorso. Queste cellule si trovano in varî strati della corteccia, e hanno, secondo lo strato che occupano, un differente volume; le più piccole sono le più superficiali; molto grosse, anzi in alcune regioni, gigantesche, sono quelle del penultimo strato (fig. 23).
È degno di nota che nella corteccia di bassi Vertebrati non si trovano cellule piramidali; compaiono nei Rettili, e da questi ai Mammiferi e all'uomo aumentano di numero di volume e si complicano nella forma, per la maggior ricchezza delle loro arborizzazioni dendritiche e delle collaterali del loro neurite; da ciò la possibilità che si moltiplichino i loro rapporti con gli altri elementi cellulari della corteccia e con le fibre nervose che vi terminano. Tutto considerato, le cellule piramidali rappresentano l'elemento fondamentale della corteccia cerebrale; in vista delle funzioni alle quali questa presiede, e che loro vengono attribuite, ebbero nome di cellule psichiche.
La corteccia cerebrale non possiede una struttura uniforme, ma risulta di numerose differenti aree giustapposte, a limiti più o meno netti. Si distinguono per la grossezza totale, per il numero e l'altezza degli strati, per la varietà delle cellule che vi sono contenute e per la loro distribuzione, per l'ordinamento dei fascetti delle fibre intracorticali. In questo studio dell'architettura della corteccia si possono prendere in particolare considerazione le cellule oppure le fibre: nel primo caso si riconoscono e si delimitano i campi citoarchitettonici, nel secondo caso i campi mieloarchitettonici; gli uni e gli altri non coincidono fra loro esattamente. Nell'uomo i campi citoarchitettonici salgono al numero di 45 circa; i mieloarchitettonici sono in numero maggiore (fig. 24).
La determinazione delle varietà locali nell'architettura della corteccia cerebrale avviene in maniera indipendente dalla formazione dei solchi e delle circonvoluzioni, talché in generale non vi è corrispondenza fra i campi architettonici e le aree delimitabili mediante i solchi corticali. Del resto campi citoarchitettonici sono dimostrabili anche in cervelli senza circonvoluzioni. Che alle differenze di struttura istologica delle varie regioni della corteccia debbano corrispondere differenze funzionali, è indubitabile: caratteristiche particolarità nell'architettura della corteccia sono state riconosciute nella zona che è sede dei centri per i movimenti volontarî, e in quelle cui viene attribuita una particolare importanza per la visione e per l'udito (v. citoarchitettonica).
Gli studî embriologici sull'epoca nella quale si rende perfetta la struttura, e perciò la funzione, delle fibre nervose che hanno rapporto con la corteccia cerebrale (mielinizzazione delle fibre) indussero il Flechsig a localizzare in essa un certo numero di aree, a limiti non molto precisi, i campi mielogenetici, che classificò in aree di proiezione e in aree di associazione. Chiamò aree di proiezione quelle che, almeno prevalentemente, hanno rapporto con fibre nervose afferenti ed efferenti, che collegano la corteccia con altri centri nervosi posti più in basso del nevrasse: per mezzo delle fibre afferenti ricevono stimoli sensitivi, per mezzo delle efferenti determinano movimenti. Chiamò aree di associazione quelle che stanno prevalentemente in rapporto coi centri di proiezione della corteccia di uno stesso emisfero. Queste ultime aree presiederebbero alle più elevate funzioni della corteccia, in quanto possono servire a una ulteriore elaborazione e trasformazione degli eccitamenti di natura sensitiva, che ricevono per mezzo delle fibre afferenti dalle aree di proiezione, e insieme a reagire, per mezzo delle loro fibre efferenti, sulle aree di proiezione, regolando l'attività di queste, in quanto può esplicarsi nella determinazione di movimenti. Il grande sviluppo delle aree di associazione nel cervello dell'uomo, mentre in più bassi Mammiferi mancano e in altri sono pochissimo o poco sviluppate, conferisce alle medesime un carattere di perfezionamento.
Per ulteriori studî lo stesso Flechsig apportò modificazioni alla prima descrizione che aveva data dei campi mielogenetici. Sembra (ciò risulterebbe soprattutto dalle ricerche dei coniugi Vogt) che il processo col quale la mielinizzazione si svolge, sia per la sede, sia per l'ordine, nel confronto tra le fibre di proiezione e quelle d'associazione, non permetta di ben riconoscere nella corteccia aree distinte, secondo la teoria del Flechsig. L'argomento richiede ulteriori indagini.
Vie afferenti. - Le vie nervose della sensibilità generale, che arrivano all'encefalo dal midollo spinale, e gli trasmettono gli eccitamenti pervenuti a quest'ultimo, per mezzo dei nervi spinali, dalla pelle, da alcune mucose, dall'apparecchio scheletrico e muscolare del tronco e degli arti, si possono classificare in due sistemi: a) la principale via nervosa è destinata alla corteccia cerebrale e risulta di più neuroni a catena: per la maggior parte delle fibre le stazioni intermedie sono due, contenute nel midollo allungato e nel talamo, per alcune nel midollo spinale e nel talamo. Raggiungono la zona centrale della corteccia cerebrale del lato opposto a quello d'origine, perché s'incrociano a un determinato livello; b) un'altra via nervosa afferente che sale dal midollo spinale termina nella corteccia del cervelletto.
Vie afferenti contenute nei nervi encefalici, che arrivano ai rispettivi nuclei terminali situati nel rombencefalo, si mettono in comunicazione, col loro intermezzo, con centri superiori. Non sarebbe possibile seguirle singolarmente nel loro complicato decorso, non per tutte determinato in maniera sicura. Dovendo limitarci a poche indicazioni, ricorderemo che vie afferenti di un importante nervo di senso, il trigemino, raggiungono la zona centrale della corteccia cerebrale con l'intermezzo del talamo. Le fibre di quella parte del nervo acustico che ha nome di nervo vestibolare, ed è il nervo dell'equilibrio, fanno capo al cervelletto. Quelle dell'altro componente dell'acustico, il nervo cocleare, che serve alle funzioni auditive, s'interrompono nel corpo genicolato mediale e nel tubercolo quadrigemello inferiore; particolarmente il primo di questi organi sta in connessione col centro corticale per l'udito posto nel lobo temporale, mentre il quadrigemello inferiore serve alla determinazione di movimenti provocati da stimoli acustici.
Altre importanti vie afferenti sono quelle che vengono dagli occhi e nascono nella retina. Le fibre che le compongono, dopo essersi parzialmente incrociate nel chiasma, vanno nel tratto ottico, e terminano in parte nel corpo genicolato laterale e nel talamo, in piccola parte nel tubercolo quadrigemello superiore. Le prime vie raggiungono con l'intermezzo dei ricordati centri il lobo occipitale dell'emisfero e servono alle funzioni visive, mentre le fibre che raggiungono il quadrigemello superiore vi adducono stimoli che provocano reazioni motrici.
Le fibre olfattive, che nascono dall'organo dell'olfatto nelle fosse nasali, fanno capo al bulbo olfattivo, dal quale muove la via olfattiva centrale. Questa è complicatissima per il suo decorso e per il numero dei centri secondarî che incontra; una parte delle sue fibre raggiungono il centro corticale per l'olfatto, localizzato nella regione dell'ippocampo.
Vie efferenti. - Tra i molti sistemi di vie efferenti meritano una particolare menzione quelle che muovono dalla corteccia cerebrale. E in primo luogo va ricordata la cosiddetta via cerebrale motrice diretta, che serve ai movimenti volontarî. Muove dalla zona della corteccia che sta intorno alla scissura centrale (del Rolando) e raggiunge direttamente i nuclei d'origine dei nervi motori cerebrali e spinali. Molte delle sue fibre s'incrociano nella midolla allungata, altre, prima di raggiungere la loro terminazione, via via lungo il midollo spinale; in conseguenza i centri per i movimenti volontarî contenuti nella corteccia cerebrale tengono sotto la loro dipendenza la muscolatura volontaria del lato opposto del corpo.
Altri sistemi di fibre che nascono in varie zone della corteccia cerebrale costituiscono insieme la via cerebrale motrice indiretta, la quale trasmette stimoli all'apparecchio muscolare, con l'intermezzo del cervelletto. Raggiunge questa via corticale il piede del ponte, s'interrompe in nuclei di sostanza grigia che ivi sono contenuti, e per il peduncolo cerebellare medio va alla corteccia del cervelletto; questa a sua volta dà origine a fibre efferenti che operano su nuclei di nervi di moto, dopo avere acquistato rapporti, secondo il loro destino definitivo, con differenti masse grigie.
Diremo in ultimo che fibre efferenti muovono dalle zone visiva, olfattiva e auditiva della corteccia cerebrale.
Questi brevi cenni anatomici dimostrano la grande importanza fisiologica da assegnare alla corteccia cerebrale, la quale, mentre per mezzo di molteplici vie nervose si trova da una parte in diretta connessione con gli organi del corpo sui quali possono agire stimoli esterni e interni, dall'altra è in rapporto con centri nervosi che servono alla determinazione di movimenti. La coordinazione nelle funzioni di questo massimo centro che presiede alla vita unitaria dell'organismo, è assicurata dalle vie nervose d'associazione che congiungono fra loro parti della corteccia di uno stesso emisfero, vicine e lontane, e dalle vie commessurali, principalmente raccolte nel corpo calloso, che passano dall'uno nell'altro emisfero.
Bibl.: C. Giacomini, Guida allo studio delle circonvoluzioni cerebrali dell'uomo, 2ª ed., Torino 1884; C. Gegenbaur, Vergleichende Anatomie der Wirbelthiere, Lipsia 1898; R. Wiedersheim, Grundriss der vergleichenden Anatomie der Wirbeltiere, 4ª ed., Jena 1898; E. Flatau e L. Jacobson, Handbuch der Anatomie und vergleichenden Anatomie des Centralnervensystems der Säugetiere, Berlino 1899; J. Dejerine, Anatomie des centres nerveux, Parigi 1895-1901; A. v. Gehuchten, Les centres nerveux cérébro-spinaux, Lovanio 1906; J. B. Johnston, The nervous System of Vertebrates, Philadelphia 1906; G. Sterzi, Il sistema nervoso centrale dei Vertebrati, Padova 1907-09; S. Cajal Ramon, Histologie du système nerveux de l'homme et des Vertébrés, Parigi 1909; L. Edinger, Vorlesungen über den Bau der nervösen Zentralorgane des Menschen und der Tiere, 8ª ed., Lipsia 1911; G. Mingazzini, Anatomia clinica dei centri nervosi, Torino 1913; G. Sterzi, Anatomia del sistema nervoso centrale, Padova 1914-15; C. J. Herrick, Introduction to Neurology, Philadelphia 1916; C. e O. Vogt, Allgemeine Ergebnisse unserer Hirnforschung, in Journ. f. Psych. u. Neurol., XXV (1919); P. Flechsig, Anatomie des mensclichen Gehirns u. Rückenmarks auf myelogenetischer Grundlage, Lipsia 1920; G. Chiarugi, Istituzioni di anatomia dell'uomo, 2ª ed., IV, Milano 1921; C.U. Kappers Ariens, Die vergleichende Anatomie des Nervensystems der Wirbeltiere und des Menschen, Haarlem 1920-21; F. Tilney e H. Riley, The form and functions of the cerebral nervous system, Londra 1923; G. Levi, Trattato di istologia, Torino 1927; H. Kuhlenbeck, Vorlesungen über das Zentralnervensystem der Wirbeltiere, Jena 1927; G. Mingazzini, Beiträge zur Morphologie der äusseren Grosshirnhämisphärenoberfläche bei den Anthropoiden, in Arch. f. Psych. u. Nervenkrank., LXXXV (1928).
Anatomia patologica del cervello.
Malformazioni. - Traggono origine da alterazioni o deviazioni che si verificano durante lo sviluppo dell'organo, arrestandone la normale conformazione definitiva e dando luogo a deformità di grado diverso, tanto più gravi e complesse quanto più precocemente è intervenuto il turbamento organogenetico. Le cause sono ignorate; forse agiscono influssi materni, o l'alcool, la sifilide, ecc., malattie dell'utero o delle membrane ovulari, ecc. È più frequentemente colpito il sesso femminile; le forme gravi sono incompatibili con la vita. Fatti malformativi del cervello si sono ottenuti anche con particolari dispositivi sperimentali su embrioni d'animali inferiori. I difetti di sviluppo più gravi s'accompagnano con imperfetto sviluppo della teca ossea, donde la distinzione in malformazioni a cranio aperto e a cranio chiuso.
Alle prime appartengono l'anencefalia, il difetto più grave, associato con acrania (mancata iormazione delle ossa craniche), e l'emicefalia in cui esistono rudimenti delle eminenze quadrigemine, del cervelletto e del ponte e pochi resti della squama occipitale con chiusura del foro occipitale (emicrania). Il cervello è sostituito da una massa rossa, molle, spugnosa, vellutata (area cerebrovascolosa) con abbozzi di circonvoluzioni e solchi. Il cuoio capelluto sul cranio manchevole si continua con la cute del dorso, i bulbi oculari sono sporgenti dando nell'insieme l'aspetto di testa di rospo. Oltre a eventuali deformazioni d'altri organi (cuore, rene, organi genitali, ipofisi, ecc.) coesiste profonda ipoplasia dei surreni. L'assenza totale o parziale del cranio (cranioschisi: oloacrania e meroacrania) può combinarsi con fessure della colonna vertebrale (rachischisi): i rudimenti cerebrali sporgono verso la nuca (notencefalia) o nella fessura delle vertebre cervicali (iniencefalia) con abnorme sviluppo del midollo spinale. Come gradi meno avanzati di queste stesse malformazioni vanno considerate le ernie cerebrali attraverso lacune circoscritte del cranio, o fessure ossee e della dura madre (uniche o multiple, a prefeernza occipitali, o alla radice del naso, ma anche lateralmente), per imperfetta ossificazione, o per idrope ventricolare precoce, o per aderenze e trazione sul cervello da parte di briglie amniotiche, ecc.; possono far procidenza le sole meningi (meningocele, idromeningocele), o queste con tutto il cervello, o parte di esso, come vescicola cerebrale dilatata (encefalomeningocele, encefalocistimeningocele), con partecipazione o meno del cervelletto.
Alle seconde, fra le più importanti, appartengono la microencefalia, totale o parziale, per arresto primitivo di sviluppo del cervello (microencefalia vera) cui segue l'arresto nell'accrescimento del cranio (microcefalia); è meno accreditata l'ipotesi di un precoce saldamento delle suture del cranio (sinostosi) e ispessimento dei tavolati (iperostosi) che impediscano il normale sviluppo del cervello. Nella forma totale il peso, dal valore medio normale di gr. 1300, scende a 600-400; in quella parziale si hanno grandi variazioni nella disposizione dei giri, dei solchi, della trave, ecc., con alterazioni formative della corteccia (eterotopie, gliosi, ecc.) e dei gangli; generalmente il cervelletto non partecipa. Reperti parziali di agenesia si riscontrano in deficienti, idioti, cretini. La microgiria consiste nello stato d'abnorme piccolezza dei giri; può essere totale o parziale, accompagnarsi ad altre malformazioni o esistere per sé sola (microgir(ia vera); può seguire a processi patologici (encefalite, meningiti, ecc.) del feto o della prima infanzia (microgiria falsa).
Nella poroencefalia si ha assenza parziale di sezioni cerebrali interessanti la corteccia e parte della sostanza bianca; spesso giunge fino al ventricolo laterale; di solito a forma d'imbuto, più frequente nelle regioni laterali, talvolta simmetrica. Dipende da disturbi circolatorî (trombosi), traumi, emorragie durante il parto; è attribuita anche ad arresto primitivo di sviluppo.
L'assenza del corpo calloso, totale o parziale, che s'accompagna di solito ad altri difetti del cervello, può anche sussistere da sola.
La macroencefalia, con macrocefalia, pura, con aumento della parte parenchimatosa e di quella interstiziale, è rara: più comunemente è spuria per aumento della sola nevroglia o per altri processi patologici.
Nella sclerosi tuberosa si formano prominenze gibbose circoscritte di tratti delle circonvoluzioni, bianco-giallicce, dure, degradanti nel tessuto normale, costituite di fibrille e scarse cellule gliali con pochi residui di cellule e fibre nervose; s'accompagna ependimite granulosa; è frequente l'associazione con malformazioni o tumori di altri organi.
Malattie dei ventricoli. - Idrocefalo interno, semplice, cronico: per abnorme aumento del liquido cefalorachidiano i ventricoli laterali, e successivamente il terzo e il quarto, si dilatano per compressione e atrofia della sostanza cerebrale che, nei casi più gravi, si trasforma in una grossa vescica fluttuante, contenente perfino cinque litri di liquido, con pareti sottili di pochi millimetri dalle quali resta quasi cancellato il disegno delle circonvoluzioni. La pia madre aderisce strettamente, l'ependima è granuloso o rugoso, i grossi gangli sono pianeggianti o appena appariscenti, la trave è assottigliata o scomparsa, i plessi corioidei sono opachi e compressi, l'acquedotto è fortemente dilatato, il recesso dell'infundibolo e quello ottico protrudono, l'ipofisi può essere atrofizzata da compressione. S'incontrano forme unilaterali, o circoscritte a parti di un solo ventricolo, e per lo più del corno posteriore, dando al cervello un aspetto cistico parziale, per sepimenti o aderenze avvenute precocemente fra le pareti ventricolari.
L'idrocefalo può svilupparsi nel corso della vita fetale (idrocefalo congenito) causando distocia o lo scoppio della vescica cerebrale al momento del parto; oppure si sviluppa subito dopo la nascita (idrocefalo della prima infanzia) portando rapidamente la testa a volumi enormi (macrocefalia); le pareti del cranio sono sottili, membranacee fino a rendersi, nel vivo, semitrasparenti alla luce, le fontanelle non si saldano e, tardivamente, subentrano lamine ossee intercalari a completarle; il forame occipitale è ampio e in esso si trovano respinte parti del cervelletto e il ponte; la vòlta orbitaria tende a pianeggiare spingendo l'occhio in basso e in fuori. Ne risultano aspetti caratteristici per la faccia, piccola, triangolare, sormontata dall'enorme scheletro tondeggiante del capo.
Negl'idrocefalici gravi si ha spesso idiozia, imbecillità e morte precoce; i gradi modici sono compatibili con la vita e anche con funzioni psichiche normali.
