MIGLIAVACCA, Celso. –
Nacque il 26 luglio 1673 a Milano, dove fu battezzato con il nome di Andrea Domenico.
Nell’ottobre del 1688 entrò a Bologna nella Congregazione dei canonici regolari del Ss. Salvatore, assumendo il nome di Celso. Nel 1700 fu inviato a Venezia come lettore; dal 1712 fu a Roma, dove ricoprì vari incarichi: vicario del monastero di S. Lorenzo fuori le Mura – di cui divenne abate nel 1717 – e segretario del padre generale.
Nel 1716 uscì l’operetta Exetasis duarum propositionum excerptarum per d.c. Le Pelletier Lugduni evulgato anno 1715 (s.l. [ma Venezia]). Pubblicata nel 1717 a Venezia ma con falsa data di Colonia è la Dissertatio de gratia se ipsa efficaci et de praedestinatione. Pochi anni dopo l’Indice condannò la Dissertatio e le Observationes in controversiam de gratia efficaci postevi in appendice (decreti del 12 luglio 1723 e del 4 dic. 1724).
Dal 1721 al 1724 ebbe l’incarico di visitatore generale, con sede a Bologna. Dal 1724 al 1733 fu a Milano, prima come abate nel monastero di S. Celso e poi, dal 1730, come visitatore generale. Fece ritorno a Roma nel 1733. Negli anni successivi ricoprì gli incarichi di procuratore generale e poi di generale del suo Ordine sino al 1742, anno in cui fece definitivamente ritorno a Milano, dedicandosi sempre più allo studio.
Fervido sostenitore di dottrine antimolinistiche, il M. fu impegnato in una lunga contesa con S. Maffei, che all’epoca fece scalpore. Nel 1742 era apparsa la Istoria teologica di Maffei; nella polemica contro il molinismo di Maffei a distanza di ben sette anni intervenne il M. con le anonime Animadversiones, edite nel 1749 con falsa data topica di Francoforte (ma secondo Muratori a Milano) e ripubblicate a Lucca l’anno successivo in edizione riveduta. Il M. finse di non avere responsabilità alcuna nella pubblicazione.
Vincenzo Domenico Fassini, autore della Vita del p. Daniello Concina, riferisce che il testo originale era stato tradotto in latino dal domenicano G. Sala. Pare che nella Repubblica veneta tanto la versione italiana quanto quella latina circolassero già da anni in forma manoscritta. La data apposta al termine del volume è in effetti quella del 17 ott. 1743. Le critiche da parte di un censore del S. Uffizio (l’abate A.A. Galli) prendono di mira il fatto che l’autore avesse attinto a piene mani alle opere di Lescio Crondermo, cioè di Celso Cerri. Il M. stesso riconosce esplicitamente tale debito; peraltro il suo argomentare è molto più arido e inconcludente. L’intervento del M. diede il via a un fiorire di testi polemici. Nella contesa intervennero in molti, tra cui il francescano B. Bonelli e il domenicano B. De Rubeis. Il M., sempre coperto dal velo dell’anonimato, intese controbattere alla replica di Maffei (Risposta all’anonimo autore delle Animadversiones, Verona [1750]) con una Difesa delle animavversioni (Lucca 1750 [ma Lugano]), ritenuta da Fassini eccessiva per lo «stile assai satirico e mordente» (p. 163). In una prima fase Maffei era convinto che, come molti asserivano, le due operette fossero da attribuire a Concina. Altre testimonianze, più dirette, parlano di un’iniziale attribuzione corrente a un poco noto agostiniano di Venezia, rettificata già nell’ottobre del 1749. Il foglio volante contro Concina affisso a Venezia dopo la pubblicazione della Difesa faceva espressamente il nome anche di un «tal Millevacche Scoppetino» (ibid., p. 164), nome con il quale si indicavano abitualmente i membri della Congregazione del Ss. Salvatore. Concina negò una pur parziale paternità dell’opera in una lettera privata indirizzata a Maffei, che subito rese noto il suo errore. Tra il M. e Concina, che ne stimava le idee, intercorrevano comunque rapporti, come attesta G.B. Gaspari in una lettera datata 31 ott. 1750, in cui dichiarava di essere informato «della segreta corrispondenza e degli occulti maneggi» tra i due, definendoli «cervelli inquieti» (Vecchi, 1955, p. 369). Nel 1752 Maffei nelle sue lettere riportò di aver appreso che negli scritti del M. aveva parte C. Rotigni.
Nel 1751 in forma anonima (Lettera di N.N. concernente alla censura, Cosmopoli [ma Lugano]) il M. diede risposta anche a F.A. Zaccaria, che delle sue opere aveva trattato nel secondo volume della Storia letteraria d’Italia. Nello stesso anno apparve il primo tomo dell’Infarinato posto nel vaglio (un secondo tomo è segnalato da Zaccaria come inedito), sotto lo pseudonimo di Giuseppe Pagani, «cuoco nella canonica di S. Celso a Milano»: quasi che le repliche di Maffei non meritassero altro che la risposta di un cuoco. Tra l’altro Maffei era accusato di aver inserito nella sua opera numerosi passi desunti da altri autori. In alcuni punti l’opera di Maffei è definita «ragli d’asino» (p. 11), «acqua che vende per li gonzi» (p. 180), «stomachevole pasticcio» che «presenta materia già digerita ed evacuata» (p. 4), e così via.
