CECCONE di ser Barone (Francesco Baroni, ser Francesco di ser Barone del Cerna, Franciscus Baronius o de Baronibus)
Nacque a Firenze il 16 febbr. 1451, primo dei sei figli di ser Barone del Cerna e di Agnoletta Bruscoli.
Il padre era un notaio di condizioni piuttosto agiate che fu anche in rapporti con Lorenzo il Magnifico. Rimasto vedovo, si risposò nel 1468 e ebbe dal suo secondo matrimonio altri tre figli. Morì il 28 nov. 1472, dopo gravi contrasti con C., al quale nel suo testamento lasciò solo trenta fiorini. A ser Barone sopravvisse sua madre, Tommasa, che ereditò una buona parte del suo patrimonio e lo passò poi ai nipoti, senza dimenticare C., verso il quale mostrò stima e affetto nonostante le liti familiari che aveva provocato alcuni anni prima.
Fino dall'adolescenza C. si era messo in situazioni difficili: nel giugno 1465 - aveva poco più di quattordici anni -, fu incarcerato a Siena per sodomia e liberato per l'intervento della Signoria di Firenze; alcuni anni dopo dovette rendersi colpevole a Firenze di qualche cosa di grave che provocò lo sdegno del padre e lo indusse a cacciarlo di casa, scrivendogli una lettera nella quale lo chiamava "il vituperio" della sua famiglia. Recatosi a Roma al servizio di un personaggio di cui non conosciamo il nome, C. non si perse d'animo e gli rispose, il 20nov. 1471, con parole aspre che rivelavano un carattere deciso e indocile e uno spirito ambizioso che non si avviliva per le difficoltà del momento. Nella sua lettera si doleva poi del fatto che il padre avesse parlato male di lui con il suo padrone.
Da Roma passo a Ferrara, dove si trovava al primi del 1473 in casa di un nobile. Non vi godeva buona fama, e alcuni esuli antimedicei fiorentini lo minacciarono di rappresaglie, ritenendolo una spia. È probabile che i sospetti fossero infondati; ma queste voci fanno pensare che già allora egli avesse qualche rapporto con Lorenzo de' Medici. A Ferrara non si trattenne a lungo: nell'autunno dello stesso anno 1473 era di nuovo a Firenze e cominciava a esercitare la professione notarile, alla quale si era preparato studiando alla scuola di Bernardo Nuti. Più che a fare il notaio pensava però ad avviarsi a una carriera pubblica, a coltivare amicizie utili e a guadagnarsi la protezione del Medici e del suo segretario Niccolò Michelozzi.
I suoi programmi più ambiziosi cominciarono a realizzarsi nel 1479: nel settembre di quell'anno C. fu infatti inviato a Milano, al seguito del Michelozzi, per una importante missione politica presso Lodovico il Moro. Non doveva avere ancora incarichi continuativi negli uffici della Repubblica, perché da una lettera di Iacopo di Giovanni Salviati del 13 maggio 1480 sappiamo che in quel periodo faceva da precettore ad alcuni giovani amici desiderosi di perfezionarsi negli studi umanistici. Nel 1480 la sua carriera prese una direzione più precisa: dal febbraio di quell'anno all'ottobre 1481 fu a Roma e nel Regno di Napoli con l'oratore Piero Nasi, e nel corso di questa missione soggiornò per alcuni mesi in Puglia per seguire gli avvenimenti militari intorno a Otranto, occupata dai Turchi con un colpo di mano nell'agosto del 1480. Rientrato a Firenze nell'ottobre 1481, nel novembre veniva assunto nella cancelleria degli Otto di pratica e iniziava una attività che si sarebbe protratta quasi senza interruzioni fino al 1494.
Sotto la protezione di Lorenzo de' Medici, C. entrò a far parte di quel gruppo di notai che venivano impiegati, oltre che nel servizio presso gli uffici dai quali formalmente dipendevano, in incarichi straordinari, per lo più al seguito di oratori fiorentini che dovevano trattare affari importanti. Nel settembre 1482 venne nominato cancelliere dei Dieci di balia; il 5 dic. 1483 entrò a far parte dei sei segretari della Signoria creati dopo la riforma degli uffici di cancelleria decisa nel mese precedente; poco dopo fu messo a disposizione della Signoria per speciali incarichi e negli anni che seguirono continuò a prestare la sua opera presso le maggiori magistrature fiorentine. Dopo il viaggio a Roma e nel Regno di Napoli del 1480-1481, fu incaricato da Lorenzo di altremissioni fuori di Firenze: nell'ottobre 1482 era a Sarzanello per stringere accordi con i Fregoso di Sarzana; fra il settembre 1484 e il febbraio 1485 fu inviato in alta Italia, in Lunigiana e in Versilia per affari che riguardavano la guerra di Sarzana e la conquista di Pietrasanta.
