UGURGIERI, Cecco
– Nacque a Siena, probabilmente nei primi decenni del XIV secolo da Meo Mellone degli Ugurgieri. Noto anche con il nome di Francesco degli Ugurgieri (come informano Crescimbeni, 1730, p. 4, e Quadrio, 1741, p. 180), appartenne al ramo cittadino di un’antica famiglia nobile e feudale di stirpe franca: gli Ugurgieri della Berardenga, il cui rappresentante più illustre è il fratello maggiore Ciampolo di Meo degli Ugurgieri (nato attorno «agli ultimi anni del Duecento», autore di un volgarizzamento senese dell’Eneide di Virgilio: v. Lagomarsini, 2018, p. 19).
L’archivio storico della famiglia Ugurgieri si è mantenuto integro fino al XVIII secolo, ed è oggi perduto. Grazie alle indagini di Paolo Cammarosano sappiamo che il capostipite degli Ugurgieri, Ugo di Ruggieri, si inurbò verso la metà del XII secolo e rapidamente si inserì nel tessuto cittadino, entrando a far parte del ceto dominante (nel «1188 e nel 1192 l’ormai anziano Ugo fu tra i consoli di Siena»: Cammarosano, 1974, p. 198). Sappiamo che la famiglia si stabilì nel Terzo di San Martino (non lontano dall’abbazia della Berardenga) e che «dal castellare dei nobili Ugurgieri, potenti ghibellini, [...] partì l’esercito senese per la battaglia di Montaperti nel 1260» (Bowsky, 1986, p. 50). Almeno due tracce informano di un rapporto non facile con il governo senese: in una cronaca antica si legge che gli Ugurgieri furono banditi da Siena (sempre per pochi mesi) due volte, nel 1314 e nel 1315 (cfr. Agnolo di Tura del Grasso, 1939, pp. 344 e 347); la famiglia risulta presente negli elenchi «di casati esclusi per legge dal popolo e successivamente dai Nove» (segnalati in Bowsky, 1986, pp. 110 s.).
Non si sa con esattezza l’anno in cui Cecco nacque. Secondo quanto riportato verso la metà del Seicento da Isidoro Ugurgieri Azzolini (1649), egli «fiorì circa gli anni del Signore 1350» (p. 548). A metà Ottocento Aurelio Gotti (1858, p. VIII), editore del volgarizzamento del fratello Ciampolo, segnalò (senza indicare la fonte) l’esistenza di Cecco nel 1319; sulla scorta di questa indicazione (che, se affidabile, potrebbe essere interpretata come un termine ante quem per la nascita di Cecco), Carlo Del Balzo (1890, p. 100) ne fissò erroneamente la data di nascita a quell’anno (l’imprecisione è ripetuta in Messina, 1984, p. 802, e Bellomo, 2004, p. 383).
Stando a quanto si ricava dalla tavola genealogica allestita da Lorenzo Grottanelli nella Genealogia e storia degli Ugurgieri conti della Berardenga (1881, tav. VIII), oltre al già ricordato Ciampolo, Cecco ebbe altri due fratelli: Vanni (che sposò Petra di Senzo Guastelloni, una delle nipoti di Pia dei Tolomei) e Sozino (nell’albero è compreso anche Andrea di Deio degli Ugurgieri da Siena, un cugino di Cecco, estensore nel 1322 di una copia della versione del Roman de Troie volgarizzata da Binduccio dello Scelto, oggi conservata a Firenze, Biblioteca nazionale, Magl. II.IV.45). Per quanto sia difficile verificare la bontà delle non sempre precise informazioni raccolte da Grottanelli nei profili e nelle tavole genealogiche (le fonti sono citate sporadicamente, ma è probabile che egli abbia avuto modo di consultare l’archivio storico della famiglia prima che si disperdesse: v. Cammarosano, 1974, p. 211 n. 179), le notizie relative ai nomi dei fratelli trovano parziale conferma in una lista del 1326 (trascritta in Agnolo di Tura del Grasso, 1939, p. 447) in cui Cecco e Vanni occorrono insieme, entrambi sotto il patronimico «di Meo Mellone» (si tratta dell’elenco degli invitati al banchetto organizzato da Sozo di Bandinello Bandinelli in occasione dell’investitura a cavaliere del figlio).
Nel repertorio di Ugurgieri Azzolini (1649) si legge che Cecco sposò Agnesina Monaceschi Pecorari, che appartenne a una famiglia di nobili di Torrita di Siena («consorti di Ghino di Tacco», p. 549). Dalla moglie, stando alla tavola di Grottanelli (1881, tav. VIII), Cecco ebbe due figli maschi – Giovanni (sposo di Margherita di Zano di Tuccio Petrucci, e, in seconde nozze, di Rabè di Francesco di Andreoccio Ranuccini) e Meo (un cavaliere, di cui è conservato il sigillo equestre) – e una figlia femmina, Orsina (moglie di un tal Mino di Fazio).
