CAPIZUCCHI, Cencio (Innocenzo)
Nacque a Roma il 25 genn. 1525 da Emilio e da Cintia Beccaluva.
La sua giovinezza fu irrequieta e avventurosa. Nel 1547 fu "venturiere" del corpo di spedizione pontificio inviato in Germania al comando del duca Ottavio Farnese in aiuto dell'imperatore Carlo V in lotta contro i principi della lega di Smalcalda. Tornato a Roma, il C. fu sfidato a duello da un capitano viterbese, Giulio Biscialara (7 luglio 1548): non si giunse però allo scontro, preferendo l'avversario vendicarsi dell'offesa ricevuta con l'ordire una congiura contro il Capizucchi.
Questi fu infatti assalito dagli uomini del Biscialara vari anni più tardi (1552), mentre transitava per contrada Cesarini con il fratello Antimo che rimase ucciso. All'agguato pare non fosse estraneo il più acerrimo nemico del C., Antimo Savelli, che, sebbene più volte sfidato con pubblici cartelli, non osò mai incontrarlo a viso aperto. In quegli anni il C. condusse una vita assai libera, tanto che nel 1549 rifiutò l'incarico offertogli da Paolo III di leggere brani di Tito Livio durante il pranzo in Campidoglio dei conservatori di Roma, affermando che si trattava di un impegno quotidiano e perciò troppo obbligante.
Nel 1556, durante la guerra detta di "campagna" che si combattè contro gli Spagnoli del duca d'Alba, il C. fu fra i cento cavalieri della Fede o della Colomba che ebbero l'incarico di difendere la persona del papa; inoltre, poiché i nemici, assai superiori di forze, avevano invaso lo Stato pontificio e minacciavano Roma, il C. si segnalò per il suo valore in alcune azioni belliche a Palestrina, a Gallicano, a Zagarolo e a Monte Fortino. Nel 1557 egli volle sfidare a duello uno dei più grandi spadaccini del tempo, Fabio Rossi, tenente del duca di Castrovillari, ma fu sconfitto e l'avversario fu dichiarato, per l'onore conquistatosi, cavaliere romano. Il 17 marzo dell'anno seguente a Santa Fiora ebbe luogo un altro duello importante per il C. che aveva offeso un famoso capitano toscano, il nobile Flaminio Della Casa, fratello del celebre autore del Galateo: il C., seppur ferito al ventre, rimase vincitore e finì l'avversario che non volle chiedere grazia, riconquistando così completamente la sua fama di grande spadaccino. Nel 1559 quando morì Paolo IV, che aveva provocato notevole malcontento a Roma con l'imposizione di forti gabelle e con l'introduzione dell'Inquisizione, il C., sebbene l'avesse seguito sempre con fedeltà, si abbandonò insieme con altri cavalieri, fra cui Sicinio Capizucchi, all'ondata di violenze popolari che si scatenò contro i protetti dell'odiato pontefice.
Dapprima essi abbatterono e decapitarono sul Campidoglio la sua statua in marmo, gettandone la testa nel Tevere. Poi assalirono, saccheggiarono e bruciarono il palazzo dell'Inquisizione a Ripetta, liberando i detenuti eretici e lasciando tramortito il segretario del S. Uffizio; assalirono infine il convento della Minerva. La nobiltà di Roma e i cardinali riuscirono a bloccare i tumulti, e dopo l'elezione del nuovo papa Pio IV si vollero punire i principali responsabili. Assai probabilmente fu questa la causa dell'ordine di arresto, che il C. evitò grazie a una fuga avventurosa nella campagna romana. Ben presto, però, fu perdonato e, tornato a Roma nel 1360, sposò Tarquinia de Lenis, ottenendo una pensione annua di 100 scudi, rendita di un'abbazia di Subiaco come dono di Marcantonio Colonna. Inoltre il 3 maggio 1563, quando Pio IV istituì la milizia cittadina e vennero arruolati tutti gli uomini atti alle armi, il comando di essa venne conferito al C. con il titolo di "maestro di campo generale delle battaglie dell'alma città di Roma e di tutto lo Stato ecclesiastico". Egli mantenne tale incarico fino al 1570.
