CEMENTAZIONE (fr. cémentation; sp. cementación; ted. Einsatzhartung; ingl. cementation, case-hardening)
La cementazione ha per scopo di indurire superficialmente un pezzo metallico in modo da renderlo resistente all'usura, pur conservandogli al cuore, terminato il ciclo delle operazioni necessarie, una notevole duttilità e tenacità.
Sebbene oggi si conosca tutta una serie di acciai capaci di acquistare, con adatto trattamento termico, un'elevata durezza che può andar congiunta con una certa tenacità (v. acciaio, p. 241), l'esperienza ha dimostrato esser preferibile ricorrere, per tutta una serie di applicazioni pratiche, piuttosto che a questi, ad acciai a tenore basso di carbonio cementati. Questi ultimi, infatti, vanno soggetti a incidenti di tempra, come cricche e deformazioni, assai meno degli acciai duri a composizione uniforme; inoltre, proteggendo con opportuni mezzi ricoprenti le parti che non interessano, la cementazione può esser limitata alle sole parti che debbono prender durezza; il cuoore e si conserva facilmente lavorabile; la resistenza a fatica dei pezzi viene notevolmente accresciuta con la cementazione; gli acciai da cementazione, infine, costano meno degli acciai duri e si lavorano più agevolmente all'utensile.
Nell'industria meccanica si ricorre a pezzi cementati in casi numerosissimi e specialmente nella costruzione di veicoli, di autoveicoli, e di quegli organi di macchine che debbono lavorare per attrito, come ingranaggi, perni d'appoggio degli alberi, spinotti, leve, corsoi, settori, guide, maglie di catene, canne di distribuzione, perni di manovelle; vi si ricorre inoltre nella fabbricazione di calibri, stampi e talvolta anche di frese, di piastre di corazzatura, di parti di armi che debbono resistere all'usura, di piccoli pezzi per meccanica, come chiavi, teste di viti, ecc.
Cenno storico. - Le origini del processo di cementazione sono assai remote. Un cenno di esse si ritrova nell'opera del senese Vannuccio Biringuccio Pirotechnia pubblicata nel 1540 e nel trattato De re metallica di Giorgio Agricola pubblicato nel 1550. Il processo da essi descritto consiste nel riscaldare a lungo i masselli di ferro dolce nella ghisa fusa, la quale cede loro carbonio. È probabile però che processi di cementazione di oggetti finiti per contatto con polvere carburante siano stati conosciuti anche in tempi più remoti.
La fabbricazione dell'acciaio cementato prese un grande sviluppo nel sec. XVII. Essa fu però diretta a ottenere la trasformazione del ferro in acciaio. Questa industria fiorì dapprima in Piemonte e in Inghilterra, per poi diffondersi in altri paesi di Europa e specialmente nel Belgio, in Germania, e quindi in America. Le prime ricerche sistematiche eseguite per definire l'azione delle sostanze carburanti nella cementazione dell'acciaio e le condizioni in cui la cementazione si compie risalgono al Réamur (1720-1722); esse diedero impulso all'industria dell'acciaio cementato, specie dopo la scoperta di Beniamino Hurtsman, il quale, nel 1740, trovò il modo di fondere l'acciaio al crogiuolo. Il ferro svedese cementato, per le peculiari doti di purezza che possiede, costituisce ancor oggi la materia prima per la fabbricazione dei migliori acciai al crogiuolo.
Ma la pratica della cementazione, più che per la fabbricazione di questo acciaio, che è poco economica, è attualmente seguita per indurire alla superficie i pezzi finiti di lavorazione meccanica.
Tra gli studiosi della cementazione ricordiamo ancora Vandermonde, Berthollet e Monge, i quali per primi stabilirono, nel 1786, che la cementazione non è se non un processo di diffusione del carbonio del cemento nel ferro; Leplay il quale, nel 1841, sostenne che l'azione cementante del carbone di legna era dovuta agli ossidi di carbonio che si originano dalle particelle di carbone e dall'aria che vi si trova in contatto nelle cassette di cementazione Caron e Margueritte, i quali definirono in parte la funzione dei gas che si formano dai cementi; Mannesmann, il quale studiò l'azione carburante degl'idrocarburi; Robert Austen, che recò luce sui processi di diffusione del carbonio nel ferro allo stato solido a temperature elevate, e infine Charpy, Guillet e specialmente Giolitti, che studiarono il meccanismo della cementazione.
Cementazione Carburante.
Teoria della cementazione. - Abbiamo detto che il processo oggi più seguito per indurire superficialmente i pezzi finiti consiste nel carburarli, in contatto con sostanze capaci di ceder loro carbonio, sino alla profondità desiderata, e poi temperarli.
Numerose ricerche hanno dimostrato che il carbonio elementare cementa il ferro in modo praticamerite trascurabile, se non intervengono i suoi ossidi, cioè l'ossido di carbonio e l'anidride carbonica.
L'ossido di carbonio, contenuto in quantità maggiore o minore nei gas che si sviluppano dal cemento, si scompone in presenza di ferro secondo l'equazione 2 CO ⇆ C + CO2. Il grado di decomposizione dipende dalla temperatura e dalla pressione: esso cresce con l'abbassarsi della temperatura e con l'aumentare della pressione. Il carbonio, che così si forma, cementa il ferro assai più facilmente che se vi si tenesse in intimo contatto superficiale. Esso migra di poi, in seguito ad un processo di diffusione, dallo strato superficiale verso l'interno del pezzo.
Anche i cianuri e i ferrocianuri cementano il ferro assai energicamente. Essi esercitano su di esso un'azione assai complessa, che non è ancora totalmente chiarita, e in cui l'azoto ha certamente una funzione assai importante, poiché, combinandosi col ferro, dà luogo alla formazione di azoturo di ferro, decomponibile a elevata temperatura.
All'elevata temperatura alla quale si pratica la cementazione con cementi solidi, la quantità di azoto che il ferro può assorbire è generalmente assai limitata; essa però agisce da eccitatrice della cementazione, accelerandola. Poiché, inoltre, l'azoturo di ferro che si forma è durissimo, esso impartisce allo strato cementato una maggiore durezza. In queste considerazioni teoriche trova giustificazione l'uso diffusissimo che si fa delle polveri di cementazione contenenti sostanze organiche azotate.
A chiarimento di quest'azione eccitatrice dell'azoto, si riporta un diagramma (fig. 1), esprimente in funzione della profondità, le concentrazioni di carbonio e di azoto riscontrate su di un acciaio extradolce comune, dopo cementazione alle temperature di 800° e 950° con un buon cemento azotato in confronto con un cemento funzionante per solo ossido di carbonio (cemento di Caron).
