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cenere

Enciclopedia Dantesca (1970)
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cenere


. Usato tre volte in senso proprio: in lf XXIV 101 el sʼaccese e arse, e cener tutto / convenne che cascando divenisse; in Pg IX 115 Cenere, o terra secca che si cavi, / d'un color fora col suo vestimento; in Pd XXI 6 tu ti faresti quale / fu Semelè quando di cener fessi. Per " resti di un cadavere dopo la cremazione ", in If V 62 colei che s'ancise amorosa, / e ruppe fede al cener di Sicheo (cfr. Verg. Aen. IV 552 " Non servata fides cineri promissa Sychaeo "). In senso estensivo, per " rovine ", " macerie di edifici distrutti ", in If XIII 149 sovra 'l cener [di Firenze] che d'Attila rimase, e in Pg XII 61, Vedeva Troia in cenere e in caverne. In If XXIV 104 c. è variante non accolta di polver in alcuni codici (cfr. Petrocchi, ad l.). Conformemente all'uso latino c. è sostantivo maschile, almeno in tutti i casi in cui è possibile affermare questo, cioè quando ricorre accompagnato dall'articolo o da un aggettivo.

Vocabolario
cénere
cenere cénere s. f. [lat. cĭnis -nĕris m., raro f.]. – 1. a. Residuo minerale, incombustibile, che si ottiene quando si brucia una sostanza organica, vegetale, animale o fossile: c. di mare, residuo ottenuto bruciando alghe marine, usato...
cenare
cenare v. intr. e tr. [lat. cenare] (io céno, ecc.). – 1. intr. (aus. avere) Mangiare la cena: non ho voglia di c.; questa sera cenerò fuori; cenerò dai miei genitori; c. in famiglia, in un ristorante tipico; ho cenato con due uova e un...
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