shock, cervello da
Sindrome neurologica causata da uno shock, di origine cardiaca (deficit di pompa), circolatoria (emorragie con perdita di grandi volumi circolanti, vasoparalisi periferica), da sepsi, tossicosi, avvelenamenti, anafilassi, ecc. Può anche avere origine mista, come nei traumi multipli che associano deficit dei sistemi di regolazione del tono vascolare con emorragie. Lo shock comporta una diminuzione acuta della perfusione ematica cerebrale, causando danni cellulari che a loro volta, tramite i mediatori della flogosi, dànno vasoparalisi e ulteriore ipoperfusione. L’SNC mette tuttavia in atto alcuni meccanismi compensatori: l’ipovolemia, l’ipotensione e l’ipossia sensibilizzano barocettori e chemocettori del sistema nervoso autonomo, attivando il sistema simpatico verso la vasocostrizione periferica e la mobilizzazione di substrati metabolici, e il sistema neuroendocrino verso la gluconeogenesi, la lipolisi, il rilascio di insulina. Il destino del cervello da s. è pertanto legato alla prevalenza dell’una o dell’altra fra queste due classi di eventi fisiopatologici: le elevate richieste metaboliche del cervello e le sue ridotte riserve energetiche, insieme alla vasoparalisi, possono infatti determinare danni irreversibili o esito infausto. Nello stato di shock si osservano sintomi da lesioni ipossiche (➔ ischemia cerebrale), che interessano le varie porzioni del cervello: deficit corticali con agitazione o torpore, stato confusionale; in progressione si possono osservare obnubilamento del sensorio e rallentamento psicomotorio e anche, molto rapidamente e con pessima prognosi, sintomi bulbari e insufficienza respiratoria. Il cervello da s. può portare al decesso in breve tempo, spec. se si associano patologie preesistenti quali encefalopatia multinfartuale, diabete, malattie neurologiche degenerative, insufficienza renale, pancreatite. La terapia deve essere necessariamente attuata in reparti di rianimazione: come in molti casi di shock, la rimozione delle cause (per es., la reintegrazione di sangue o plasma, l’emodialisi, la terapia antibiotica) non è necessariamente garanzia di successo terapeutico.