Nella vita di ufficio pare che C. fosse considerato arrogante e superbo, almeno secondo la testimonianza che ci viene da una lettera assai risentita inviatagli nell'aprile 1486 da Pietro Tornabuoni, allora capitano di Pietrasanta. Era però generalmente ritenuto persona di notevoli capacità professionali, e molti elementi fanno pensare che Lorenzo e Piero de' Medici avessero per lui stima e considerazione, nonostante fossero al corrente della sua passione per il gioco.
L'8 nov. 1494, quando Piero de' Medici fuggì da Firenze, C. era nella cancelleria degli Otto di pratica. Dati i suoi precedenti di servitore e partigiano dei Medici, temette le reazioni dei sostenitori del nuovo regime e per alcune settimane si tenne nascosto, sofferente e impaurito, come sappiamo da una lettera che scrisse al Michelozzi intorno al 20 di quello stesso mese, quando era ancora a Firenze Carlo VIII. I suoi timori non erano infondati: lo aspettavano giorni difficili. Fu cassato dall'ufficio il 4 e infine arrestato il 12 dicembre del 1494. Rimase in carcere per alcuni mesi, fino al 29 aprile del 1495. Poco dopo aver lasciato il carcere egli tornava a esercitare la professione notarile, riacquistando la possibilità di avvicinare amici influenti e di cercare appoggi per uscire dall'isolamento in cui si trovava. Si è detto che ottenesse la protezione del Savonarola, ma su questo punto non si hanno testimonianze valide; appare tuttavia certo che egli riuscì a mettersi in buona luce presso le cerchie politiche savonaroliane, perché il 1º giugno di quello stesso anno 1495 egli venne assunto nella cancelleria dei Dieci di libertà e di pace: gli fu affidato il compito di trascrivere le lettere cifrate. Pare che facesse buona prova in questo delicato incarico e che lo mantenesse anche in seguito. Lo aveva l'8 apr. 1498, quando il Savonarola fu arrestato, e lo conservò anche nei mesi successivi. Fu detto che la fiducia accordatagli fosse mal riposta e che in quegli anni avesse fatto la spia per Lodovico il Moro, ma la notizia non è provata. A un suo progressivo avvicinamento ai nemici del Savonarola fa pensare la circostanza che il 26 febbr. 1498 egli organizzò per conto di Doffo Spini un banchetto dei Compagnacci - avversari accaniti del frate di S. Marco - del quale a Firenze si parlò molto. Narrando l'episodio, il Cerretani aggiunge che C. era "certo degno di tale compagnia, per essere homo da ogni cosa acto, et maxime al ghodere".
Non pare che C.assistesse agli interrogatori che il Savonarola subì subito dopo la cattura. Partecipò invece in veste di cancelliere ai processi iniziati fino dal 10 aprile del 1498 dalla commissione nominata dalla Signoria fiorentina per giudicare i frati di S. Marco, e di quei processi scrisse i verbali, mentre i documenti del processo ecclesiastico del 20-22 maggio furono redatti dal cancelliere del commissario pontificio Francesco Remolins. Non sappiamo se vi fu un atto ufficiale per l'incarico dato a C.; probabilmente fu chiamato senza particolari formalità, e perché ritenuto l'uomo adatto alle circostanze, da Doffa Spini e dagli altri noti antisavonaroliani i quali dovevano esaminare i prigionieri per conto del governo. La scelta fu resa possibile, se pur con una dubbia procedura, dal fatto che in quel momento egli era al servizio di un ufficio della Repubblica. Si disse che per corromperlo gli venissero offerti 400 fiorini ma il particolare è frutto di racconti fantastici fatti circolare per dimostrare la falsità dei processi del Savonarola. Gli atti di quei processi - il primo verbale fu letto nel Consiglio Maggiore il 19 aprile e suscitò grande scalpore - furono infatti al centro di critiche vivaci nelle cronache savonaroliane e nella opinione pubblica fiorentina del tempo, perché da essi risultava che il Savonarola aveva tra l'altro confessato di non essere un vero profeta. Così si disse da più parti che quei documenti erano stati completamente contraffatti da C. per venire incontro ai desideri dei commissari.