Maffei replicò ancora nel 1752 (Il giansenismo nuovo dimostrato nelle conseguenze e il medesimo e ancor peggiore del vecchio, Venezia 1752): a suo avviso il nuovo giansenismo aveva poco a che fare con Giansenio, molto invece con P. Quesnel. L’ulteriore risposta del M. rimase inedita per un divieto generato dall’intervento di Maffei. Quando, nel 1752, Maffei scrisse all’arcivescovo di Milano G. Pozzobonelli, dalla risposta di questo risulta che già l’inquisitore di Milano aveva imposto al M. «per ordine di Roma di non procedere oltre alla stampa in materia di Grazia» (Bosatra, p. 225). Maffei aveva a più riprese insistito con vari corrispondenti romani, tra cui il cardinale S. Valenti Gonzaga, affinché gli opuscoli del M. già pubblicati fossero condannati, come già era stato fatto dagli inquisitori veneti. Ritorna continuamente nell’epistolario di Maffei l’idea che le opere del M., oltre a essere ingiuriose, contenessero proposizioni manifestamente contrarie alla dottrina della Chiesa, ma anche a lui fu imposto il silenzio.
La battaglia tra antimolinisti e molinisti ancora a queste date non accennava a diminuire di intensità. Nell’appendice alla Difesa delle animavversioni, il M. rivolge i suoi strali anche contro L.A. Muratori, accusandolo di pirronismo e di pelagianesimo. Sia a Maffei sia a Muratori egli rivolge l’accusa di semipelagianesimo poiché non credono nella predestinazione e negano la perdizione eterna di chi non conosce Cristo, anzi affermano che Dio vuole tutti salvi. Tuttavia i toni degli attacchi a Muratori, duri nella sostanza, sono meno pesanti nella forma rispetto alle accuse a Maffei.
Privo di marcati caratteri di originalità, il pensiero del M. è interessante come spia di un agostinismo diffuso nell’Italia del tempo, pur presentando inusitati accenti, che non risparmiano accuse di semipelagianesimo a certe opere di Agostino, e avvicinandosi in qualche punto al quesnellismo. C.I. Ansaldi e Maffei accusarono il M. di essere un avversario della Unigenitus. Le accuse al M., che riguardano numerosi punti della sua dottrina, si concentrano soprattutto sulla sua concezione del libero arbitrio e sull’universalità o meno della grazia (le preghiere e i meriti di Cristo si rivolgerebbero solo ai predestinati). G. Lami in una lettera a P.F. Foggini cerca di difendere l’affermazione che Cristo non è morto per tutti, asserzione che si potrebbe spiegare aggiungendovi qualche specificazione (per esempio: efficaciter). Ma di tali spiegazioni non v’è traccia alcuna nell’opera del Migliavacca. L’accusa più spesso rivoltagli, e ripresa anche in sede storiografica, fu quella di giansenismo; la convinzione da parte di alcuni della sua infondatezza si basa sulla difesa che ne fecero allora personaggi come Lami nelle Novelle letterarie (1750). Dalla parte del M. si schierarono Foggini, che favorì la pubblicazione di opere del M. e di cui si conserva un votum a favore delle sue idee teologiche, e G.G. Bottari. Vari articoli in sua difesa nella contesa con Maffei furono pubblicati nel Giornale dei letterati.
Pur in corrispondenza con uomini di cultura del suo tempo (M. Monsagrati, G.C. Trombelli, entrambi della sua congregazione, Concina, Muratori, Lami, Foggini e probabilmente Rotigni), il M. era per certi versi un isolato, data la singolarità delle sue posizioni. Come osservava egli stesso, con parole poi riprese da Lami, il suo sistema «non sarà forse accolto con generale gradimento né da tomisti, né dagli scotisti, né dagli agostiniani, né da molinisti, né da giansenisti» (Animadversiones, Lucca 1750, p. VII).
In malferme condizioni di salute dal 1749, cui si aggiunse nel 1753 la progressiva perdita della vista, il M. riuscì comunque a pubblicare poco prima della morte la Dissertatio de idoneis ad baptismi et Poenitentiae Sacramenta dispositionibus (Venetiis 1753), che si inserisce nel contesto delle vivaci dispute sacramentali, dai forti risvolti sociali oltre che dottrinali. L’opera Coniectationes in proscriptas quesnelli propositiones, indicata da Zaccaria nel 1759 come inedita, uscì postuma sotto lo pseudonimo di Camillo Macedono Vasci nel 1760.
Il M. morì a Milano il 3 nov. 1755.
