ENDRICI, Celestino
Nacque a Don (Trento) nell'alta Anaunia il 14 marzo 1866 da Giovanni Battista e da Giovanna Chilovi, in una famiglia contadina, dalla quale erano usciti già altri sacerdoti influenti. Dopo il liceo, frequentato a Trento, nel 1885 fu scelto a continuare gli studi quale convittore del pontificio collegio germanico-ungarico di Roma con frequenza dei corsi accademici nella università Gregoriana. Qui compi il triennio filosofico e il quadriennio di studi teologici, ottenendo la laurea in ambedue le discipline. Il 28 ott. 1891 ebbe l'ordinazione presbiteriale e l'anno seguente rientrò in patria dopo un soggiorno settennale ininterrotto nella Roma di Leone XIII, segnata dall'impronta neoscolastica e dall'aspirazione a un ricupero della società alla Chiesa mediante l'azione sociale. Dopo aver esercitato il compito di cooperatore a Cles e poi nella parrocchia di S. Maria Maggiore in Trento, l'E. assunse nel 1896 l'insegnamento della teologia morale e sociale nel seminario diocesano ed esplicò una attività dinamica soprattutto nel mondo degli studenti universitari.
La realtà diocesana e sociale in cui egli veniva a inserirsi era estremamente vivace. La crisi economica delle famiglie e dei Comuni e la sensazione di un netto svantaggio della popolazione italiana rispetto a quella tedesca avevano imposto al clero la necessità di affrontare direttamente il problema sociale, suscitando un ampio movimento associativo dei cattolici riuniti in cooperative e associazioni. Nel 1892 la crescita era maturata al punto da auspicare anche una società politica dei cattolici trentini "con un programma franco sotto il duplice aspetto della religione e della patria". Il movimento si andava consolidando, seguendo le ispirazioni dell'enciclica Rerum novarum (1891), molto attento alle esperienze del Volksverein germanico e dei cristiano-sociali viennesi, come pure a ciò che maturava nella corrente sociale dell'intransigentismo italiano. Nel 1898venne istituito l'organismo coordinatore di tutto il movimento, il comitato diocesano per l'Azione cattolica, eretto sul modello dei comitati dell'Opera dei congressi, ma molto più aderente alla realtà sociale e nazionale del Trentino.
L'E. fu presente già nella commissione che ne studiava la costituzione e fu poi segretario del comitato stesso. Collaboratore primario nell'impresa compare un altro sacerdote, di quattro anni più giovane dell'E., egli pure ex allievo del pontificio collegio germanico e dell'università Gregoriana, che col 1ºgenn. 1897 era diventato redattore de La Voce cattolica, l'organo di stampa principale dei cattolici trentini: Guido de Gentili, che sarà il teologo, il politico, l'amico e il consigliere più influente dell'E. fino ai suoi ultimi giorni.
Il comitato raggruppava sacerdoti e laici, associazioni, cooperative e oratori, e si artico ava nelle quattro commissioni centrali che avevano per oggetto l'organizzazione operaia, la sfera dell'economia, il settore dell'educazione e quello della stampa e propaganda. Esso diede al movimento dei cattolici trentini non solo una solidità organizzativa ma anche una grande compattezza ideale, in una visione cristiana della società che non lasciava molto spazio a posizioni neutralistiche. Con questi segni il grande congresso delle forze cattoliche trentine, celebrato nel 1902, concludeva la fervida stagione di fermenti sociali che aveva caratterizzato l'episcopato del vescovo Eugenio Carlo Valussi.
Per la creazione del nuovo vescovo, la cui nomina spettava all'imperatore Francesco Giuseppe, si ebbero consultazioni informali fin dall'anno 1902. Dopo la morte del Valussi, avvenuta l'11 ott. 1901 la pratica ufficiale si concluse rapidamente. Erano state sondate in precedenza anche le disposizioni dell'E. circa il lealismo statale, circa l'equidistanza fra cristiano-sociali e conservatori e circa un certo distacco della Chiesa dalla politica. Cosi il governo austriaco fece cadere su di lui la scelta definitiva, sorvolando le preferenze del capitolo di Trento e dell'episcopato metropolitano salisburghese che si erano espresse in favore del provicario mons. J. Hutter, tedesco e conservatore. La nomina imperiale è del 3 genn. 1904, seguita dalla conferma papale il 6 febbraio. Il nuovo vescovo fu consacrato il 13 marzo a Roma dal card. R. Merry del Val e prese possesso della diocesi il 19 successivo.
