RESSE, Celeste
(detta La Celestina). – A Londra dal 1732 in poi comparve sotto i cognomi Gismondi (nome d’arte oppure cognome d’un primo marito?) e Hempson, nome del gentleman inglese che aveva conosciuto e sposato a Napoli nella cerchia del consolato britannico. L’identificazione della Celeste napoletana con la londinese (Strohm, 1985, p. 251) è ormai universalmente accolta.
Soprano, Celeste Resse si specializzò fin da giovanissima nei ruoli da buffa. Debuttò nel teatro dei Fiorentini, dove si davano «commeddie pe mmusica» in lingua napoletana come La noce de Veneviento (aprile 1722) di Francesco Feo, Lo castiello saccheato (novembre 1722) e Lo labborinto di Leonardo Vinci (carnevale 1723). Il suo nome non compare tra quelli registrati nei libretti corrispondenti; ma il padre Gregorio firmò in vece della cantante, forse ancora minorenne, le scritture per le stagioni 1722-23 e 1724 (cfr. Capone, 2007, pp. 317, 322; Cotticelli-Maione, 1996, pp. 131, 156, 219). Si può dunque ipotizzare che Celeste fosse nata nel primo decennio del secolo.
Nella primavera 1725 passò al S. Bartolomeo, il teatro dell’opera seria, dove cantò in tutti gli intermezzi comici (in lingua italiana) fino al carnevale 1732. Fece coppia stabile con il basso buffo bolognese Gioacchino Corrado, cantante della cappella vicereale, subentrando alla sua prima partner, Santa Marchesini, bolognese anch’ella, passata ai teatri di Venezia. I due si esibirono in partiture di compositori di prima sfera come Vinci, Leonardo Leo, Johann Adolf Hasse e Giovan Battista Pergolesi. In tal modo Resse diede un contributo determinante alla fortuna del genere degli intermezzi a Napoli, venuto in auge appunto nel terzo e quarto decennio del secolo e poi divulgato in tutt’Europa.
Il ruolo di buffa esigeva dal cantante-attore modalità performative assai estroverse, ispirate almeno in parte alla commedia dell’arte. Negli intermezzi del Tigrane di Hasse (novembre 1729), per esempio, la villanella Dorilla-Resse, adocchiato Balanzone-Corrado farnetico per amore, punta dapprima alla tabacchiera, indi all’anello, infine a sposarselo, ed esordisce mormorando tra sé e sé: «… Orsù seguiamo / la burla incominciata, / e di truffarlo al solito vediamo» (ed. in J.A. Hasse, Three Intermezzi, a cura di G. Lazarevich, Laaber 1992). Si tratta di una gag frequente, nelle parti della Resse e d’altre buffe che come lei si piccano di burlarsi del partner maschile – di solito un borghese, talvolta un po’ sciocco – mediante l’inganno, l’astuzia, il raggiro, il travestimento, e nel farlo non solo cantano ma anche recitano con allegra, sfacciata malizia, non di rado ricorrendo anche al dialetto e alle lingue forastiere (come nella Finta tedesca di Hasse, primavera 1728; ed. a cura di C. Toscani, Pisa 2014). È questa l’essenza di molti intermezzi comici, in cui il ruolo femminile è spesso equiparabile a quello della servetta tra i comici dell’arte.
Del bagaglio istrionico e canoro della Resse faceva peraltro parte l’abilità nel ridicolizzare le prime donne dell’opera seria: di fatto, Celeste sapeva far brillare le sue doti di cantante al pari delle canterine serie ch’ella scimmiottava ed emulava nella finzione comica. Negli intermezzi alla Stratonica di Vinci (primavera 1727), impersonando Madama Vespetta, Resse si produsse nella caricatura comica ma nel contempo virtuosa di stereotipi vocali che imitavano tipiche arie serie di sdegno, vendetta, ripulsa e lamento, con ostentati passaggi di bravura (Piperno, 1999, p. 159).
Soggiornando a Napoli nei primi mesi del 1729, John Hervey, conte di Bristol, incontrò e apprezzò Celeste Resse. Nell’ottobre-novembre 1732 la poté acclamare a Londra, dov’era sbarcata di fresco, scritturata come seconda donna nella compagnia di Georg Friedrich Händel (teatro di Haymarket) nella stagione 1732-33, accanto alla prima donna Anna Maria Strada e al primo uomo Giovan Francesco Bernardi detto il Senesino. A Londra, per Händel, Celeste Gismondi cantò nel “pasticcio” Catone (4 novembre), nell’Orlando (27 gennaio) e nell’oratorio inglese Deborah (17 marzo), nelle riprese di Acis and Galatea (5 dicembre), Alessandro (25 novembre), Tolomeo (2 gennaio), Floridante (3 marzo) ed Esther (14 aprile), nonché in una ripresa della Griselda di Giovanni Bononcini (22 maggio). Ma già nei primi mesi del 1733 aderì al gruppo di cantanti händeliani che nella stagione successiva passarono a costituire la compagnia rivale, la cosiddetta Opera of the Nobility, direttore musicale Nicola Porpora: tra dicembre 1733 e giugno 1734 Celeste cantò nel teatro di Lincoln’s Inn Fields parti di prima o di seconda donna nell’Arianna a Nasso, nell’Enea nel Lazio e nell’oratorio David e Bersabea di Porpora, nel Ferdinando di Carlo Arrigoni e nell’Astarto di Giovanni Bononcini.
