CERBERO (Κέρβερος, Cerbĕrus)
Una delle fantastiche figure dell'oltretomba dei Greci antichi (v. ade). C. è il cane che custodisce l'entrata dell'Ade, benevolo a chi entra, feroce ed aggressivo contro chiunque tenti di uscirne. Conosciuto già da Omero, ma anonimo (Il., VII, 368; Odiss., XI, 623), comparisce per la prima volta col nome di Cerbero nella Teogonia di Esiodo (v. 311), dove è fatto figlio di Tifone e di Echidna. Incerte sono le origini di questa figura mitica: è esso una creazione della fantasia greca oppure lo ricevettero i Greci dalla mitologia di altri popoli? Alla soluzione di tale questione molto gioverebbe l'esatta determinazione dell'etimologia del nome, tuttavia incerta anche dopo gli studi dei moderni (v. specialmente Gruppe, Griech. Mythologie, p. 408. nota 2). La caratteristica principale della figura di C. - come se lo rappresentavano i Greci - era la pluralità delle teste: in tempi più antichi, pare gliene fossero attribuite per lo più due; ma a poco a poco finì col prevalere l'idea delle molte teste; cinquanta gliene assegna già Esiodo (Theog., cento Pindaro (fram. 249; cfr. Hor., Carm., II, 13, 34) Più tardi divenne e rimase tipíca la figura di C. a tre teste; delle quali quella di mezzo, in epoca romana, è, di solito, leonina.
Nel mito è collegato specialmente con la saga del viaggio di Eracle all'Ade, quando l'eroe greco vi discese per liberare Teseo (forse già in Esiodo: cfr. Paus., IX, 31, 4). E a questa saga si riferiscono quasi tutte le rappresentazioni di C., specialmente le numerose pitture di vasi dell'Italia meridionale, che riproducono scene dell'oltretomba (v. Winckler, Die Darstell. d. Unterwelt auf unterital. Vasen, Breslavia 1888). Come nella poesia, cosi rimane a lungo incerta la figura di C. nell'arte: su uno skyphos protocorinzio di Argo compare con una testa sola; con tre teste, regolarmente dal sec. V in poi. Spesso la figura è resa mostruosa con l'aggiunta della coda di serpente, delle zampe di leone, o di rettile, sul dorso e sul collo. Lo si trova rappresentato anche in forma umana: e tale è lo Ianitor Orci dei Romani. Nel culto, l'elemento rituale più connesso con la figura di C. era rappresentato dalla focaccia di miele (μελιτοῦττα) che si dava ai morti perché la offrissero al portiere dell'Ade, corrispondente alle offae dei Romani.
Bibl.: J. van Gheyn, C., Bruxelles 1883; M. Bloomfield, C., Chicago 1905; C. Pascal, Le credenze d'oltretomba, I, Milano 1923, p. 47 segg.; O. Immisch, in Roscher, Lexikon der griech. u. röm. Mythol., II, i, coll. 1119-1135; Eitrem, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XI, coll. 271-284.