Come si vede, il tenore di azoto è tanto più basso, quanto più elevata è la temperatura di cementazione; le curve riportate dimostrano anche che il cemento azotato dà concentrazioni di carbonio e profondità di cementazione maggiori del cemento Caron.
La quantità di azoto che l'acciaio può assorbire è però considerevolmente più elevata nella cementazione con cementi azotati liquidi (cloruri o carbonati alcalini, cui vengono aggiunti cianuri, ferrocianuri, calciocianamide, ecc.): questi cementi producono un indurimento superficiale del ferro, introducendovi contemporaneamente azoto e carbonio; e anche in questo caso la quantità di carbonio, rispetto a quella d'azoto, cresce con l'elevarsi della temperatura, e reciprocamente. Ad illustrazione di ciò, si riportano le esperienze di Hurum (1921).
Un tondo di acciaio extra-dolce, cementato in bagno di cianamide (processo Shimer), ha dato nello strato cementato:
Dai valori riportati risulta che questi cementi possono introdurre carbonio nel ferro anche al di sotto dell'intervallo critico, sebbene il ferro α non sia capace di sciogliere praticamente il carbonio (v. acciaio). Il fenomeno si può spiegare a questo modo. Al di sotto dell'intervallo critico, il ferro si combina con l'azoto dando azoturo di ferro solubile nel ferro α: ma il carbonio è capace di combinarsi con l'azoturo di ferro per formare composti o soluzioni solide, che rendono possibile la diffusione del carbonio. Sebbene non sia noto il diagramma di equilibrio ferro-azoto-carbonio, una serie di osservazioni metallografiche comprovano questa opinione.
Influenza dei differenti fattori sul processo di cementazione. - I principali fattori che influenzano il processo di cementazione sono: la temperatura, la durata della cementazione, la qualità del cemento, la natura dell'acciaio.
a) Temperatura e durata. - Perché la cementazione con i cementi solidi possa compiersi con una velocità compatibile con un processo industriale, è necessario riscaldare l'acciaio a una temperatura non inferiore all'intervallo critico. D'altra parte, occorre mantenersi al disotto della temperatura alla quale si manifestano in modo dannoso fenomeni di surriscaldamento e di bruciatura. A seconda della natura dell'acciaio, della qualità del cemento e dei risultati che si vogliono conseguire, si adottano perciò temperature comprese tra 800° e 1000° e durate determinate, tenendo presente che la velocità di cementazione cresce col crescere della temperatura.
b) Cementi. - I cementi possono dividersi in cementi solidi, liquidi, gassosi e misti. Di essi si trovano in commercio infinite varietà, le cui proprietà peculiari sono più o meno fondatamente esaltate dai fabbricanti. Per dare un'idea della differente azione ed energia che hanno questi cementi del commercio, si riportano i risultati ottenuti cementando con alcuni di essi un comune acciaio extra-dolce al carbonio (fig. 2). Le microfotografie che si riportano sono state ottenute su sezioni di cilindretti di 20 mm. di diametro cementati per sei ore alla temperatura di 950° e raffreddati in cassetta.
Per una buona riuscita dell'operazione di cementazione è necessario che la quantità di cementite libera nello strato superficiale (strato ipereutectoide) sia la minore possibile, e che lo strato perlitico (eutectoide) sia raccordato al cuore dell'acciaio in modo assai graduale. Se la cementite libera è in quantità eccessiva, non viene riassorbita completamente allorché si procede alla tempra dei pezzi. La cementite è un costituente metallografico assai duro e fragile; e, se assume la disposizione cellulare, venendo a delimitare i giunti dei grani di austenite e dei grani di martensite, che nel processo di tempra da essi si formano, può provocare sfaldature superficiali nei pezzi in opera.
Brusche variazioni di concentrazione tra lo strato cementato ed il cuore possono anche determinare nella tempra il completo distacco dell'involucro cementato, come sarà detto più avanti.
I cementi non debbono perciò produrre un'eccessiva quantità di cementite libera al bordo, e debbono esercitare un'azione cementante assai graduale. Essi debbono inoltre possedere una conduttività termica relativamente elevata. Se, infatti, la loro conduttività termica è bassa, il tempo necessario, perché il calore si diffonda all'interno della cassetta e la temperatura divenga uniforme, è assai lungo; e poiché la cementazione procede con una velocità praticamente misurabile solo a partire da una certa temperatura, e cresce rapidamente con l'aumentare di questa, essa si inizia assai prima nei pezzi collocati verso le pareti della cassetta che in quelli collocati al centro: il che può condurre ad una valutazione assai inesatta della temperatura di cementazione e del tempo che necessita per raggiungere la profondità desiderata.
Un'altra caratteristica che si ricerca nei cementi è, naturalmente, che essi non si esauriscano con troppa rapidità. È facile vedere dalle microfotografie riportate (fig. 2), riprodotte tutte con lo stesso ingrandimento di 30 diametri, come l'azione dei cementi sia assai disparata e come essi abbiano un'efficienza cementante diversissima, da un minimo nel cemento A a un massimo nel cemento G. I due ultimi sono particolarmente interessanti; sono entrambi assai graduali e dànno ottime profondità di cementazione; ma, mentre il primo (F) non dà cementite libera al bordo, il secondo (G) ne produce una certa quantità. Il primo è perciò classificato tra i cementi assai graduali, il secondo tra i cementi violenti.
Che con i cementi del commercio si possano avere gli effetti più diversi, non deve recar meraviglia. Poiché, come sopra è stato detto, anche con essi la cementazione si compie per il tramite dei gas generati dal cemento, e, poiché la composizione di questi gas è essenzialmente funzione della temperatura, della natura e della composizione dei cementi, è naturale che, a seconda della natura dei gas e della loro pressione parziale nell'atmosfera gassosa, si stabiliscano equilibrî di cementazione diversi da caso a caso. Queste considerazioni costituiscono una riprova della scarsa opportunità di ricorrere a cementi del commercio e della convenienza di prepararseli adoperando il numero più limitato possibile di sostanze semplici a comportamento conosciuto.
I cementi solidi contengono, come elemento fondamentale, quantità notevoli di carbone, cui si aggiungono, secondo il tipo di cemento che si vuole ottenere, cuoio torrefatto, ossa calcinate, nerofumo, cascami di corna, sale da cucina, segatura di legno, carburanti e composti azotati. Il carbone, a contatto con l'aria che si trova nella cassetta, dà ossido di carbonio, mentre il cuoio torrefatto, le ossa calcinate, la segatura di legno, ecc. dànno ossido di carbonio, idrocarburi e composti azotati (cianogeno, acido cianidrico, ammoniaca, ecc.).
