SCHIAPARELLI, Celestino
– Nacque a Savigliano (Cuneo), il 14 maggio 1841, da Antonino e da Caterina, entrambi appartenenti alla grande ed eminente famiglia piemontese degli Schiaparelli (o Schiapparelli secondo una grafia alternativa riscontrabile nelle fonti anagrafiche e in seguito estinta), stanziata nel territorio di confine delle province di Cuneo e Biella. Al ramo degli Schiaparelli di Biella appartenne l’egittologo Ernesto, scopritore della tomba di Nefertari e a lungo direttore del Museo Egizio di Torino; fratello maggiore di Schiaparelli fu invece Giovanni Virginio, nato nel 1835, illustre scienziato e astronomo, poi senatore del Regno.
I rovesci di fortuna che colpirono la famiglia impedirono a Celestino d’iscriversi all’Università, costringendolo a cercare impiego presso l’amministrazione delle Poste, dove entrò nel 1861 rimanendovi fino al 1874. Lungo le tappe di una modesta carriera svolta in varie sedi, Schiaparelli poté frequentare nel 1863 a Torino le lezioni del colonnello Luigi Calligaris, fondatore della scuola militare del Bey di Tunisi e docente di arabo parlato per volontà di Michele Amari, ministro della Pubblica Istruzione. Trasferito a Firenze nel 1865, Schiaparelli conobbe Amari in persona, allora docente all’Istituto superiore di studi pratici e di perfezionamento, il quale riconobbe il valore del giovane impiegato e lo spinse a intraprendere la carriera scientifica sotto la sua guida.
Da questa collaborazione nacquero lo studio e poi la pubblicazione del Vocabulista in arabico (Firenze 1871), un vocabolario bilingue dell’arabo parlato nella penisola iberica nel XIII secolo con i corrispettivi lemmi latini, da Amari stesso rinvenuto in un manoscritto della Biblioteca Riccardiana di Firenze. Sebbene la cultura accademica italiana contemporanea non fosse in grado di apprezzarne il valore (Amari cita nella prefazione la denunzia di un anonimo secondo cui «il Governo avrebbe buttato il danaro, spendendolo in un dizionario del quale non potessero servirsi gli studenti»: ibid., p. VIII), l’opera fu favorevolmente accolta dagli orientalisti europei ed è tuttora un importante strumento scientifico di riferimento per gli studi sull’evoluzione dell’arabo volgare nella penisola iberica.
Negli anni trascorsi a Firenze, Schiaparelli attese a numerose altre ricerche, rimaste perlopiù inedite, sui manoscritti della Riccardiana, e alla catalogazione dei libri arabi acquisiti dalla Biblioteca nazionale di Firenze. Nel 1874, subentrato nell’insegnamento dell’arabo ad Amari, intanto trasferitosi a Roma, Schiaparelli poté finalmente abbandonare l’impiego alle Poste. L’anno successivo ottenne un finanziamento dal ministero della Pubblica Istruzione per collazionare su manoscritti posseduti da biblioteche francesi e inglesi i capitoli relativi all’Italia della Nuzhat al-Mushtaq («Il diletto di chi desidera [sapere]»), l’opera compilata dal geografo arabo al-Idrisi per conto del normanno re Ruggero.
Tale ricerca condusse alla pubblicazione, con la prefazione di Amari, di L’Italia descritta nel «Libro del re Ruggero» compilato da Edrisi. Memoria letta nella seduta del 17 dicembre 1876 (in Atti della r. Accademia dei Lincei, s. 2, CCLXXIV (1876-1877), vol. 8, 1883).
Nello stesso anno, Schiaparelli fu chiamato al posto di professore straordinario di arabo all’Università di Roma. Dato lo statuto restrittivo al quale soggiacevano gli insegnamenti considerati non fondamentali, egli ne divenne professore ordinario solo nel 1890, confluendo quindi nella Scuola orientale della quale fu uno dei fondatori insieme con Ignazio Guidi e dove ebbe allievo, fra numerosi altri, Leone Caetani.