Il 7 maggio 1563, per intercessione del cardinale Carlo Borromeo, ottenne l'incarico di lettore in Campidoglio, e l'anno successivo fu inviato al seguito di Gabrio Serbelloni nella Marca per debellare i banditi che infestavano il paese. Dopo la partenza del Serbelloni il C. restò ad assolvere il difficile compito della ricostruzione di Ascoli semidistrutta, provvedendo alla restaurazione delle mura; inoltre arruolò sul posto una compagnia di fanti con cui spegnere i focolai di ribellione ancora vivi. Nel 1570 Marcantonio Colonna scelse il C. come comandante della galera ammiraglia della flotta pontificia e lo inviò anche a fare le leve a Filottrano. La flotta, composta di dodici galere, salpò (13 sett. 1570) alla volta di Cipro assalita dai Turchi, portandosi dapprima a Candia, poi a Corfù (ottobre) e infine ritornando a Roma senza aver ottenuto grandi risultati. In seguito, quando venne firmato a Roma (25 maggio 1571) il progetto di una lega contro i Turchi fra Spagnoli, Veneziani e il papa, il C. fu incaricato di fare le leve di fanteria nello Stato pontificio con il titolo di mastro di campo generale. Alla battaglia di Lepanto (7 ottobre) comandò la galera pontificia "S. Giovanni", schierata all'ala destra della flotta cristiana, nella "squadra verde" comandata da Gian Andrea Doria.
Il 15 genn. 1572, durante i preparativi per la spedizione in Grecia progettata dalle potenze cattoliche per le sollecitazioni di Pio V, il C. venne incaricato di provvedere a nuove leve per ordine del Colonna. Nel maggio il corpo di spedizione pontificio partì da Civitavecchia per Messina; quindi si diresse verso Cefalonia, Zante e Cerigo, dove avvennero scontri di scarsa importanza (1º agosto): il C. si distinse nell'importante battaglia di Capo Maleas (7 agosto). Dopo lo sfortunato assedio di Modone (settembre) il C. tornò in Italia con la flotta nell'ottobre del 1572.
Morì a Roma nel 1575. La sua fama di grande soldato si era diffusa a tal punto che l'arciduca Ferdinando d'Austria fece trasportare le sue armi ad Innsbruck conservandole nella grande raccolta delle armi dei più famosi capitani.
Fonti e Bibl.: Roma, Bibl. Angelica, cod. 2014, pp. 188 s.: "Marii Sforza comitis S. Florae littera de singulari certamine inter Vincentium (sic) Capizucchi et Flaminium dalla Casa, d. 17 martii 1558"; Roma, Bibl. naz., mss. Vitt. Em. 540-541: R. Capizucchi, Historia della famiglia Capizucchi, I, ff. 289v-335r; II, ff. 89v-90v; Ibid., ms. Vitt. Em. 542: G. Lucenti, Mem. spettanti alla nobile casa dei signori Capizucchi,baroni romani estr. da legittimi docum., I, pp. 437-528; F. Ughelli, Genealogia nobilium Romanorum de Capizucchis, Romae 1653, p. 40; V. Armanni, Della nobile et antica famiglia de' Capizucchi baroni romani, Roma 1668, pp. 26-31; B. Candida Gonzaga, Memorie delle famiglie nobili d. prov. merid., Napoli 1876, p. 211; A. Guglielmotti, Storia della marina pontificia…, Roma 1887, V, p. 491; VI, pp. 20, 145, 201, 287, 299; T. Amayden, La storia delle famiglie romane, I, Roma s.d. [1910], p. 251; C.Argegni, Condottieri,capitani, tribuni, I, Milano 1936, p. 136; Enciclop. militare, II, p. 658.