Opere: le opere edite furono tutte pubblicate anonime o pseudonime (G. Pagani, C.M. Vasci). Vari testi rimasero manoscritti. Tra le opere edite, elencate da Zaccaria nella Storia letteraria d’Italia, non ne figurano alcune che attualmente gli sono attribuite. Zaccaria enumera anche varie opere inedite, la maggior parte delle quali vertono sulla controversia con Maffei e sulle dottrine di P. Quesnel (XIV, pp. 382 s.). Il consultore del S. Uffizio V. Garofali negli anni Venti dell’Ottocento attribuì al M. l’opera inedita Della ragione o diritto sopra i beni del mondo e dell’usura (Città del Vaticano, Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede, Sant’Officio, Stanza Storica, L bis 1 a, Votum di V. Garofali [1823], cc. 33v, 37r).
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio della Congregazione del Ss. Salvatore, M 221, M 240, A 4644 (lettere dirette al M. o copie di lettere da lui scritte); M 123, M 880-883, M 877, M 963, A 1420 (appunti, manoscritti di opere inedite); Città del Vaticano, Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede, Sant’Officio, Censura librorum, 1751, n. 6 (ivi anche Votum di P.F. Foggini); Congregazione dell’Indice, Diari 1721-24 (12 luglio 1723, c. 17); Protocolli 1724-25 (4 dic. 1724, cc. 228, 427); 1753-54, c. 295v; Index librorum prohibitorum, t. V [1703-52], cc. 4222, 4241; Protocolli, 1753-54, c. 295v; Roma, Biblioteca Corsiniana, Mss., 1486, cc. 297-309 (Votum di Foggini); 2031, cc. 82-83, 88-89; 1588, c. 76; 1598, cc. 304-305, 357; Novelle letterarie, 6 marzo 1750, p. 149; Giornale dei letterati, 1756-57, pp. 297-316; 1758-59, pp. 167-213; F.A. Zaccaria, Storia letteraria d’Italia, II, Venezia 1751, pp. 33-41; III, ibid. 1752, pp. 73-85; IV, ibid. 1753, pp. 24-29; V, ibid. 1753, pp. 382-392; VI, Modena 1754, pp. 373-391; XIV, ibid. 1759, pp. 380-383; V.D. Fassini, Vita del padre Daniello Concina dell’Ordine de’ predicatori, Brescia 1768, passim; S. Maffei, Epistolario (1700-1755), a cura di C. Garibotto, Milano 1955, ad ind.; L.A. Muratori, Carteggio con Fortunato Tamburini, a cura di F. Valenti, Firenze 1975, pp. 430 s.; Id., Carteggi con Quadrio … Ripa, a cura di E. Ferraglio - M. Faini, Firenze 2008, pp. 101, 104; I. Pindemonte, Elogi di letterati italiani, Milano 1825, I, p. 217; A. Lombardi, Storia della letteratura italiana del secolo XVIII, Modena 1827, I, pp. 148 s.; F.H. Reusch, Der Index der verbotenen Bücher. Ein Beitrag zur Kirchen- und Literaturgeschichte, I, Bonn 1883, p. 308; II, ibid. 1885, pp. 770 s., 839; A.C. Jemolo, Il giansenismo in Italia prima della Rivoluzione, Bari 1928, pp. 108 s., 113 s., 168-181; E. Dammig, Il movimento giansenista a Roma nella seconda metà del secolo XVIII, Città del Vaticano 1945, pp. 109, 304-307; A. Vecchi, L’opera religiosa del Muratori, Milano 1955, passim; G. Gasperoni, Scipione Maffei e Verona settecentesca. Contributo alla storia della cultura italiana, Verona 1955, p. 102; E. Appolis, Entre jansénistes et zelanti. Le Tiers Parti catholique au XVIIIe siècle, Paris 1960, p. 215; A. Vecchi, Correnti religiose nel Sei-Settecento veneto, Roma-Venezia 1962, passim; F. Forti, Fra le carte dei poeti, Milano-Napoli 1965, pp. 235 s.; G. Silvestri, Scipione Maffei, europeo del Settecento, Vicenza 1968, pp. 47, 174; A. Vecchi, L’itinerario spirituale del Muratori, in L.A. Muratori e la cultura contemporanea, Firenze 1975, pp. 181-223; D. Carpanetto - G. Ricuperati, L’Italia del Settecento. Crisi trasformazioni lumi, Roma-Bari 1986, p. 157; P. Tomea, Tradizione apostolica e coscienza cittadina a Milano nel Medioevo, Milano 1993, pp. 448 s.; C. Caldelari, Bibliografia luganese del Settecento. Le edizioni Agnelli di Lugano. Libri-Periodici, Bellinzona 1999, pp. 287-289; J.M. de Bujanda, Index librorum prohibitorum, 1600-1966, Sherbrooke-Montréal-Genève 2002, p. 618; P. Stella, Il giansenismo in Italia, Roma 2006, I, pp. 296-301, 308 n.; II, ad ind.; B.M. Bosatra, L’erudito Scipione Maffei aspramente criticato dal giansenista C. M., in Ricerche storiche della Chiesa ambrosiana, XXVI (2008), pp. 224 s.
P. Vismara