Vedi CEMENELUM dell'anno: 1973 - 1994
CEMENELUM (Κεμενέλεον, Cemenilo)
È l'odierna Cimiez-la-Romaine. Dominando la pianura costiera formata dalle alluvioni del Paillon, dove coloni focei di Marsilia avevano stabilito verso il V sec. a. C. un emporio il cui porto era sulla spiaggia di Nizza e la cui acropoli sulla collina del "castello", il pianoro di Cimiez si stendeva da N a S sulla riva destra del Paillon a 3 km circa da Nizza. È il luogo che avevano scelto i Romani dall'epoca di Augusto per fondarvi C. nella tribù dei Liguri Vediantii.
C'è un contrasto geografico e funzionale tra le due città: l'emporio di Nikaia, la Nizza greca, era stato creato da Marsilia sulla costa orientale della Provenza ligure per conquistare i mercati dei due versanti delle Alpi a cui facevano capo le piste delle vallate del Var, del Paillon, della Vésubie, della Tinée. Cimiez-la-romaine, al contrario, è all'incrocio di tre strade: la via strategica con direzione EO di Piacenza nella valle del Po e di Ventimiglia, verso la Spagna; quella della vallata della Tinée che penetrava nell'entroterra ligure e accedeva alle Alpi Cozie, e la via più importante, punteggiata dai miliari, in direzione NO che conduceva nel cuore della Provenza, a Digne e a Sisteron, attraverso le città di Vence, Briançonnet, Glandèves, Senez, Castellane, e che dipendeva dalla prefettura delle Alpi Marittime istallata a Cimiez.
La funzione delle due città era diversa come mostra la loro stessa situazione: Nizza, legata alla via marittima è un avamposto di Marsilia verso E; Cimiez al contrario, impiantata sull'ultimo contrafforte delle Alpi, ai piedi del Monte Calvo, è un posto strategico che stende l'influenza romana verso O al di là del Var, frontiera tra la Narbonese e la Cisalpina, e controlla la via delle Alpi.
Prima degli scavi, di C. si sapeva soltanto quello che diceva Tacito, che cioè C. aveva ricevuto nel 63 da Nerone il diritto latino. Sopra al livello del suolo coltivato apparivano soltanto l'anfiteatro e il Tempio di Apollo, sala di rappresentanza delle terme settentrionali che si era conservata unicamente perché alloggiava la fattoria del territorio. La superficie della città, l'impianto urbanistico e la sua vita attraverso cinque secoli erano sconosciuti.
Il cantiere di scavo, attualmente delimitato dal recinto della fattoria, ha messo in luce tre edifici termali del III sec. d. C., che si completano a vicenda, avendo ciascuno di essi conservato alcuni elementi che fanno, di questo, l'insieme monumentale più importante della Gallia. Queste tre terme che si estendono su un fronte lungo cento m da E ad O, sono caratterizzate dalla tecnica listata alternante filari di sassi a tre filari di mattoni o di tegole. Le terme settentrionali, degli inizi del III sec. d. C. hanno una piscina con peristilio e una palestra; quelle meridionali, innalzate verso la metà dello stesso secolo, forse sotto Valeriano e Gallieno, sono doppie, con bagni maschili e femminili. Conservano perfettamente la rete di canalizzazione per l'adduzione dell'acqua e per gli scoli. Sono tutt'e tre concepite con il medesimo impianto (cosiddetto Reihentyp) che si può seguire dalle Terme di Afrodisiade in Caria a quelle di Pompei, di Fiesole, di Glanum, di Sanxay, del tutto diverso dal tipo termale monumentale di Arles e di Treviri. La successione delle sale e il loro apprestamento idraulico sono identici: praefurnium a N che forniva l'alimentazione di aria calda, e da E ad O quattro grandi sale, aperte verso S con grandi vetrate, di cui le ultime tre erano riscaldate da ipocausti: frigidarium o "sala dei passi perduti"; chiamata in un'iscrizione di Narbona "basilica" per il lusso decorativo; tepidarium rettangolare cui s'aggiungono a N il laconicum o stufa (circolare nelle terme settentrionali) e le due sale calde (caldaria) con vasche e bagnaiole, e inoltre latrine nelle terme settentrionali. La particolarità più notevole di queste terme dal punto di vista architettonico è l'impiego, per coprire il frigidarium e il tepidarium delle terme settentrionali, di vòlte armate, la cui crociera poggiava su archi diaframmatici fatti di grandi mattoni incrociati sul tipo delle nervature struttive in pietra del Tempio di Diana a Nîmes.
L'importanza di queste tre terme, che occupano quasi tutta l'area della fattoria, ha sfortunatamente cancellato l'impianto della città del I sec. che ci è rivelato da membra disiecta venuti in luce nel corso degli scavi. La città, che si estendeva in lunghezza sul piano limitato ad E e a O da due depressioni, la valle del Paillon e l'insenatura della via di Cimiez, non oltrepassava i 400 m di larghezza su 5-600 m di lunghezza, sviluppando una superficie di circa 20 ettari.
