CENTURIA
. È la minima unità dell'antica fanteria romana consistente, come il nome indica, di cento uomini. La funzione tattica delle centurie fu presto soverchiata (fin dal tempo delle guerre sannitiche) da quella dei manipoli di 60 uomini, ma come unità politiche e amministrative esse rimasero fino all'età imperiale invece assai dubbio se e fino a quando sia stata divisa in centurie (anziché in torme di 30 uomini) la cavalleria dell'esercito.
In tempo assai antico, e secondo la tradizione a opera del re Servio Tullio, l'ordinamento dell'esercito fu riportato in un'assemblea popolare con funzioni elettorali e legislative, che si riunì come l'esercito nel campo Marzio e fu detta comizio centuriato. Del comizio fecero parte tutti i cittadini atti alle armi, cioè i maschi dai 17 ai 60 anni: ma, risultando la deliberazione dell'assemblea non dalla maggioranza dei voti individuali bensì da quella dei voti delle centurie, il vario numero degl'iscritti nelle centurie dei diversi gruppi permise di graduare il peso politico dei voti, in modo che i più abbienti prevalessero sui meno abbientì, e i seniores (dai 46 ai 60 anni) sugli iuniores (dai 17 ai 45).
Lo schema dato da Livio (I, 43) e da Dionisio (IV, 16 segg.) è il seguente: la cavalleria (equites) ha 18 centurie, 6 delle quali, col nome di sex suffragia, avevano una certa posizione di privilegio. Le centurie della fanteria (pedites) sono ripartite secondo il censo in classi, e in ciascuna vi sono tante centurie di seniores quante di iuniores: la prima classe ha 40 centurie di seniores e 40 di iuniores, in complesso 80; la seconda, la terza e la quarta hanno ciascuna 10 centurie di seniores e 10 di iuniores, cioè 20 per classe; la quinta ha 30 centurie (15 e 15). Infine sono assegnate agl'inermi 5 centurie: e precisamente due al genio (fabri tignarii ed aerarii), due alla fanfara (tubicines e cornicines), una agli accensi velati, portatori di bagagli e, all'occorrenza, complementi.
Il privilegio degli abbienti è accresciuto dal modo in cui procedono le votazioni. Non tutte le centurie sono chiamate a votare contemporaneamente, né è necessario che votino tutte: anzi sono chiamate per prime la cavalleria e la prima classe, e ciascuna delle classi successive viene chiamata soltanto se sia necessario per raggiungere la maggioranza. Ne consegue che, quando lo scrutinio delle 100 centurie del primo bando abbia già dato 97 voti in un senso, il comizio si scioglie: comunque, è molto raro che le operazioni procedano fino alla quinta classe.
È controverso il rapporto fra l'esercito e il comizio. Secondo una dottrina già dominante, ispirata alle dichiarazioni di Dionisio, il rapporto era dato dal fatto che ogni centuria dell'ordinamento serviano (o almeno ogni centuria di iuniores nelle classi dei pedites) dovesse fornire alle leve annuali un contingente di 100 uomini. Ma, anche calcolando in 19 le campagne alle quali ogni iunior era tenuto entro i 28 anni d'iscrizione, il continuo guerreggiare dei Romani e il calcolo dei morti in battaglia e d'invalidi presupporrebbe negli iuniores della prima classe centurie di 300 uomini (e di 100 nei seniores); sicché alla prima classe avrebbero appartenuto 16.000 uomini validi. Quanto alle classi inferiori, anche a voler ammettere che l'addensamento non superasse da classe a classe il 33%, non avrebbero potuto aver meno di 40.000 uomini complessivamente: con la cavalleria e il proletariato, si raggiungerebbero i 60.000 uomini validi, coefficiente che Roma non poté avere né al tempo del re Servio né per più secoli ancora. Si aggiunga che non solo le operazioni del censimento, ma anche quelle della leva annuale si facevano, come concordemente rilevano gli antichi, fra le tribù in cui la popolazione era divisa a partire appunto, secondo la tradizione, da Servio (nella sistemazione definitiva 35 tribù, 4 urbane e 31 rustiche); ora, poiché dall'incommensurabilità fra il numero delle tribù e quello delle centurie delle varie classi si ricava che le due iscrizioni di ogni cittadino erano indipendenti, si dovrebbe ammettere che alla scelta dei contingenti entro le tribù seguisse un lungo e increscioso lavoro di scarti e sostituzioni, allo scopo di porre precisamente 100 uomini a carico di ogni cellula del comizio: supposizione estremamente difficile.