Le cause dell'idrocefalo congenito sono poco note: si suppongono fattori tossici o infettivi stimolanti la abnorme secrezione di liquido cefalorachidiano. Nelle forme tardive (idrocefalo acquisito, acuto e cronico) la distensione della testa è minore o può non avvenire trovandosi già saldate le ossa craniche, ma la sostanza cerebrale è compressa più o meno gravemente. Entrano in causa con la chiusura delle vie che mettono in comunicazione i ventricoli con gli spazî subaracnoidei (acquedotto di Silvio, forami di Magendie e di Luschka), la stasi nel campo della vena di Galeno, l'ipersecrezione dei plessi corioidei, l'infiammazione dei plessi stessi, della tela corioidea, dell'ependima: e perciò tumori, parassiti, meningiti (tubercolare, cerebro-spinale) possono provocare idrocefalo acuto o cronico; si trovano rapporti anche con la rachitide (fig. 25).
Come idrocefalo ventricolare ex vacuo viene indicato l'ampliamento dei ventricoli laterali per atrofia primitiva (senile, arteriosclerotica, marasmatica) della sostanza cerebrale. Per idrocefalo esterno s'intende la raccolta, di solito circoscritta, di liquido nella pia-aracnoide, corrispondente a parti atrofiche, o distrutte della superficie cerebrale.
Ependimiti, granulazioni ependimali, ependimite granulosa. - Sono dovute a un processo cronico proliferativo nodoso degli strati più superficiali della glia delle pareti ventricolari con frequente partecipazione delle cellule dell'ependima: si formano piccoli granuli o piastre, o sottili cordoni sporgenti opachi o trasparenti; è frequente nell'idrocefalo cronico, nella paralisi progressiva, nella sclerosi multipla, nella senilità.
Alterazioni regressive. - Nell'atrofia senile, spesso associata con aterosclerosi dei vasi cerebrali, il cervello si riduce di volume mentre aumenta il liquido subaracnoideo e ventricolare (idrocefalo ex vacuo); intervengono metamorfosi degenerative delle cellule (degenerazione pigmentaria, granulare, grassa, tigrolisi, corpi amilacei, ecc.) e delle fibre nervose, specialmente d'associazione (atrofia semplice, degenerazione varicosa, ecc.), che s'assottigliano e scompaiono; si ha inoltre proliferazione gliale, tortuosità e ispessimento dei vasi sanguigni, ecc.; possono formarsi placche senili con cellule granulose e astrociti rigonfî. Alterazioni regressive gravi anche in giovane età si riscontrano in molte malattie mentali.
Nelle atrofie sistematiche, l'atrofia può colpire determinati sistemi di fibre e di cellule. Così, p. es., nella degenerazione epatolenticolare progressiva (malattia di Wilson), che si accompagna ogni volta a cirrosi a grossi grani del fegato, è colpito a preferenza il putamen con degenerazione e scomparsa di cellule e di fibre, a cui seguono focolai di rarefazione; la malattia è dei giovani ed è mortale: viene esclusa la sifilide e si rilevano analogie con la pseudosclerosi di Westphal-Strümpell, non sistematica. Similmente nella degenerazione primitiva sistematica delle vie conmessurali dell'encefalo, da alcoolismo (v.) cronico (morbo di Marchiafava).
Le atrofie parziali si producono in ogni età per compressione (tumori), per infiammazioni (paralisi cerebrale infantile), per turbe circolatorie (emorragie, rammollimenti), ecc., conseguendone degenerazioni sistematiche secondarie.
Alterazioni circolatorie. - L'anemia, l'iperemia, l'edema del cervello si possono produrre in modo acuto o cronico in rapporto con cause diverse, meccaniche, tossiche, infettive.
L'emorragia cerebrale (encefalorragia) avviene per rottura spontanea di vasi sanguigni (in alcuni casi anche per diapedesi); si produce così uno sfacelo della sostanza eerebrale (fig. 26). Le emorragie possono avvenire in ogni località del cervello; ma alcune vi sono particolarmente predisposte (grossi gangli, capsula interna): la rottura dei vasi, ordinariamente arteriosi, presuppone un'alterazione delle loro pareti, per ateromatosi, sifilide, aneurismi miliari, ecc., e il più delle volte un aumento della pressione sanguigna (ipertensione) in rapporto con malattie renali o cardiache. Si parla volgarmente di apoplessia (v.), di colpo apoplettico. L'ampiezza del focolaio emorragico è di solito proporzionata alla grandezza del vaso rotto, con distruzione parziale o totale dei gangli o con frattura del pavimento del ventricolo e allagamento ventricolare. La morte può avvenire per distruzione di centri vitali o per shock, o per l'anemia che la raccolta sanguigna stravasata produce sulla sostanza cerebrale comprimendola. All'emorragia nella capsula interna segue un'emiplegia del lato opposto, eventualmente emianestesia, per la distruzione e la compressione delle fibre di proiezione e di quelle sensitive che l'attraversano; col tempo i fatti paralitici si riducono per il ripristino funzionale di una parte delle fibre soltanto compresse. Il sangue stravasato coagula e dopo qualche giorno la massa sanguigna e la sostanza nervosa sfacelata si dissolvono in un materiale poltiglioso che viene riassorbito sgombrando l'area distrutta che nel frattempo tende a ripararsi a mezzo di proliferazione gliale del tessuto periferico e dello scarso connettivo perivasale, con intervento o meno di cellule dalle microglia, risultandone una cicatrice o una cisti, della grandezza da un pisello a una noce, secondo l'estensione del focolaio stesso, con pareti per qualche tempo punteggiate da granuli di pigmento sanguigno ocraceo o bruno nerastro (cisti apoplettica).
Il rammollimento cerebrale, o encefalomalacia, segue a occlusione di vasi arteriosi la quale può avvenire per embolia, che, per disposizioni anatomiche, si verifica più facilmente nell'emisfero sinistro e a preferenza nel campo d'irrorazione dell'arteria cerebrale media, oppure per trombosi (ateromatosi, arterite sifilitica, ecc.), senza sedi preferite. L'area di sostanza cerebrale rammollita per soppressa circolazione (necrosi ischemica) è generalmente bianca (rammollimento bianco), prima rigonfia, gelatinosa, poi colliquata, senza limiti netti col tessuto limitrofo sfrangiato; il materiale fluidificato per disfacimento granulare delle cellule nervose, per disintegrazione delle fibre, simile a una poltiglia bianca densa, si fa poi più tenue, come acqua di calce, che va a mano a mano rischiarandosi fino a divenire acquosa; nel periodo di riassorbimento di questa massa colliquata si trovano numerose cellule che fagocitano granuli e detriti (cellule granulose o granulo-grassose di Glüge: vi partecipano pochi leucociti e in massima elementi della microglia e cellule avventiziali). L'esito ultimo è una cisti con pareti bianche e levigate (cisti da rammollimento), o, eventualmente, una cicatrice gliale per focolai molto piccoli. Quando nel focolaio rammollito può penetrare sangue da vie collaterali (come accade nella corteccia per l'anastomosi con i vasi piali) il rammollimento è rosso, più duro, tendendo meno alla fluidificazione e si risolve di solito in una cicatrice connettivo-gliale depressa e deformante, talvolta cavernosa, pigmentata.
L'occlusione di vasi dà anch'essa luogo a ictus, ma generalmente meno intenso e più breve che nell'encefalorragia. Le conseguenze funzionali sono diverse variando con la diversa sede ed estensione del focolaio di rammollimento.
Infiammazioni (encefaliti). - S'istituiscono generalmente per localizzazioni batteriche (più spesso germi piogeni) secondarie a infezioni di diversa natura che abbiano colpito altri organi o tessuti; o per propagazione da parti vicine ammalate (dalle meningi nella meningo-encefalite, dal naso, dall'orecchio); o per traumi senza intervento di germi (encefalite traumatica asettica) o con successiva infezione; o anche per sostanze chimiche tossiche iodio, acido cromico, gas illuminante) che provocano processi encelalici.
L'encefalite acuta ha di solito carattere emorragico, a focolai multipli minutissimi o più grossi, talvolta d'aspetto apoplettiforme, variamente disseminati con preferenza per la corteccia; altre volte i focolai hanno apparenza di rammollimento bianco o giallastro. Istologicamente si osservano infiltrazioni perivasali piú o meno estese di soli globuli rossi o in varia proporzione con linfociti leucociti, che prevalgono nell'essudato, mentre il tessuto nervoso si sfacela e appaiono cellule granulo-grassose, pigmentifere, ecc. La guarigione avviene per sclerosi e possono seguire paralisi (paralisi cerebrale infantile).
L'encefalite purulenta, disseminata, per trasformazione suppurativa di focolai encefalitici, o circoscritta (ascesso cerebrale), è più spesso d'origine otitica, o metastatica da lesioni purulente o cancrenose dei polmoni, da endocarditi, ecc., o anche da traumi.
L'ascesso cerebrale è più spesso unico, di varia grandezza, con contenuto cremoso, o icoroso, o cretaceo; è limitato da una membrana o da una capsula di vario spessore secondo l'età del processo, può permanere a lungo silenzioso ed esplodere rapidamente per edema cerebrale o propagazione del processo suppurativo alle meningi o ai ventricoli.
L'encefalite o polioencefalite acuta emorragica superiore di Wernickl sembra in rapporto con l'alcoolismo, con localizzazioni al 3° ventricolo, all'acquedotto, talvolta anche al 4° ventricolo.
L'encefalite o polioencefalite epidemica (encefalite letargica: vi sono casi anche senza letargia) fu creduta erroneamente in intimo rapporto con l'infezione influenzale dalla quale deve essere tenuta distinta nonostante comuni ricorrenze epidemiche; non se ne conosce esattamente l'etiologia (associazione di comuni batteri con un virus filtrabile?); le alterazioni macroscopiche sono poco appariscenti (iperemia meningea, congestione della sostanza cerebrale); microscopicamente le lesioni sono a tipo perivasale, e a preferenza perivenoso, con caratteri essudativi (linfociti, qualche leucocita, mononucleati) e neoformativi (cellule istiocitarie, plasmatiche, eosinofile, asportatrici, ecc.), si riscontrano con maggiore estensione nel mesencefalo (mesoencefalite), ma possono anche estendersi ad altre zone cerebrali e del midollo spinale. La guarigione avviene coi soliti processi di riparazione del tessuto nervoso. Seguono frequentemente sindromi parkinsoniane mantenute dal processo anatomico non del tutto spento.
Le encefaliti croniche in parte sono esiti d'encefaliti acute con sclerosi gliale o connettivo-gliale di focolai infiammati, degenerati e distrutti; talvolta la sclerosi gliale è primaria e diffusa a gran parte del cervello (encefalite interstiziale cronica) e le parti colpite sono lisce o raggrinzate o pieghettate; si sospetta come causa la lue, l'alcoolismo cronico; spesso s'accompagna idiozia.
La sclerosi tuberosa ha punti di contatto con le malformazioni, le infiammazioni croniche produttive e i tumori.
Ancora controversa nella sua etiopatogenesi è la sclerosi multipla disseminata, o sclerosi a placche, che colpisce con assai irregolare distribuzione il cervello, con preferenze per la sostanza bianca, il ponte, il bulbo, il midollo spinale (forma cerebro-spinale). I focolai recenti sono rosei o grigio-rosei, piani o alquanto prominenti, mentre i più antichi appaiono grigio-giallastri, opachi, duri. Istologicamente risultano da un fitto intreccio gliale disposto in particolare avvolgimento anche rispetto ai vasi sanguigni, con demielinizzazione delle fibre nervose, solo in parte atrofiche, o degenerate, e cellule granulose in varia quantità. La malattia è degl'individui ancora giovani e per la variabilità di sede dei focolai ne risultano sintomi diversi, fra cui più costanti sono il tremore intenzionale, la parola scandita, l'andatura paretico-spastica, ecc. V'è discordanza d'opinioni sull'influenza che possono esercitare sul determinismo della malattia pregresse infezioni, intossicazioni e avvelenamenti, una predisposizione congenita, l'intervento diretto di germi, ecc.; si discute anche se il processo sia distrofico o flogistico.
Nella paralisi progressiva, in periodo avanzato, il cervello è ridotto di volume, con opacamento, ispessimento, e aderenze delle meningi molli alla corteccia assottigliata, specialmente in corrispondenza dei lobi frontali; i ventricoli laterali sono dilatati e l'ependima, anche nel quarto ventricolo, è rugoso o granuloso. Le alterazioni microscopiche risultano principalmente di un'infiltrazione di elementi linfocitoidi e di plasmacellule all'intorno dei vasi della corteccia e successive metamorfosi degenerative delle cellule e delle fibre nervose tangenziali e radiali che tendono a sparire. Intanto una neoformazione di fibrille gliali si spinge fino alla pia anch'essa contemporaneamente lesa per le stesse infiltrazioni perivasali e per processi produttivi che ne conseguono, donde le adesioni che talvolta interessano anche facce opposte di circonvoluzioni vicine.
La sindrome clinica risulta di disturbi psichici, della favella, di moto, della sensibilità, in grado diverso e variamente associati. Era già noto il rapporto della malattia con la sifilide anche per le concomitanti alterazioni luetiche d'altri organi e più specialmente dell'aorta (aortite luetica), ma dal suo comportamento clinico e di fronte all'intervento terapico specifico si riteneva una manifestazione tardiva del processo luetico spento (parasifilide); più tardi ne è stata accertata la natura sifilitica dalla presenza della Spirochaeta nei focolai infiammatorî; si crede da alcuni, e altri negano, che possa trattarsi di varietà neurotrope della Spirochaeta.
Infiammazioni granulomatose. - Tubercolosi. Per propagazione da una meningite tubercolare può sorgere un'eruzione di tubercoli, piccoli, grigiastri o giallastri, nella corteccia cerebrale; ma più spesso si producono focolai di meningoencefalite tubercolare che, specialmente dai solchi e lungo i linfatici perivasali, si approfondano nello strato grigio e di rado più oltre. Si formano aree di varia grandezza, rotonde, cuneiformi, triangolari, rossastre per emorragie, o rosso-giallastre per contemporanea necrosi caseosa dell'essudato. Indipendentemente da lesioni meningee e per localizzazione ematogena del bacillo della tubercolosi nella sostanza cerebrale, grigia o bianca, come anche nel cervelletto o nel ponte, si formano focolai di varia grandezza, da un pisello a un uovo di pollo, caseosi, asciutti, piuttosto duri; essendo di solito unici, si parla di tubercolo solitario o meglio di tubercolo conglomerato. Risulta infatti dalla fusione di parecchie masse caseose, come si vede nei noduli in accrescimento sui cui limiti si trovano tubercoli giovani che poi confluiscono; quando invecchiano diventano più secchi (è rara la calcificazione) e si circoscrivono dalla circostante sostanza cerebrale, sclerotica o rammollita, per mezzo di una capsula fibrillare dalla quale s'enucleano facilmente. Nei tubercoli vecchi i bacilli di Koch non sono sempre reperibili. I tubercoli così costituiti possono, nelle loro varie fasi, andare incontro a fluidificazione purulenta simulando un comune ascesso, ma al microscopio se ne riconosce la natura dalla presenza di tubercoli e di bacilli nella parete. La sede preferita è il cervelletto; nel cervello il mesencefalo e la base.
Sifilide. - A parte l'intervento della lue come causa di arresto di sviluppo di parti del cervello o di gomme miliari ependimarie, di meningoencefalite gommosa, rammollimenti, ecc., per infezione fetale (sifilide congenita), si producono, come manifestazione tardiva dell'infezione nell'adulto (sifilide terziaria), focolai gommosi che, provenendo di solito dalle meningi, sono per lo più superficiali. Si costituiscono in forma di masse gelatinose, grige o giallicce per necrosi da coagulazione, o lardacee, in parte fibro-callose irregolari, stellate, triangolari, di varia grandezza e consistenza, con ampie zone di granulazione degradanti nel tessuto sano circostante; essi sono più frequenti alla base, nella fossa di Silvio, ecc.; sono più rari, anche rispetto alla tubercolosi, nel cervelletto. A essi si accompagnano alterazioni infiltrative luetiche delle arterie e delle vene della località colpita, con propagazione ai nervi cranici (specialmente ottici, oculomotori, ecc.) con manifestazioni cliniche molto diverse, da caso a caso, secondo la localizzazione.
Per la paralisi progressiva, v. sopra.
Tumori. - Il glioma è il tumore che più frequentemente sorge dal cervello (e dal cervelletto) per proliferazione blastomatosa della nevroglia. Si sviluppa da ogni località dell'organo assumendo proporzioni diverse, da un chicco di granoturco a un uovo di pollo o più. Di solito è rotondeggiante, più o meno ben limitato dalla sostanza cerebrale sana, di colorito grigio o grigio-roseo; generalmente non dà metastasi, ma può assumere carattere aggressivo verso le meningi molli quando si sviluppi o raggiunga la corteccia cerebrale. Se ne distinguono due forme: una molle, o midollare o cellulare, di aspetto gelatinoso rossastro, con focolai di rammollimento emorragico che portano alla formazione di cavità, anche multiple, che possono distruggere buona parte del tumore o dargli aspetti cavernosi; e un'altra dura, con consistenza maggiore della sostanza cerebrale e con scarsa quantità di vasi; si trovano spesso nodi risultanti di aree molli e di aree più dure che hanno aspetti variegati. La diversa consistenza del tumore è in rapporto con la sua costituzione istologica, giacché a volte essa risulta in prevalenza di elementi cellulari, rotondi, ovalari, stellati, aracniformi (astrociti), con scarse fibrille; altre volte prevalgono le fibre sulle cellule. Si trovano con frequenza nidi, o tubuli, o cisti di cellule epiteliali variamente interpretati (dislocamenti di cellule ependimali della parete ventricolare, inclusioni di spongioblasti con ulteriore evoluzione verso il tipo epiteliale, anaplasia di cellule gliomatose verso il tipo ancestrale, ecc.). È impropria la denominazione di gliosarcoma per gliomi rassomiglianti a sarcomi per abbondanza di cellule, e rara l'associazione del glioma col sarcoma (gliosarcoma vero). Per strutture a elementi molto immaturi, che risalgono al tipo delle cellule primitive del canale neurale non ancora differenziate in elementi formatori di glia o di cellule nervose, si parla di spongioblastomi e dí neurospongioblastomi. Lo sviluppo dei gliomi pare imputabile a turbamenti avvenuti durante la formazione del cervello nel periodo embrionale; se ne trovano colpiti individui di ogni età, con prevalenza nei giovani, non esclusi i bambini; si riconosce generalmente nei traumi un'influenza sull'accrescimento del tumore ancora latente (fig. 27).