Dal 1884 al 1902, Schiaparelli diresse inoltre la Biblioteca della R. Accademia dei Lincei per incarico di Quintino Sella, suo estimatore, occupandosi personalmente della catalogazione delle opere che vi venivano acquisite. In questo periodo, egli visse a palazzo Corsini insieme alla moglie Maria Luisa de Dominicis, nobildonna di origini anglo-italiane con cui si era unito in matrimonio, e alle due figlie, Beatrice ed Elsa (v. la voce in questo Dizionario). Quest’ultima divenne, negli anni fra le due guerre, una famosa disegnatrice di moda, portavoce e interprete di uno stile influenzato dai movimenti artistici contemporanei.
Fra le opere maggiori del periodo romano, oltre alla citata traduzione di al-Idrisi, sono da segnalare l’edizione del testo arabo del diwan (canzoniere) del poeta arabo di Sicilia Ibn Hamdis, condotta su manoscritti posseduti a Roma e Pietroburgo. Fortemente voluta da Amari e a lui dedicata, l’opera fu pubblicata per conto del R. Istituto orientale di Napoli (Il canzoniere di Ibn Hamdis, Roma 1897); la traduzione che Schiaparelli ne fece, rimasta a lungo inedita, è stata poi pubblicata in un’edizione di più ampia diffusione (a cura di S.E. Carnemolla, Palermo 1998). Nel 1906 fu data alle stampe la traduzione del libro di viaggio del letterato andaluso Ibn Jubayr (Viaggio in Ispagna, Sicilia, Siria e Palestina, Mesopotamia, Arabia, Egitto, compiuto nel secolo XII, Roma 1906; rist. Palermo 1979 e 1981; nuova ed. Palermo 1995), forse la sua opera più nota anche fuori dei circoli ristretti dell’orientalistica europea. Schiaparelli lasciò inediti, inoltre, molti altri studi e ricerche, solo parzialmente portati alla luce negli anni successivi alla sua morte.
Già anziano, si dedicò alla numismatica, mettendo insieme una preziosa collezione di monete antiche con la passione erudita che aveva già applicato nella raccolta e classificazione di libri antichi e manoscritti. Nel 1916, settantacinquenne, lasciò l’insegnamento universitario.
Tre anni dopo, il 26 ottobre 1919, morì a Roma.
La sua biblioteca, comprendente volumi di grande valore, fu donata alla Scuola di lingue orientali dell’Università degli studi di Roma La Sapienza, dov’è tuttora consultabile nel Fondo a lui dedicato.
Di carattere schivo e modesto, Schiaparelli non vide riconosciuto in vita il pieno valore della sua ricerca, sulla quale pesò una formazione non accademica e l’ombra gigantesca di Amari, verso il quale la scuola orientalistica romana ebbe una posizione altrettanto rispettosa quanto critica sul piano metodologico. Fu proprio Carlo Alfonso Nallino, principale esponente della scuola con Guidi, a fare tuttavia il bilancio più completo e simpatetico della personalità scientifica di Schiaparelli nel ricordo biografico che gli dedicò alla sua morte, mentre la ripresa dell’interesse verso il mondo islamico mediterraneo, nella seconda metà del XX secolo, ha rilanciato l’interesse degli specialisti per l’opera sia edita sia inedita di Schiaparelli.
Fonti e Bibl.: I principali riferimenti biobibliografici in C.A. Nallino, C. S., in Rivista degli studi orientali, 1919-1920, vol. 8, n. 1-4, pp. 451-464, ripreso da G. Levi Della Vida, S. C., in Enciclopedia Italiana, XXXI, Roma 1950, p. 77; Carteggio Amari - S., a cura di A. Borruso, Palermo 2002. Sulla famiglia Schiaparelli, v. E. Parlamento, Ernesto Schiaparelli: insigne uomo di scienza e di fede dalle origini occhieppesi, Biella 2008.