CENTORIO DEGLI ORTENSI, Ascanio
Nacque alla metà del sec. XVI, secondo alcuni a Milano, secondo altri a Roma, da nobile famiglia. Del padre sappiamo solo che si chiamava Gerolamo e che era milanese, mentre non ci sono rimaste notizie né della madre, né di altri suoi parenti.
In base agli elementi che abbiamo, dobbiamo supporre che, fin dai primi anni della vita, vivesse con i familiari nella città paterna, per cui i contemporanei stessi lo considerarono sempre milanese. Presto diede prova della sua precoce erudizione giungendo ad una conoscenza tanto approfondita del volgare e del latino da poterli usare nelle sue opere, con estrema indifferenza e uguale perizia (Picinelli, Argelati). Perciò presto si diffuse la sua fama di poeta elegante e di abile storiografo, ma soprattutto egli diventò celebre per la perfezione della sua arte oratoria. Egli partecipò attivamente alla vita politica della sua città. Anche qui seppe amministrare la cosa pubblica in modo che tutti ne lodarono la saggezza e la prudenza. Per tutte queste qualità, oltre che per la nobiltà della sua origine, venne cooptato, di diritto, fra i cavalieri dell'Ordine militare di S. Giacomo.
L'episodio certamente più importante della sua vita fu il legame con Giovanni Battista Castaldo, marchese di Cassano e conte di Piadena, celebre capitano dell'epoca. Certamente è difficile pensare che il C. fosse il segretario del Castaldo (succedendo in questo ufficio a Marco Antonio Ferrari che era al suo servizio sicuramente, ancora, nel 1552), ma un rapporto di deferente sudditanza si ricava, con certezza, dalle innumerevoli, lunghe e ripetute dediche con cui il C. offre le sue opere al marchese. Del resto assai importante è la notizia (riferita da M. d'Ayala e dovuta all'archeologo Carlo Promis che nel 1840 la ricavò da un codice - di uno Iacopo Soldati architetto milanese - conservato negli archivi di Torino) secondo cui Giambattista Castaldo fece scrivere un libro "con molti ricordi, stratagemmi ed esempi militari da Ascanio Centorio suo segretario, dato sotto il nome del detto Centorio". Dove è chiaro il riferimento ai Discorsi di guerra (pubblicati fra il 1558 e il '62), dei quali il primo libro tratta dei doveri di un capitano generale d'esercito, delineando la tipologia del perfetto comandante, all'interno della tradizionale trattatistica cinquecentesca sui modelli perfetti da imitare; il secondo affronta il tema della conquista militare di una provincia; nel terzo si parla delle qualità del maestro di campo generale; nel quarto l'argomento è la difesa di una città in procinto di essere assediata; il quinto, e ultimo, è, per mole, quanto gli altri quattro insieme, perché la materia da analizzare è andata a mano a mano aumentando e si è fatta più complessa. A questo punto è chiaro che anche i Commentarii della guerra di Transilvania hanno avuto come fonte le notizie direttamente riferite dal Castaldo. Il che, evidentemente, non può togliere nulla all'aspetto tecnico-letterario della operazione storiografica del C.; anzi ne accresce il valore (confermato dalla notevole fortuna editoriale di questo testo) di documento diretto, sia pure parziale e partigiano, dei fatti che si vengono narrando, specialmente quando è in discussione l'arte militare di cui probabilmente il C., pur essendo un soldato, non poteva essere tanto esperto quanto il suo signore; il quale per di più era il protagonista principale di quegli avvenimenti, nella sua qualità di gran maestro di guerra e capitano per l'Impero contro i Turchi. Tutto ciò ha una conferma, opposta, nel fatto che La seconda parte de' Commentarii, avendo per materia avvenimenti geograficamente meno definiti e non potendo quindi attingere ad una fonte tanto autorevole e sicura, ebbe meno fortunata diffusione e, dopo la prima edizione, non venne più pubblicata. Altra opera storica del C., apprezzata dai contemporanei, furono i cinque libri degli Avvertimenti, ordini ed editti osservati in Milano nella peste del MDLXXVI e MDLXXVII, in cui i documenti sono organizzati e poi collegati tra loro in modo da offrire un quadro di quanto avvenne in quelle circostanze e di quanto fu fatto dalle autorità; così si spiega la ristampa milanese di quest'opera fatta durante la peste del 1630-31.