I sarcomi si sviluppano dal connettivo perivascolare in forme nodose d'aspetto midollare, più o meno sanguificati, nettamente delimitati dalla sostanza nervosa, o circondati da un breve alone di tessuto in rammollimento. Istologicamente sono costituiti di cellule rotonde, o fusate, o di elementi polimorfi, con disposizioni e strutture diverse (angiosarcomi, periteliomi, sarcoma alveolare, ecc.), anche in rapporto a varietà cellulari (mixosarcomi), a sviluppo di vasi (sarcoma telangettasico), ecc.
Gli epiteliomi sono tumori più rari; si originano dai plessi corioidei o dagli epitelî dell'ependima, per lo più come papillomi, e da eterotopie di questi stessi elementi nella sostanza nervosa. Come spongioblastomi vengono indicati tumori risultanti d'elementi con morfologia e attitudini evolutive dello spongioblasta primitivo e perciò costituenti neoformazioni che volgono verso il tipo del neuroepitelioma, o dell'ependimablastoma, o ependimoma; o anche del glioma, con parziali strutture neuroepiteliali o con immagini istologiche d'adenomi, o adenocarcinomi, cistici, papilliferi.
L'angioma, telangettasico o cavernoso, raro, è congenito: anche molto raro è l'osteoma della sostanza cerebrale, indipendente da analogo tumore delle meningi.
Il colesteatoma, di struttura fogliacea, ricco di colesterina che gli dà l'aspetto perlaceo, giace più spesso sulla linea mediana (nervo olfattivo, tuber cinereum, corpo calloso, ventricoli, ecc.), si presenta come un nodo bianco madreperlaceo, friabile, della grandezza da un grano di senape a un mandarino: risulta di parti epidermoidi e in prevalenza di cellule epidermiche cornee desquamate, derivate verosimilmente da inclusioni ectodermiche del rudimento cerebrale prima della chiusura del canale midollare; per alcuni esemplari s'invoca una genesi endoteliale.
I dermoidi, con peli, ghiandole sebacee e sudoripare, e i teratomi, risultanti dei più varî tessuti disordinatamente concrescenti rappresentano gradi diversi di uno stesso turbamento organogenetico: ai teratomi dell'epifisi nei maschi s'accompagna la macrogenitosomia (abnorme sviluppo somatico, degli organi genitali, del sistema pilifero, ecc.).
Anche i lipomi, che si trovano a preferenza sulla trave e talvolta combinati con tessuto osseo e midollo, glia, ecc., si riportano a una stessa origine.
I tumori secondarî nel cervello (e nel cervelletto), a parte quelli diffusi dalle meningi, non sono molto frequenti: i carcinomi, i corionepiteliomi, i tumori ipernefroidi, ecc., prediligono il campo d'irrorazione della cerebrale media di sinistra, con sviluppo di nodi unici o multipli, spesso circondati da una zona encefalitica emorragica; i sarcomi, specialmente se melanotici, sono maggiormente disseminati; l'ulteriore diffusione del tumore nel cervello si compie prevalentemente attraverso i linfatici.
Parassiti. - Il più frequente è il cisticerco della Taenia solium (C. cellulosae) che si sviluppa con vescicole uniche, o multiple, a preferenza nella corteccia, o nello strato subcorticale, o nei grossi gangli e nei ventricoli, del volume generalmente d'un pisello, che si calcificano quando il parassita muore. L'Echinococco uniloculare è di solito unico e spesso molto voluminoso (produce sintomi di tumore cerebrale); quello multiloculare è assai più raro.
Traumi. - I traumi (contusioni, ferite) prodotti da proiettili armi da taglio o da punta, da schegge ossee penetranti, commozione locale, ecc., producono sfacelo della sostanza cerebrale con emorragia, che può guarire, secondo la sua estensione, con gli stessi processi riparativi dell'encefalorragia e dell'encefalomalacia, con partecipazione della pia se superficiale: i proiettili d'arma da fuoco attraversano talvolta tutto il diametro del cervello come un canale intorno al quale un tessuto di granulazione del connettivo perivasale e una neoformazione di glia formano una parete irregolare consistente, oltre la quale il tessuto si trova spesso rammollito, anche a distanza di tempo. Se intervengono germi piogeni, si sviluppa un'encefalite suppurativa (ascesso, fig. 28).
Anatomia patologica del cervelletto. - Non diversifica sostanzialmente da quella del cervello; il più delle volte esso vi compartecipa più o meno largamente, spesso ne resta indifferente, in un buon numero di casi ne è indipendente.
I vizî di prima formazione colpiscono più di rado il cervelletto e di solito non nella stessa misura del cervello: nella microencefalia per solito il cervelletto non è colpito (il rapporto normale di peso di 15:100 può modificarsi fino a 76:100), in alcuni casi a malformazioni cerebrali corrisponde un'ipertrofia del cervelletto; non è rara l'ipoplasia con microgiria e, come reperto accidentale di autopsia, può constatarsi un'asimmetria dei lobi, talvolta la completa assenza (agenesia) di uno di essì; molto raro l'arresto di sviluppo del verme e l'isolamento dei due lobi asimmetrici. Per disturbi molto precoci nell'organogenesi, l'atrofia di un emisfero cerebrale può coincidere con quella del lobo cerebellare opposto; non è frequente la sua partecipazione all'idrocefalo e alle ernie cerebrali.
Le emorragie si verificano più di rado che nel cervello, eccezionalmente nel verme e nei peduncoli; lo stravaso si trova avvenuto più spesso nel nucleo dentato, da rami dell'arteria cerebellare superiore: il sangue derivante da rottura dell'arteria cerebellare posteriore, irrompendo facilmente nel quarto ventricolo, può allagare anche i ventricoli laterali del cervello.
I rammollimenti sono anch'essi più rari per la ricchezza delle anastomosi delle arterie cerebellari e per il loro distaccarsi ad angolo retto dal tronco principale, restando così più protette dalle embolie; in più della metà dei casi, coi rammollimenti del cervelletto coesistono quelli del cervello. Cause ed esiti analoghi a quelli che si verificano per le stesse alterazioni nella sostanza cerebrale.
Fra le infiammazioni è frequente l'ascesso, di solito d'origine otitica; e la tubercolosi sotto forma di tubercolo conglomerato vi ha sede di predilezione, di fronte ad altre parti del cervello, mentre più rare sono le localizzazioni della sifilide (gomma).
Anche i tumori vi si sviluppano con frequenza e più ordinariamente come gliomi nelle loro varietà; talvolta anche con nodi metastatici di carcinomi o sarcomi originatisi in altri organi. I cosiddetti tumori ponto-cerebellari, o del recesso acustico-cerebellare, talvolta bilaterali (neuromi, neurinomi, gliofibromi, ecc.), da cui restano colpiti individui di media età con caratteristico quadro clinico, derivano spesso dal nervo acustico.
Dei parassiti, il cisticerco e l'echinococco trovano sede nel cervelletto e nel quarto ventricolo.
Bibl.: E. Ziegler, Trattato di anatomia patologica speciale, Napoli 1898; T. C. Allbutt, L. Ferrio, Trattato delle malattie del sistema nervoso, Torino 1905; E. Flatau, L. Jacobsohn, L. Minor, Manuale di anatomia patologica del sistema nervoso, Torino 1907; P. Ernst, Anatomia patologica del sistema nervoso, in L. Aschoff, Anatomia patologica, Torino 1914; O. Barbacci, I tumori, Milano 1915; A. Pepere, Polioencefalite epidemica e encefaliti influenzali, in Pathologica (1920); P. Guizzetti, Anatomia patologica del sistema nervoso, nel Trattato di P. Foà, Anatomia patologica, Torino 1922; De Vecchi, Teratologia generale, ibidem, 1923; E. Kaufmann, Trattato di anatomia patologica, Milano 1927; O. Rossi, Nozioni generali di anatomia e di patologia del sistema nervoso, in A. Lustig, P. Rondoni e G. Galeotti, Patologia generale, Milano 1929.
Il cervello nelle razze umane e negli antropomorfi.
Introduzione. - Uno studio completo del cervello delle razze umane dovrebbe comprendere tre parti: 1. le variazioni di peso e di volume; 2. le variazioni morfologiche macroscopiche generali e particolari; 3. le variazioni morfologiche della minuta struttura citoarchitettoniche e mieloarchitettoniche. Per la prima parte vedi cranio; la terza costituisce il capitolo della cerebrologia raziale che è ancora tutto da fare. Appena oggi si comincia a delineare il quadro degli schemi della citoarchitettonica e della mieloarchitettonica del cervello umano; ma s'ignora quali siano le variazioni etniche, per quanto si possano già intravedere. Verrà quindi il giorno nel quale la presente trattazione sarà modificata, e il primo posto sarà dato alla trattazione della minuta architettura. Portiamo perciò qui la nostra attenzione sulla seconda parte, cioè sulla morfologia generale e in particolare quale si rileva macroscopicamente, con riferimenti, quando è possibile, alle conoscenze attuali della fine struttura. L'esame morfologico è condotto in modo da prendere a fondamento la disposizione della solcatura. Questa ci dà per sé sola sufficiente conoscenza della sistemazione dei giri e quindi sarebbe, in linea generale, superfluo fare una trattazione completa e a parte di questi ultimi. I fatti osservati fino a oggi dimostrano che le differenze di razza riscontrate non sono costituite da varieta morfologiche assolutamente distinte, ma solo da variazioni di frequenza di forme, per cui non è possibile diagnosticare da esse la razza a cui il cervello appartiene: si può soltanto asserire che esistono in un determinato cervello fatti che appariscono con maggior frequenza in questo o in quel dato gruppo umano.
Forma generale del cervello. - La forma del cervello riproduce la forma della cavità cranica: quindi le varietà delle forme del cranio (pentagonoide, ovoide, elissoide, sferoide, ecc.) si ripetono nella forma del cervello, e alle variazioni dei rapporti delle dimensioni (di lunghezza, larghezza, altezza) dell'uno corrispondono variazioni correlative dell'altro, per cui distinguiamo dolicoencefali, brachiencefali, ipsiencefali, cameencefali, ecc. Dagli studî del Chiarugi risulta che nella brachiencefalia sogliono farsi profonde le pieghe che decorrono in senso anteroposteriore e che si trovano lungo una scissura importante; l'opposto avviene nella dolicoencefalia (figure 29, 30).
Nella brachiencefalia si sviluppano di più, varcando i loro confini, le scissure che decorrono in senso trasversale, spesso si sviluppano solcature trasversali non ordinarie e quei solchi non decisamente trasversali tendono più verso questa direzione. L'inverso accade nella dolicoencefalia. Nei brachiencefali si ha più di frequente un raddoppiamento delle circonvoluzioni ad andamento longitudinale e più di frequente formazione di ponti o anastomosi trasversali fra le circonvoluzioni, mentre nei dolicoencefali, quando queste esistono, sono più spesso dirette in senso longitudinale. Le variazioni descritte appaiono in particolar modo nella superficie convessa del cervello che rimane al disopra della massima circonferenza. Ariens Kappers ha introdotto un certo numero di linee e di misure cerebrali, per comparare i caratteri morfologici generali di cervelli di razze diverse, e le ha applicate ai cervelli dei Cinesi e degli Olandesi, dolico- e brachiencefalici, dei feti e dei bambini olandesi. Dagl'indici calcolati sulle misure risulta: che i cervelli olandesi brachi (indice cerebrale 87,5) rassomigliano molto ai cervelli cinesi, l'indice cerebrale medio dei quali è di 79,2. Questa somiglianza per il Kappersè dovuta al fatto che i brachiencefali considerati hanno un certo grado d'ipsiencefalia, che è caratteristica del cranio del cervello cinese. A questo riguardo è importante l'angolo assiale (tra la linea basale del corpo calloso e la linea assiale parallela alla base del quarto ventricolo) che è maggiore nei dolicoencefali olandesi (106°), minore nei brachiencefali olandesi (101°) e nei cinesi (101°). Ma Wen Chao in uno studio comparativo del corpo calloso e del septum in cervelli di Cinesi, Filippini e Olandesi (fig. 31) ha trovato: 1. Nei Cinesi il corpo calloso ha una curva più alta che negli Olandesi. L'indice di altezza del corpo calloso dei Filippini è piu vicino a quello dei Cinesi che a quello degli Olandesi. 2. Negli Olandesi lo splenio si prolunga indietro nella direzione del tronco, molto spesso nei Cinesi s'inclina fortemente in basso. 3. L'angolo inferiore del setto lucido (tra il rostro e la porzione inferiore delle colonne anteriori del fornice) è più spesso meno ottuso nei Cinesi che negli Olandesi, mentre l'angolo posteriore del setto è generalmente più ampio nei Cinesi. Il fornice può presentare nei Cinesi una direzione meno inclinata sulla orizzontale che non negli Olandesi. Le variazioni rilevate da Ma Wen Chao si possono considerare un effetto del diverso indice d'altezza del cranio nelle popolazioni esaminate. La dimostrazione dell'influenza della forma del cranio sulla morfologia cerebrale viene confermata dalle ricerche, non molto numerose, compiute su cervelli di cranî deformati artificialmente, non tenendo conto di quelle relative a cranî congenitamente deformi, nei quali ultimi i processi patologici particolari hanno potuto agire direttamente sul cervello, modificandolo. Secondo le osservazioni di Ambialet su cranî deformati tolosani, il cervello deformato presenta nella regione compressa i giri piccoli flessuosissimi; i lobi frontali possono presentare essi soli queste alterazioni, ma quando la deformazione è estrema l'aspetto flessuoso è generale. Nelle deformazioni orizzontali, i lobi frontali, compressi tra la porzione orbitale dell'osso frontale e la squama, sono ridotti nel diametro verticale, e il giro frontale medio è quello nel quale l'effetto della compressione si fa più risentire con particolari sdoppiamenti. Così, a seconda che la deformazione è conseguenza di pressione orizzontale o verticale, si ha un comportamento inverso del giro frontale inferiore: nel primo caso il piede è profondamente nascosto in un particolare infossamento compreso fra le parti contigue, nel secondo caso si trova scoperto e disposto orizzontalmente. Il solco di Rolando si sposta e così si cambiano i suoi rapporti ordinarî rispetto la sutura coronale. I lobi parietali, quando la deformazione è esagerata, appaiono divisi da moltissimi solchi supplementari. Nei lobi temporali è soprattutto compressa la parte anteriore dei primi tre giri. I lobi occipitali sono i meno modificati perché non risentono gli effetti diretti delle azioni meccaniche deformatrici, ma quelli indiretti attraverso i lobi parietali. Considerando l'insieme delle variazioni offerte dalle scissure e circonvoluzioni secondo il tipo di forma di cervello, si deve riconoscere che esse avvengono per lo più in modo da concordare con la forma stessa del cervello e con l'ostacolo che il medesimo può avere incontrato nella sua espansione in una determinata direzione (Chiarugi). Se esistono anche differenze che sfuggono a qualunque interpretazione analoga, ciò dipende dal fatto che le nostre interpretazioni meccaniche sono sempre alquanto sempliciste e che a noi non sono note le risultanti delle varie linee di forza cui soggiace la cavità del cranio per effetto della variazione della sua parete nelle diverse forme e nell'evoluzione delle medesime, indipendentemente da tutti quegli altri fattori meccanici che sono intrinseci del cervello stesso.
Scissura laterale (o del Silvio). - Il ramo posteriore che rappresenta la parte principale della scissura, varia per il suo grado d'inclinazione. Giacomini non attribuì notevole importanza a questa variazione, che, come già Calori, Mayer, Rüdinger, considerò particolarmente collegata alla forma del cervello. Cunningham più tardi non rilevò dlfferenze notevoli tra dolicoencefali e brachiencefali, né tra i due sessi; constatò invece che negli antropoidi è più vicina alla verticale e nell'uomo, più nel bambino che nell'adulto, píú a destra che a sinistra. Questa medesima differenza tra i due lati esiste in cervelli di Herero. Il grado d'inclinazione è però alquanto variabile sia negli uomini sia negli antropoidi. Mingazzini ha trovato nell'orango una tendenza a maggiore orizzontalità che nello scimpanzé, e in quest'ultimo le differenze individuali sono accentuate e anche le asimmetrie. Nell'uomo di Neander sembra che il grado d'inclinazione non sia fra i più notevoli. L'inclinazione del ramo posteriore sull'orizzontale è una conseguenza dell'evoluzione del lobo frontale e parietale e, più strettamente, di tutta la regione opercolare frontoparietale. Il ramo posteriore termina per lo piu biforcato nei Giavanesi e nei Negri del Camerun (Genna) e spesso negli Europei (Retzius, Weinberg), più di rado negli Herero (Sergi) e nei Negri dell'Africa orientale (Waldeyer), nei quali si ha più di frequente una terminazione semplice. Anche nello scimpanzé, nel gorilla e nell'ilobate si osserva spesso la biforcazione, meno nell'orango. Per Bolk il ramo inferiore del gorilla corrisponde al vero ramo terminale equivalente al ramo superiore dell'uomo, mentre per Kohlbrugge la parte discendente dell'uomo non ha riscontro nelle scimmie anche superiori. Molto probabilmente, gli osservatori hanno talvolta ritenuto quale ramo della biforcazione posteriore un solco accessorio che confluisce superficialmente con il ramo principale della scissura e che può occupare il piano sopramarginale, ovvero trovarsi ai limiti di questo con il temporale superiore. I rami anteriori possono essere uno, due (orizzontale e ascendente), o anche tre (orizzontale, medio, ascendente); più spesso sono due e dal diverso rapporto che viene a stabilirsi fra loro, si hanno varie forme: quella a U e a V più frequente negli Herero e nei Giavanesi che negli Europei, quella a Y molto frequente nei Negri del Camerun: Broca e Giacomini trovano quest'ultima più spesso nei cervelli più semplicemente costituiti e dove si notano minori varietà. Il ramo unico è più frequente negli Europei che nei Giavanesi, nei Negri Herero e del Camerun. Nelle scimmie si trova un solco frontorbitale (Waldeyer), solco R di Kükenthal e Ziehen, che comincia nella superficie orbitale avanti all'insula e si porta sulla superficie laterale dove può terminare biforcato (fig. 34). Questo solco è bene sviluppato negli antropoidi e negl'ilobatidi e costituisce il solco limitante anteriore dell'insula. Dietro il solco frontorbitale appare un solco diretto indietro solco opercolare (Marchand), solco E di Kükenthal e Ziehen, che continua nel solco limitante superiore dell'insula. Nelle scimmie inferiori può mancare o è poco sviluppato, negl'ilobatidi e negli antropoidi è costante e sì negli uni come negli altri si può anastomizzare con il solco frontorbitale. Il tratto della corteccia compreso fra i due solchi costituisce la porzione anteriore dell'insula ancora scoperta (insula anteriore di Marchand). Nell'uomo i rami anteriori della scissura laterale si trovano in relazione con la formazione degli opercoli dell'insula anteriore; l'orbitale e il triangolare. Secondo Elliot Smith il solco opercolare sarebbe rappresentato dal ramo anteriore orizzontale, l'estremo superiore del solco frontorbitale scomparirebbe e il ramo anteriore ascendente verrebbe costituito secondariamente da un solco che si formerebbe nella parte anteriore dell'opercolo dorsale. Nei casi in cui esiste un solo ramo anteriore questo corrisponderebbe a quello orizzontale. Per Bolk la porzione anteriore dell'opercolo frontoparietale si costituisce per la confluenza dell'estremità superiore del solco frontorbitale con il solco opercolare. Per tale fatto il solco opercolare scompare e l'estremità superiore del solco frontorbitale, al di là della confluenza, forma un ramo anteriore della scissura del Silvio, che potrà restare unico o sdoppiarsi in due ramificazioni terminali (orizzontale e ascendente). Nell'un caso o nell'altro i rami anteriori corrispondono all'estremità del solco frontorbitale. Per Anthony e De Santa Maria la formazione della parte opercolare dell'insula anteriore è dovuta, o all'accrescimento simultaneo dei margini degli opercoli contigui frontoparietale e orbitale, che rimangono separati da un ramo anteriore unico, o per lo sviluppo indipendente di un opercolo triangolare dall'alto verso il basso, fra il solco opercolare e l'estremità superiore del solco frontorbitale, che viene a dare il ramo anteriore orizzontale, mentre il ramo ascendente si formerebbe da un solco radiale; solco nuovo che occuperebbe il posto del solco opercolare. Per Keith il solco frontorbitale nell'uomo si spinge molto in avanti dell'insula e quindi non può essere divenuto il solco limitante anteriore della medesima; l'area che negli antropoidi si trova allo scoperto dietro il solco frontorbitale non sarebbe insula, ma rappresenterebbe porzione dell'opercolo orbitale del cervello umano.