Morì a Londra l’11 marzo 1735 dopo lunga malattia.
Con Händel, che se davvero fu a Napoli nella primavera 1729 (cfr. Burrows, 2015, pp. 294 sg.) l’avrà potuta ammirare come cantante comica, Resse-Gismondi passò dall’opera buffa a quella seria, fatto fino ad allora inusitato. C’è chi ha argomentato che la parte della pastorella Dorinda nell’Orlando sia stata almeno in parte ispirata da Celeste (Strohm, 1985, pp. 249-269). Di sicuro la sua aria nel terz’atto, che scherzosamente sintetizza la morale spicciola del dramma (Amor è qual vento / che gira il cervello), non compariva nell’Orlando di Carlo Sigismondo Capece (Roma 1711) da cui Händel ha ritagliato il proprio dramma: è dunque stata aggiunta ad hoc; e sotto il profilo musicale essa presenta esattamente quel piglio sbarazzino – frequenti passaggi all’unisono, ritmi sincopati, grandi salti (di settima, ottava, nona e perfino duodecima), trilli e volatine, repentine inflessioni in minore – che già caratterizzava le parti cantate da Resse negli intermezzi di Hasse dati a Napoli.
La Resse aveva un’estensione vocale notevole (due ottave nell’Orlando, dal Si sotto il rigo al Si sopra; addirittura dal La al Do nell’aria Vede il nocchier la sponda di Hasse nel citato “pasticcio” Catone; e nella Serva scaltra di Hasse scende al Sol diesis (cfr. Three Intermezzi cit., p. 198), e compensava con la brillantezza del timbro e l’agilità, particolarmente adatte alla declamazione sillabica e al virtuosismo, un volume di voce probabilmente modesto, a giudicare dall’orchestrazione lieve adottata da Händel.
Fonti e bibl.: Archivio Distrettuale Notarile di Napoli, Allegato G. Tufarelli, sch. 65, cc. 127v-135v, 22 maggio 1722; Archivio Storico del Banco di Napoli, Banco dello Spirito Santo, matr. 1108, p.c. 9 dicembre 1722; matr. 1113, p.c. 6 febbraio 1723; Banco di S. Giacomo, matr. 711, p.c. 5 luglio 1724; Napoli, Archivio di Stato, Notai del XVIII sec., C. Innaro, sch. 57, vol. 13, cc. 118v, 20 dicembre 1724; J.H. Hervey, Lord Hervey and his friends, 1726-38, London 1950, ad ind.; The London Stage, Part 3: 1729-1747, a cura di A.H. Scouten, Carbondale, Il., 1961, pp. 249, 267, 269, 270, 272, 281, 292, 295, 297, 298, 352, 372, 385, 397; P.H. Highfill, K.A. Burnim, E.A. Langhans, A biographical dictionary of actors, actresses, musicians, dancers, managers & other stage personnel in London, 1660-1800, VII, Carbondale-Edwardsville, Il., 1982, p. 249; F. Piperno, Buffe e buffi. Considerazioni sulla professionalità degli interpreti di scene buffe e intermezzi, in Rivista italiana di Musicologia, XVIII (1982), pp. 240-284; R. Strohm, Essays on Handel and Italian opera, Cambridge 1985, ad ind.; F. Piperno, Note sulla diffusione degli intermezzi di J.A. Hasse (1726-1741), in Analecta musicologica, 25 (1987), pp. 267-286; F. Piperno, C. G. (R., Hempson), in The New Grove Dictionary of Opera, II, London 1992, p. 434; F. Cotticelli - P. Maione, Onesto divertimento, ed allegria de’ popoli. Materiali per una storia dello spettacolo a Napoli nel primo Settecento, Milano 1996, ad ind.; F. Piperno, L’intermezzo comico a Napoli negli anni di Pergolesi: Gioacchino Corrado e C. R., in Studi pergolesiani, n. 3, 1999, a cura di F. Degrada, pp. 157-171; L. Bianconi, Orlando, dall’Arcadia agl’Inferi, programma di sala, Reggio Emilia, Teatro municipale Valli, 2004, pp. 45-71; R. Mellace, Johann Adolf Hasse, Palermo 2004, ad ind.; R. Mellace, Gli intermezzi di Pergolesi e di Hasse: due produzioni a confronto, in Studi pergolesiani, n. 5, 2006, a cura di C. Fertonani e C. Toscani, pp. 187-207; S. Capone, L’opera comica napoletana (1709-1749), Napoli 2007, pp. 209n, 317, 322; K.S. Markstrom, The operas of Leonardo Vinci, napoletano, Hillsdale, NY, 2007;H.J. Marx, Händel und seine Zeitgenossen, I, Laaber 2008, pp. 558 s.; Händels Opern, a cura di A. Jacobshagen e P. Mücke, Laaber 2009, ad ind.; George Friedric Handel: collected documents, a cura di D. Burrows, II, Cambridge 2015, ad ind.