Verso NO l'anfiteatro, orientato secondo l'asse della grande via romana di Nizza verso le Alpi che fiancheggiava la fronte occidentale della città, si elevava su una piattaforma rocciosa fuori della città secondo una costante dell'urbanistica gallo-romana: situazione periferica che permetteva il libero accesso dei convogli di belve destinate ai giochi dell'arena ed evitava l'ingorgo che l'afflusso di folle non avrebbe mancato di causare nelle strette vie della città. Il tracciato dell'asse maggiore non corrisponde in realtà al reticolato urbano, che ci è noto attraverso i due decumani messi in luce negli scavi, l'uno separante le terme settentrionali dalle meridionali, fiancheggiato da strette botteghe impiantate tra i contrafforti d'un muro di tecnica accurata del I sec. d. C., conservato dopo il rialzamento della strada nel III sec. d. C.; l'altro decumano al limite estremo del cantiere di scavo verso S, pavimentato a grandi lastre e percorso da un canale, serviva al quartiere di abitazioni, le cui case ricostruite nel III sec. d. C. occuperanno il marciapiede; era tagliato ad E da una cardo lastricato in asse con la Via Bellanda.
Il quadro della vita municipale di C. s'anima poco a poco alla luce delle scoperte: frammenti di statue, iscrizioni, oggetti mobili ci rivelano i culti e la vita stessa degli abitanti. Sotto Settimio Severo e suo figlio Caracalla, il cui principato segna la rinascita della città all'iniziò del III sec. d. C., la statua di marmo che Claudio aveva innalzato alla madre Antonia, fu religiosamente trasportata nella sala di rappresentanza delle terme settentrionali, dove fu ritrovata nel 1957, rotta e incompleta, nella piscina, non lontana dalla nicchia dove era stata collocata.
I notabili si mostrano fieri d'esercitare la magistratura municipale il cui onore si riverbera sulla famiglia; l'epigrafia rivela la loro emulazione nell'abbellire ed ingrandire la città. Dedicano un altare al genio del municipio. Si associano in collegi che accentrano le principali attività cittadine e si riuniscono in scholae, delle quali una testimonianza è venuta in luce nel quartiere meridionale: i dendrofori, fornitori di legname da costruzione, i centonarii, fabbricanti di panni e di tele, certamente vele per la marina, i fabri, operai edili, carpentieri, fabbri e costruttori di navi. La più originale di queste corporazioni è quella degli otriculari, fabbricanti di otri le cui pelli erano fornite dalle abbondanti mandrie della montagna, per il trasporto del vino, dell'olio e dell'acqua, ma anche per la costruzione di zattere alleggerite da otri pieni d'aria che percorrevano la costa lagunare formata dagli estuari del Paillon e del Var e assicuravano il collegamento con i trasporti sulle piste terrestri.
L'impianto topografico di C., la cui maggior parte è coperta dalle case moderne, e la cronologia della sua storia sono ancora ben poco noti. Non sappiamo dove erano situati il teatro, il Foro, i templi, le terme del I secolo. La stratigrafia della zona messa in luce mostra due fasi costruttive, il I e il III sec. d. C.; la seconda ha rimodellato l'impianto urbanistico primitivo. Lo hiatus fra queste due epoche, che corrisponde ad un periodo di pace da Traiano ai Severi, trova spiegazione nella funzione militare di C.: fondata da Augusto per sorvegliare le tribù alpine dei Liguri la cui pacificazione sarà compiuta da Claudio, riprese il ruolo di città guida della Cisalpina sotto l'impero militare dei Severi (le cui frontiere furono minacciate dalle incursioni germaniche) e declina nella seconda metà del IV sec. d. C., segnata dall'anarchia causata dalle lotte fratricide di Costanzo II e dell'usurpatore Magnenzio.
Fu incendiata dai barbari nel V sec. d. C.; nelle rovine dei monumenti pubblici i cristiani sistemarono abitazioni di fortuna e costruirono in un edificio termale, quello femminile, la basilica e il battistero. Il gruppo episcopale di C. appare tardi, contrariamente a Nizza (la cui chiesa fu costituita nel 314, all'epoca del concilio di Arles). Il primo vescovo noto è Valeriano (439-442); ma l'esistenza di una comunità cristiana anteriore alla pace della chiesa è attestata dal martirio di S. Ponzio, figlio d'un senatore romano amico di Filippo l'Arabo, rifugiato a C. e messo a morte sotto Valeriano, poco prima dell'editto di tolleranza di Gallieno (260). La chiesa del V sec., la sola conosciuta, s'installò nelle rovine delle terme, allora abbandonate da un mezzo secolo: la basilica, orientata, occupò gli ambienti del bagno femminile i cui muri furono restaurati e gli ipocausti riempiti. A N si elevò il battistero, al posto del forno. La piscina esagonale, inquadrata da otto colonne è iscritta in una croce greca di mattoni e coperta da un baldacchino di sei colonnette. Il battistero è dotato di annessi; di piccole terme con ipocausti per la purificazione corporale dei catecumeni, uno spogliatoio, la cui conservazione, unica in Gallia, permette di rievocare il rituale del battesimo primitivo. Questi annessi erano stati sistemati nelle sale aggiunte al bagno femminile, che hanno subito a questo scopo una completa trasformazione e comunicavano con la domus episcopi, povera costruzione affiorante sulla roccia. Questo periodo di sopravvivenza durò meno di un secolo; il vescovato di C. fu riunito a quello di Nizza alla fine del V sec., ma il titolo di vescovo di C., associato a quello di Nizza non persistette che fino all'VIII sec., durante il quale avvenne l'abbandono definitivo della cattedrale e certamente il trasferimento delle reliquie di S. Ponzio nell'abbazia innalzata sul luogo del martirio, nel pianoro che prolunga a N quello della città romana e che costituiva la più importante necropoli di Cimiez, paragonabile a quella di Aliscamps ad Arles.
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