CENTAUROMACHIA DI NAPOLI, Pittore della
Ceramografo attico della tecnica a figure rosse. Insieme con altri pittori (di Firenze, della C. del Louvre) predilige il tema della centauromachia. A differenza tuttavia di quello fiorentino, il nostro appartiene alla cerchia di Polygnotos il ceramografo.
Fra le forme dei vasi da lui decorati prevalgono i crateri a colonnette, le loutrophòroi, i lebeti nuziali (gamikòi), mentre gli sono attribuite soltanto quattro hydrìai e sei pelìkai. I soggetti trattati, oltre alla centauromachia, sono abbastanza generici, scene musicali, kòmoi, simposii, satiri e menadi. Sui lebeti nuziali si ripetono le scene nuziali di gineceo e sulle loutrophòroi processioni nuziali e funerarie.
Le centauromachie di Napoli, di Vienna e di Bologna raffigurano il solito tema tratto dalle grandi composizioni della fine dell'età arcaica e dello stile severo. Il gruppo centtale è costituito da un Lapita con elmo, corazza e scudo che lotta contro il mostro, fornito di pelle ferma, mentre a destra è la parte anteriore di un altro centauro che solleva un masso ed a sinistra un efebo con clamide solleva una lancia per vibrarla contro il nemico. Un residuo della centauromachia arcaica è da vedersi nel masso minacciosamente brandito dal secondo centauro ed anche nella trattazione rigida delle pupille di alcuni personaggi. Questi sono costruiti con una certa maestà di proporzioni ed il panneggio si riporta nella struttura fondamentale a Polygnotos il ceramografo. Le chiome e le barbe dei personaggi sono trattate a pennellate pesanti e rapide, non distese continuamente; esse danno l'impressione di essere agitate dal vento, mentre le sopracciglia accentuate pesantemente contribuiscono ad un'espressione piuttosto corrucciata dei volti.
La stessa rapidità ed animazione si ritrovano nelle scene di danza di satiri e menadi dei crateri a colonnette di Ferrara, Atene, Cleveland e Firenze, nel kòmos di quello di Bologna (che è forse di un pittore affine al nostro) ed anche nella scena assai rara di soldati che bevono presso un pozzo, del cratere di Madrid; in questa scena la figura del soldato che si china prendendo l'hydrìa in mano ricorda nella sua nervosa struttura l'auriga del carro vincitore della kelèbe di Bologna.
Rara è la scena mitica, per il nostro pittore, della kelébe di Genova, dove sono rappresentati Apollo, Artemide, Hermes e Leto; il calmo atteggiamento della figura, come nelle scene di gineceo, non corrisponde allo stile movimentato dei panneggi, ad una evidente predilezione per motivi decorativi e ad un'affrettata trattazione dei tratti fisionomici. Tutto ciò si può riscontrare sull'hydrìa bolognese, sui lebeti nuziali di Atene e sulla loutrophòros di Atene con processione nuziale, che tuttavia non saremmo tanto certi di attribuire al nostro pittore.
Una cronologia relativa di questo pittore non è facile a stabilirsi; non faremmo scendere oltre il 430 a. C. la sua attività, ma sposteremmo verso il 440 le centauromachie, le scene di inseguimento (cratere della Collez. Hope), l'auriga e Nike di Bologna e le scene di kòmos, ed invece riterremmo forse posteriori quelle di gineceo e le processioni dei lebeti e delle loutrophòroi, nelle quali è diffuso un certo manierismo. Il nostro pittore, posteriore a quello più vigoroso di Firenze ed ispirato direttamente alla grande scultura, è contemporaneo di quello della Centauromachia del Louvre, legato al Pittore della kölix di Euaion e quindi ad una tradizione stilistica severa; il Pittore della C. di Napoli risente della grandiosa impostazione delle figure del Pittore dei Niobidi (basterebbe il confronto fra il flautista coronato della loutrophòros ateniese e l'Apollo del cratere di Genova con l'Apollo dell'anfora londinese del Pittore dei Niobidi per confermarlo); ma nello stesso tempo non manca di riecheggiare lo stile grandioso, ma lievemente enfatico, dei vasi non migliori del pittore Polygnotos. Egli insomma è uno dei tanti artigiani di un certo impegno, che hanno elaborato senza particolare originalità il patrimonio figurativo della grande pittura dell'età fidiaca.
Bibl.: J. D. Beazley, Attic Red-figure Vase-painters, Oxford 1942, pp. 704, s.; G. M. A. Richter, Attic Red figured Vases, New Haven 1946, pp. 130 ss.