La diocesi di Trento contava allora circa 560.000 abitanti, dei quali quasi un terzo appartenenti al gruppo etnico tedesco con le città di Bolzano e Merano. Il seminario teologico era unico, con superiori e docenti di ambedue i gruppi linguistici. L'ordinariato aveva per i Tedeschi una sezione distinta, retta da un provicario. Nella parte tedesca della diocesi, come nella limitrofa diocesi di Bressanone, predominava fra i cattolici l'indirizzo conservatore, contro il quale lottavano per aprirsi la strada i primi raggruppamenti cristiano-sociali. Nel Trentino invece, al quale s'era sostanzialmente ristretta l'azione del comitato diocesano, il mondo cattolico era più unito intorno a programmi democratici e sociali.
Con riguardo alla parte tedesca e in sintonia con l'azione dell'episcopato austriaco, l'E. dovette dedicarsi a un'opera di mediazione, cercando di coalizzare i deputati cattolici per la difesa degli interessi relativi alla scuola, alla moralità pubblica, al matrimonio e allo stato economico della Chiesa. Per un'opera di pacificazione fra i partiti cattolici, dovette patrocinare anche una maggiore distanza del clero dall'azione politica diretta.
Nel 1906 il quotidiano cattolico cambiava testata e diveniva IlTrentino. La redazione veniva affidata non più a un sacerdote, ma al giovane Alcide De Gasperi, cresciuto nelle file dell'Associazione cattolica universitaria, già esperto del mondo cristiano-sociale viennese e delle ricerche murriane in Italia. Il Partito popolare trentino, fondato nel 1905, usciva ormai dall'orbita del confessionalismo austriaco, convogliando su di sé consensi più vasti e più laici.
Non per questo però si aveva un disimpegno del vescovo dall'azione sociale. Per l'E. la realtà sociale andava letta globalmente, con tutti i suoi risvolti etico-religiosi, politico-civili ed economici considerati insieme, in contrapposizione al mondo liberale e socialista che, coinvolgendo tutta la visione dell'uomo, minacciavano di travolgere fede e religiosità. L'azione pastorale dell'E. diventò sempre più sensibile anche ai valori della nazionalità, soprattutto nel mondo della scuola. In questi campi egli venne a sentire con crescente insofferenza il peso dello statalismo austriaco sulla libertà d'azione della Chiesa. E accusò come un fattore antireligioso l'azione aggressiva del Volksbund, l'associazione pangermanista tirolese, che, non contenta di ostruire ogni penetrazione italiana nel Sud Tirolo, considerava sua zona d'espansione tutto il territorio trentino fino alla Chiusa di Verona, moltiplicandovi le scuole tedesche e altre iniziative di infiltrazione.
Nel 1913 il vescovo E. aveva concluso il suo primo giro di visite pastorali e inoltrava a Roma la sua seconda relazione pastorale. Aveva celebrato nel 1905 il centenario del patrono diocesano s. Vigilio e nel 1907 aveva inaugurato la nuova sede del seminario teologico. Al clero dedicò quattro significative istruzioni, riecheggiando la celebre esortazione di Pio X Haerent animo del 1908. La diocesi assimilò prontamente anche gli altri punti del programma religioso di Pio XI come le riforme liturgiche, le istituzioni relative al canto sacro, la nuova pastorale circa l'età della prima comunione e la frequenza della comunione eucaristica. Riguardo al pericolo modernista, l'E. poteva con fierezza annunciare alla S. Sede che la sua diocesi ne era totalmente immune. L'indirizzo tomista delle scuole romane fu seguito nel seminario di Trento con la più rigorosa ortodossia, aliena anche da ogni simpatia rosminiana.
Lo scoppio della prima guerra mondiale e l'aprirsi del fronte sul lembo meridionale della diocesi di Trento vennero a creare per l'E. una situazione oltremodo difficile. È accertato che egli non si compromise mai in senso irredentistico, ma fu costantemente vicino alle sofferenze del suo popolo, che veniva eccessivamente gravato anche per il fatto della sua nazionalità italiana.
Il vescovo fu presente a salutare tutti i treni dei profughi evacuati dalla zona di operazione. Si interessò alacremente alla sorte degli internati, fra i quali figuravano numerosi membri del clero, deportati talora sulla base di sospetti o indiscriminate accuse di irredentismo. Protestò contro l'ingiustificata minaccia di ritorsioni e ricatti contro la popolazione.