Per lo meno, dunque, è necessario ammettere, con buona parte della dottrina moderna, che Livio e Dionisio descrivano l'ordinamento in una fase nella quale era già venuta meno l'eventuale originaria funzione delle centurie come distretti di leva, e che la struttura primordiale fosse molto più semplice. Non è assurdo supporre che la distinzione fra seniores e iuniores non sia originaria (Beloch); e inoltre l'uso, corrente anche in età avanzata, di chiamar classici i pedites della prima classe e infra classem i rimanenti può far pensare che nei primordî vigesse soltanto questa distinzione elementare, sicché 80 sole centurie (40 di classici e 40 infra classem) fornissero i contingenti alla fanteria. E, se si pensa che avanti la presa di Crustumerium (circa 450 a. C.) le tribù erano venti, la commensurabilità fra tribù e centurie sarebbe stabilita almeno per un periodo iniziale.
Ma una siffatta ipotesi urta contro la circostanza che proprio l'ordinamento descritto dagli antichi è condotto in ogni particolare sulla falsariga di un esercito di due legioni. Le centurie di iuniores delle prime tre classi darebbero 6000 uomini di armatura pesante (3000 per legione): le classi quarta e quinta darebbero 2500 uomini di armatura leggiera, con una minima differenza in più rispetto ai 1200 per legione. Solo i seicento cavalieri delle legioni disporrebbero di un numero triplo di unità comiziali: ma il punto di partenza dei 600 è evidente nella posizione privilegiata dei sex suffragia.
In quest'ordine di idee, preferiamo ritenere che l'ordinamento attribuito a Servio non abbia mai avuto rapporto con la leva, anzi abbia distribuito i partecipanti al comizio ad imitazione della distribuzione delle forze nell'esercito. Secondo ogni probabilità, i comizî dell'epoca regia non ebbero mai competenza legislativa né elettorale, e il passaggio (graduale) dalla monarchia alla repubblica si operò mediante l'acclamazione che l'esercito venne facendo dei suoi capi prima di muovere alla guerra. Era naturale che, trasformando l'acclamazione in elezione e trasferendola dall'esercito in armi alla popolazione maschile atta alle armi, questa si ordinasse sull'esempio di quello.
Quanto alla data approssimativa dell'ordinamento, poiché dalla critica delle liste dei tribuni militum consulari potestate sembra risultare che il raddoppiamento della legione avvenne circa il 405, il comizio centuriato è press'a poco coevo; e se ne ha una riprova nella diffusione che proprio allora ebbe la piccola proprietà.
È opinione ormai indiscussa che, identificandosi i patrizî con la cavalleria, tutte le classi di pedites furono plebee. Il censo necessario per l'appartenenza a ciascuna viene riferito dagli antichi in danaro (100.000 assi per la 1ª classe, 75.000 per la 2ª, 50.000 per la 3ª, 25.000 per la 4ª, 12.000 o 11.000 per la 5ª); ma è probabile che questo criterio sia stato introdotto da Appio Claudio Cieco (310 a. C.), mentre in precedenza erano censiti nelle cinque classi solamente gli adsidui, cioè i proprietarî di fondi iscritti come tali nelle tribù. Quali fossero le estensioni territoriali minime per ciascuna classe, non sappiamo; ma l'affollamento della prima classe sembra dimostrare che vi partecipassero tutti i proprietari che conservassero intera l'unità fondiaria (7 iugeri?), e che alle classi inferiori fossero iscritti quelli che per ragioni ereditarie o di altro ordine possedessero di quella unità rispettivamente i tre quarti, la metà, un quarto, o una frazione minore.