Le accuse degli antichi cronisti sono state in gran parte accolte dagli storici e dai biografi moderni come il Villari, il Pastor e lo Schnitzer. In epoca più recente, dopo il fondamentale studio del Ridolfi sui processi del Savonarola (1944), si è affermata una tendenza che porta a dare minor peso al ruolo avuto da C. in tutta la vicenda e a porre l'accento, più che non si fosse fatto in passato, sulla atmosfera di intimidazione che circondò gli interrogatori e sull'uso della tortura che ne alterò il significato. Secondo queste interpretazioni, C. avrebbe modificato in qualche parte ma non completamente falsato, i verbali che poi furono resi pubblici. In effetti, appare impossibile chiarire fino a qual punto un uomo abile e intelligente come lui, e come lui dotato di una lunga esperienza di lavori cancellereschi e di maneggi politici, abbia rielaborato le confessioni del Savonarola in modo da screditarlo e da giustificarne la condanna; come è anche difficile intuire se e quanto egli abbia contribuito a dare un corso iniquo agli interrogatori e a sottoporre l'imputato a pressioni e torture che ne annientassero la volontà. Per "remuneratione di sua faticha in examinare, scrivere, ordinare et formare il processo di frate Girolamo da Ferrara et delli altri frati", ricevette dai Dieci di libertà e di pace, il 16 giugno 1498, il compenso relativamente modesto di 14 fiorini d'oro; ma dopo i servizi resi nei mesi precedenti ritenne di poter aspirare ad altri riconoscimenti, e in quegli stessi giorni si fece portare nel Consiglio degli ottanta e nel Consiglio Maggiore fra i candidati alla carica, poi affidata al Machiavelli, di capo della seconda cancelleria della Repubblica fiorentina.
C. morì alla fine dell'anno 1498 o ai primi del successivo nella sua casa di Montecuccoli presso Barberino di Mugello. Secondo alcuni cronisti savonaroliani che più di altri contribuirono ad addossare una nota di infamia al suo nome, prima della fine avrebbe detto di non meritare perdono per i delitti commessi nei processi del 1498; ma anche queste notizie provengono da racconti popolari che hanno scarso fondamento. Aveva sposato, non sappiamo quando, Caterina Benvenuti, dalla quale ebbe almeno un figlio che chiamò Barone.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Tratte, 443 bis, c. 186r; Ibid., Catasto, 1015, c. 657rv; Ibid., Decima repubblicana, 26, c. 810rv; Ibid., Notarile antecos.,B583; Ibid., ibid., C 525, filza di testamenti, cc. 145r-148r, 187r; Ibid., Mediceo av. il Principato, XXVI, n. 441; XXVIII, n. 391; XXXIV, n. 37; XXXIX, nn. 353, 489; XLI, n. 180; XLII, n. 382; LI, nn. 345, 346; LXXII, nn. 18, 19, 92, 95, 98, 113, 121; CII, nn. 1-134; CXXIV, n. 172; Ibid., Dieci di Balia Deliberazioni, condotte e stanziamenti, 35, c. 124v; 45, c. 68r; 48, cc. 41v, 88v; Ibid., ibid., Debitori e creditori, 39, c. LXIIv; Arch. di Stato di Siena, Missive del Concistoro, 2010, c. 88; Ibid., Concistoro, 592, cc. 57v-58r, 172rv; 2011, c. 11r; Ibid., Consiglio generale, 230, c. 595r; Firenze, Bibl. nazionale, Palatino 1103, c. 5v; Ibid., Magliabech. VIII. 906, cc. 1-16; Ibid., Carte Ginori-Conti, 29, ins. 101, cc. 1-46. Annotazioni relative a lettere di Lorenzo de' Medici a C. sono in Protocolli del carteggio di Lorenzo il Magnifico per gli anni 1473-74, 1477-92, a cura di M. Del Piazzo, Firenze 1956, ad Indicem. Una lettera di C. a Lorenzo de' Medici e due al Michelozzi sono edite in M. Del Piazzo, Nuovi docc. sull'incidente aretino del Pico della Mirandola nel 1486, in Rass. degli Arch. di Stato, XXIII(1963), 2, p. 278; e in T. De Marinis-A. Perosa, Nuovi docc. per la storia del Rinascimento, Firenze 1970, pp. 67-72. Per la carriera di C. negli uffici del governo fiorentino si veda D. Marzi, La cancelleria della Repubblica fiorentina, Rocca San Casciano 1910, ad Indicem.
