CELSO (Κέλσος)
Autore di un'opera polemica contro i cristiani, intitolata "Discorso veritiero" (Αληϑὴς λόγος) e confutata da Origene nel suo Κατὰ Κέλσου (Contra Celstum).
La ricostruzione dell'opera, in base ai frammenti citati da Origene che segue l'avversario passo passo, è stata fatta da T. Keim (Celsus' Wahres Wort, Zurigo 1873), da B. Aubé (Histoire des persécutions, II, Parigi 1878) e, più recentemente, da O. Glöckner (Celsi 'Αληϑὴς λόγος, Bonn 1924, Kleine Texte, n. 151). Secondo l'ultimo editore, Origene ci avrebbe conservato tutto ciò che d'importante era nell'opera dell'avversario. L'opera è stata scritta dopo le misure anticristiane di Marco Aurelio, e quando Commodo era associato all'impero: quindi tra il 178 e il 180. Quanto al personaggio, alcuni, come il Keim, il Renan, il Harnack, hanno creduto di poterlo identificare con il C. epicureo lodato da Luciano e autore d'un trattato contro la magia (Luc., Alex., 61 e 21); ma Origene stesso mostra di non riconoscere in C. un epicureo, e più d'una volta è incerto sull'identificazione, che, tutto considerato, rimane dubbia.
C. si mostra un conoscitore profondo di Platone, conosce direttamente cristianesimo e giudaismo, e cita parecchi libri della Bibbia; la sua polemica non ripete accuse volgari, ma affronta in pieno le questioni. Egli attacca la divinità, la nascita, i miracoli di Gesù, che è per lui un personaggio mediocre e ha trovato seguito solo tra gl'indotti; egli perciò si meraviglia che vi siano cristiani colti, e ad essi si rivolge, sicuro di convincerli. Altro oggetto dei suoi sarcasmi sono le credenze messianiche, sia dei cristiani, sia dei giudei. Ridicolo è il pensare che questi abbiano potuto essere in una speciale relazione con Dio, ridicolo che il divino si possa incarnare; ridicoli e immorali i racconti del Genesi, con il loro antropomorfismo; assurdo il tentativo di ritrovare in essi, con l'interpretazione allegorica, una verità; non meno assurdo pensare che Dio abbia creato la materia, e con essa il male. Inoltre, C. sostiene che tutto il buono che si trova nella Bibbia deriva dalla tradizione ellenica, specie da Platone. Nella terza parte della sua opera C. invita i cristiani a non considerare più gli dei come demonî, ma come dèmoni (δαίμονες), e specialmente a prestare il culto agl'imperatori e a difendere l'impero dai barbari.
Bibl.: E. Pélagaud, Étude sur Celse, Lione 1878 (cfr. Overbeck, in Theol. Literaturzeit., 1879, p. 532); E. Renan, Marc-Aurèle, Parigi 1881, pp. 344-378; O. Heine, in Philolog. Abhandlungen M. Hertz dargebracht, Berlino 1888; Neumann, in Realencyckl. f. prot. Theol. u. Kirche, 3ª ed., III, Lipsia 1897, s. v.; P. Koetschau, prolegomeni all'ed. cit.; E. De Faye, Origène, I, Parigi 1923, pp. 138-161; L. Rougier, Celse ecc., Parigi 1926; A. Miura-Stange, Celsus und Origenes, Giessen 1926.