CELANO (A. T., 24-25-26)
Città dell'Abruzzo (prov. di Aquila), situata su una collina (750-800 metri) dominante da settentrione la vasta conca già riempita dal lago Fucino (o di Celano), dall'antico orlo del quale l'abitato dista circa 4 1/2 km. È protetto a settentrione dalle erte pendici calcaree (Serra di Celano) formanti l'orlo dell'altipiano di Ovindoli; i torrenti che tributano da nord alla conca fucense, cioè il rio di S. Iona, il rio di S. Potito e il rio La Foce, hanno formato una conoide piatta, esposta in pieno sud e ben coltivata (vigneto; prima del prosciugamento del lago anche ulivi), all'apice della quale emerge il dosso sul quale è edificata, in posizione assai favorevole, la cittadina. Celano, ricostruita dopo la distruzione di Federico II (v. oltre), si accrebbe notevolmente per l'affluire di genti da castelli dei dintorni, successivamente abbandonati (S. Vittorino, Porciano, Pensula, ecc.), fino a divenire il maggior centro, tra tutti quelli circostanti al lago, posizione che esso tuttavia non ha potuto mantenere di fronte allo sviluppo di Avezzano (v.). Celano aveva circa 5800 ab. nel 1871, 8314 nel 1881, e 9904 nel 1901. Il terremoto del 1915, che distrusse gran parte dell'abitato, già duramente provato da terremoti precedenti (1695), produsse un esodo della popolazione, solo parzialmente risarcito dall'aumento successivo; nel 1921 Celano aveva 9485 ab., dei quali 7744 nel centro, 729 nel paesello di Paterno, ricostruito dopo il 1915, e il resto sparsi nel territorio comunale (96,5 kmq., compresa un'area montana a NE. disabitata).
Monumenti. - La città ha nella sua parte più antica strade strette e tortuose. I monumenti più antichi sono le chiese di S. Giovanni Evangelista e di S. Giovanni Battista (sec. XIII). Nella seconda il terremoto del 1915 rimise in vista le vòlte delle navatelle decorate di affreschi importanti. Della chiesa distrutta di S. Salvatore di Paterno rimane in Celano un portale, ora alla chiesa del Carmine. Il monumento più cospicuo è il castello fondato dal conte Pietro intorno al 1392, compiuto da Leonello Acclozzamorra. Antonio Piccolomini nel 1463 lo ricostruì quale si conservò fino al terremoto del 1915. E ancora un colosso quadrilatero con quattro torri angolari e grande cortile. Sono da menzionare anche le chiese di S. Francesco e di S. Maria in Valleverde. (V. tavv. CLXXXIX e CXC).
Storia. - Le prime notizie di Celano rimontano ai tempi normanni. La contea di Celano risultava allora dall'unione della parte nord-orientale del contado marsicano con alcuni paesi della valle superequana. Nel 1192 era conte Pietro, uno dei più potenti fautori di Costanza e di Enrico VI contro Tancredi. E alla sua tutela e a quella di Berardo, conte di Loreto, fu affidato il fanciullo Federico II. Venuto Ottone IV in Italia, Pietro, allora conte di Celano e d'Albe, invase la marca e il ducato per conto di lui. Morto nel 1212, forse in prigione, gli fu sostituito Riccardo e poi Tommaso, dei conti di Segni. Tommaso, allorché Federico si recò in Germania, essendo al governo del Molise, sostenne la ribellione di Boiano, per la qual cosa Celano fu assediata nel 1221. L'anno dopo, lo stesso imperatore venne a oppugnarla, la prese e la distrusse. Gli abitanti, prima dispersi, furono poi relegati in Sicilia e a Malta, ottenendo solo nel 1227 di poter tornare. La nuova Celano sorse a un chilometro dalla prima, sul colle di S. Vittorino, mentre l'antica era sul monte Timo. Il conte Tommaso scampò con la fuga; due anni dopo fu l'anima della generale sollevazione di tutto l'Abruzzo, sotto Gregorio IX suo parente. Soffocata questa, fu conte di Celano Federico d'Antiochia e altri dopo di lui, in quei terribili decennî. Carlo d'Angiò investì della contea Raimondo d'Artois, suo parente, a cui successe Ruggiero e, ai tempi di re Roberto, il conte Tommaso padre di Ruggiero II. Gli ultimi anni suoi furono amareggiati dalla ribellione del figlio, che, vinto, morì in prigione, mentre il padre nel 1382 vestiva l'abito di S. Francesco. L'altro suo figlio, Pietro, e il nipote Niccolò, parteggiarono per Ladislao contro Luigi II d'Angiò. La contea fu poi sequestrata e conferita dalla regina direttamente a Giordano Colonna, conte d'Albe, nipote di Martino V, e la figlia di Ruggiero, Iacovella, destinata a Edoardo Colonna, erede delle due contee marsicane, fu dal papa inviata nelle case de' Colonna. Ma, alla morte del papa, essa fuggì, mentre la regina privava i Colonna delle due contee conferendole al capitano Iacopo Caldora (v.). Iacovella prima sposò il vecchio Caldora, morto dopo pochi mesi, poi Lionello Achrocamur, valente capitano provenzale, che abbellì Celano, ingrandì il magnifico castello, compì la chiesa di S. Angelo ad esso adiacente. Alla sua morte il figlio Ruggerone, abbracciato il partito angioino, accusò la madre d'esser ligia a Ferdinando e condusse senz'altro Iacopo Piccinino ad assaltarla nel suo castello di Gagliano. Tuttavia trionfò infine la parte aragonese; la contea di Celano, con molti altri feudi, fu nel 1463 concessa ad Antonio Todeschini, figlio di una sorella di Pio II, che, assunto il cognome Piccolomini, aveva sposato la duchessa d'Amalfi, figlia naturale del re. Ruggerone, esule in Francia, tornò al tempo della congiura dei baroni (1485), arruolandosi fra le truppe d'Innocenzo VIII. La contea rimase però al duca Antonio, che assunse anche il cognome di Aragona, fu ascritto alla nobiltà napoletana e nominato gran giustiziere del regno e governatore generale d'Abruzzo. Egli ingrandì e abbellì il famoso castello di Celano, tanto da esserne considerato fondatore. Nel 1591, Costanza, ultima dei Piccolomini, vendete Celano a Camilla Peretti sorella di Sisto V. Maria Felice Mignucci figlia di Camilla sposò Fabio Damasceni che assunse il nome di Peretti: e Celano rimase nella discendenza di costui.
Al tempo di Masaniello, i rivoltosi d'Abruzzo, condotti da Antonio Quinzi aquilano, occuparono il castello e vi si rinchiusero. Gli Spagnoli ne li scacciarono e i ribelli trovarono scampo sul territorio pontificio; soppiantati tuttavia da schiere di famosi banditi che devastarono spaventevolmente il paese, invano combattuti dal Pezzola. Estintisi i Peretti, con Francesco, Celano fu ereditata dal marito di sua sorella, Bernardino Savelli, dei principi di Albano e dell'Ariccia; e poi, mancando figli, da Livia Cesarini che trasmise la contea ai discendenti duchi Sforza Cesarini Boadilla. Essi la tennero fino all'abolizione dei feudi e si estinsero nel 1816. Il famoso e splendido castello andò diviso tra molti proprietarî.
Bibl.: M. Phoebonio, Historiae Marsorum libri tres, Napoli 1578; P. A. Corsigneni, Reggia Marsicana, Napoli 1738, voll. 2; T. Brogi, La Marsica, Roma 1900.