Lobo dell'insula. - Le varietà morfologiche della insula dipendono dall'esistenza o mancanza di alcuni segmenti dei solchi o dalla diversa loro posizione o orientamento. L'orientamento dei solchi o dei loro segmenti può essere uguale per tutti, e in tale caso i segmenti sono come tanti raggi che fanno parte di linee aventi come un centro comune di radiazione, ovvero, caso più frequente, i segmenti si distinguono in due gruppi orientati diversamente, il gruppo dei solchi brevi e il gruppo dei solchi lunghi (solco centrale e longitudinale); la prima disposizione è la cosiddetta conformazione a ventaglio, mentre tale denominazione non deve usarsi per la seconda che pure è la più frequente.
Le lunghe ricerche compiute da Holl in questi ultimi anni e da lui pubblicate in una serie successiva di lavori, hanno permesso di ricostruire in una sintesi abbastanza completa l'evoluzione morfogenetiea dei segmenti formatori dei solchi insulari nell'uomo. Il solco longitudinale di Marchand è il primo a svilupparsi nel periodo fetale, corrisponde al solco principale dell'insula degli antropoidi e si forma passando attraverso due stadî: dapprima cioè la porzione anteriore dell'insula posteriore si differenzia per la formazione di un solco longitudinale limitato da un giro arcuato, costituito da due branche, una superiore e una inferiore; in un secondo tempo la porzione posteriore dell'insula posteriore si differenzia anch'essa per un nuovo solco che è limitato da un nuovo giro arcuato; contemporaneamente l'arco del primo giro arcuato si affonda tra le branche del secondo che gli sta dietro, cosicché alla superficie esterna si vede che le branche del giro arcuato secondario si continuano con quelle del primitivo e il solco del secondo giro arcuato continua il suo percorso innanzi tra i margini delle branche del giro arcuato primitivo; íl primo stadio corrisponde a una condizione stabile di molte scimmie inferiori, il secondo stadio si trova regolarmente negli antropoidi. Il s. centrale, che limita innanzi e in alto l'insula posteriore, per Holl è una formazione quasi esclusivamente umana per la sua persistenza e il suo sviluppo; essa apparisce quasi sempre dopo la formazione del solco longitudinale e per questa ragione l'anatomico di Graz chiama quest'ultimo solco principale dell'insula. Nell'uomo adulto il solco longitudinale e il solco centrale possono presentare variazioni che corrispondono ad altrettanti stadî diversi di sviluppo; così il solco centrale può mancare o avere uno sviluppo molto ridotto; può mancare il solco stesso, ovvero può esistere uno degli stadî di formazione del solco longitudinale e cioè o il solo arco primitivo o il secondario ovvero ambedue questi archi senza l'affondamento del primo nel proseguimento del solco del secondo. Holl chiama tipo antropino quella forma d'insula in cui vi ha un completo sviluppo del solco centrale, tipo antropoideo le forme nelle quali esso manca o è molto ridotto. La distinzione di Holl praticamente non è sempre possibile, giacché non sempre si può distinguere il solco longitudinale di Marchand dal solco centrale dell'insula quando uno di questi manca.
Le osservazioni compiute da S. Sergi su parecchi cervelli di diverse popolazioni portano ad ammettere che: 1) Non esiste un tipo unico di solcatura nell'insula dell'uomo e la variabilità è alquanto più notevole nella zona anterosuperiore che nella zona posteroinferiore. 2) Si possono distinguere due tipi di segmenti, i longitudinali o posteroinferiori e i trasversali o anterosuperiori, che corrispondono a due zone distinte dell'insula; gli uni e gli altri possono spostarsi di molto nella direzione della zona contigua, per il prevalere ora dell'una ora dell'altra, ma non si osservano compensi di sviluppo reciproci tra di essi, sicché si può dire che esistano nell'insula due campi corticali abbastanza ben definiti. 3) Lo studio quindi della solcatura dell'insula conferma l'esistenza di due zone corticali differenti che coincidono con quelle che Flechsig definì per lo studio della mielinizzazione, Campbell per i caratteri istologici, Monakow e Giannuli per i caratteri fisiologici. 4) L'orientamento più stabile è quello dei segmenti posteroinferiori, e ciò permette la formazione di solchi longitudinali cospicui. L'orientamento dei segmenti della zona anterosuperiore è meno stabile perché essi hanno posizioni molto variabili. Questa variabilità è correlativa alla storia della mielinizzaziane dell'insula anteriore, onde questa da Flechsig è suddivisa in tre aree di cui una con caratteri misti intermedî e terminali, le altre con caratteri intermedî. La maggiore stabilità dei segmenti longitudinali dell'insula posteriore corrisponde alla zona alla quale Flechsig attribuisce caratteri primordiali. 5) Non sono determinabili distinzioni sessuali nelle variazioni. 6) Non sono determinabilì distinzioni specifiche di razza per i casi finora esaminati; si nota però che le forme più semplici s'incontrano tra i Negri e non tra i popoli asiatici, giapponesi e indiani, coi quali sono stati posti a confronto; tra i Negri si ritrovano anche le forme più complesse; nei Giapponesi e Indiani esaminati prevale per lo più lo sviluppo dei solchi della zona posteriore a destra; nelle medesime popolazioni è più frequente lo sviluppo maggiore dei solchi della zona anteriore dell'insula che nei Negri (fig. 39)
Per quanto riguarda la struttura dell'insula degli antropomorfi, è da ricordare che per ragioni anatomo-comparate s'indica come insula quella parte della corteccia cerebrale che si estende in corrispondenza del corpo striato (e non solo la parte che si approfonda e rimane opercolizzata). Così definita, l'insula negli antropomorfi non è del tutto opercolizzata perché una parte anteriore è più o meno scoperta. Il limite dello spazio insulare è segnato dal solco frontale orbitale, dal solco opercolare e dalla loro confluenza. L'opercolizzazione nell'uomo non è solo determinata dallo sviluppo dell'opercolo frontoparietale, ma anche dall'accrescimento in direzione frontale del polo temporale. Nell'ilobate l'insula è di forma elissoidale più o meno allungata, assai semplice, con la traccia dei due solchi che dànno origine al solco principale (fig. 35). L'insula dell'orango non è triangolare come nell'uomo, ma a forma di lancetta, e per la sua strettezza ricorda più da vicino quella delle scimmie inferiori e dell'ilobate (fig. 36).
Nello scimpanzé si presentano nell'insula, oltre il solco longitudinale, uno o due solchetti nel lobulo anteriore (fig. 37). Nel gorilla si ha più evidente la forma triangolare che ricorda quella umana con la presenza di un solco longitudinale e di due o tre solchi che incidono il lobulo anteriore (fig. 38). Però, se ancora è molto grande la distanza che separa il gorilla dall'uomo (Waldeyer), non è meno vero che gli altri antropomorfi si staccano abbastanza tra loro.
Lobo frontale. - Superficie metopica (figg. 32 34, 40-43 tav. CCXXI). La minuta analisi di tutti i solchi della superficie metopica del lobo frontale (S. Sergi) dimostra che non si può distinguerli secondo lo schema classico, a eccezione forse dei solchi precentrali; si può solo parlare per i solchi anteriori di gruppi di elementi superiori, medî e inferiori. Questi gruppi possono fondersi o appena anastomimizzarsi e dar luogo a solchi o sagittali, od obliqui, o trasversali. Nel primo caso soltanto abbiamo i solchi longitudinali, quali comunemente vengono descritti come solchi frontali superiore, medio e inferiore; negli altri casi invece si tratta di combinazione di gruppi d'elementi appartenenti a piani diversi, cioè superiore, medio e inferiore. La costituzione di tre solchi frontali longitudinali completi è la più rara; invece è molto più facile osservare in ordine di frequenza un solo solco longitudinale ben costituito, che può essere o superiore o medio o inferiore, accompagnato da solchi irregolari trasversali e obliqui, e tutto ciò conforme a quanto il nostro Giacomini aveva da lungo tempo asserito, che la divisione in due solchi longitudinali e tre giri non è quella che si riscontra più frequentemente, benché fosse stata da lui adottata come schema fondamentale nelle sue descrizioni. Sono dunque i gruppi costitutivi che per il loro numero e per la loro disposizione dànno forma e quindi aspetti varî ai solchi frontali, e sono essi soltanto che possono illuminare nel labirinto delle variazioni. L'osservazione fondamentale di Eberstaller sul solco frontale medio non è che la dimostrazione dell'esistenza d'un gruppo fondamentale costante di elementi nel cervello umano, e così deve considerarsi anche il solco fronto-marginale di Wernicke od orbito-frontale di Giacomini. Il solco diagonale, il solco radiato, il precentrale marginale invece sono gruppi d'elementi accessorî o in formazione, che ora assumono individualità distinta per accrescimento di gruppí fondamentali e circostanti, ora si perdono e si confondono in questi dimostrandone così gl'intimi legami morfologici e forse funzionali. Le diverse combinazioni di gruppi d'elementi non permettono quindi di seguire un unico schema di divisione dei giri del lobo frontale: questo schema, quale è ammesso attualmente, è valido soltanto per la fusione dei gruppi costitutivi in solchi longitudinali. I solchi trasversi di Tenchini e di Mingazzini non sono atipici come voleva Eberstaller, ma sono una delle tante espressioni morfologiche d'orientamento dei gruppi di segmenti dei solchi frontali. Per stabilire i limiti di variabilita dei solchi frontali occorre determinare i limiti di variabilità delle combinazioni dei gruppi di segmenti costituenti questi solchi. Dalla compilazione di queste tabelle di variazione si può arrivare a determinare le uguaglianze e le differenze tra diversi cervelli e quindi, se esistono, differenze sessuali e di razza. Lo studio condotto con questo indirizzo ha permesso a S. Sergi di compiere un primo tentativo di comparazione sui cervelli di Herero, Indiani e Giapponesi, tentativo che non deve essere interpretato come una conclusione definitiva sulla sistemazione della solcatura cerebrale delle popolazioni esaminate, ma come una prova dell'esistenza: a) di condizioni morfologiche comuni a tutte le specie umane; b) di condizioni morfologiche diverse per i sessi e comuni a tutti i gruppi umani; c) di condizioni morfologiche diverse per i differenti gruppi umani. Un fatto fondamentale in tutte le popolazioni esaminate è la maggiore ricchezza di combinazioni tra i gruppi di segmenti del lato sinistro, a cui fa riscontro un aumento dei segmenti stessi e per conseguenza uno sviluppo maggiore della corteccia cerebrale di sinistra. La distribuzione dei gruppi costitutivi dei solchi frontali mostra che: 1. i gruppi sagittali in Indiani, Giapponesi ed Herero sono in prevalenza a sinistra; 2. i gruppi precentrali sono prevalenti a destra negli Indiani, in egual numero tra i due lati nei Giapponesi, prevalenti a sinistra negli Herero; 3. i gruppi fronto-marginali sono equivalenti in ambo i lati in Indiani e Giapponesi, leggermente prevalenti a destra negli Herero; 4. i gruppi medî sono prevalenti sui superiori e inferiori in Indiani e Giapponesi, i fronto-marginali negli Herero. Quindi prevalenza di formazioni più assoluta a sinistra negli Herero che nei Giapponesi e negl'Indiani, prevalenza in tutti di gruppi medî, ma minor sviluppo di gruppi inferiori in Indiani e Giapponesi, minor sviluppo di formazioni marginali negli Herero Se ci inoltriamo in un confronto più minuto sulle variazioni di frequenza nei singoli gruppi di segmenti costituenti i solchi frontali in rapporto ai sistemi dei quali vengono a far parte, e che rappresentano i solchi di vario grado che si svolgono nel lobo frontale, si rileva che nella formazione dei due sistemi principali: a) negli Herero non partecipano segmenti dei solchi precentrali marginali, frontali, paramesiali, subcentrali e diagonali; b) negl'Indiani vi partecipano segmenti dei solchi precentrali marginali e frontali paramesiali; c) nei Giapponesi oltre a questi elementi vi partecipano segmenti dei solchi precentrali marginali, frontali, paramesiali, subcentrali e diagonali. Ciò vuol dire che in questi ultimi s'incontrano il maggior numero di anastomosi dei solchi principali con i solchi accessorî o secondarî che si svolgono alla periferia superiore e inferiore del lobo frontale; negl'Indiani queste anastomosi si incontrano solo in alto, negli Herero mancano tutte. Tutto questo è indizio d'una maggiore evoluzione del lobo frontale nei Giapponesi rispetto agli altri due gruppi coi quali sono posti a confronto (fig. 41). In due cervelli di Ovambo e in uno di Ottentotto, si ripete lo stesso fatto che negli Herero. Le differenze riscontrate possono considerarsi di grande valore, perché le variazioni relative ai segmenti accessorî e ai loro rapporti con i solchi principali sono talvolta l'unico indice di distinzione di cervelli di specie o anche di genìeri differenti nei primati e nei carnivori. Si deve ancora notare che nei Giapponesi è più rara la partecipazione di segmenti fronto-marginali nei due sistemi principali che non negl'Indiani ed Herero. Negl'Indiani si rileva la tendenza del predominio degli elementi frontali medî nella formazione del sistema principale, mentre negli Herero, come negli Ovambo e negli Ottentotti, tale predominio appartiene agli elementi frontali superiori. Nei Giapponesi colpisce soprattutto la mancanza di rapporti fra solco frontale medio e solco fronto-marginale.
Fin qui non abbiamo tenuto conto delle differenze che risultano dalle statistiche secondo le divisioni schematiche adottate dai più. Il valore comparativo di queste statistiche è spesso incerto, perché diverso è stato il concetto morfologico dei varî osservatori nella discriminazione delle forme. Riportiamo qui soltanto alcuni dati più importanti sui quali si può fare affidamento. Da questi risulta che negli Herero vi è una maggior divisibilità del solco frontale superiore e una minore del solco frontale medio che negl'Indiani e Giapponesi; che il solco precentrale unico è più frequente negli Herero e anche nei Giapponesi, più raro negli Indiani, rarissimo negli Estoni, Lettoni, Polacchi; che il solco frontale superiore non è mai separato totalmente dal precentrale superiore negl'Indiani, mentre questa separazione è massima nei Giavanesi e alquanto minore negli Herero e Giapponesi; che il solco precentrale inferiore, di regola negli Olandesi e Svedesi, con grande frequenza nei Giavanesi e più nei Polacchi, Estoni, Lettoni, è unito intimamente con il solco frontale inferiore, mentre ciò non si vede nei Giapponesi esaminati ed è il fatto meno frequente negli Herero, nei quali ultimi predomina la separazione con un ponte superficiale, mentre negl'Indiani predomina la medesima con un ponte profondo; che sono maggiori di numero i solchi frontali paramesiali nei Giapponesi; che il solco frontale inferiore ha una maggiore divisibilità negl'Indiani e Giapponesi che negli Herero e Svedesi; che i solchi fronto-marginali sono più divisi in Indiani e Giapponesi e meno in Europei.