Edizioni dei processi del Savonarola e dei suoi confratelli: il cosiddetto primo processo del Savonarola (9-19 aprile) venne stampato a Venezia alla fine di maggio o nel giugno del 1498 e in altre due edizioni di poco posteriori a Firenze e a Roma; venne ripubbl. in G. F. Pico della Mirandola, Vita r. p. fr. Hier. Savonarolae Ferrariensis, a cura di J. Quétif, Parisiis 1674, II, pp. 428-462 e poi, con l'aggiunta degli altri docum. processuali redatti da C. e dei verbali del processo ecclesiastico, in P. Villari, La storia di fra' G. Savonarola e de' suoi tempi, Firenze 1930, II, pp. CXLVII-CCLXXXVII. I documenti editi dal Villari sono stati nuovamente pubblicati, con alcune riduzioni, da R. Klein, Il processo di G. Savonarola, Bologna 1960, passim. Notizie su C. e sui processi del 1498 sono nei cronisti e negli storici contemporanei: fra' Benedetto, Vulnera Diligentis, in P. Villari, La storia, cit., II, pp. CXXXII-CXLIV; L. Violi, Apologia, ibid., p. LXXIV; Id., Le giornate, ibid., pp. CVIII-CXXXI; fra' P. Cinozzi, Epistola, in P. Villari-E. Casanova, Scelta di prediche e scritti di fra' G. Savonarola con nuovi documenti intorno alla sua vita, Firenze 1998, pp. 27 s.; S. Filipepi, Cronaca, ibid., pp. 453, 489, 493, 499, 505-508; B. Redditi, Breve compendio e sommario della verità predic. e profetata dal rever. p. fra' Girolamo da Ferrara, in J. Schnitzer, Quellen und Forsch. zur Geschichte Savonarolas, I,München 1909, pp. 68-70; T. Ginori, Libro di debitori e creditori e ricordanze, ibid., pp. 103 s.; B. Cerretani, Storia fiorentina, ibid., III,München 1904, pp. 71 s.; P. Parenti, Storia fiorentina, ibid., IV, Leipzig 1910, pp. 267-282; L. Landucci, Diario fiorentino dal 1450 al 1516, a cura di I. Del Badia, Firenze 1883, pp. 172 s.; G. F. Pico della Mirandola, Vita, cit., I, pp. 75-86, 96-110; La vita del beato Ier. Savonarola scritta da un anonimo del secolo XVI e già attribuita a fra' Pacifico Burlamacchi, a cura di R. Ridolfi, Firenze 1937, pp. 138, 168 s., 171 s., 176, 189, 191, 195 s., 224 s.; F. Guicciardini, Storie fiorentine, a cura di R. Palmarocchi, Bari 1931, pp. 153-155; Id., Storia d'Italia, a cura di C. Panigada, Bari 1929, I; pp. 297 s.; I. Nardi, Istorie della città di Firenze, a cura di A. Gelli, Firenze 1858, I, pp. 125 ss. Si veda inoltre G. O. Corazzini, Ser C. di ser Barone, in Miscell. fiorentina di erudiz. e storia, II(1899), 21, pp. 129-137; J. Schnitzer, Quellen...,I,cit., pp. 19 s., 93; II, München 1904, p. 164; III, cit., pp. XXI, 73; IV, cit., p. XLVII; Id., Savonarola, Milano 1931, II, pp. 59, 79, 94, 101, 107 s., 110 ss., 116, 128, 140-143, 147, 507; P. Villari, La storia…, cit., II, pp. 180-251; L. von Pastor, Storia dei papi, III, Roma 1942, pp. 494-498; R. Ridolfi, I processi del Savonarola, in La Bibliofilia, XLVI (1944), pp. 2-41; Id., Ancora i processi del Savonarola, ibid., XLVII (1945), pp. 41-48; Id., Il processo del Savonarola, in Il Corriere della Sera, 23 maggio 1961; Id., La vita di G. Savonarola, Firenze 1974, pp. 369-381, 389 s., 395, 436, 644 ss., 648; C. di ser Barone, in Il notariatonella civiltà italiana, Milano 1961, pp. 179-183; G. Ristori, Ser Francesco di ser Barone Baroni e il suo servizio nella cancelleria della Repubblica fiorentina (1480-1494), in Arch. stor. ital., CXXXIV (1976), pp, 231-280; Id., Il Carteggio di ser Francesco di ser B. Baroni, in Rinascimento, s. 2, XVII (1977), pp. 279-303.