Ricusò nettamente ogni dichiarazione o atto che significasse adesione all'impresa della guerra, deludendo grandemente i circoli politici e militari, che gli chiedevano questo in nome del lealismo statale. La tensione crebbe al punto che egli dovette ritirarsi nella villa vescovile suburbana di S. Nicolò, dove dal 1º marzo 1916 visse formalmente confinato per ordine del supremo comando militare che gli tolse ogni comunicazione con l'esterno. Per intervento del nunzio, nel maggio si trasferi a Vienna, dove gli furono sottoposti i capi d'accusa, ai quali egli replicò con estrema fermezza, difendendo quella che era stata la sua neutralità, la sua libertà di pastore e la sua solidarietà con la condizione del popolo. Tutto fu invano, perché il governo austriaco, considerandolo ormai elemento politicamente inaffidabile, gli negò il ritorno in sede e promosse la sua destituzione. Dal giugno 1916 l'E. visse relegato nell'abbazia cistercense di Heiligenkreuz, pur riprendendo il contatto epistolare con la sua curia. Siccome la S. Sede non si prestò a chiedere le sue dimissioni, la questione rimase insoluta fino al crollo delle armi austriache. Il 13 nov. 1918 l'E. poté rientrare nella sua sede, accolto trionfalmente nel clima dell'Italia vittoriosa.
In diocesi lo attendevano i compiti enormi di una ricostruzione materiale e morale a cui egli si dedicò senza posa. Fu ricostituito immediatamente il complesso delle strutture sociali e politiche. Il 23 nov. 1918 usciva il giornale Il Nuovo Trentino, diretto da Alcide De Gasperi. Si ricostitui il Partito popolare trentino, che doveva farsi carico delle necessità e delle istanze più sentite dalla popolazione nel nuovo regime.
Si ricomposero come sezioni distinte l'Unione del lavoro, la compagine del movimento cooperativo e la sfera formativa dei circoli, compattamente articolate sotto la guida del conutato diocesano. Il partito cattolico, forte di oltre il 50% dei consensi del paese, entrò in sintonia con l'azione dei popolari italiani.
Fra il 1921 e il 1924 la salute dell'E. ebbe un periodo travagliato. Sopravvenne in quei medesimi anni l'avvento del fascismo, che gradatamente cercò di scompaginare l'organizzazione dei cattolici e alfine, nel 1926, giunse a impossessarsi con brutale violenza delle strutture che la sorreggevano. Il concordato del 1929 e le ritorsioni fasciste del 1931 contro i circoli di Azione cattolica misero una pietra tombale sopra le speranze di una possibile ripresa dell'antico sistema. Con fatica l'E. riusci a ottenere salvaguardia almeno per certi diritti di sostentamento del clero e per talune prerogative dell'insegnamento religioso, che il Trentino aveva ereditato dal regime austriaco. Rimase nel vescovo e nel mondo cattolico trentino un senso indelebile di disaffezione al fascismo, tenuto vivo anche dalle continue vessazioni contro membri del clero e antichi militanti.
Nel nuovo assetto dei confini politici, l'E. rinnovò nel 1918 la proposta per una cessione dei dieci decanati di lingua tedesca, tanto che la S. Sede nel 1922 decretò il loro trasferimento alla diocesi di Bressanone. Tuttavia, per l'opposizione del governo italiano, la decisione non fu eseguita. A favore del gruppo etnico tedesco l'E. difese con assoluta coerenza i diritti nazionali della popolazione, seriamente minacciati dal regime fascista. Nel travagliato momento delle opzioni altoatesine (1939) riusci persino a inserirsi con un intervento di saggezza rasserenante. Dopo il 1920 la sede vescovile di Trento non appartenne più alla circoscrizione metropolitana di Salisburgo, ma divenne immediate subiecta, e nel 1929 ebbe titolatura arcivescovile.
L'azione pastorale dell'E. nell'ultinio decennio del suo episcopato subi un inevitabile ristagno. Nell'estate 1934 fu colpito da grave attacco cardiaco. Nel 1935 gli fu assegnato quale coadiutore con diritto di successione mons. Enrico Montalbetti, milanese, straordinariamente dinamico, spiritualmente affascinante e apostolicamente coraggioso, che per temperamento e mentalità tuttavia non incontrò adeguata accoglienza nell'ambiente tenacemente attaccato al vecchio arcivescovo e, nel 1938, venne promosso alla sede arcivescovile di Reggio Calabria. L'E. dopo lui ebbe un vescovo ausiliare nella persona di mons. Oreste Rauzi, che era stato al vertice dell'Azione cattolica dopo il Gentili.
I suoi ultimi mesi furono adombrati dal sopravvenire della seconda guerra mondiale, che egli segui con dolorosa sollecitudine. Mori a Trento il 29 ott. 1940
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