Si dànno qui appresso alcune composizioni di cementi solidi.
1. Carbone di legna di quercia 5 parti; cuoio torrefatto 2 parti; nerofumo 3 parti.
2. Carbone di legna di faggio 3 parti; cascame di corna torrefatto 2 parti; carbone d'osso polverizzato 2 parti.
3. Carbone di legna 90 parti; sale da cucina 10 parti.
4. Carbone di legna 60 parti; carbonato di bario 40 parti.
5. Cascami di cuoio torrefatto 10 parti; ferrocianuro di potassio 2 parti; segatura di legno 10 parti.
Al carbonato di bario si possono aggiungere carbonato di sodio e sostanze azotate in rapporti diversi, a seconda degli effetti che si vogliono raggiungere.
I cementi 3 e 4 sono cementi blandi, gli altri sono più violenti, e cioè danno nella zona superficiale cementata una grande quantità di cementite libera, questi ultimi saranno preferibili nei casi in cui si desideri una grande durezza superficiale (una grande resistenza all'usura), ma non si abbiano forti sollecitazioni d'urto, e non si abbiano perciò a temere fessurazioni e distacco della crosta cementata (come ad es. ingranaggi che si trovano continuamente inseriti).
Il cemento 4, noto anche col nome di cemento di Caron, dal nome del suo scopritore, può esser rigenerato. L'ossido di bario, infatti, che rimane dalla decomposizione del carbonato, può ricombinarsi con l'anidride carbonica dell'atmosfera.
La sua azione può essere espressa da questo schema:
I cementi liquidi servono a ottenere rapidamente strati sottili cementati assai duri (di 0,1; 0,2 mm.). Essi si spalmano sull'oggetto da cementare previamente riscaldato, oppure si portano a fusione in forno a crogiuolo, e vi s'immergono gli oggetti da cementare. Questi cementi liquidi contengono quasi sempre ferrocianuri, cianuri, calciocianamide, ecc., che sviluppano vapori più o meno venefici; e perciò occorrono cautele nel maneggiarli. Come sopra è stato ricordato, essi esercitano una cementazione carburante ed azoturante ad un tempo.
I cementi gassosi più adoperati sono l'ossido di carbonio, gl'idrocarburi, o miscele dei due gas, il gas illuminante.
Un cemento tipico è il cemento misto anidride carbonica-carbone (Giolitti). Se si conduce su carbone polverizzato riscaldato anidride carbonica, si forma CO e si stabilisce l'equilibrio CO2 + C ⇄ 2CO; regolando opportunamente la velocità della corrente gassosa e la temperatura, si possono ottenere strati cementati delle concentrazioni e delle profondità desiderate, evitando la formazione di cementite libera al bordo.
c) Acciai da cementazione. - Questi acciai debbono avere un tenore di carbonio relativamente basso, in generale non superiore al 0,2%; e tanto più basso quanto più si desidera che il cuore dei pezzi cementati rimanga duttile e tenace.
I buoni acciai da cementazione debbono essere il più possibile puri; in particolare, il loro contenuto di zolfo e fosforo deve essere assai basso; essi debbono inoltre essere ben disossidati e contenere la minore quantità possibile d'inclusioni solide non metalliche. Se, infatti, il loro contenuto di ossigeno e d'inclusioni è rilevante, possono derivare ai pezzi cementati gravi difetti, ai quali sarà accennato più avanti.
Col progredire della meccanica, e specialmente dell'industria automobilistica e aviatoria, si è venuta a creare tutta una serie di acciai da cementazione, a seconda delle varie speciali esigenze; in essi entrano, in rapporti diversi, il carbonio, il cromo, il nichel, il vanadio ed il molibdeno (v. acciaio, p. 241).
Tutti questi elementi speciali, oltre ad impartire al cuore dei pezzi le proprietà peculiari che volta a volta si ricercano, influenzano più o meno profondamente la carburazione degli acciai. Così, ad esempio, il nichel rende più regolare la cementazione, evitando bruschi passaggi di concentrazione del carbonio che vi diffonde; negli acciai al nichel, inoltre, il prolungato riscaldamento non porta ad un ingrossamento del grano eccessivo, poiché il nichel è un affinatore della struttura; il cromo innalza il tenore massimo di carbonio dello strato cementato e gli conferisce una maggiore durezza. Il silicio è ritenuto un ritardatore della cementazione, e perciò si prescrive che il suo contenuto non debba superare il 0,4%.
La funzione del carbonio negli acciai speciali è anch'essa assai importante, e occorre perciò di commisurarne il contenuto agli effetti che si vogliono conseguire. Se, infatti, un basso tenore di carbonio conserva al cuore del pezzo una grande duttilità, a questa non si accompagna una grande resistenza a fatica; e perciò, se un organo di macchina va soggetto ad urti violenti di entità varia, sarà preferibile contenere il tenore di carbonio in limiti assai bassi; se invece va soggetto a sollecitazioni uniformi, saranno preferibili acciai a tenore di carbonio più elevato capaci di prender tempra, poiché la resistenza a fatica, almeno negli acciai, varia nello stesso senso del carico di rottura. Una percentuale più elevata di carbonio aumenta anche la profondità di penetrazione della tempra, e quindi è preferita per le parti di grande massa, che possono così prendere una certa tempra sino al cuore.
I più importanti fra gli acciai speciali, per le varietà di applicazioni che trovano e per le loro peculiari proprietà, sono quelli al cromo-nichel. Essi dànno superficie cementate assai dure, si temprano bene anche se i pezzi hanno notevole spessore, e presentano, anche a carichi di rottura elevati, una notevole tenacità.
Poiché gl'intervalli critici variano con il tenore di carbonio, con la natura ed il tenore degli elementi speciali si capisce facilmente come anche le temperature di cementazione debbano variare da caso a caso. In generale, gli acciai semplici al carbonio si cementano intorno ai 900°, gli acciai al cromo-nichel a temperature un po' più basse, cioè 850°-900°; le temperature più alte si preferiscono per tenori bassi, le più basse per tenori elevati di nichel.
È buona regola far precedere, alla cementazione, una ricottura dei pezzi, per eliminare le tensioni e ricondurre gli acciai in equilibrio strutturale; a questo modo la cementazione avviene più regolarmente. È preferibile eseguire questa ricottura a temperature leggermente al di sotto dell'intervallo critico, poiché in queste condizioni anche gli acciai temprati all'aria acquistano il massimo di addolciento (700° circa per gli acciai al carbonio, 600 − 650° per gli acciai contenenti elementi speciali). Il raffreddamento va fatto nel forno.