Non abbiamo informazioni relative alla sua formazione culturale, come pure non sappiamo quale fosse la sua attività professionale. La maggioranza delle notizie antiche raggiungibili mettono in risalto il suo profilo di autore letterario. A Ugurgieri sono infatti attribuite diverse rime in volgare toscano. La prima notizia della sua attività di poeta si recupera nel Turamino, ovvero del parlare e dello scrivere sanese del 1602, in cui Scipione Bargagli attribuì a Ugurgieri la composizione di un capitolo ternario associato alla Commedia dantesca: «tra le [...] rime si legge un Capitolo, ogni terzetto del quale contiene un canto di Dante e ogni primo verso del terzetto è il medesimo che ’l primo verso di quel Canto» (p. 37).
Si tratta di tre capitoli ternari che riassumono e commentano le cantiche del poema dantesco (sono conosciuti con il titolo di Compendio, ma vengono chiamati Commedia abbreviata in Roediger, 1888, p. 354, che elaborò questo titolo sull’incipit di ciascun ternario: «Cammino di morte abbreviato Inferno»; «Camino di Purgatorio abbreviato»; «Camin di Paradiso breve scripto»). È lecito far risalire la loro composizione attorno alla prima metà del Trecento. I ternari seguono la struttura del poema dantesco: dopo la terzina d’introduzione (che funge da rubrica), ogni terzina comincia con il primo verso del canto dantesco che riassume (solo a Paradiso XXV e XXXIII sono dedicate due terzine).
Da Bargagli la notizia dell’attribuzione del Compendio a Cecco passò al repertorio di Ugurgieri Azzolini (1649, p. 548) e venne ribadita, anche se debolmente problematizzata, nelle Novelle letterarie di Giovanni Lami del 1756 («Adunque vi metterei ancora il Capitolo di Cecco di Meo Mellone Ugurgieri Sanese, come alcun crede», col. 612). Un anno prima della nota di Lami, il Compendio era uscito per la prima volta a stampa (accolto nella serie delle Deliciae Eruditorum Seu Veterum Anekdotōn Opusculorum Collectanea) non associato al nome di Cecco (pubblicato come «opera [...] d’incerto autore e per avventura di messer Bosone da Gubbio»: Raffaelli, 1755, p. 463, che ne ricavò il testo da un codice di sua proprietà). Nell’Ottocento «Cecco di Meo Mellone degli Ugurgeri» ricomparve come autore dei tre capitoli ternari, ma solo nell’edizione di Del Balzo (1890, p. 82): per Crescentino Giannini, che ripubblicò il testo nel 1894, i capitoli in questione erano opera di Mino di Vanni d’Arezzo (anch’esso esegeta di Dante, autore delle Chiose sopra la Commedia).
Nessuno dei codici del Compendio giunti fino a noi associa al testo in terzine il nome di Cecco Ugurgieri. A oggi, tenendo conto delle ultime segnalazioni di Lorenzi Biondi (che aggiunge quattro manoscritti a quelli noti a Bellomo, 2004, p. 384), il numero dei testimoni dell’opera conta ventuno codici. Di questi, soltanto quattro (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Pluteo XC sup. 133; Roma, Biblioteca Casanatense, 392; Londra, British Library, Harley 3459; Madrid, Biblioteca nacional, 10186) trasmettono il testo del Compendio non abbinato a un’altra opera trecentesca in terza rima che riassume e commenta il poema di Dante, ovvero le Chiose alla Commedia di Mino di Vanni d’Arezzo. Nel resto della tradizione, infatti, i tre capitoli di Ugurgieri sono tramandati o insieme alle Chiose (Firenze, Biblioteca Laurenziana, Strozzi 148; Firenze, Biblioteca Riccardiana, Riccardiano 1158; Roma, Biblioteca dell’Accademia nazionale dei Lincei e Corsiniana, 44.E.33; Archivio di Stato di Perugia, Fondo Armanni, I.D.34), oppure, nella maggioranza dei casi (Boston, Isabella Stewart Gardner Museum, 11; Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Ott. Lat. 2864; Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Acquisti e Doni 326, Pluteo 90 sup. 139, Strozzi 161; Firenze, Biblioteca nazionale, II II 40, Landau Finaly 89, Magl. VII 1086; Firenze, Biblioteca Riccardiana, Riccardiano 1036, 1050, 1200; Parigi, Bibliothèque national de France, Italien 535; Pistoia, Biblioteca Forteguerriana, D.311), sono trasmessi ‘montati’ all’interno di esse, con funzione introduttiva, collocandosi «in testa ai gruppi dei capitoli riguardanti le singole cantiche, creando in tal modo la seguente successione: il capitolo sull’Inferno dell’Ugurgieri, i 4 capitoli di Mino riguardanti l’Inferno, il capitolo sul Purgatorio dell’Ugurgieri, i 3 capitoli di Mino che trattano del Purgatorio, il capitolo sul Paradiso dell’Ugurgieri e l’unico capitolo di Mino inerente al Paradiso» (Lorenzi Biondi, 2010, p. 53).
