CELESTINI (Congregatio Caelestinorum)
Congregazione di anacoreti, seguaci della regola benedettina più stretta, fondata nel 1264 sotto Urbano IV; da Pietro da Morrone, che fu poi papa S. Celestino V. Non vanno confusi con la congregazione dei minoriti rigidi, formatasi per impulso di Celestino V, che fu detta perciò dei "poveri eremiti di Celestino" e soppressa da Bonifacio VIII nel 1302: (cfr. F. Tocco, I Fraticelli, o poveri eremiti di Celestino, in Bollettino della soc. stor. Abruzzese, 1896, p. 117 seg.).
Scopo dei celestini fu di restaurare l'ideale del monachismo cristiano, assai decaduto nel sec. XIII; essi si propagarono largamente, massime in Italia e in Francia, dove ebbero monasteri assai ragguardevoli, come quelli dello Spirito Santo al Monte Maiella (che fu culla dell'ordine), di S. Eusebio in Roma, di S. Michele in Napoli, dell'Annunziata a Parigi; questo formò una specie di casa madre per i monasteri di Francia, costituitisi assai per tempo in provincia indipendente. I celestini ebbero regole scritte dallo stesso fondatore, emendate e confermate poi da Bonifacio VIII, Clemente V e altri. Indossavano una tunica bianca, con scapolare e cappuccio nero. Erano obbligati a povertà strettissima e alla più rigida astinenza dalle carni, salvo il caso di grave malattia. Furono aboliti prima in Francia durante la Rivoluzione, indi anche in Italia, sotto Napoleone, nel febbraio 1807. Frq gli uomini illustri dell'ordine, oltre Celestino V, meritano particolare menzione i due cardinali Tommaso Apruzio e Pietro Romano; i beati Roberto de la Salle (1273-1341), Gian Battista da Lucca (m. 1590), Giovanni Bassand (m. 1445), Pietro Santucci (m. 1641), Teofilo de Angelis (m. 1666); gli scrittori, quasi tutti teologi e ascetici, Pietro e Antonio Pocquet, Filippo de Maizières (m. 1405), Giovanni Gersone (m. 1434), Claudio Rapine (m. 1491), Giovanni Lefranc (m. 1558), Pietro Crespel (m. 1594), Nicola Maillard e Placido Padiglia, morto vescovo di Alessano nel I648.
Bibl.: V. a celestino v.