Trattamenti termici. - Il trattamento termico che si fa seguire alla cementazione può dividersi in due distinti metodi, a seconda ehe i pezzi si temprano ancor caldi direttamente come escono dalle cassette di cementazione o si lasciano raffreddare. Il primo metodo previene la formazione del reticolo di cementite ed un eccessivo ingrossamento del grano (v. acciaio), mentre il secondo metodo limita le deformazioni, ma non evita la formazione del reticolo di cementite e l'ingrossamento del grano.
Dopo aver lasciato raffreddare i pezzi nella cassetta, si possono anche eseguire due tempre, la prima a temperatura superiore per affinare il cuore, la seconda a temperatura inferiore per rigenerare la zona cementata e eonferirle il massimo di durezza.
Queste due diverse temperature di tempra, la prima più elevata della seconda, debbono adottarsi per il fatto che l'intervallo critico del cuore, meno carburato, è più elevato dell'intervallo critico della zona cementata, cosicche, se si vuol rigenerare il cuore, ne risulta surriscaldata quest'ultima. Il secondo trattamento ha appunto per iscopo di rigenerare anche la parte periferica e di conferirle maggiore durezza, poiché (v. acciaio) il massimo di durezza ed il minimo di grossezza del grano si conseguono temprando ad una temperatura che sia appena al di sopra dell'intervallo critico. V'è chi fa ricorso anche a ripetuti trattamenti termici del genere qui descritto: è però bene osservare che questi trattamenti ripetuti sono il più delle volte non necessarî, poiché con un paio di trattamenti condotti in condizioni convenienti si conseguono già le proprietà più elevate, mentre, d'altra parte, non sono scevri da inconvenienti: infatti i pezzi, per ripetuti riscaldi - a meno che non si prendano speciali cautele - si decarburano superficialmente, onde gli effetti conseguiti con l'operazione di cementazione vanno in parte perduti; si accrescono inoltre sia le probabilità di fessurazione, sia le deformazioni, poiché ad ogni tempra corrisponde una nuova deformazione, e queste si sommano tra loro.
I seguenti trattamenti termici possono essere considerati come tipici:
1. Tempra dalla cassetta di cementazione. Poiché la temperatura di cementazione è, come si è detto, più elevata della temperatura utile di tempra, lo strato cementato è surriscaldato. Questo metodo si adopera perciò per parti poco importanti.
2. Si lasciano raffreddare i pezzi in cassetta, indi si temprano a 760°-780°. Questo metodo si adopera per grossi pezzi per i quali non si abbia a temere rottura, poiché non rigenera il cuore.
3. Si lasciano raffreddare i pezzi in cassetta, si riscaldano circa un'ora tra 600° e 650° raffreddando in forno oppure temprando poi tra 850° e 900° in olio, e infine temprando a 760-780°. Il riscaldamento prolungato a 600-650° distrugge la grossa cristallizzazione, provocando la formazione di perlite globulare (v. acciaio). Secondo Örtel, i pezzi così temprati non possiedono una residenza superiore a quella che si può ottenere per doppia tempra, ma resistono assai più a lungo agli urti ripetuti.
4. Si temprano i pezzi dalla cassetta e si eseguisce una tempra finale a 765°-800° in acqua od olio, a seconda del tipo di acciaio e delle dimensioni del pezzo. Negli acciai complessi in generale la tempra si fa in olio.
Con la seconda tempra si attenua, ma non si elimina del tutto il surriscaldamento della zona cementata: d'altra parte la tempra finale a temperatura più bassa non è conveniente, poiché il cuore non prende durezza. Molto opportunamente, nel trattamento finale degli acciai speciali, si può far ricorso all'isteresi termica. Si riscaldano, cioè, i pezzi al di sopra dell'intervallo critico, si lasciano raffreddare lentamente ad una temperatura che sia ancora al di sopra di quella di trasformazione al raffreddamento, e si temprano: a questo modo si ottengono una maggiore durezza, una assai maggiore finezza del grano e in generale un miglioramento di tutte le proprietà meccaniche. Per applicare queste norme, si debbono, naturalmente, conoscere con esattezza le curve di riscaldamento e raffreddamento, per stabilire la posizione dei due intervalli critici.
5. Si temprano i pezzi dalla cassetta, si riscaldano per un'ora a 600-650° e si eseguisce la tempra finale come è detto in 4. Questo metodo dà elevata tenacità e finezza di grana. Esso è anche adatto se per caso la temperatura di cementazione si è elevata di troppo e si è formato alla periferia dei pezzi uno strato ipereutectoide. Temprando dalla cassetta, la cementite rimane in soluzione, la martensite grossa si trasforma per riscaldamento a 600-650° in perlite globulare: in queste condizioni, il carburo in eccesso non è più pericoloso.
Nella tabella che segue si riportano le caratteristiche meccaniche dei più comuni acciai da cementazione sia semplici sia speciali, allo stato ricotto e allo stato temprato.
Dopo le operazioni di cementazione e di tempra, è buona regola sottoporre i pezzi a leggiero rinvenimento in acqua bollente od in olio a temperature variabili tra 100° e 250°: con questo mezzo, non solo si eliminano in parte le tensioni di tempra, che abbreviano la resistenza a fatica, ma si innalza alquanto la durezza superficiale: infatti un'energica tempra, specie negli acciai contenenti elementi spec-ali, dà luogo, oltre che alla formazione di martensite, a quantità più o meno rilevanti di austenite, costituente meno duro: un leggiero rinvenimento converte l'austenite in martensite, mentre a questa temperatura non s'inizia ancora la trasformazione della martensite.
Operazioni di cementazione. - Forni di cementazione. - I forni di cementazione non differiscono sostanzialmente da quelli che si usano per i trattamenti termici dei materiali siderurgici. Le qualità che essi debbono possedere sono: docilità nella loro condotta e costanza di temperatura nel laboratorio. Nei forni a gas debbono potersi regolare i rapporti tra aria e gas, in modo da ottenere una atmosfera leggermente riducente ed evitare una troppo rapida ossidazione delle cassette. Detti forni debbono consentire di raggiungere facilmente i 1000°-1200°.
A queste condizioni rispondono in modo ideale i forni elettrici a resistenza, i quali sono poco ingombranti,. non abbisognano né di canalizzazioni né di tiraggio, si regolano meravigliosamente e dànno rendimenti assai elevati. Essi sono però assai costosi e poco economici, ove non si disponga di energia a prezzo assai basso. I forni a gas, i forni ad olio (nafta od olî di catrame) sono anche essi abbastanza bene regolabili e possono portarsi rapidamente alla temperatura di regime. Meno bene si prestano i forni a carbone e a coke.
