CENOTAFIO (κενοτάϕιον, cenotaphium)
Monumento sepolcrale vuoto elevato in memoria di un defunto sepolto altrove o il cui corpo non sia stato possibile recuperare.
L'uso va collegato alla credenza, diffusa nell'antichità, che l'anima del morto insepolto non potesse trovar pace e andasse errabonda, trasformandosi talora in un cattivo genio. E perché il morto prendesse possesso del c. vi si invocava per ben tre volte il suo nome come fa Enea sul tumulo eretto a Deifobo (Verg., Aeneid., vi, 505 ss.) e vi si portavano offerte periodiche come su una tomba comune. Cenotafi venivano eretti agli eroi: Pausania ricorda il c. di Tiresia a Tebe (ix, 18,4) e quello di Achille in Elide (vi, 23, 3); altre fonti ricordano quello di Ulisse a Sparta e di Calcante in Apulia.
L'uso, diffuso in tutto il mondo greco sin dall'epoca omerica, passò al mondo romano (v. heroon).
La forma architettonica del c. doveva essere probabilmente simile a quella di una tomba: si è pensato che fosse un c. la tomba di Calvenzio Quieto a Pompei, che è a forma di grande ara marmorea con i fianchi adorni di corone di quercia e un bisellio scolpito sulla fronte.
La circostanza che nel mondo romano il c. venisse chiamato anche tumulus - tumulus honorarius chiama Svetonio (Claud., 1, 3) il c. eretto a Druso dai soldati - fa pensare che esso avesse, in alcuni casi, la forma del tumulo.
Il termine tumulus inanis è adoperato da Virgilio per il c. di Ettore a Butrinto, presso il quale erano anche due are in onore dell'eroe (Aeneid., iii, 304), per quello eretto da Enea a Polidoro (Aeneid., iii, 68), per quello, già ricordato, di Deifobo: questo ultimo adorno delle armi del defunto. Evidentemente Virgilio si ispira nelle sue descrizioni o alla tradizione o ad esempi noti, fossero essi di età anteriore o anche contemporanei; quindi è lecito ammettere che una delle forme del c. fosse appunto il tumulo.
Per ritornare ad esempi di epoca storica, ricorderemo che un c. ebbe anche Alessandro Severo in Gallia (Script. Hist. Aug., Alex. Sev., 63, 3).
Talora col nome di cenotaphia erano indicate anche le statue ritratto di un morto (Thesaurus linguae Latinae, s. v.) forse perché, talora, il c. era adorno anche dell'immagine del defunto o perché la statua poteva essere eretta come monumento onorario a ricordo del morto.
Bibl.: Hug, in Pauly-Wissowa, XI, 1921, cc. 171-72, s. v. κενοτάϕιον; G. Bendinelli, in Enciclopedia It., IX, p. 732, s. v.; A. Mau, Pompeji im Leben und Kunst, Lipsia 1908, pp. 441-442, figg. 260-261.