CERESOLA (Cereseole, Cerexole), Andrea, detto il Vannone
Figlio di certo Iacopo (Colmuto, p. 131 n. 63), proveniente da Lanzo di Intelvi, non se ne conosce né la data di nascita, né la prima formazione e attività. Notizie più precise si hanno per contro dalle fonti e dai documenti a partire approssimativamente dal 1580, quando lo si trova attivo a Genova, dove è documentato sino al 1619.
Anche queste notizie si presentano talora contraddittorie, e non è stata operata sino ad ora una completa revisione critica della figura di questo architetto - esponente di una tradizione lombarda fra manierismo e barocco - che fu senza dubbio una delle figure più significative dell'architettura e dell'ingegneria in Liguria fra gli ultimi decenni del XVI secolo e i primi del XVII.
Le notizie più antiche sulla sua attività si riferiscono agli anni immediatamente antecedenti il 1580, allorché il C. risulta essere impegnato, insieme con altri architetti, nel completamente della cinta muraria di Genova (Poleggi, p. 361). La prima opera di grande impegno, tuttavia, che presuppone un'attività anteriore oggi sconosciuta, è la costruzione della chiesa di S. Pietro in Banchi (assegnata erroneamente da A. Venturi a Rocco Lurago), di cui presentava il modello nel 1583, e nel cui cantiere è documentato come principale architetto fra il 1584 e il 1586 (Poleggi, p. 364).
Nel 1585 il C. fu nominato una prima volta "architetto camerale", titolo equivalente a quello di sovrintendente alle opere pubbliche della città; carica che ricoprì fino al 1590 circa e, quindi, una seconda volta, dalla morte di Giovanni Ponzello, nel 1598, al 1609. Sempre nel 1585 firmava il contratto con G. B. Spinola per la realizzazione della chiesa e del convento di S. Maria Maddalena, dei padri somaschi: vi risulta impegnato fino al 1589 (secondo l'Alizeri, 1864, p. 46, avrebbe iniziato i lavori già nel 1584). L'attuale chiesa della Maddalena sembra essere un rifacimento posteriore al 1635 circa (Colmuto). In questi stessi anni il C. era probabilmente già attivo in quella che fu una delle sue opere più importanti, ossia la ristrutturazione del palazzo ducale di Genova.
In esso il C. curò la realizzazione del grande atrio (che per la sua volta retta da catene e senza sostegni apparenti gli conferì grande fama, testimoniata dalle fonti successive), dei due cortili, probabilmente, e delle facciate est ed ovest (quella ovest è attualmente il risultato del rifacimento di Simone Canton dopo il 1777), oltre che il generale assetto del palazzo in rapporto alle nuove esigenze delle funzioni pubbliche. Circa la datazione dell'intervento vannoniano (che il Poggi pone già a partire dal 1580), si ritiene possa essere comunque fissata fra gli anni Ottanta e il primo decennio del XVII secolo, date le testimonianze documentarie del succedersi continuativo di lavori di notevole impegno nel palazzo, in questo periodo (Sborgi, pp. 125-128).
Maggiore precisione si ha circa la data dell'intervento del C. nella ricostruzione della chiesa di S. Siro, documentato nel 1588, che per alcuni (Alizeri, 1875; Da Prato, in parte Labò) sarebbe da ascrivergli interamente; mentre per altri (Colmuto) egli si sarebbe limitato alla realizzazione di una cappella. Fra il 1590 e il 1596 era impegnato in un'altra opera di grande rilievo, ossia la costruzione della loggia dei Mercanti a piazza Banchi, che una certa tradizione voleva assegnata a Galeazzo Alessi, almeno nella ideazione, e, più recentemente (Colmuto), è riferita a Francesco di Antonio Roderio. Tuttavia nuove indicazioni documentarie - oltre che, affinità stilistiche con soluzioni presenti nell'atrio di palazzo ducale - sembrano attestare con certezza la presenza del C. come direttore dei lavori, oltre che come principale ideatore (Poleggi, p. 364). La loggia, distrutta la copertura durante il secondo conflitto mondiale, è tuttora esistente.