I bagni a sale sono assai utili per cementazioni superficiali poco profonde, che si possono ottenere in pochi minuti. Possono essere alimentati con carbone o coke, con olio, con gas o con la corrente elettrica. I crogiuoli per contenere il sale possono essere di acciaio, di materiale molto refrattario o di grafite. In essi si pongono miscele di cianuri, carbonati e cloruri alcalini o una certa percentuale di calciocianamide mescolata con sali (cloruro di bario, cloruro di calcio e cloruri alcalini, processo Shimer). Queste miscele fuse sono però più o meno venefiche; e perciò occorre premunirsi contro la loro azione e contro quella dei fumi. Alle figg. 3 e 4 è illustrato un bagno a sale riscaldato elettricamente. Il mantello di lamiera è ricoperto internamente con uno strato di amianto; seguono un grosso strato di muratura, un altro strato di amianto e una muratura di buon materiale refrattario. Nel bagno pescano gli elettrodi. Questo procedimento si presta specialmente per piccoli oggetti che occorre indurire per tutta la loro superficie, come ad es. chiavi di bulloni, spine, ingranaggi, parti di macchine calcolatrici, di macchine da scrivere, di macchine da cucire, ecc.
Cassette di cementazione. - Abbiamo detto che le cassette di cementazione debbono essere proporzionate al numero, alla forma, e alle dimensioni dei pezzi da trattare: se, infatti, il cemento è in difetto, la cementazione riesce insufficiente; se è in eccesso, l'operazione è più costosa, più lunga e la cementazione meno regolare.
Le cassette si confezionano disponendo al fondo uno strato di cemento usato o di carbone di legna in noccioli, sovrapponendovi uno strato di cemento nuovo dello spessore di circa 30-50 mm., poi strati alternati di pezzi da cementare e di cemento ben compresso intorno ai pezzi, e infine un altro strato di cemento. Il coperchio si luta accuratamente con terra refrattaria in modo che la tenuta sia più ermetica possibile. Poiché, infatti, la carburazione avviene per il tramite dei gas che si svolgono dal cemento, si capisce come sia necessario non lasciarli sfuggire dall'ambiente in cui si generano, tanto più che, se nelle cassette si riesce a mantenere una certa pressione, questa accelera la carburazione.
Le cassette di cementazione si possono fabbricare in lamiera di ferro, in acciaio saldato o fucinato, o in acciaio fuso o ghisa malleabile; la ghisa comune è poco adatta per la sua permeabilità ai gas. In questi ultimi anni sono state introdotte nel mercato cassette di leghe speciali fuse ricche in cromo, in nichel e in silicio, e quindi molto resistenti all'ossidazione. Queste leghe hanno però ancora un prezzo di costo assai elevato ed essendo molto pesanti richiedono un'immobilizzazione di capitale non indifferente.
Protezione delle parti che non debbono cementarsi. - In pratica si rende spesso necessario proteggere dall'azione carburante del cemento alcune parti che debbono rimanere molli e lavorabili dopo il trattamento finale di tempra. Ciò può conseguirsi in diversi modi:
1. Ricoprendo le parti da proteggere con sostanze che impediscano ai gas carburanti di penetrarvi. Una pratica assai diffusa consiste nel ricoprire queste parti con terra refrattaria, Cui si aggiunge un po' di sale o di borace, per evitare che la terra, durante l operazione, si screpoli e si stacehi; si può fare attorno al pezzo una legatura di filo di ferro e poi si luta con buona argilla sottile e molto refrattaria (vedi ad es. figg. 5 e 6).
Un buon mezzo di protezione è anche dato da una ramatura elettrolitica. Il procedimento è il medesimo che si segue nella galvanoplastica. Uno strato di rame di 203 centesimi di mm. è in generale sufficiente ad una completa protezione. La ramatura per semplice immersione è meno efficace a cagione della discontinuità del deposito.
Alcune paste di facile preparazione e di facile applicazione servono anche bene allo scopo. La pasta si distende con il pennello sulle parti da proteggere e si lascia seccare.
Come esempî di vernici protettrici diamo le seguenti:
a) Silicato di sodio commerciale cui si aggiunge, agitando, tanta polvere di amianto, da ottenere una pasta che si possa distendere col pennello;
b) Silicato di sodio e polvere di rame in parti eguali in peso. Il rame può essere diluito con una sostanza inerte, come spoltiglio di smeriglio. Ad una miscela di due parti di polvere di rame e di una parte di spoltiglio di smeriglio si aggiunge tanto silicato di sodio da ottenere una vernice spessa.
I pezzi, prima dell'applicazione della vernice, debbono essere accuratamente puliti e digrassati.
2. Lasciando in corrispondenza delle parti che non debbono riuscir dure un sufficiente sovrametallo.
Gli oggetti cementati si lasciano raffreddare in cassetta, poi si asporta il sovrametallo, e infine si procede alla tempra. Una volta eliminato il sovrametallo cementato, il metallo sottostante è duttile e conserva le caratteristiche del cuore.
Nella fig. 5 si vedono sei ingranaggi per automobili disposti in cassetta per la cementazione. Dovendo essere cementati i denti solamente, gl'ingranaggi sono riempiti all'interno con argilla e ricoperti sopra e sotto con una lamiera. Il cemento è accuratamente compresso contro i denti.
Alla figura 6 è riprodotto un albero di fresatrice impacchettato in cassetta di lamiera di ferro chiusa con coperchio e luto. Soltanto le parti 2 e 6 destinate a ricevere il cuscinetto e la parte 4 sulla quale scorre l'ingranaggio di comando del mandrino debbono essere indurite. La testa 1 e l'estremità 7, su cui debbono essere tagliati i filetti, sono protette con argilla, la cui aderenza si assicura con legatura di filo di ferro. Dopo cementazione, ricottura e raddrizzamento a caldo, gli strati carburati 3 e 5 si tolgono al tornio, poi si tempra l'albero. Dopo nuovo raddrizzamento, le parti 2, 3, 5 e 6 si rettificano; infine si filettano le parti 1 e 7 e si fora l'albero.
Ricottura. - Le cassette vengono introdotte nel forno -di cementazione e collocate su due rotaie, per rendere il riscaldamento più uniforme; la temperatura del forno, all'atto del caricamento, non deve essere superiore a 400°-500°.
Sulle temperature più opportune di cementazione è stato detto in precedenza.