Nelle scimmie inferiori (fi,. 32) la solcatura del territorio frontale laterale è costituita da un solco arcuato o ipsiloide composto di una parte verticale (q1 + q2 di Kükenthal e Ziehen) e di una parte orizzontale (q di Kükenthal e Ziehen) e da un solco orizzontale, solco principale o retto (r di Ku̇kenthal e Ziehen) che si trova avanti al solco arcuato nella concavità del medesimo. Talora s'incontrano elementi disposti in serie lungo il margine superiore dell'emisfero: di questi il più sviluppato è il posteriore (Z di Kükenthal e Ziehen). Negl'ilobatidi (figg. 34, 43) vi ha l'unione del solco arcuato con il solco principale, e ciò viene a formare il sistema principale di solcatura del lobo frontale di questo genere, nel quale però si può incontrare anche un altro grande solco costituito dall'unione di tutti gli elementi disposti in vicinanza del margine superiore dell'emisfero (S. Sergi). Quando si presentano insieme le due formazioni descritte, come può accadere nella Hylobates syndactylus (S. Sergi), allora si hanno un solco frontale superiore e un solco frontale inferiore, che nella loro estremità posteriore si continuano ciascuno rispettivamente in un solco precentrale superiore e in un solo precentrale inferiore. Una tale formazione smentisce lo schema della solcatura frontale umana con i suoi solchi e i giri fondamentali. Qualcuno ha creduto di poter omologare le formazioni dell'ilobate con quelle umane, ma si tratta in realtà d'una somiglianza apparente in quanto gli elementi costituenti i due solchi dell'ilobate in parte non corrispondono a quelli umani; omologhi si possono ritenere gli elementi precentrali, cioè quelli posteriori. Gli elementi anteriori con grande difficoltà si possono interpretare. Alcuni ammettono - e questa è una delle ipotesi più sostenibili - che la porzione principale del solco inferiore corrisponda a elementi del solco frontale medio umano. Negli antropoidi il lobo frontale è divenuto molto complicato ed è ricchissimo di variazioni individuali, per cui è ben difficile di ricondurre i loro solchi a quelli dell'ilobate. I solchi sono molto numerosi e la natura delle variazioni non permette di dare una sistemazione certa alla solcatura. Essi ora si spezzettano in molteplici segmenti diversamente orientati, ora si fondono tra loro disponendosi secondo piani differenti. Lo studio e la comparazione dell'orango, dello scimpanzè e del gorilla conduce alla constatazione dell'impossibilità di schematizzare come condizione normale di questi diversi generi una determinata sistemazione dei solchi. Abitualmente negli antropoidi si preferisce di dare alle formazioni del lobo frontale le denominazioni del lobo frontale umano: così in essi si sogliono distinguere solchi precentrali, solchi frontali longitudinali e solchi marginali, riportandoli quindi allo schema adottato per l'uomo. Se questo schema per necessità descrittiva si può adottare, occorre tener presente che esso non corrisponde alla maggioranza dei casi, come non corrisponde per l'uomo, essendo preferibile tener presente, nell'esame dei solchi, i gruppi dei segmenti costituenti i medesimi. Nel giuoco delle variazioni si tratta più spesso forse di analogie che di omologie, con il cervello umano. Dalle osservazioni di Bolk si può ritenere che il gorilla (fig. 40) è fra gli antropoidi quello che per il sistema dei suoi solchi frontali si avvicina di più all'uomo; le variazioni sembra che in esso siano in un grado minore che negli altri due antropomorfi. Dalle ricerche di Bolk e di Mingazzini risulta che la variabilità è massima nell'Orango, e molto grande nello Scimpanzé. Le interpretazioni più controverse sono state date nei riguardi delle omologie dei solchi sagittali umani con quelli degli antropoidi, come nei riguardi del solco opercolare e del solco orbito-frontale delle scimmie in confronto con la solcatura del giro frontale inferiore dell'uomo. Di quest'ultima questione abbiamo trattato - esponendo alcune opinioni - parlando della fessura di Silvio e delle branche anteriori della medesima. In quanto alle omologie dei solchi sagittali, tutte le ipotesi possibili sono state emesse e sostenute. Secondo alcuni nel solco frontale superiore dell'uomo si vogliono trovare elementi del solco principale o del solco arcuato delle scimmie inferiori ed elementi del solco frontale inferiore degli antropomorfi che per gli stessi autori sono omologhi dei predetti elementi delle scimmie inferiori; altri vogliono che questi elementi siano omologhi di elementi del solco frontale medio dell'uomo; alcuni ammettono che una parte o tutto il solco frontale inferiore dell'uomo sia omologo con elementi del solco principale o con elementi del solco arcuato delle scimmie inferiori e del solco frontale inferiore, almeno parzialmente, degli antropomorfi. La difficoltà di un'esatta valutazione delle omologie delle varie parti, dipende dalle grandi variazioni del lobo frontale nei primati, dovute al diverso sviluppo delle aree citoarchitettoniche e all'apparizione di nuove aree a mano a mano che si procede dalle scimmie inferiori agli antropomorfi, all'uomo. In questo esiste nel giro frontale inferiore una zona corticale largamente estesa, la sottoregione frontale inferiore, la quale corrisponde alle aree opercolare e triangolare di Brodmann ed è in relazione con la funzione del linguaggio. La opercolizzazione completa dell'insula, quale si trova solamente nell'uomo, si suol mettere in relazione con lo sviluppo di questa zona e per alcuni le variazioni morfologiche macroscopiche della solcatura e della girificazione nell'uomo rispetto agli antropomorfi, si limiterebbero in questa regione a un aumento di volume del terzo giro frontale e a una maggiore complessità dei solchi: con questo modo di vedere, il giro frontale inferiore degli antropomorfi sarebbe strettamente vicino a quello dell'uomo. Altri invece ritengono che tutta la 3ª circonvoluzione frontale sia un nuovo acquisto del cervello umano che non si trova negli animali (Economo), e allora ogni omologia di questa circonvoluzione è esclusa. Una terza tesi, intermedia fra le due, sostiene che larga parte della 3ª circonvoluzione frontale dell'uomo è esclusiva di questo, ma non tutta. Seguendo tale opinione le omologie possono essere rintracciate ai confini della sottoregione frontale inferiore. Probabilmente lo studio ulteriore della citoarchitettura nei varî generi di scimmie, condotto sistematicamente, in relazione con la topografia dei solchi cerebrali, potrà risolvere questo problema.
Superficie orbitaria. - La superficie orbitaria del lobo frontale è di forma quadrangolare e presenta un diverso grado d'inclinazione sul piano orizzontale a seconda che il margine mediale si trova più o meno in basso del margine laterale. Quando il dislivello fra i due margini è troppo grande, per cui quello mediale è molto in basso rispetto al laterale, allora si ha la formazione del becco encefalico, caratteristico nelle scimmie e che si trova più di frequente in razze primitive. Il solco orbitale dell'uomo, nel tipo più semplice e più primitivo, ha una forma triraggiata. Il tipo più comune è quello a H, che si sviluppa dal triraggiato per aggiunta d'un nuovo elemento che incontra uno dei rami del tipo triradiato. Rami accessorî laterali possono aggiungersi dando al solco forme svariate e più complesse. Le varietà di disposizione degli elementi del solco orbitario, hanno dato luogo a interpretazioni diverse della sua costituzione e della sua origine (fig. 44). Talora si osserva un solco arcuato rappresentato dagli elementi del solco triraggiato meno il ramo anteriore del medesimo. Questo solco arcuato segna il limite anteriore dell'area orbitale che fa parte di quella sottoregione frontale anteriore di Brodmann che è un'acquisizione umana. La comparsa di rami accessorî laterali è in rapporto con l'ingrandimento e il cambiamento di forma della superficie orbitaria. Nelle scimmie inferiori questa è triangolare, mentre negli antropoidi e poi nell'uomo si fa quadrangolare. Nelle scimmie iníeriori il solco orbitale è un solco longitudinale, unico, spesso incurvato, talora accompagnato da un elemento accessorio che congiungendosi con questo gli dà un aspetto triraggiato; altra volta si incontrano due solchi longitudinali. Nell'orango si trova più spesso un solco orbitario longitudinale, nell'ilobate un tipico solco triraggiato, e così nel gorilla e nello scimpanzé, in quest'ultimo con molte irregolarità.
Solco centrale e variazioni di sviluppo del lobo frontale. - Il solco centrale o di Rolando segna i confini del lobo frontale indietro, e per tale ragione può servire alla determinazione delle variazioni di sviluppo del medesimo e del lobo parieto-occipitale che si trova posteriormente al solco. Le misure in uso per tale determinazione prese direttamente sul cervello sono date dalle distanze che intercorrono dall'estremità superiore e dall'estremità inferiore del solco di Rolando all'estremità del polo frontale e del polo occipitale (distanze fronto-rolandiche e occipito-rolandiche superiori e inferiori). Le misure si prendono seguendo le curve della superficie cerebrale con la fettuccia metrica, ma con questo metodo si tiene conto soltanto dello sviluppo della curvatura esterna del cervello. La variabilità di sviluppo del lobo frontale può essere determinata dai valori massimi e minimi delle differenze che passano rispettivamente tra la distanza fronto-rolandica superiore e occipito-rolandica superiore e tra la distanza occipito-rolandica inferiore e fronto-rolandica inferiore. Quanto maggiore è il distacco tra i massimi e i minimi, tanto più variabile è la zona cerebrale considerata. Confrontati Italiani, Tedeschi, Herero, Indiani, Giavanesi, Giapponesi, Sudanesi, Ovambo, risulta (S. Sergi) che la formula della variabilità del lobo frontale è diversa per le diverse popolazioni del globo, sia in relazione col sesso, sia in relazione col lato destro e sinistro. Lo sviluppo relativo del lobo frontale rispetto allo sviluppo del parieto-occipitale viene determinato mediante gl'indici fronto-rolandici superiore e inferiore, rispettivamente per la zona frontale superiore e per la zona frontale inferiore. Questi indici si ottengono proporzionando le distanze fronto-rolandiche e occipito-rolandiche all'intera lunghezza del cervello. Lo sviluppo relativo globale del lobo frontale si calcola con la media dei due indicì sopra indicati (Mingazzini). Con il metodo suddetto S. Sergi ha rilevato che lo sviluppo relativo del lobo frontale ha una formula propria per ciascun gruppo etnico, e che il valore maggiore dell'indice fronto-rolandico non è correlativo, nelle razze umane, del grado di sviluppo intellettuale e sociale da queste raggiunto, per cui gli elementi di progresso del cervello umano si debbono ricercare in altri caratteri morfologici macro o microscopici. In tutti i gruppi esaminati la zona frontale inferiore di destra è maggiore di quella di sinistra. mentre la zona superiore (se si eccettuano feti maschili italiani) è in prevalenza maggiore a sinistra, il che indica che il solco di Rolando è più obliquo a sinistra che a destra. Questa obliquità può variare, come già notò il Conti, con l'età e il sesso. Le differenze nell'estensione della zona frontale inferiore nell'uomo furono già determinate dal Tedeschi con lo studio diretto sui cranî. Però la maggiore estensione della zona esterna di destra non è espressione d'un reale sviluppo maggiore dell'intera corteccia cerebrale, perché dai fatti sopra esposti è risultato che la corteccia cerebrale di sinistra è più sviluppata che la destra, per l'aumento di segmenti dei solchi in quel lato e per le maggiori anastomosi di questi tra loro. Con la comparazione morfologica dei due lati si rileva che i segmenti singoli dei solchi o i gruppi in toto dei medesimi si spostano ruotando intorno ai loro assi, per modo che quelli di sinistra si portano prevalentemente in alto e in avanti rispetto a quelli di destra. Questi spostamenti sono espressioni d'una legge di sviluppo (S. Sergi) per la quale la corteccia del lobo frontale si accresce di più in un lato che nell'altro. Le differenze trovate tra i due lati con l'esame degl'indici fronto-rolandici e che apparentemente appaiono in contraddizione con questo fatto, valgono a confermarlo; cioè per l'inclinarsi del solco di Rolando e lo spostarsi alquanto più innanzi della sua estremità inferiore a sinistra, il che determina una riduzione della superficie frontale scoperta in questo lato, si spiegano quegli spostamenti innanzi e verso l'alto dei segmenti dei solchi frontali di sinistra rispetto alla destra. L'ingrandirsi del lobo in alto è espressione di quella legge di compenso che già il Tedeschi, in relazione con l'ordine di sviluppo del cranio, dimostrò doversi rintracciare in direzione della vòlta del medesimo, come già il Chiamgi trovò le maggiori variazioni nella superficie convessa degli emisferi che rimane al di sopra della massima circonferenza. L'aumento dello sviluppo della corteccia dell'emisfero sinistro del lobo frontale, dimostrato dall'aumento dei segmenti dei solchi in questo lato oltreché dalle maggiori anastomosi dei medesimi, accompagnato da un'inclinazione innanzi dell'estremità inferiore del solco di Rolando, è indizio che questo solco soggiace, ad onta dello sviluppo della corteccia maggiore che a destra, ad altro sviluppo indietro del lobulo parietale inferiore anche maggiore che a destra, tutto in correlazione con quella preponderanza dell'emisfero sinistro, ammessa dai più (Chiarugi). La fisiologia dei centri del linguaggio soltanto ci dà una delle chiavi più certe per interpretare queste asimmetrie che abbiamo seguito fino a ora con criterî morfologici comparativi.
Superficie laterale del lobo parietale. - Il solco intraparietale di Turner o Furchenconglomerate dell'Eberstaller costituisce il sistema principale e quindi fondamentale del lobo parietale. Dal modo differente con il quale si aggruppano i varî segmenti che lo compongono risultano aspetti differenti della girificazione e quindi forme diverse del lobo. Gli elementi del solco intraparietale a volte assumono individualità distinta, a volte confluiscono in modo da confondersi insieme. In questo caso, se non esistono giri transitivi profondi, ogni separazione è del tutto artificiale. Il Cunningham distinse in cinque varietà le combinazioni di gruppi di elementi che formano il sistema intraparietale: 1. Il solco postcentrale superiore, il postcentrale inferiore e l'interparietale proprio sono separati; 2. il solco postcentrale superiore è separato, l'inferiore e l'interparietale proprio sono riuniti: disposizione più frequentemente tipica delle scimmie; 3. il solco postcentrale superiore e l'inferiore sono uniti, l'interparietale è separato: disposizione che più si discosta da quella pitecoide e quindi tipica antropina; 4. i tre solchi sono riuniti; 5. il solco postcentrale inferiore è separato, gli altri due sono riuniti. Gli Herero (S. Sergi) si distinguono assai bene da tutte le altre razze con le quali si mettono a confronto per la diversa frequenza delle varietà del sistema, e a tali differenze portano speciale luce i cervelli dei feti di 8 mesi, per cui si può ammettere che la differenziazione non è di sviluppo ma di razza, cioè che i caratteri che costituiscono la predominanza delle forme negli Herero non rivelano né una condizione di arresto ontogenetica né un ricordo filogenetico. Negli Herero è più frequente il predominio della prima varietà di Cunningham (46%); nei Giavanesi la 2ª (40%); nei Polacchi la 3ª (26%); nei Russi, Svedesi, Irlandesi la 4ª. La 5ª varietà invece si presenta quasi egualmente rara sia negli Europei sia nei Giavanesi e negli Herero, a eccezione dei Polacchi nei quali s'incontra con una notevole frequenza. I risultati di Giacomini sugl'Italiani non si possono paragonare con quelli del Cunningham, perché egli si limitò a distinguere tre varietà; però le cifre di Giacomini evidentemente pongono gl'Italiani accanto agli altri Europei: difatti la varietà più frequente da lui trovata, e che rappresenterebbe quindi lo stato normale, è quella in cui il solco retrocentrale si estende dalla scissura del Silvio al margine degli emisferi, più o meno profonda ma aperta posteriormente per cui esso ampiamente comunica con l'interparietale, e questo riscontrò in 173 emisferi. Per frequenza segue negli Italiani (79 emisferi) quella forma in cui il solco postcentrale "mancherebbe alla parte superiore ed inferiormente si confonderebbe con l'interparietale". La 3ª forma (50 emisferi), è quella in cui il solco retrocentrale si estende per tutta la larghezza del lobo parietale, chiuso alla parte posteriore, indipendente da ogni altra scissura. In questa forma il Giacomini fa rientrare anche i casi in cui "la scissura si trova interrotta nella metà del suo decorso da una piega". Anche i risultati del Chiarugi sui Senesi, che sono stati ordinati secondo le classificazioni del Giacomini, corrispondono a quelli di questo autore. Non si può porre in dubbio l'importanza etnica di questa varietà di disposizione: la quarta varietà si deve considerare quella tipicamente più frequente negli Europei, la prima negli Herero. Si ricordi ancora qui che nei cervelli dell'Africa Orientale del Waldeyer predomina la prima varietà e questa è forse la più frequente in tutti i Negri. Cunningham trovò nella diversa frequenza delle varieta da lui stabilite una differenza sessuale, e così anche S. Sergi: la quarta varietà predomina nelle donne.
Solco interparietale proprio e solchi dei lobuli parietali. - Il solco interparietale proprio, seguendo Retzius, è quel tratto del solco intraparietale di Turner che si estende tra il solco retrocentrale e il solco occipitale trasverso. Esso decorre senza interruzioni fino al solco oc-ipitale trasverso con una frequenza variabile nei gruppi etnici fino a ora esaminati negl'Irlandesi e negli Svedesi sono più rare le pieghe d'interruzione intermedie che negli Estoni, Lettoni, Herero, Giavanesi; negli Estoni si osserva la maggior frequenza dell'interruzione (83%), seguono subito dopo i Lettoni (72%) e gli Herero (71%), quindi i Giavanesi (68%), i Polacchi (58%), gli Svedesi (48%), gl'Irlandesi (36%): i Negri di Parker vengono dopo i Giavanesi. Negli Italiani la frequenza dell'interruzione corrisponde a 1/3 dei casi, se ci riferiamo ai dati del Giacomini. Il Chiarugi trovò una comunicazione superficiale, tra lobulo superficiale superiore e inferiore, 13 volte su 42. Ancor più incerti sono i dati sull'esistenza d'una doppia piega intermedia perché non tutti hanno inteso con questa la stessa formazione, e qualcuno ha considerato come seconda piega intermedia la piega divisoria tra il solco interparietale proprio e il solco occipitale trasverso. Quest'ultimo costituisce un fatto raro (una volta negli Herero, due volte nei Giavanesi), sicché la proposizione di Eberstaller che sempre il solco interparietale passa nella porzione terminale posteriore (solco occipitale trasverso) senza interruzione è molto prossima al vero.