Certamente già negli anni giovanili il C. si era dimostrato incline alle opere più strettamente letterarie e poetiche (si pensi alle edizioni delle rime e ai tanti versi rimasti manoscritti). Così, inserita perfettamente nella produzione arcadico-pastorale di metà Cinquecento, è L'aura soave, intricato romanzo pastorale, scritto in prosa con versi intercalati alla maniera dell'Ameto boccacciano. In questa direzione letteraria, una certa importanza ha un intervento del C., già in età controriformistica, quale editore delle novelle del Bandello, di cui pubblicò una ristampa non solo avendo avuto cura di eliminare le novelle giudicate poco "edificanti", ma tralasciando curiosamente le stesse lettere-introduzione; vi aggiunse quindi una prefazione ed un commento tutto in chiave moraleggiante.
La data di morte del C. è sconosciuta, ma probabilmente va collocata negli ultimi anni del secolo.
Opere: Rime amorose, Venezia 1553; Commentarii della guerra di Transilvania dalla rotta del re Lodovico XII fino all'anno MDLIII libri VI, ibid. 1555 (tra le altre edizioni importanti sono quelle del '65, quella rara del'69, e quella dell'89); L'aura soave, ibid. 1556; Discorso sopra l'officio d'un capitano generale dell'esercito, ibid. 1558; Discorso delle cose appartenenti alla guerra, ibid. 1558; Discorso di guerra, ibid. 1559; Apparati fatti per il duca di Sessa marchese di Pescara, Milano 1559; Rime amorose seconde, ibid. 1559; M. Bandello, Novelle, a cura del C., ibid. 1560; Discorso dell'arte della Milizia, Venezia 1562; Discorsi di guerra libri V, ibid. 1566; I sontuosi funerali fatti fare dal duca d'Alburquerque governatore di Milano al principe Carlo di Spagna, Milano 1568; La seconda parte de' Commentarii de i successi più memorabili da l'anno MDLIII fino al MDLX, Venezia 1568; Commentari delle cose d'Europa, ibid. 1569; Avvertimenti, ordini ed editti fatti ed osservati in Milano nella peste del MDLXXVI e MDLXXVII libri V, Milano 1579; Raccolta degli ordini, e gride [per la stessa peste], ibid. 1631 (opera postuma). Si ha notizia delle seguenti opere inedite: L'Urania (poemetto); Poesie varie; Diverse imprese; Innamorata Olimpia (Milano, Bibl. Trivulziana, ms. n. 148); Historiarum rerum omnium sui temporis memorabilium liber; De utraque fortuna in Plutarchi librum de Fortuna.
Fonti e Bibl.: N. Bassaeus, Collectio in unum corpus omnium librorum..., III, Francofurti 1952, p. 33; F. Picinelli, Ateneo dei letterati milanesi, Milano 1670, pp. 56 s.; F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, II,Milano 1745, coll. 409, 1976; G. Fontanini, Bibl. d'eloquenza ital., a cura di A. Zeno, Venezia 1753, I, p. 458; II, p. 182; G. Tiraboschi, St. della lett. ital., VI, 2, Roma 1785, p. 371; F. M. Renazzi, Storia dell'Univers. degli studi di Roma, II, Roma 1804, p. 231; M. D'Ayala, Vita di Giambattista Castaldo..., in Arch. stor. ital., s. 3, V (1867), 1, pp. 105 s.; S. Bongi, Annali di G. Giolito de' Ferrari, I, Roma 1890, p. 485; II, ibid. 1895, ad Indicem; S. Apponyi, Hungarica, I, Budapest 1900, n, 381; G. Cavazzuti, Studi sulla letter. politica e militare dall'assedio di Firenze alla guerra dei trent'anni, Modena 1905, ad Indicem; E. Carrara, La poesia pastorale, Milano 1909, p. 441; Gy. Szekfü, Két historiographus Castaldo erdélyi seregében [Due stor. dell'esercito transilvanico di Castaldol, in Századok, XLVIII (1914), pp. 17-33; V. Di Toccò, Ideali d'indipendenza in Italia, Messina 1926, p. 22; G. Toffanin, Il Cinquecento, Milano 1929, ad Indicem; C. Marinescu, Notizie intorno ai Romeni nella letteratura geografica italiana del '500, in Bull. de l'Académie Roumaine, XVI(1929), pp. 38 ss.; C. Marinescu, Stiri despre Principatele romîne intr-un istoric francez din secolul al XVI-lea, in Inchinare lui Nicolae Jorga, Cluj 1931, pp. 254-263; C. Argegni, Condottieri, capitani, tribuni, I, Milano 1936, p. 155; Repert. Fontium historiae medii aevi, III, Fontes, Romae 1970, p. 216.