La durata del riscaldo viene regolata a seconda della profondità di cememazione che si desidera. Ma per rendersi conto di questa profondità, non basta in generale conoscere il comportamento dell'acciaio e del cemento e la temperatura, poiché le cassette impiegano, per portarsi a regime, un tempo più o meno lungo, a seconda delle loro dimensioni, del modo con cui sono state confezionate, dalla conduttività termica del cemento, ecc. Si fa perciò ricorso all'accorgimento di disporre alcuni provini dello stesso acciaio in altrettanti fori praticati in precedenza nelle cassette, provini che servono sia per osservare se la temperatura all'interno della cassetta è più alta o più bassa di quella indicata dal pirometro, poiché la temperatura all'interno può sopraelevarsi per effetto della combustione della polvere di cementazione, sia per controllare la profondità di cementazione nei pezzi. Allorché si ritiene esser prossimi a raggiungere la profondità desiderata, si ritira uno dei provini dalla cassetta, lo si tempra e lo si spezza. L'esame della frattura dà un'indicazione della profondità raggiunta, poiché il bordo cementato è a grano fine più lucente del cuore.
Secondo Galibourg e Ballay, l'esame della frattura dà indicazioni poco attendibili. Questi sperimentatori suggeriscono perciò di far ricorso ad un reattivo ramico di attacco (come ad esempio una soluzione alcoolica di cloruro di rame costituita di 1 cmc. di acido cloridrico e 2 g. di cloruro di rame cristallizzato in 100 cmc. di alcool). Il rame si depone rapidamente al cuore non cementato, mentre non si depone sulla parte periferica cementata.
Collocando questi provini in opportune posizioni, è anche possibile rendersi conto del procedere della cementazione dei pezzi nei diversi punti delle cassette e delle eventuali disparità che possono in essi manifestarsi.
I pezzi si cementano per profondità variabili da 0,5 a 3 mm. Per forti pressioni di attrito si adottano profondità maggiori che per le basse.
Tempra dei pezzi cementati. - Finita la cementazione, si procede alla tempra con le norme esposte più sopra. La tempra si eseguisce in acqua o in olio a seconda della natura dell'acciaio, dello spessore dei pezzi e delle proprietà che in essi si ricercano. I bagni di tempra sono analoghi a quelli adoperati per la tempra degli acciai (v. tempra). I pezzi, infine, si raddrizzano, si rettificano e se ne prova la durezza superficiale o con il saggio alla lima, o, meglio, con altri mezzi atti a misurarla, come la prova Brinell, la prova Shore, la prova Rockwell, la prova Herbert, ecc.
Difetti. - Una parte dei difetti che si riscontrano nei pezzi cementati trae origine da cattiva condotta delle singole operazioni, un'altra parte da deficiente qualità dall'acciaio, né è sempre agevole definirne le cause.
Non è infrequente il caso che la zona carburata si distacchi dal cuore. Se la concentrazione di carbonio nella zona cementata è molto elevata e varia bruscamente rispetto allo strato di metallo sottostante, allorché si procede alla tempra si hanno variazioni assai diverse di volume tra le due zone, e di qui si originano tensioni che possono condurre al distacco della zona carburata (figg. 7 e 8). Un altro difetto comune nei pezzi cementati è che spesso la loro struttura ha un aspetto cristallino grossolano lucente; a questo grande sviluppo del grano cristallino si accompagna sempre fragilità.
Questo difetto può essere ricondotto a tre diverse cause:
a) Temperature di tempra troppo elevate. Vi si rimedia con il terzo dei cinque trattamenti termici indicati precedentemente come tipici per gli acciai da cementazione.
b) Eccessiva carburazione prodotta da una temperatura di cementazione troppo elevata e separazione della cementite in forma di reticolo. Vi si rimedia con una ricottura a 900° circa, che riporta in soluzione la cementite, seguita da tempra alla stessa temperatura, che fissa in soluzione tutta la cementite presente; facendo poi seguire un riscaldamento a 580°-650°, si provoca la formazione di cementite globulare, la quale, anche se rimane parzialmente indisciolta nel successivo riscaldamento, in questa forma non produce fragilità; poi si procede alla tempra finale.
c) Eccessiva carburazione prodotta da oscillazioni di temperatura durante il processo di cementazione. Se, infatti, la temperatura si abbassa, cessa la carburazione, per poi ricominciare ancor prima che il carbonio precedentemente depostosi abbia avuto tempo di diffondersi verso il cuore allorché la temperatura si innalza nuovamente. Questo difetto può essere eliminato procedendo allo stesso trattamento termico indicato in b.
Un altro difetto assai frequente è la presenza delle cosiddette aree molli dopo il trattamento finale di tempra. Esso può esser dovuto o ad insufficiente carburazione o ad incompleta tempra. Vi si ovvia ripetendo sia la carburazione sia la tempra.
Gravi difetti nei pezzi cementati, come scarsa penetrazione, irregolarità di cementazione e comparsa di aree molli, possono però esser dovute anche a deficiente qualità dell'acciaio.
Se il metallo è molto ossidato e contiene forti quantità di inclusioni solide non metalliche (v. acciaio), il processo di cementazione viene infatti completamente alterato.
Secondo Ehn, la spiegazione del fenomeno è questa: il processo di cementazione si può ammettere avvenga in due successive fasi:1. penetrazione dei gas carburanti nell'acciaio combinata con la deposizione del carbonio; 2. diffusione del carbonio dalla periferia al cuore.
Le impurità e l'ossigeno contenuti nell'acciaio ritarderebbero il processo di diffusione, donde un aumento e una irregolarità di distribuzione del tenore di carbonio nello strato superficiale e una minore profondità totale di cementazione rispetto ad un acciaio normale.
Allorché queste anomalie di cementazione si manifestano, l'aspetto dei costituenti metallografici sia della zona cementata sia del cuore è tutt'affatto differente. Nella zona ipereutectoide si osserva una forte coalescenza della cementite, mentre nella zona di transizione le maglie di ferrite che delimitano i grani di perlite sono piccole e arrotondate. Negli acciai normali. invece, la zona ipereutectoide è costituita di perlite e di cementite a reticolo ad angoli molto vivi o in aghi percorrenti la massa dei cristalli; nella zona di transizione si osservano grandi aree triangolari, o almeno a contorni nettamente angolari, di perlite, separata da grani di ferrite a contorni nettamente definiti (figg. 9, 10, 11 e 12).
Il diverso aspetto metallografico che presentano le zone cementate e il cuore degli acciai anomali è probabilmente dovuto all'influenza che le impurità esercitano sul processo di consolidazione primaria e sulla struttura secondaria dell'acciaio; esse avrebbero per effetto di aumentare il numero dei centri di cristallizzazione dando luogo alla formazione di cristalli di minori dimensioni (v. acciaio).