Molto complesso è il problema dei solchi del lobulo parietale inferiore, perché ivi s'intrecciano rami discendenti del solco interparietale, rami ascendenti dei solchi parietali e occipitali e solchi intermedi indipendenti. Indichiamo qui come rami del solco interparietale o dei solchi temporali quei solchi che proseguono da essi direttamente nel lobulo parietale inferiore; tutti gli altri solchi indipendenti o che si anastomizzano con essi li diciamo solchi intermedî, dando a questa parola un significato più largo e un po' diverso di quello di Jensen. Distinguiamo nel lobulo parietale inferiore tre archi o giri, l'anteriore e sopramarginale che chiude l'estremità della scissura del Silvio, l'intermedio o angolare che chiude il solco temporale superiore, il posteriore o giro parietale inferiore posteriore che chiude il solco occipitale anteriore di Wernicke o ramo ascendente del secondo solco temporale come vuole l'Eberstaller. Per coloro che ritengono il solco occipitale anteriore quale un solco limitante del lobo occipitale, la porzione posteriore del giro parietale inferiore costituisce parte del lobo occipitale e la porzione anteriore del medesimo parte del giro angolare. Il solco occipitale anteriore, chiamato solco del giro angolare dallo Zuckerkandl, esiste nei cervelli delle scimmie (Ateles, Hylobates, Orango, scimpanzé) e dei feti umani e, poiché nelle prime si trova avanti all'Affenspalte con la quale non ha nulla a che vedere, è un solco esclusivo del lobo parietale. Per lo Zuckerkandl esso non ha nulla a che vedere con il secondo solco temporale, dal quale è ben distinto sia nelle scimmie sia nei feti umani. Il giro parietale inferiore posteriore è pertanto una formazione che deve essere distinta dal giro angolare e che rappresenta filogeneticamente la parte che va acquistando uno sviluppo sempre più grande a mano a mano che i residui dell'Affenspalte inferiore nell'uomo si portano indietro o spariscono del tutto; l'asse di questo giro è il solco occipitale anteriore che nell'uomo adulto acquista spesso un'estensione notevole assumendo i rapporti più svariati con i solchi limitrofi. Il terzo arco del lobulo parietale inferiore non sempre è ben definibile e ciò dipende dalle variazioni del solco occipitale anteriore, particolarmente quando questo è diviso in più parti. Negli Herero il solco interparietale proprio si anastomizza con la branca ascendente del solco temporale superiore nel 32% dei casi e con il solco occipitale anteriore nel 3,5%, e sempre vi è una piega di separazione; negli Svedesi la prima s'incontra nel 19% e la seconda nel 6%; nei Polacchi rispettivamente nel 16% e nel 12%, e nei Giavanesi l'una e l'altra nel 52%, sicché questi si differenziano notevolmente dagli Europei e anche dagli Herero. Il Weinberg ha osservato nei Polacchi che in un terzo dei casi il solco temporale superiore si continua nel solco occipitale anteriore e altre volte il solco temporale superiore si divide in due rami di cui l'anteriore forma la parte ascendente, il posteriore sbocca nel solco occipitale anteriore; le due variazioni descritte più frequenti a sinistra s'incontrerebbero anche nei cervelli dei Russi, ed egli crede che esse possano costituire una particolarità delle razze slave. Negli Herero la prima varietà del Weinberg è rara, la seconda è molto frequente (46%); nei Giavanesi la prima s'incontra nel 28%, la seconda nel 22% dei casi. Questi quindi per la loro frequenza si avvicinano agli Slavi e perciò non risulta dimostrata l'ipotesi del Weinberg. È importante rilevare il distacco degli Herero, dei Polacchi e dei Giavanesi per la rarità della prima forma.
Il limite posteriore del lobo parietale e le formazioni della superficie esterna del lobo occipitale (figg. 32, 34, 45-49 e tav. CCXXII). - La determinazione dei limiti di separazione tra il lobo parietale e il lobo occipitale nella superficie laterale costituisce uno dei problemi più discussi della morfologia cerebrale, e da essa dipende tutta la interpretazione dei solchi occipitali esterni. La fessura delle scimmie, (Affenspalte) è stata principalmente il punto di partenza di tutte le ipotesi e di tutte le descrizioni che gli anatomici ci han dato della regione parieto-occipitale dell'uomo. Il lobo parietale si continua nel lobo occipitale abitualmente mediante tre giri di passaggio, il primo superiore (primo giro del Gratiolet) in continuazione del lobulo parietale superiore, il secondo e il terzo (che talora si riducono a un solo e che corrispondono insieme al secondo giro del Gratiolet) in continuazione del lobulo parietale inferiore. Quando questi giri sono totalmente nascosti in una fossa sotto la porzione anteriore del lobo occipitale, che li ricopre a formare un opercolo, si ha la fessura delle scimmie completa, tipica; essa alla superficie esterna appare come un grande solco arcuato a convessità anteriore che separa totalmente il lobo parietale dall'opercolo occipitale (fig. 45). La formazione così descritta si trova nelle Catarrine inferiori. Negli Antropoidi il primo giro di passaggio parieto-occipitale per lo più è superficiale, il secondo e il terzo sono opercolizzati, vi ha cioè un'Affenspalte inferiore, come la chiama S. Sergi, perché manca la parte superiore dell'opercolo che ricopre la prima piega. In molti Cebidi il primo e secondo giro sono superficiali rimanendo solamente opercolizzato il terzo giro. In Atelidi è anche superficiale la parte anteriore del terzo giro ed è soltanto nascosto il tratto posteriore. L'Affenspalte in questi casi è molto limitata, essa ha un'estensione che corrisponde all'estensione della parte opercolizzata del lobo occipitale. Quando la Affenspalte è completa essa si estende fino al margine convesso del mantello e sembra la continuazione laterale della fessura parieto-occipitale mediale. Se si divarica l'Affenspalte si osserva che la estremità laterale della fessura parieto-occipitale mediale è nascosta nella fossa e termina in essa circondata dal primo giro di passaggio che le si avvolge intorno. Questo giro è separato dal secondo giro di passaggio sottostante per mezzo del solco intraparietale che si approfonda nella fossa e che limita il primo giro al disotto e poi posteriormente con l'estremità terminale ascendente (ramo terminale mediale). Se è superficiale il primo giro, come accade negli antropoidi, si ha una fessura che non è omologa alla precedente che per la sua porzione inferiore, cioè per la parte corrispondente alla fossa dove si nascondono la seconda e la terza piega, giacché la porzione superiore è costituita dal solco limitante. posteriormente il primo giro che ora si trova alla superficie. Si forma così un solco opercolare (S. Sergi) ad arco convesso innanzi, la cui porzione superiore ha un significato morfologico ben diverso da quello della porzione inferiore. La parte superiore, ramo terminale mediale del solco interparietale, rappresenta il ramo mediale del solco occipitale trasverso dell'uomo. Anche nell'uomo si può incontrare nel modo qui descritto un'Affenspalte inferiore. Nell'ilobate si può studiare il processo con cui avviene la sparizione dell'Affenspalte superiore, perché in questo genere si possono incontrare tutte le formazioni dalle primitive alle differenziate e quelle di stadî intermedî. Quando diviene superficiale la seconda piega di passaggio, come spesso si rileva nell'uomo, si fa superficiale anche il ramo terminale laterale del solco interparietale intorno al quale la detta piega si avvolge con le sue due branche a lettera U. Questo ramo costituisce il ramo laterale del solco occipitale trasverso. In tal caso il solco che limita tutto all'intorno la seconda piega e la separa dalla terza si unisce con il residuo dell'Affenspalte, che ricopre la terza piega. Questo nuovo stadio ripete quindi una formazione simile a quella del primo stadio quando si fa superficiale la prima piega di passaggio. In tale condizione si osserva ancora un solco opercolare a convessità anteriore, la cui porzione superiore costituisce il limite della parte posteriore della seconda piega che si è fatta superficiale, mentre la porzione inferiore sta a rappresentare la parte residuale dell'Affenspalte.
Dalla convessità del solco opercolare ai limiti dell'incontro delle due porzioni suddette, si stacca un ramo diretto innanzi più o meno esteso e che è la porzione anteriore del solco limitante la seconda dalla terza piega. Quando tutte le pieghe di passaggio (1ª, 2ª, 3ª) divengono superficiali, come accade di frequente nell'uomo, allora scompare ogni residuo di Affenspalte, il 2° e il 3° giro si distendono longitudinalmente, appena leggermente curvi, e i solchi che li limitano si fanno sagittali, costituendo i solchi occipitali laterali superiore e inferiore. Di questi può trovarsene uno soltanto, quando non esiste il 3° giro. Il solco occipitale laterale dell'Eberstaller è precisamente il più basso dei solchi limitanti i giri di passaggio. Nelle scimmie e, particolarmente (fig. 34) in modo tipico nell'ilobate, al di sotto dell'Affenspalte decorre un solco arcuato concavo in alto che ne è separato dalla piega temporo-occipitale superficiale (3ª piega del Gratiolet) e che fu chiamato dallo Zuckerkandl solco occipitale laterale. Esso non deve essere confuso con i solchi occipitali laterali sopra descritti nell'uomo. Nel cervello umano l'omologo del solco occipitale laterale delle scimmie si viene a trovare in un piano più basso di quello del solco occipitale laterale dell'Eberstaller, separato da questo per la piega temporo-occipitale e in prossimità del margine inferiore d′ell'emisfero o lungo questo margine e può riunirsi con il solco temporale inferiore. Per distinguerlo S. Sergi lo chiamò solco occipitale laterale pitecoide. Esso può anastomizzarsi con il solco occipitale laterale dell'Eberstaller, come accade qualche volta nelle scimmie la sua anastomosi con l'estremità inferiore dell'Affenspalte. Il solco opercolare può assumere, le forme più diverse, ma tipicamente è un solco triiadiato con due rami obliqui trasversi, che quando formano insieme un arco convesso innanzi costituiscono il solco lunato, nello stretto senso di E. Smith, e un ramo sagittale, solco prelunato di E. Smith, che è un solco occipitale laterale divisorio delle due pieghe di passaggio, i cui estremi anteriori sono superficiali, e quindi allo scoperto. Il solco opercolare (solco lunato) nell'uomo non costituisce precisamente, come nelle scimmie, il limite anteriore dell'area striata, perché questa si è spostata più indietro del solco: per E. Smith il solco opercolare si trova ai limiti delle aree parastriata e peristriata (occipitale e preoccipitale di Brodmann). Il solco occipitale laterale pitecoide corrisponde al limite dell'area striata laterale: onde il nome di solco infrastriato laterale di E. Smith, ma ciò è approssimativo perché talora è incluso nell'area parastriata (o occipitale); esso segue le sorti dell'area striata laterale, perché raggiunge il massimo sviluppo in quelle scimmie inferiori che hanno una particolare estensione laterale dell'area striata (Kappers).
Il solco si fa irregolare quando l'area striata si riduce indietro, così negli Antropoidi, così nell'uomo. Il Bolk ritiene di non poterlo identificare nel Gorilla per i grandi cambiamenti che la regione ha subito. Nell'uomo si osservano varietà molteplici nella zona di passaggio parieto-occipitale; dalle forme pitecoidi con solco opercolare o lunato, all'antropina, in cui non vi è più traccia di Affenspalte. Nella forma antropina non si può più parlare d'un lobo occipitale distinto dal lobo parietale. Dopo quanto si è detto risulta che nell'uomo il lobo occipitale è relativamente al lobo parietale molto più piccolo che nelle scimmie e di queste più che nelle Catarrine inferiori: ciò non sarebbe che un'altra prova nella filogenesi della prevalenza sempre maggiore che acquistano le regioni anteriori sulle posteriori e le mediali; il lobo parietale e il frontale si può ritenere, in questo senso, che nell'uomo procedan0 nello sviluppo ulteriore quasi contemporaneamente. Il solco opercolare o lunato da E. Smith fu trovato frequente in popolazioni egiziane (Fellah) e nei Negri del Sūdān e ben identificato in un cervello disseccato di Tasmaniano. Lo stesso solco si trova nel 72% dei cervelli di Giavanesi (Kohlbrugge), nel 50% degli Herero (Sergi), nell'80% nei Negri del Camerun (Genna), 4 volte su 6 emisferi di Eschimesi (Spitzka), 2 su 4 di Fuegini (Seitz), e inoltre il Flashmann e il Duckworth lo hanno descritto in Australiani, l'Appleton in Indiani, il Hayashi e il Nakamura in Giapponesi, il Keegan in Indonesiani. Il Brodmann lo trovò nel 70% degli Herero, nel 30% degli Ottentotti, e nell'80% dei Giavanesi e lo considerò un attributo di razze primitive che le distacca da quelle Europee, cui corrisponderebbe un diverso sviluppo dell'area striata. Ma questo solco si può osservare che è molto frequente nelle figure di cervelli di Polacchi (Weinberg) e di Svedesi (Retzius). Landau lo ha trovato negli Estoni, negli Svizzeri, nei Francesi; Goldstern in Ebrei di Vilna e di Riga; Antoni in Svedesi. Nel complesso la forma tipicamente antropina sembra la meno frequente nelle razze umane studiate; prevalgono forme intermedie, pitecoidi di diverso grado, su cui non si può finora affermare alcuna specificità di razza.
Lobo temporale - Le formazioni della superficie laterale. (figg. 32, 34, 42 e tav. CCXXI). - Nei primati l'estremità del lobo temporale si porta sempre più innanzi verso la regione frontale in seguito allo svilupparsi del neopallio e al suo ripiegamento intorno al corpo striato ricoperto dalla corteccia insulare. Il solco post-Silvio (E. Smith), parte posteriore del solco pseudo-Silvio degli altri mammiferi, allora viene a porsi orizzontalmente come solco temporale superiore al livello del margine inferiore del corpo striato (Anthony e de Santa Maria). Ammessa questa omologia, si deve considerare come parte più antica del solco temporale superiore la parte anteriore a decorso orizzontale, che segna nella corteccia circostante della regione temporale l'area temporale superiore e l'area temporale media, mentre è più recente la parte posteriore ascendente intorno alla quale si avvolge il giro angolare (solco angolare di Retzius, Smith). Di fatti una condizione primitiva per il limitato sviluppo del lobulo parietale inferiore s'incontra in quelle scimmie inferiori, nelle quali il ramo ascendente del solco temporale superiore confluisce con la scissura laterale del cervello, e questa distanza si fa tanto maggiore quanto più si differenziano e si evolvono i due giri sopramarginale e angolare, differenziazione che ha il suo esponente massimo nella presenza d'un solco intermedio (Jensen), intermedio anteriore (Eberstaller), il quale segna nettamente il limite tra l'area sopramarginale e quella angolare (Brodmann). L'anastomosi diretta dell'estremità posteriore della scissura laterale con il solco temporale superiore, come si osserva normalmente in scimmie inferiori, si riscontra una volta a sinistra su 14 cervelli di Herero; come è descritto dal Waldeyer nel cervello d'un Sudanese a sinistra, per cui per un certo tratto il giro temporale superiore è nascosto nel fondo della fossa del Silvio. Il Waldeyer descrive lo stesso fatto, ma meno accentuato, in un cervello di Suaheli in ambo i lati, in un Sudanese a sinistra; nei Giavanesi del Kohlbrugge non si trova nulla di simile; e sempre a sinistra poi è stato osservato nei Lettoni 9 volte su 50 (Weinberg), nei Polacchi 1 su 50 (Weinberg), negl'Italiani 16 su 336 (Giacomini). In complesso il fatto si presenta di rado in tutte le razze eccetto che nei Lettoni, e quasi esclusivamente a sinistra; non costituisce un carattere etnico, ma può ricordare un fatto filogenetico.
Comunemente si attribuisce al solco temporale superiore un piccolo solco trasverso anteriore (solco temporale trasverso anteriore di Retzius), il quale si estende fin quasi al polo temporale e può invadere la superficie basale giungendo fino alla fessura rinica; si deve invece distinguerlo come appartenente al sistema temporo-polare (S. Sergi), perché compare nell'uomo in relazione con la comparsa dell'area temporo-polare, che esso delimita dalle tre aree temporali retrostanti (solco temporale anteriore di E. Smith). Retzius descrive tre giri transitivi medio-superiori tra il giro temporale superiore e il medio: il 1° tra il solco temporale trasverso anteriore e il tronco del solco temporale, il 2° che interrompe il tronco stesso, il 30 fra il tronco e il ramo ascendente. Il primo è il più frequente in tutte le razze, meno negli Herero che nei Giavanesi. Sembra negli Herero più raro che negli Europei il caso di ponti superficiali anastomotici tra giro temporale superiore e medio. Per il solco temporale superiore negli Herero in confronto con gli Europei, si riscontra una condizione inversa a quella per i solchi frontali, per i quali la divisione è maggiore negli Herero che negli Europei. Anche nei Negri orientali del Waldeyer la divisione è rara, e così pure nei cervelli di Sudanesi, Ovambo, Ottentotti.
Solco temporale medio. - Il solco temporale medio appare nei primati in seguito all'ingrandimento del lobo temporale, le regioni corticali circostanti sono quindi formazioni recenti rispetto a quelle prossime al solco temporale superiore; le fibre che sono in relazione con i giri temporali medio e inferiore si mielinizzano più tardi di quelle delle aree parietali e frontali (Flechsig). Il solco temporale medio mostra un incremento sempre maggiore di elementi, salendo gradatamente dai primati inferiori all'uomo, ma in questo conserva ancora la divisione in gruppi costitutivi che di rado giungono a formare un sistema continuo: è una formazione soggetta a notevoli variazioni perché non ha raggiunto la stabilità morfologica di altre limitrofe, in cui l'esistenza d'un sistema unico continuo è la regola. Il solco temporale medio è un solco supplementare dei solchi temporali superiore e inferiore, nel senso che ora è povero di elementi per lo sviluppo di quelli ora si arricchisce a spese di elementi che appartengono a essi. Mentre queste oscillazioni di posizione e rapporti tra il solco, temporale medio e il superiore si osservano nella zona anteriore del lobo temporale, quelle tra il solco temporale medio e l'inferiore si osservano più spesso nella zona posteriore, dove queste due formazioni si vengono a incontrare e a compensare. Nell'uomo quindi bisogna trovare gli elementi del solco temporale medio innanzi al solco occipitale laterale pitecoide; al di sopra del solco temporale inferiore allora vi è un punto da considerare verso il quale tendono da quattro direzioni opposte il solco occipitale anteriore del Wernicke e il solco temporale inferiore, il solco temporale medio e il solco occipitale pitecoide: questo punto si trova su una linea che costituisce l'incisura preoccipitale e alla quale possono contribuire le quattro formazioni suddette nel modo più svariato, con prevalenza o esclusione dell'una sull'altra per legge di compenso; se così è, bisogna ritenere che là dove appare alla superficie laterale come ramo ascendente il solco temporale inferiore, là termina indietro il solco medio che può ancora essere rappresentato da altri elementi in alto, ma innanzi al solco occipitale anteriore. L'estensione maggiore o minore che si è voluta dare al solco temporale medio spiega la differenza dei risultati, che non rappresentano quindi carattere di razza. È raro il caso che i vari gruppi si uniscano insieme a formare un solco unico, negl'Italiani affatto eccezionale per il Giacomini, nei Lettoni 2 volte su 50 emisferi, nei Polacchi 1 su 50 emisferi, negli Herero 3 su 28 emisferi, nei Giavanesi mai.