L'importanza che in progresso di tempo assunsero i comizî (o concilia plebis) tributi, nei quali erano unità votanti le 35 tribù, fece sentire l'opportunità di stabilire fra tribù e centurie una corrispondenza. Della riforma, probabilmente attuata nel 241 a. C. dai censori C. Aurelio Cotta e M. Fabio Buteone, le fonti indicano soltanto certe direttive fondamentali: adeguazione del numero delle centurie a quello delle tribù; conservata separazione fra seniores e iuniores; diminuzione del privilegio dei più abbienti.
Una dottrina che, già avanzata dal Niebuhr, viene spesso riproposta, prende alla lettera la dichiarazione di Livio, I, 43, 12, e assume che tutto l'ordinamento riformato, almeno tutto l'ordine dei pedites, si sia ridotto a 70 centurie, 35 di seniores e 35 di iuniores. Ma tale opinione, mentre non rappresenta l'unica possibile interpretazione del passo liviano, è in contrasto con testi che dimostrano ancora vigente sulla fine della repubblica la divisione in classi.
Ammette invece una forte moltiplicazione delle centurie l'ipotesi del Pacato (detto Pantagato), difesa, ma corretta dal De Sanctis. Le 35 centurie di seniores e le 35 di iuniores si sarebbero avute in ciascuna categoria, compresa secondo il Pantagato la cavalleria e il proletariato, limitatamente alle cinque classi dei pedites secondo il De Sanctis. Ma non si può immaginare che una tale riforma, con cui sarebbe stata ridotta al minimo l'efficienza della cavalleria e tolta alla prima classe ogni ombra di privilegio, si sia compiuta all'infuori delle leggi, per semplice iniziativa di magistrati.
Che gli spostamenti siano stati lievi, è confermato dal papiro di Ossirinco, XVII, 2088, contenente un frammento di opera storica o antiquaria relativo alle istituzioni serviane, dove si dice chiaro che il numero complessivo delle centurie non variò. Qualche luce sembra apportare il passo di Cicerone, De rep., lI, 22, 39, dove si descrive un ordinamento che, conservando ai cavalieri le 18 centurie originarie, ne attribuiva 70 (35 di seniores e 35 di iuniores) alla prima classe, lasciando agli ordini inferiori della cittadinanza le rimanenti 105, cioè 35 × 3. Forse 70 centurie compresero tutti insieme gli appartenenti alla seconda, terza e quarta classe, divisi ancora in seniores e iuniores (con che queste classi si sarebbero complessivamente arricchite delle 10 centurie tolte alla prima); l'ultimo gruppo avrebbe riunito, eliminando la differenza fra seniores e iuniores, la quinta classe dell'antico ordine e i proletarî.
L'ordinamento riformato rimase in vigore finché funzionarono i comizî; e anche durante l'impero si continuò a far capo al vecchio sistema per la distribuzione di frumento.
La parola centuria ha pure altri significati. Accade spesso che siano divisi in centurie i collegi più numerosi, come i fabri soliarii baxiarii in Roma (Corp. Inscr. Lat., VI, 9404) e i fabri e centonarii in Milano (Corp. Inscr. Lat., V, 5612 e passim). Lo stesso nome venne dato agli appezzamenti di terreno racchiusi fra quattro limites all'atto delle limitazioni di colonie o provincie, e destinati ad essere ulteriormente ripartiti in lotti individuali: pare che la superficie normale originaria fosse un quadrato di 120 piedi di lato, tale da contenere 100 heredia di due iugiri ciascuno. Si potrebbe essere tentati di scorgere in siffatte centurie l'origine delle serviane, con che si darebbe alle cellule del comizio un fondamento territoriale; ma, a parte la mancanza di ogni indizio di qualche importanza, la superficie dell'heredium è troppo scarsa perché il relativo dominio possa essere stato, anche in età primitiva, sufficiente per l'iscrizione alla prima classe.
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