Le aree molli che spesso si riscontrano in questi acciai anomali sono dovute a formazione di troostite. Gli studî di Portevin e Garvin hanno dimostrato che la formazione della troostite e della martensite dipende, a parità di altre condizioni, dalla velocità di raffreddamento e che v'è un minimo di velocità di raffreddamento compatibile con la formazione della martensite (costituente duro di tempra). Si può pensare che, negli acciai normali, la velocità di raffreddamento che si consegue per immersione nel bagno di tempra sia sufficiente a rigettare la trasformazione a temperatura bassa (martensite), mentre con acciai più o meno anomali questa velocità critica non sarebbe superata, per modo che potrebbero formarsi, accanto a martensite, quantità più o meno rilevanti di troostite.
In altre parole, poiché la troostite si forma a temperatura più elevata della martensite, le impurità renderebbero l'acciaio meno atto a subire il sottoraffreddamento, farebbero cioè da germi nella formazione della troostite (v. alla voce acciaio i costituenti strutturali dell'acciaio e l'influenza della velocità di raffreddamento sulla loro formazione).
Da quel che è stato testé brevemente esposto risulta quanto sia importante adottare nella pratica della cementazione acciai i più puri possibili. Ma poiché le comuni prove di collaudo nulla dicono sulla natura, sulla quantità e la ripartizione delle impurità contenute negli acciai e sul loro stato di ossidazione, si capisce come sia necessario sottoporli ad una prova preliminare di cementazione per giudicare se a questo scopo si prestino.
Cementazione azoturante.
In tempi assai recenti si è andato diffondendo un processo di cementazione per azoturazione.
Abbiamo veduto in precedenza come certi cementi solidi e liquidi siano capaci di fissare nell'acciaio azoto sotto forma di azoturo di ferro e come questo azoturo acceleri la cementazione e conferisca allo strato cementato superficiale una maggiore durezza. Invece che ad una cementazione mista carburante ed azoturante, si può fare ricorso a sola cementazione azoturante, la quale, a differenza della cementazione carburante, avviene a temperatura inferiore all'intervallo critico.
L'importanza di questo procedimento è evidente, quando si pensi che la cementazione carburante va fatta al di sopra dell'intervallo critico, con tutti gl'inconvenienti che derivano dal prolungato riscaldamento a queste elevate temperature, e che ad essa va fatto seguire un trattamento più o meno complesso di rigenerazione e di tempra, che causa nei pezzi - oltre a molteplici inconvenienti, di alcuni dei quali si è fatta parola precedentemente - deformazioni più o meno ingenti, che richiedono un lungo, accurato e dispendioso lavoro di rettifica. Con l'azoturazione, invece, si evitano il surriscaldamento, la tempra, e le deformazioni; le variazioni di volume sono inoltre così piccole, che possono il più delle volte trascurarsi. L'azoturazione del ferro avviene agevolmente per azione dell'ammoniaca sul ferro riscaidato secondo le seguenti equazioni:
Con lo studio delle variazioni delle tensioni di azoto e delle variazioni delle proprietà magnetiche, il Fry ha potuto accertare la presenza di questi due azoturi e di una soluzione solida ferro-azoto.
Relazioni più complicate si stabiliscono allorché il ferro contiene anche carbonio, poiché sembra che, in presenza di carbonio, si possano formare soluzioni solide ferro-azoto-carbonio.
Il Fry ha cercato di riassumere in un diagramma i risultati che si ottengono azoturando il ferro con ammoniaca a temperature crescenti (fig. 13). Lo strato azoturato comprende uno strato di ferrite contenente aghi di azoturo di ferro Fe4N, uno strato costituito di eutectoide e ferrite, uno strato di eutectoide puro e uno strato (bordo) di azoturi (fig. 14). Dal diagramma si vede che lo strato di azoturo compatto non si forma se non oltrepassando la temperatura di 580°; a temperature inferiori si formano soltanto aghi di azoturo diffusi nella matrice di ferro.
Ma la presenza di questi costituenti rende l'acciaio assai fragile. I brevetti della casa Krupp hanno avuto per intento di ricercare acciai nei quali non solo la concentrazione dell'azoto non superasse la concentrazione a cui compaiono i costituenti fragili del bordo, ma l'azoto rimanesse in soluzione solida nella ferrite.
Lo strato azoturato, in queste condizioni, ha una struttura simile a quella dell'acciaio temprato (martensite) e possiede un'estrema durezza; la durezza diminuisce inoltre gradualmente dalla periferia al cuore del pezzo.
Gli elementi speciali che s'introducono nell'acciaio per conseguire questo scopo sono il cromo, il manganese, il silicio, il vanadio e soprattutto l'alluminio.
I limiti entro i quali questi elementi possono oscillare sono: carbonio 0, 10-0,60%; manganese o,20-1%; cromo 0,25-4%;, alluminio 0,50-2%.
Poiché la cementazione per azoturazione si eseguisce intorno alla temperatura di 500°, gli acciai possono essere assoggettati a questo trattamento allo stato bonificato (tempra e rinvenimento da 500° in su) senza che per questo le proprietà del cuore vengano modificate.
Se agli acciai si aggiungono, oltre agli elementi che impartiscono durezza per azoturazione, altri elementi, come il nichel, o il cromo e il nichel insieme, si possono ottenere ad un tempo superficie cementate assai dure e proprietà meccaniche al cuore assai elevate.
La lunga permanenza degli acciai al cromo-nichel alla temperatura di azoturazione produce però la così detta fragilità di rinvenimento (Krupp-Krankheit). Piccole aggiunte di molibdeno (circa 0,3%) fungono da correttivo, eliminando gran parte di questa fragilità acquisita. Il molibdeno sembra aumenti, inoltre, la velocità di penetrazione dell'azoto.
La casa Krupp dà per acciai speciali da azoturazione, che essa pone in commercio finiti di trattamento termico, le seguenti caratteristiche meccaniche:
L'operazione si eseguisce ponendo i pezzi in cassette di ferro e facendovi passare ammoniaca gassosa. La temperatura va mantenuta a 500°-525°. Per eliminare nel materiale le tensioni che possono preesistervi, si fa precedere una ricottura per circa 3 ore a 500°-550°.
Occorre anche tenere presente che, nell'azoturazione, avviene un lievissimo aumento di volume (di pochi centesimi di mm. al più); ma di ciò si può tener conto nel calcolare le dimensioni dei pezzi, per modo che, nella maggioranza dei casi, non è necessario rettificarli.
Per proteggere le parti che debbono conservarsi molli, si può fare uso di una stagnatura locale.