I solchi temporo-occipitali inferiori o basali. - Nella superficie basale temporo-occipitale del cervello umano si distinguono tre zone: una anteriore, una intermedia e una posteriore. La zona intermedia è la più estesa e corrisponde a quel tratto percorso dagli elementi fondamentali del solco collaterale e del solco temporale inferiore e che circoscrivono la parte principale del giro fusiforme: innanzi e indietro di essa si estendono due zone con elementi secondarî o meglio instabili nel numero, nello sviluppo, nell'orientamento, e che ora si fondono ora no con uno o ambedue gli elementi fondamentali dei due solchi principali della zona intermedia. La zona posteriore è percorsa dagli elementi subcalcarini, la zona anteriore degli elementi tempero-polari, che ora dànno luogo al solco sagittalè intermedio anteriore (S. Sergi), ora si dispongono trasversalmente. Medialmente a questa zona si estende una zona stabile, la più antica, definita dalla fessura rinica, la quale divide la regione temporale (neopallio) dalla regione dell'ippocampo (paleopallio); essa si interpone tra l'incisura temporale (Schwalbe) e la fessura collaterale. I segmenti temporo-polari si svolgono nell'area temporo-polare che si estende nella regione del polo temporale e che incontra caudalmente le aree temporali disposte in direzione sagittale. I segmenti subcalcarini si svolgono iiell'area occipitale mediale che contorna l'area striata o della calcarina e che decorre trasversalmente nella regione occipitale basale per continuarsi nella superficie laterale dell'emisfero; principalmente corrisponde al giro linguale, ma si inoltra nel fusiforme. La instabilità nell'orientamento e nello sviluppo degli elementi costitutivi dei solchi di queste due aree è correlativa della loro storia filogenetica. L'area temporo-polare è una zona recente che si aggiunge innanzi alle zone più antiche temporali, essa si deve sviluppare fra queste e il residuo della grande circonvoluzione limbica, nel fondo anteriore della fossa temporale del cranio; i solchi che la percorrono sono fra gli ultimi ad apparire nella regione e debbono adattarsi alla duplice necessità meccanica intracorticale (sviluppo delle aree circostanti più antiche) e cranica (parete della fossa temporale). L'area occipitale subisce nell'uomo la conseguenza della riduzione dell'area striata che tanto notevolmente si estende nelle scimmie; per questa riduzione l'area occipitale si porta molto indietro verso il polo occipitale, i solchi che la percorrono devono subire l'azione immediata della parete cranica e delle zone limitrofe più antiche percorse dalla calcarina e dal solco collaterale. Ma anche l'area preoccipitale, come osserva Genna, si riduce, e così tutta la regione occipitale insieme perde terreno a vantaggio della regione temporale e specialmente dell'area temporo-occipitale di nuova formazione. La fessura rinica nelle scimmie è più spesso separata dalla fessura collaterale e unita all'incisura temporale; nell'uomo invece s'incontra più di frequente la separazione dell'incisura e l'unione con il solco collaterale. La forma più primitiva si trova nei Negri (E. Smith) e altre popolazioni africane, con maggiore frequenza che negli Europei, e non è unita mai con la collaterale negli Herero (Sergi) e nei Negri del Camerun (Genna). Non si può affermare con sicurezza l'esistenza di differenze di razza nel solco temporale inferiore e nel solco collaterale, perché i singoli osservatori li hanno divisi con criterî diversi. Nei Polacchi parrebbe (Weinberg) che il solco temporale inferiore sia più di frequente unico che in qualsiasi altro gruppo umano, che negli stessi il solco collaterale molto spesso confluisca con gli elementi subcalcarini, a differenza degli Herero e dei Giavanesi, nei quali si avrebbe di frequente la frammentazione degli elementi del lobulo linguale.
La regione del cingolo e parieto-frontale mediale (figg. 33, 34, 50). - Il solco del cingolo è costituito di varî segmenti che non sempre appaiono nello stesso numero: l'Eberstaller ne distinse quattro, il Retzius ne trovò un quinto, il Kohlbrugge un sesto e talora se ne incontrano altri (Sergi). Dalla disposizione propria dei mammiferi inferiori si passa, secondo il Kappers, a quella dei primati e dell'uomo per il dividersi del solco spleniale, che sta al di sopra del corpo calloso, in due segmenti, uno anteriore che si unisce al solco genuale, posto al livello del ginocchio del corpo calloso, e forma il solco del cingolo; l'altro, medio posteriore, che andrebbe a costituire la fessura parieto-occipitale e la calcarina. Le variazioni sono in relazione con le inflessioni anteriore e posteriore del telencefalo intorno alla massa grigia centrale diencefalica. Nei Lemuri la parte anteriore del solco spleniale, il cosiddetto solco intercalato, ancora non si è unita al solco genuale. A mano a mano che il cervello si accresce e s'innalza, i suoi poli frontale e occipitale ruotano in basso in senso inverso, in correlazione con il meccanismo per il quale il cranio si espande in senso anteroposteriore. Per tali inflessioni i segmenti primitivi del solco del cingolo si spostano e si allontanano fra loro assumendo nuovi collegamenti con altri segmenti, rispettivamente o più fronto-caudali o più dorso-caudali, mentre nuovi elementi, che s'interpongono, segnano il progresso delle forme più avanzate (Ominidi). La frammentazione del solco, in tal modo, costituisce un carattere progressivo, perché indice d'un aumento nel numero dei segmenti costitutivi. Essa è nulla nelle scimmie inferiori, incomincia negli Ilobatidi, aumenta negli Antropoidi e raggiunge il massimo negli Ominidi. In relazione con l'inflessione antero-posteriore dell'emisfero si accresce la porzione parietale, con lo sviluppo particolare del precuneo, il quale, come già il Mingazzini aveva rilevato fin dal 1895, cresce in ragione diretta della dignità dei primati: mentre nella maggior parte delle scimmie inferiori esso è quasi confuso con l'estremità superiore dei giro parietale ascendente, negli Antropoidi si ingrandisce fino a isolarsi del tutto. Il cambiamento ha luogo per un graduale spostamento della direzione dell'estremità del solco del cingolo, che nelle scimmie inferiori ha una direzione leggermente ascendente, negli antropoidi e nell'uomo si piega, sin quasi ad angolo retto, verso il margine emisferico incidendolo. Per il Bolk, nel gorilla e nello scimpanzé l'estremità posteriore del solco del cingolo si estende sulla superficie laterale più che nell'uomo. Con lo sviluppo del precuneo nei primati, appare il solco sottoparietale che segna il limite con il giro fornicato e deve considerarsi come un nuovo elemento che s'interpone fra la parte anteriore e la medio-posteriore del solco spleniale dei Mammiferi inferiori. Anche le variazioni dell'estremità anteriore del solco del cingolo sono in relazione con l'inflessione telencefalica. Nelle scimmie questo solco abitualmente si arresta al livello del ginocchio del corpo calloso senza circondarlo, negli antropoidi talvolta si spinge al disotto del ginocchio come avviene più comunemente nell'uomo. Il Beccari distingue negli Ominidi varietà più semplici e più progredite per il diverso grado con cui il solco si porta sotto al ginocchio. Lo spostamento e relativo aumento degli elementi del solco del cingolo, nella sua estremità anteriore, si svolgono di pari passo con lo sviluppo del lobo frontale e la rotazione fronto-caudale del polo del medesimo. I solchi proprî della zona fronto-orbitale, che hanno per lo più direzione antero-posteriore, solchi rostrali longitudinali, negli Ominidi sono due o tre. Essi possono contrarre svariati rapporti di scambio e compenso sia tra loro sia con l'estremità anteriore del solco del cingolo. Nei Lemuridi possono del tutto mancare elementi rostrali, nelle scimmie si ha costantemente un solco rostrale, in quelle superiori spesso due, uno superiore e uno inferiore più piccolo. Il solco rostrale inferiore secondo E. Smith limita l'area prefrontale dalla fronto-polare, il solco rostrale superiore la fronto-polare e la frontale anteriore, per il Brodmann la prefrontale dalla fronto-polare. A base dell'interpretazione delle singole variazioni nell'uomo, il Beccari tiene presenti le condizioni dell'estremità anteriore del solco del cingolo. Il solco rostrale trasverso, solchetto verticale dell'estremità posteriore della zona sopraorbitaria, tipico dell'uomo, manca secondo il Beccari in un terzo dei casi; sarebbero questi i casi di maggiore semplicità e più simili alle condizioni delle scimmie. Le variazioni dei segmenti dei solchi della regione del cingolo, sia per il loro numero, sia per il loro diverso modo di aggrupparsi, non sembra che costituiscano particolarità di razza. Il confronto di serie di cervelli appartenenti a gruppi etnici diversi può trarre in inganno, perché gli osservatori hanno descritto il solco calloso marginale seguendo divisioni differenti.
Superficie mediale del lobo occipitale. - Scissura parieto-occipitale interna e scissura calcarina. - La scissura parieto-occipitale interna dell'uomo, secondo E. Smith si dovrebbe chiamare fossa parieto-occipitale. In essa si approfonda il giro o lobo intercuneato o piega parieto-occipitale interna. Secondo E. Smith, quando questa piega nell'uomo si fa superficiale, e ciò accadrebbe nel 12% dei casi, si ripete una forma primitiva caratteristica delle scimmie. In tal caso si distinguono nella superficie mediale un solco limitante posteriore della piega, solco paracalcarino, e un solco limitante anteriore, solco limitante del precuneo, e tra essi, sul margine emisferico un piccolo solco, incisura parieto-occipitale, solco assiale della piega. Quando la piega si approfonda i solchi confluiscono nella fessura: forma comune della fessura parieto-occipitale umana. Di questi tre solchi il paracalcarino sarebbe íl più antico, si trova nella maggior parte delle proscimmie e dei Cebidi, manca spesso nelle Catarrine, negli Ilobatidi e nell'uomo. Il solco limitante del precuneo manca nei Lemuridi e sarebbe sviluppato nelle scimmie e nell'uomo. L'incisura parieto-occipitale nelle Catarrine inferiori e negli Ilobatidi è spinta molto innanzi nella superficie mediale, mentre nell'uomo si pone a cavallo del margine convesso. In questo però nel 5% dei casi si prolunga medialmente, quando si ha la mancanza del solco paracalcarino e del solco limitante del precuneo. Lo Zuckerkandl ammette che la fessura parieto-occipitale è prodotta dalla confluenza di varî solchi, ma non secondo lo schema così semplice di E. Smith. La parte fondamentale più antica di essa sarebbe quella anteriore che confluisce con la calcarina e che suole comparire prima di ogni altra nel feto umano nel 4° o 5° mese (Mingazzini). Secondo lo Zuckerkandl intorno a questa parte fondamentale possono aggrupparsi: il solco assiale del primo giro di passaggio parieto-occipitale esterno, il solco limitante anteriore di questa piega, il solco limitante del precuneo, il solco parietale superiore, il solco del cuneo o paracalcarino. Lo Zuckerkandl ha trovato che per lo più il limite anteriore del lobulo parieto-occipitale è dato dal solco limitante del precuneo, il limite posteriore dal solco del cuneo, ma esistono altre combinazioni. Nel maggior numero dei casi il tronco della fessura comunicherebbe con il solco assiale del primo giro di passaggio o con il solco del cuneo, mentre gli altri solchi rimarrebbero nascosti nella profondità. Nelle scimmie il limite anteriore è costituito, come nell'uomo, più spesso dal solco limitante del precuneo, ma il limite posteriore è più di frequente costituito negli antropomorfi dal solco assiale del primo giro di passaggio a differenza dell'uomo. Nelle scimmie del resto sono possibili varie combinazioni. Per lo Zuckerkandl si deve considerare forma primitiva o pitecoide, quella nella quale il lobulo parieto-occipitale è limitato innanzi dal solco limitante del precuneo e indietro dal solco assiale del primo giro di passaggio esterno. Per quanto riguarda le variazioni etniche è da rilevare che Kohlbrugge in 25 emisferi di Giavanesi non ha mai trovato il lobulo parieto-occipitale che invece è frequente negli Herero (in 1/4 dei casi), negli Svedesi (in 1/5), nei Lettoni (30%), nei Polacchi (32%) e sembra più raro negli Estoni (5%). È dubbio se queste differenze siano espressione di una particolarità di razza o dipendano dal modo d'interpretare la formazione di cui si parla.
Nella fessura calcarina dell'uomo si debbono distinguere due porzioni, una anteriore o tronco, solco calcarino propriamente detto, che è in rapporto con il calcar avis, più precoce nello sviluppo, e una posteriore, solco calcarino posteriore o retrocalcarino, più tardivo nello sviluppo. Tra le due si può trovare una piega, giro cuneolinguale anteriore. Il solco retrocalcarino a sua volta si distingue in una parte anteriore, parte principale di alcuni autori, e una posteriore, parte estrema (sulcus extremus dell'Ecker) che termina biforcata: esse possono essere divise da un giro cuneolinguale posteriore. Il solco calcarino anteriore segna il limite anteriore dell'area striata, il solco retrocalcarino è immerso nell'area striata. Nelle scimmie, secondo E. Smith, il solco calcarino anteriore scompare nella fossa retrocalcarina, tutta la calcarina sarebbe intrastriata e corrisponderebbe al solco retrocalcarino umano. Il Kappers invece ammette che il più delle volte si possa distinguere un solco calcarino anteriore, limitato dall'area striata, benché in esso manchi il giro cuneo-linguale anteriore. Nelle scimmie il solco retrocalcarino giunge biforcandosi fin quasi al polo occipitale e talora lo sorpassa estendendosi nella superficie laterale. La fessura calcarina è separata dalla fessura parieto-occipitale interna per mezzo del peduncolo del cuneo, o giro cuneo-limbico che dal cuneo va al giro del cingolo. Questa piega che nell'uomo è abitualmente profonda, nelle scimmie è per lo più superficiale. Nelle scimmie si può trovare, nella parte posteriore mediale della calcarina, un giro cuneo-linguale che per lo Zuckerkandl è omologo di quello posteriore umano, e per il Landau, che l'ha incontrato negli antropoidi, è un giro cuneo-linguale posteriore accessorio, che si osserverebbe talora nell'uomo, mentre per lo stesso autore il vero giro omologo a quello umano sarebbe costituito dal tratto di corteccia interposto tra la calcarina mediale e il solco, che si trova nella superficie laterale del lobo occipitale, solco u e x di Kükenthal e Ziehen, triraggiato dell'Eberstaller, solco calcarino esterno di E. Smith, ben sviluppato negli Atelidi, Semnopiteci e Antropoidi. Se si considera nel suo insieme l'evoluzione del lobo occipitale dai primati fino all'uomo, colpiscono le sue grandi variazioni. Il fatto essenziale che domina in questi cambiamenti è la tendenza alla superficializzazione completa delle pieghe di passaggio parieto-occipitali laterali, che nelle scimmie sono totalmente o parzialmente nascoste sotto l'opercolo occipitale, e all'approfondirsi dei giri cuneo-linguale posteriore (Landau), cuneolimbico, cuneo-precuneale, che nelle scimmie spesso sono superficiali. Le trasformazioni che si rilevano nel cervello umano sarebbero effetto dello sviluppo crescente delle aree preoccipitali e occipitali e della riduzione dell'area striata (Genna). Nell'uomo si ha la forma antropina tipica, quando i giri transitivi laterali sono supernciali e i mediali profondi, la forma pitecoide, quando i giri laterali sono almeno in parte profondi (presenza del solco opercolare), i mediali superficiali. Il giro cuneo-limbico del tutto superficiale è nell'uomo un fatto molto raro. Il Giacomini su 336 emisferi lo trovò una volta in ambo i lati in una donna, una a destra in un uomo e due a sinistra in donne. In tre dei quattro cervelli osservati esistevano altri caratteri d'inferiorità. Se si ricorda la disposizione sempre superficiale di questa piega nelle scimmie non si può disconoscere il significato di questa posizione nell'uomo. In 14 cervelli di Herero era del tutto superficiale in ambo i lati in un cervello di donna (fig. 50), e in parte superficiale in quattro cervelli in ambo i lati e in uno in un lato. Il Parker la trovò superficiale in due cervelli di Negri su 33. Non è descritta come superficiale in nessun modo nei cervelli di 100 Svedesi, di 18 Estoni, di 50 Lettoni, di 50 Polacchi, di 25 Giavanesi, né in cervelli di Giapponesi e d'Indiani osservati da varî ricercatori. Questa piega si presenta molto diversamente per la sua frequenza nei gruppi umani, non manca mai negli Herero, manca negli Svedesi nel 2%, negl'Irlandesi nel 3%, nei Polacchi nel 4%, negli Estoni non manca mai, nei Lettoni nel 24% e nei Giavanesi nel 16%; sicché in questi ultimi gruppi si osserva un fatto del tutto opposto a quello degli Herero. Colpisce anche la frequenza della superficialità della piega nella donna. Il giro cuneo-linguale anteriore del tutto superficiale è alquanto raro e le percentuali delle variazioni nei gruppi umani si corrispondono. Esso può mancare nella metà dei casi negli Herero ed è più raro ancora nei Giavanesi e ancor di più negl'Irlandesi. Il giro cuneo-linguale posteriore è del tutto superficiale nel 71% negli Herero, con una percentuale altissima che li differenzia dai gruppi europei e anche dai Giavanesi, nei quali è superficiale nel 400%.
