CENTUMVIRI
. Intorno all'origine di questo collegio di giudici esistono molte incertezze; l'opinione più accettabile è che esso sia stato introdotto nel sec. II a. C., anteriormente però alla legge Ebuzia, quando cioè la forma del processo civile era ancora prevalentemente quella della legis actio. La creazione di questo tribunale rappresenta una deroga notevole al principio tradizionale romano del giudice privato, e si deve forse ricollegare alla stessa tendenza che provocò il sorgere dei tribunali collegiali (quaestiones publicae) per la giustizia penale.
Il collegio era costituito da 105 membri, e cioè da 3 per ciascuna delle 35 tribù, probabilmente scelti dal pretore in origine, designati invece dalla sorte durante l'Impero. All'epoca di Traiano il loro numero salì a 180, divisi in quattro sezioni (consilia), che giudicavano ora separatamente, ora riunite in seduta plenaria (quadruplex iudicium). I centumviri erano presieduti, pare, dai decemviri (st)litibus iudicandis, e al tribunale, a cominciare dal principato, sovraintendeva un pretore speciale (praetor hastarius, così detto dall'hasta, simbolo della proprietà romana, che veniva piantata davanti alla sede del tribunale dei centumviri). Circa la competenza di questo tribunale l'opinione più diffusa è che esso, fino alle leggi Giulie giudiziarie di Augusto, fosse competente per tutte le azioni in rem (proprietà, servitù, eredità), e che invece le leggi Giulie ne abbiano limitata l'attività alle cause ereditarie. Il procedimento centumvirale era preceduto, secondo la regola del processo civile romano, da quello in iure innanzi al pretore.
Bibl.: M.A. Bethmann-Hollweg, Der römische Civilprozess, Bonn 1864, II, pp. 230-235; M. Wlassak, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl.; III, col. 1935 segg.; id., Römische Processgesetze, Lipsia I, 1888, pp. 131-152; II, 1891, pp. 206-238; M. Voigt, Über Cviri und Xviri stilitibus iudicandis, in Studî in onore di C. Fadda, Napoli 1906; O. Martin, Le tribunal des Centumvirs, Parigi 1904; P. Jörs, Die römische Rechtswissenschaft z. Zeit der Republik, Berlino 1888, I, p. 181; L. Wenger, Institutionen des röm. Zivilprozessrechts, Monaco 1925, p. 57; E. Jobbé Duval, Explication du n. 173 du livre I du de Oratore, in Nouvelle Revue Historique de droit franç. et étranger, XXVIII (1904), p. 537; XXIX (1905), p. 9; M. Bozza, Sulla competenza dei centumviri, Napoli 1928.
I centumviri a Cartagine. - Intorno alla metà del sec. V a. C. l'aristocrazia cartaginese, minacciata nella sua libertà dalla potenza della famiglia di Magone, istituì un consiglio di 104 giudici scelti fra i senatori e detti senz'altro, dagli autori greci e latini che ne parlano, centumviri, con l'incarico di sorvegliare i generali e di giudicarli al loro ritorno dalla guerra (Giustino, XIX, 2, 5). Aristotele parla di questo consiglio nella sua Politica II, 8, e lo paragona agli efori spartani; dice che era la massima magistratura e che i suoi membri erano eletti dalle pentarchie badando al loro valore personale. Infine Livio, XXXIII, 46, parla di un iudicum ordo costituito di perpetui (vitalizî) iudices, che dominava a Cartagine e che Annibale nel 195 riformò, facendo approvare dal popolo una legge che rendeva annua la carica di giudice; prima si entrava nell'ordo in seguito alla gestione di una magistratura (Livio dice quaestura). È difficile mettere d'accordo e integrare queste notizie e stabilire il rapporto fra i centumviri e gli altri consigli dello stato cartaginese. Essi dovevano specialmente opporsi alle mene di coloro che aspiravano a formarsi un potere incompatibile con l'eguaglianza fra i membri dell'aristocrazia; viceversa sarebbero stati molto indulgenti di fronte alle ruberie dei magistrati, da cui provenivano. Col tempo poi si sarebbe formata la consuetudine che almeno alcune magistrature davano diritto a sedere fra i centumviri. Annibale, volendo mettere ordine nelle finanze cartaginesi, avrebbe posto fine a questo stato di cose, introducendo (secondo altri ristabilendo) l'elezione popolare dei centumviri, l'annualità delle loro funzioni e il divieto della rielezione immediata.
Bibl.: O. Meltzer, Geschichte der Karthager, II, Berlino 1896, pp. 47 e 473; U. Kahrstedt, ib., III, 1913, p. 584; G. De Sanctis, Storia dei Romani, III, i, Torino 1916, p. 55; S. Gsell, Hist. ancienne de l'Afrique du Nord, II, Parigi 1918, p. 205; T. Lenschau, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., X, col. 2236; J. Beloch, Griech. Gesch., III, ii, Berlino 1923, p. 112.