La durata dell'operazione dipende dallo spessore dello strato azoturato che si desidera. Normalmente, questo spessore è di circa 8 decimi di mm. cui corrisponde una durata di 90 ore.
La seguente tabella dà i tempi di azoturazione: per differenti spessori.
La durezza superficiale degli acciai azoturati è assai più elevata di quella degli acciai cementati e temprati. Essa si calcola intorno a 900 Brinell, mentre la durezza degli acciai cementati e temprati si aggira intorno a 600. Il diagramma riportato alla fig. 15 dà la durezza d'un materiale azoturato in confronto a quella di un acciaio cementato e temprato in funzione della profondità di cementazione. Come si vede, la durezza della crosta superficiale è assai più elevata nel caso dell'acciaio azoturato, ma degrada dalla periferia al cuore assai più rapidamente.
Secondo la casa Krupp, nel caso di pressioni non eccessivamente elevate (sino a 7000 kg./cmq.), deve preferirsi l'azoturazione, nel caso di pressioni più elevate la carburazione. Gli acciai azoturati sono così duri che non vengono attaccati dalla lima, tagliano il vetro e rigano il quarzo. Essi conservano inoltre la loro durezza con l'aumentare della temperatura assai meglio degli acciai cementati e temprati.
I pezzi sui quali questo procedimento ha dato ottimi risultati sono specialmente ingranaggi di ogni tipo, trapani, alberi diritti, alberi a manovella, alberi ad ingranaggi, assi di pistoni, catene, matrici e filiere, calibri di precisione, lime speciali a taglio dolce, cilindri di macchine per stampare, pezzi di biciclette, di macchine da cucire, di macchine da scrivere, ecc.
Altri processi di cementazione.
I due processi di cementazione carburante e azoturante dei quali abbiamo testé parlato sono tecnicamente i più diffusi. Si conoscono però altri processi di cementazione e di indurimento superficiale ai quali accenniamo brevemente.
La cementazione del ferro con un altro elemento può avvenire sia per semplice diffusione, sia per diffusione accompagnata da una reazione chimica (Fry, 1923). Perché abbia luogo vera e propria diffusione, occorre che i due elementi siano solubili tra loro allo stato solido: in questo caso il processo di diffusione cessa allorché si è raggiunto il limite di solubilità dei due elementi; se, invece, la diffusione è accompagnata da reazione, è possibile raggiungere, in condizioni opportune, il tenore del composto chimico a concentrazione più elevata dell'elemento che diffonde nel ferro.
La cementazione metallica per diffusione ha trovato in questi ultimi anni applicazioni industriali; così il ferro può essere cementato con alluminio, cromo, tungsteno, molibdeno, boro e vanadio. La cementazione con l'alluminio si fa riscaldando in forni rotativi a circa 850° i pezzi in una miscela costituita di alluminio in grani addizionati con ossido di alluminio e cloruro di ammonio (calorizzazione). Gli acciai così trattati sono assai più resistenti all'ossidazione e presentano alla superficie una grande durezza. Questo processo si applica a tubi di condensazione, a cassette di cementazione, ad organi di motori, a bruciatori, a griglie, a muffole per alte temperature, a tubi di protezione, a fili, a nastri, ecc.
Poiché la cementazione con elementi di natura metallica o metalloidica può avvenire tanto per semplice diffusione quanto per diffusione accompagnata da reazione, si può far ricorso, oltre che agli elementi semplici, a loro leghe o a loro composti, o a loro sali; questi ultimi possono venir anche mescolati a sostanze che accelerino la diffusione o partecipino alla reazione.
Così, per introdurre nel ferro il fosforo, lo zolfo e il silicio, si possono adoperare, analogamente a quanto abbiamo più sopra veduto per la cementazione azoturante, i loro composti idrogenati PH3, H2S, SiH4.
Un caso particolarmente interessante di cementazione accompagnato da reazione è quello con alogenuri metallici studiato da N. Parravano e che sembra possa trovare notevoli applicazioni industriali.
La reazione di riduzione di un alogenuro con l'idrogeno MX2 + H2 ⇄ M + 2HX porta a uno stato di equilibrio che è tanto più spostato nel senso della formazione del metallo, quanto più il calore di formazione dell'idracido supera quello dell'alogenuro. Facendo però variare la condizione di M nello spazio di reazione si può spostare l'equilibrio in modo continuo e ottenere dall'alogenuro una quantità qualunque di metallo.
La variazione della condizione di M si può ottenere facendolo entrare in lega con altro metallo, e s'immagina perciò facilmente come sia possibile con questa reazione trasformare superficialmente i metalli in leghe con elementi varî, e quindi cementarli. Basta a questo scopo far passare i vapori di alogenuro (BCl3; AlCl3, CCl4, SiCl4, TiCl4, WCl6, MoCl5, VCl4) misti a idrogeno su provini di ferro scaldati a 900° per avere la formazione di strati superficiali di leghe di ferro con boro, alluminio, carbonio, silicio, stagno, titanio, tungsteno, molibdeno, vanadio.
Bibl.: F. Giolitti, La cementazione dell'acciaio, Torino 1912; E. Simon, Härten u. Vergüten, Berlino 1923; P. Oberhoffer, Das technische Eisen, Berlino 1925; L. Grenet, Trempe, Recuit, Cémentation des Aciers, Parigi 1926; Brearley-Shäfer, Die Einsatzhärtung von Eisen und Stahl, Berlino 1926; A. Müller-Hauff e K. Stein, Stähle des Welthandels, Düsseldorf 1927; Werkstoff, Handbuch Stahl, pp. 157-196; L. Guillet, Les progrès récents dans les operations de cémentation et de trempe, in Le Génie Civil, LXXXI (1922), pp. 273, 292, 315, 337; I. Musatti e M. Croce, Sull'influenza dell'azoto dei cementi azotati nel processo di cementazione dell'acciaio, in Annali di chimica applicata, VIII, 1924, pp. 18-59; id., id., L'azoto e la cementazione, in Atti del Congresso Nazionale di chimica industriale, Milano, 13-18 aprile 1924; Am. Soc. Steel Treating, National Metals Handbook, Cleveland (Ohio) 1930; A. Fry, Stickstoff, in Eisen, Stahl und Sonderstahl, in ein neues Oberflächenhärtungsverfahren, in Stahl. u. Eisen, XLIII (1923), p. 1271; L. Guillet, La nitruration des aciers et son utilisation industrielle, in Le Génie Civil, XCI (1927), pp. 38, 60, 86; Krupp, Nitrier-Härtungs-Verfahren, N. Parravano e C. Mazzetti, Recueil des Travaux chimiques des Pays-Bas, XLII (1923), nn. 7-8.