L'encefalo degli uomini fossili. - Le conoscenze sull'encefalo degli uomini fossili si basano sulla cubatura della cavità cranica e sul calco dell'endocranio. Con la prima si determina il volume della massa encefalica, con il secondo si esamina la forma generale e si studiano le pieghe del neopallio oltre il decorso dei vasi meningei e dei seni venosi. Le impressioni e i rilievi dell'endocranio corrispondenti alle pieghe e ai solchi del neopallio poco distinti nelle scimmie inferiori, sono talmente attenuate nel cranio degli antropomorfi che quasi nulla da essi si può rilevare e nell'uomo sono bene definiti solamente nelle regioni della base del cranio dove si fa risentire l'azione del peso dell'encefalo. Le osservazioni che si possono compiere sul calco endocranico sono sempre molto imprecise e incomplete e le induzioni relative si debbono accogliere con particolare riserva, poiché non è raro il caso che lo stesso rilievo venga interpretato nel modo più contraddittorio. Portiamo qui la nostra attenzione sui Neandertaliani. I risultati delle indagini compiute su di essi per il numero degl'individui esaminati sono i più attendibili. Ricordiamo anche gli studî sul pitecantropo che da alcuni è considerato un ominide (Dubois, Tilney, Osborn), sull'uomo di Piltdown e sull'uomo della Rhodesia, tralasciamo le razze fossili del Grimaldi, del Cromagnon, ecc. molto più affini agli ominidi attuali.
Volume dell'encefalo. - Il volume dell'encefalo del pitecantropo è stato approssimativamente calcolato fra cm3 900 (Dubois) e 940 (Mc. Gregor), valore che supera per più di 300 cmc. quello del più elevato degli antropomorfi viventi, gorilla, e che è molto vicino al più basso trovato in individui normali di alcune popolazioni umane (Andamanesi: 950 cmc.). L'uomo di Piltdown, la cui capacità cranica rimane sempre molto discussa, per la difficoltà di un'esatta ricostruzione del cranio, rientra negli oligoencefali. I Neandertaliani, con valori che vanno da 1600 cmc., come nel maschio della Chapelle-aux-Saints, a 1350 come nella femmina di La Quina, a valori molto minori quale sembra che abbia il cranio di Gibilterra e quale ha il cranio femminile di Saccopastore (1200 S. Sergi), presentano le estese oscillazioni che s'incontrano negli Ominidi attuali.
Forma dell'encefolo. - I Neandertaliani sono tipicamente dolicoplatiencefalici, l'encefalo è molto allungato e ristretto particolarmente nella regione frontale, un po' più larghetto nella temporo-parietale e appiattito dall'alto al basso in un grado che non è raggiunto da alcun uomo attuale. La regione posteriore del telencefalo strapiomba sul cervelletto alquanto all'indietro di questo. L'encefalo del pitecantropo veduto nella norma laterale, presenta una notevole somiglianza con quello dell'Ilobate; riportato alla stessa grandezza, ne differisce per la riduzione del becco encefalico e differisce da quello dell'uomo di Neander per la minore altezza, è cioè più platiencefalico di questo. L'encefalo dell'uomo di Rhodesia è più vicino a quello dell'uomo attuale per la sua forma generale, la regione frontale è più elevata che nelle forme precedenti. Quello di Piltdown ha un aspetto che si riavvicina agli Ominidi viventi. I cervelli dei Neandertaliani di La Chapelle e di La Quina sono asimmetrici, l'emisfero sinistro era più sviluppato del destro: un'asimmetria di minor grado si rileva anche nei calchi endocranici della calotta di Neander e del cranio di Gibilterra.
Caratteri del neopallio. - Il cervello dei Neandertaliani è caratterizzato dalla semplicità e aspetto grossolano delle circonvoluzioni quale non s'incontra in nessun tipo umano attuale e che ricorda quello degli antropomorfi e dei microcefali. La scissura laterale, ben distinta per largo tratto nei calchi dei Neandertaliani, ha un'inclinazione sulla orizzontale maggiore di quella degli Ominidi viventi, minore di quella degli antropoidi, si apre largamente in avanti per allontanamento dei margini degli opercoli che la delimitano e che nel tratto aperto scoprono una parte dell'insula anteriore la quale negli Ominidi attuali è comunemente del tutto opercolizzata. I rami anteriori si dispongono a U molto aperto segnando i confini ben definiti d'un opercolo triangolare largo, ma ritratto alquanto in alto, sì da lasciare scoperta l'insula. Il solco di Rolando non si può individuare con certezza nei calchi. I procedimenti adottati per determinarlo si fondano su rapporti topografici con punti suturali o posizione dell'arteria meningea media, rapporti supposti uguali a quelli dell'uomo attuale. Per tale incertezza si devono accogliere con molta riserva i giudizî riguardanti lo sviluppo del lobo frontale e parieto-occipitale, fondati sulla posizione ipotetica del solco di Rolando. Secondo Boule e Anthony il piede della terza circonvoluzione frontale era probabilmente assente nel cranio di La Chapelle, ma si potrebbe sostenere l'opinione contraria se si assegnasse un'altra posizione al solco di Rolando. Ammessa la posizione prescelta dagli autori suddetti, risulterebbe che nei Neandertaliani il lobo frontale era meno sviluppato rispetto agli altri lobi che negli uomini attuali. D'altra parte l'esistenza del piede della terza circonvoluzione frontale nei Neandertaliani viene dimostrata in modo irrefutabile dal cranio di Saccopastore (S. Sergi 1929), nel quale a sinistra si vede, pronunziata ed estesa come in un cranio moderno, la protuberanza del giro frontale inferiore nettamente delimitato dal solco postorbitario e dal solco craniale del Silvio, indice manifesto del particolare sviluppo della porzione triangolare e del piede della terza circonvoluzione frontale. Il solco opercolare (Sergi) o lunato di E. Smith sembra abbastanza chiaramente sviluppato, allargato e alquanto allontanato dal polo occipitale, ricordando l'estensione e lo sviluppo abituale negli antropomorfi. Nel calco del pitecantropo i rilievi dei solchi del lobo frontale presentano una certa complessità maggiore a sinistra, e nell'area prefrontale sembra che si possa distinguere un giro frontale inferiore che ricorda alquanto quello umano secondo il Dubois (1924) e sul quale, su una ricostruzione del Mc Gregor, si vuole vedere dal Tilney perfino le due branche anteriori della fessura del Silvio! Nelle altre regioni le tracce dei rilievi del neopallio sono scarse e incerte. Nel calco di Piltdown, il Keith trova una "disposizione semplice e primitiva delle parti, ma non tanto semplice o così primitiva da porre il cervello di Piltdown in una classe distinta da quella del cervello umano moderno". Nel calco dell'uomo della Rhodesia è notevole l'assenza di tracce di circonvoluzioni nell'area prefrontale, l'area frontale è più alta che nell'uomo di Neander ed è appiattita insieme con l'area precentrale: la circonvoluzione frontale inferiore ha l'aspetto caratteristico umano, sembra che esista un considerevole grado di specializzazione del lato sinistro dove si vede distinto il ramo orizzontale della fessura del Silvio. La superficie basale del lobo frontale ha una concavità orbitale pronunciata con relativo becco encefalico. Il giro sopraparietale ha un appiattimento accentuato. I lobi temporali sono piccoli specialmente ai poli, simmetricamente deflessi all'indietro. I lobi occipitali hanno uno sviluppo notevole e presentano un solco lunato ben definito. In conclusione: per quanto scarsi i documenti e incerte le interpretazioni che scaturiscono dal loro esame, si può ritenere che l'encefalo nei Neandertaliani, mentre per il volume e per la morfologia londamentale del neopallio (predominio dell'emisfero sinistro, presenza d'un sistema di opercoli simile al nostro) possiede le caratteristiche dell'encefalo degli Ominidi, si discosta da quelli attuali per un insieme di caratteri primitivi, intermediarî, come dice il Boule, tra quelli dell'uomo e degli antropomorfi; dei quali, se alcuni possono considerarsi come conseguenza di particolari adattamenti meccanici al tipo cranico, altri indubbiamente stanno a rappresentarci un'evoluzione meno avanzata (semplicità generale dei giri, riduzione dei lobi frontali, solco lunato), a cui doveva corrispondere uno psichismo inferiore a quello di qualsiasi razza umana attuale. Le osservazioni sul calco endocranico del pitecantropo non sono conclusive, perché, mentre alcuni vedono in esso solo un cervello di antropoide più complesso e più voluminoso, altri vi trova financo i rudimenti del centro del linguaggio del Broca. Il calco dell'endocranio dell'uomo di Piltdown conferma l'opinione di coloro che collegano il tipo morfologico di questo con quello degli uomini attuali. È difficile associare geneticamente il tipo cerebrale dell'uomo di Rhodesia a qualsiasi di quelli degli uomini primitivi considerati; esso sembrerebbe troppo generalizzato in certe aree per considerarlo in stretta relazione con l'uomo attuale.
La struttura interna del tronco encefalico dei primati. - Il Tilney (1928) ha cercato di determinare il vario grado di sviluppo di particolari formazioni dell'encefalo dei primati. Egli si è valso di speciali coefficienti planimetrici, espressioni numeriche del rapporto tra l'area di sezione d'una determinata formazione e l'area della regione nella quale la sezione è contenuta. Riproduciamo qui sotto la tabella del Tilney.
In questa tabella si osserva che alcune strutture hanno una progressiva riduzione dai primati inferiori all'uomo, altre un progressivo ingrandimento. Per il Tilney tali formazioni possiederebbero una plasticità speciale e sarebbero facili a subire le influenze dell'adattamento, le loro variazioni concordano a provare l'esistenza d'un vero processo evolutivo che segue di pari passo lo sviluppo psichico. A grado a grado che si procede verso i primati superiori si affina l'attività motrice con nuove possibilità di adattamento, appaiono sintesi più complesse delle combinazioni sensoriali, il che permette all'esecuzione dell'atto una larga possibilità di variazione che negli Ominidi culmina con la facilità del potere di scelta nell'alternativa dei mezzi d'azione. Definita con un unico termine, questa sfera d'azione è stata chiamata neocinesi: essa si annuncia nei mammiferi con l'apparizione delle piramidi, dei nuclei pontini e dei peduncoli cerebrali, ma trova nei primati la sua rapida ascensione.
V. tavola a colori.
Bibl.: Una ricca letteratura fino al 1895 si trova nell'opera di G. Mingazzini, Il cervello in relazione coi fenomeni psichici. Studio sulla morfologia degli emisferi cerebrali dell'uomo, Torino 1895. La bibliografia più completa sull'argomento, fino al 1925, si trova nello studio di G. Genna, Sulla morfologia dei solchi cerebrali dell'uomo con osservazioni su cervelli di indigeni del Camerun, in Riv. Antr., Roma 1924. La cerebrologia delle razze umane ha proceduto fino ad ora assai lentamente, a differenza della craniologia per la difficoltà di raccolta e conservazione del materiale. Possediamo descrizioni di cervelli di raze diverse, ma senza unità di metodo. All'antropologia anatomica occorrono osservazioni compiute su serie numerose di esemplari, appartenenti a un determinato gruppo etnico e condotte con indirizzo unitario. A questo criterio sono informati i lavori seguenti: G. Genna, op. cit.; J. H. F. Kohlbrugge, Die Gehirnfurchen der Javanen, Amsterdam 1906; id., Die Hirnfurchen malayscher Völker verglichen mit denen der Australier und Europäer, ivi 1909; Landau, Über die Orbitalfurchen bei den Esten, in Zeitschrift für Morphol. und Anthrop., Lipsia 1910; id., Über die Furchen an der Medialfläche des Grosshirns bei den Esten, ibid. 1911; id., Über die Grosshirnfurchen am basalen Teile des temporoccipitalen Feldes bei den Esten, ibid. 1911; id., Über die Furchen an der Lateralfläche des Grosshirns bei den Esten, ibid. 1914; G. Retzius, Das Menschenhirn, Stoccolma 1896; S. Sergi, Cerebra Hererica, in Denkschrift. der med. nat. Gesellschaft, XV, Jena 1909; id., Contributo allo studio del lobo frontale e parietale nelle razze umane. Osservazioni sul cervello degli Herero, in Ricerche Labor. anat. R. Università di Roma, Roma 1908; id., Note morfologiche sulla superficie metopica del lobo frontale in cervelli di Indiani e Giapponesi, ibid. 1913; E. Smith, Studies in the Morphology of the human brain with special reference to that of the Egyptians, n. 1: The occipital region, in Records of the Egyptians government; School of Medicine, Cairo 1904; W. Waldeyer, Gehirne südwestafrikanischer Völker, Berlino 1906; R. Weinberg, Das Gehirn der Letten, Cassel 1896; id., Die Gehirnwindungen bei den Esten, Cassel 1896; id., Die Gehirnform der Polen, in Zeitschr. für Morphol. und Anthropol., Lipsia 1905.
A questi lavori bisogna aggiungere quelli che si riferiscono a ricche serie di cervelli e che pur senza il fine diretto d'investigare differenze etniche, servono anche a questo scopo. Tali sono quelli di G. Chiarugi, La forma del cervello umano e le variazioni correlative del cranio e della superficie cerebrale, Siena 1886; Cunningham, Contribution to the surface Anatomy of the cerebral hemispheres, in Mem. Roy. Irish Acad., VII (1892); Eberstaller, Zur Oberflächenanatomie der Grosshirnhemisphären, in Wien. Med. Blätt., XVI-XXI (1884); C. Giacomini, Guida allo studio delle circonvoluzioni cerebrali dell'uomo, 2ª ed., Torino 1884; id., Varietà delle circonvoluzioni cerebrali dell'uomo, Torino 1881.
Sono di speciale interesse le particolari descrizioni, per quanto ridotte a pochi individui, di molti autori. Un elenco abbastanza completo di esse si può leggere nel capitolo: Data for an anthropology of the brain di C. U. Ariëns Kappers, in The evolution of the nervous system in invertebrates, vertebrates and man, Haarlem 1929.
Per i problemi e discussioni, d'ordine generale, di anatomia comparata del cervello dei primati e dell'uomo si consultino: R. Anthony, La morphologie du cerveau chez les singes et chez l'homme, in Revue anthrop., 1917; Anthony e De Santa Maria, Essai d'un plan morphologique descriptif du cerveau de l'homme et des singes, in Revue scientif., 1912; C. U. Ariëns Kappers, Die Vergleichende Anatomie des nervensystems der Wirbeltiere und des Menschen, Haarlem 1921, voll. 2 (con ricca bibliografia); N. Beccari, La superficie degli emisferi cerebrali dell'uomo nelle regioni prossime al rinencefalo, Firenze 1911; P. Broca, Mémoires sur le cerevau de l'homme et des primates, in Mémoires Anthropol., V (1883); Brodmann, Neue Forschungsergebnisse der Grosshirninidanatomie mit besonderer Berücksichtigung anthropologischer Fragen, Verh. 85 Vers. Deutsch. Naturf. ecc., Vienna 1913; O. Eberstaller, Das Stirnhirn, Vienna 1890; Holl, Über die Insel des Menschen- und Anthropoidengehirnes, in Archiv. für Anat. und Physiol., Lipsia-Berlino 1902; id., Zur vergleichenden Anatomie des Hinterhauptlappens, in Sitzungsberichte der K. Akad. der Wissensch. in Wien, 1907; id., Zur vergleichenden Morphologie der vorderen Insel des menschlichen Gehirnes, ibidem 1908; Kohlbrugge, Kultur und Gehirn, in Biolog. Zentralblatt, Erlagen-Lipsia 1911; E. Landau, Anatomie des Grosshirns, Formanalytische Untersuchungen, Berna 1923; id., Anatomie comparée, in Bull. et Mém. Société d'anthropol., Parigi 1916; S. Sergi, Sul limite posteriore del lobo parietale e sui solchi occipitali esterni nel cervello dell'uomo, in Atti Soc. Rom. Antr., 1908; id., Variazioni dei solchi dell'insula del cervello umano, ibid. 1919-20; id., Variazioni di sviluppo del lobo frontale dell'uomo, ibid. 1910; id., Sui solchi temporooccipitali inferiori nel cervello dell'uomo, ibid. 1911; id., Über die Morphologie und Symmetrie des Lobus frontalis beim Menschen, in Zeitschrift für Morphologie und Anthropologie, Lipsia 1914; E. Smith, The so called Affenspalte in the human (Egyptian) brain, in Anat. Anzeig, 1904; id., The Morphology of the occipital region of the cerebral hemisphere in man and apes, ibid. 1904; id., The central nervous system, 4ª ed., Edimburgo 1920; E. Zuckerkandl, Zur vergleichenden Anatomie des Hinterhauptlappens, Vienna 1904; id., Über die Collateralfurche, ivi 1904; id., Über die Affenspalte und das Operculum occpipitale des menschlichen Gehirns, ivi 1905; id., Zur Anatomie der Fissura calcarina, ivi 1906.
Le monografie più importanti e più complete sulla morfologia cerebrale dei primati sono quelle di: Bolk, Über das Gehirn vom Orang-Utang, in Petrus Camper, 1901; id., Das Gehirn vom Gorilla, in Zeitschr. für Morph. und Anthrop., 1910; Kohlbrugge, Die Variationen an den Grosshirnfurchen der Affen, in Zeitschr. für Morph. und Anthrop., 1903; Kükenthal e Ziehen, Über die Grosshirnfurchen der Primaten, in Ienaische Zeit. für Naturwissensch., 1895; G. Mingazzini, Beiträge zur Morphologie der äusseren Grosshirnhemisphären-oberfläche bei den Anthropoiden (Schimpanse und Orang), in Archiv für Psychiatrie und Nervenkrankheiten, Berlino 1928; G. Retzius, Das Affenhirn, Stoccolma 1906; S. Sergi, Le variazioni dei solchi cerebrali e la loro origine segmentale nell'Hylobates, in Ricerche Lab. anat. normale R. Università, Roma 1904; Tilney, The brain from ape to man, New York 1928.
Per il cervello dell'uomo fossile: R. Anthony, L'encéphale de l'homme fossile de la Quina, in Compt. rend. Acad. d. sc., Parigi 1912; Anthony e Boule, L'encéphale de l'homme fossile de La Chapelle-aux-Saints, in L'Anthropologie, XXII (1911); Dubois, On the Principal Characters of the Cranium and the Brain, the Mandible and the Teeth of Pithecanthropus Erectus, in Koninklijke Akademie van Wetenschappen, Amsterdam 1924; Keith, The antiquity of man, Londra 1920; id., Report on the Galilee Skull. Researches in Prehistoric Galilee, 1925-1926, a cura della British School of Archaeology in Jerusalem, 1927; Tilney, op. cit.