Sempre intorno al 1590 il C. avrebbe ristrutturato e ampliato la villa dei Doria a Genova-Pegli (De Negri, p. 264): di questo intervento non si hanno notizie precise, mentre è per contro documentato, sempre nell'ambito della stessa villa, il suo progetto del 1591 per la cappella della famiglia (oggi nota come S. Maria delle Grazie). Sempre per i Doria, nello stesso anno avrebbe eseguito la chiesa di S. Benedetto a Fassolo, presso il palazzo del Principe: la notizia è tuttavia fornita solo dall'Alizeri (1875, p. 549), e, ripresa quindi da Castagna-Masini. Mentre sembra sicuro il suo intervento, per gli stessi committenti, più tardi, nel 1599, per il restauro del portale occidentale di palazzo Doria, detto di S. Benedetto (che venne realizzato a quanto pare nell'anno 1591, da Giovanni Ponzello). Fra gli edifici di culto a lui assegnabili va ancora ricordata la chiesa di S. Nicolò di Tolentino per gli agostiniani, di cui eseguì il disegno nel 1597. In questo stesso anno fu posta la prima pietra, mentre, ancora nel 1599 i lavori proseguivano e il C. compare come architetto principale nell'impresa (Alizeri, 1875, p. 520). La chiesa, a navata unica, è andata distrutta in gran parte durante la seconda guerra mondiale e poi ricostruita con notevoli trasformazioni.
Le notizie sul C. continuano fra la fine del secolo e i primi due decenni del successivo, indicandolo attivo soprattutto in opere ingegneristiche. Fra esse dovrebbe assegnarglisi, intorno agli ultimi anni del secolo, l'esecuzione di una grande cisterna nella contrada di Sarzano (Soprani). Tuttavia, anche in questo caso, resta difficile vagliare l'attendibilità dell'indicazione delle fonti antiche, in quanto non è tuttora ben chiaro di quale cisterna si tratti, essendo indicata - ed esistente - un'altra cisterna nella stessa zona (di grandi dimensioni), attribuita peraltro dall'Alizeri (1864, p. 50) a Giovanni Aicardi (pur con suggerimenti del Vannone), ed eseguita nel 1619. In rapporti con l'Aicardi il C. sembra del resto essere già stato nell'anno 1605 quando il progetto di questo e quello del Vannone risultano vincitori - e probabilmente unificati - nel concorso per la realizzazione dei magazzini dell'Annona: quest'opera distrutta intorno alla metà del secolo scorso, è attribuita invece dal Soprani al solo Aicardi (Alizeri, 1864, pp. 47-48).
Nella veste di perito per i teatini (erano stati i committenti della chiesa di S. Siro), in una controversia per questioni edilizie con i gesuiti, il C. compare ancora nel 1611 (Colmuto, p. 111).
Alcuni cenni vanno fatti inoltre per alcune opere attribuite al C., ma per cui non esistono supporti documentari. Innanzitutto la villa Saluzzo, detta "Il Paradiso", sulla collina di Albaro, opera di grande impegno e di notevoli qualità formali, che è assegnata al C., in via ipotetica, dall'Alizeri e poi, via via, da Reinhardt, Cappellini, Venturi, ecc. Quindi il palazzo Durazzo allo Zerbino, attribuitogli dall'Alizeri (1875, p. 485), a quanto sembra su dati documentari (oggi ignoti, peraltro), e che sarebbe databile fra il 1599 e il 1603. Sempre all'Alizeri (1875, p. 551) va fatta risalire anche l'attribuzione del palazzo Doria al Gigante.
Un'altra indicazione, eccentrica in quanto estranea al contesto ligure a cui sembra limitarsi l'attività del C. dopo il 1580, è quella fornita da Giovio e Pesenti, secondo cui dovrebbe ascriversi al Vannone il loggiato del Palazzo Nuovo di Bergamo: il palazzo, iniziato secondo il Giovio intorno al 1593, e secondo il Pesenti nel 1599 (anno in cui furono poste le fondamenta; la costruzione sarebbe iniziata realmente nel 1604), fu poi modificato sostanzialmente dallo Scamozzi a partire dal 1611. Un'ultima indicazione, anche questa peraltro non suffragata da documenti e fonti locali, è l'attribuzione del disegno della cattedrale di Chiavari (Merzario, p. 249), realizzata nel 1624 (i lavori furono iniziati tuttavia, pare, nel secondo decennio del secolo).
Dopo il 1619 non si hanno più notizie del C.: si deve pertanto supporre che intorno a questo anno debba porsi la data della morte.
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