A Ugurgieri Giovan Mario Crescimbeni (1730, p. 4) attribuì «una Cantilena di Stanze 17» che l’erudito dichiarò di aver letto «nel codice Boccoliniano» (un manoscritto che fu posseduto da Giovanni Battista Boccalini e che oggi risulta perduto). Non si può escludere che sia la stessa «canzone morale» in volgare, intitolata Cantilena haec mundi malitias arguit, che l’abate Luigi De Angelis (1818) trovò assegnata a «Cecco di Meo Mellone Ugurgeri» in uno dei manoscritti della Biblioteca comunale di Siena (p. 206).
De Angelis, per dare conto della cantilena contenuta nel «cod. cart. in fol. presso di me. 56», oltre al titolo ne trascrisse anche i primi versi: «O malitia humana, o menti sciocche / O chori obtenebrati, o luci vane / O genete iniqua, o veritade spenta ec.» (Grottanelli, riprendendoli probabilmente da questo catalogo, li riportò identici nel suo profilo: 1881, p. 151).
Da una postilla che De Angelis fece dopo aver dato conto del testo della Cantilena, si ricava che Ugurgieri fu considerato l’autore dei noti versi che compaiono sotto l’affresco del Buono e cattivo governo di Ambrogio Lorenzetti nel Palazzo pubblico di Siena: solo Grottanelli (ibid.), a mia notizia, li attribuì con certezza a Ugurgieri (forse fraintendendo le considerazioni di De Angelis; al proposito v. Brugnolo, 1997, p. 322, Donato, 2004, e 2005).
Verso la fine del suo medaglione Grottanelli (1881) dichiarò: «nel codice del volgarizzamento di Ciampolo di Meo Mellone, suo fratello, si trovano alcune note che si vogliono ne sia autore Cecco» (p. 151). La questione delle note di commento al volgarizzamento virgiliano è complessa (al proposito v. Lagomarsini, 2018). Tuttavia, in una famiglia di testimoni che conserva chiose a tutto il testo, l’anonimo commentatore accenna alla volontà di commentare anche il poema di Dante, lasciando intendere di conoscere il Paradiso (ibid., p. 152).
La data della morte è difficile da fissare. Se consideriamo veritiera la notizia che (senza indicare la fonte) Grottanelli fornisce nel suo profilo («Cecco era esecutore delle gabelle nel 1365», 1881, p. 151) è possibile dedurre che egli sopravvisse alla terribile peste che colpì Siena nel 1348 (provocando un numero ingente di morti, tra i quali forse anche il fratello Ciampolo) e fissare al 1365 un termine post quem.
Fonti e Bibl.: S. Bargagli, Turamino, ovvero del parlare e dello scrivere sanese, Siena 1602, p. 37 (si veda ora l’ed. a cura di L. Serianni, Roma 1976); I. Ugurgieri Azzolini, Le pompe sanesi, overo Relazione delli huomini e donne illustri di Siena, e suo Stato, Pistoia 1649, p. 548; G.M. Crescimbeni, Dell’Istoria della volgar poesia, V, Venezia 1730, p. 4; F.S. Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia, II, Milano 1741, p. 180; F.M. Raffaelli, Della famiglia, della persona, degl’impieghi e delle opere di messer Bosone da Gubbio, Firenze 1755, p. 463; G. Lami, Novelle letterarie pubblicate in Firenze, XVII, Firenze 1756, col. 612; L. De Angelis, Capitoli dei disciplinati della venerabile Compagnia della Madonna, Siena 1818, p. 206; A. Gotti, L’Eneide di Virgilio volgarizzata nel buon secolo della lingua da Ciampolo di Meo degli Ugurgeri senese, Firenze 1858, p. VIII; L. Grottanelli, Genealogia e storia degli Ugurgieri conti della Berardenga, Siena 1881, passim; F. Roediger, Dichiarazione poetica dell’inferno dantesco di frate Guido da Pisa, in Il Propugnatore, I (1888), 1, pp. 326-395; C. Del Balzo, Poesie di mille autori intorno a Dante Alighieri raccolte ed ordinate cronologicamente con note storiche, bibliografiche e biografiche, II, Roma 1890, pp. 82-100; C. Giannini, L’orditura della Divina Commedia, Firenze 1894, pp. 95-111; G. Cecchini, Ugurgieri della Berardenga, in Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti, App. I, Roma 1938, p. 1077; Agnolo di Tura del Grasso, Cronaca senese, a cura di A. Lisini - F. Iacometti, in RIS, XV, parte 6, Bologna 1939, pp. 253-546; P. Cammarosano, La famiglia dei Berardenghi. Contributo alla storia della società senese nei secoli XI-XIII, Spoleto 1974, passim; M. Messina, C. di Meo Mellone degli U., in Enciclopedia dantesca, V, Roma 1984, p. 802; W.M. Bowsky, A medieval Italian commune. Siena under the Nine (1287-1355), Berkeley 1981 (trad. it. Bologna 1986, pp. 50, 110 s.); F. Brugnolo, “Voi che guardate...”. Divagazioni sulla poesia per pittura del Trecento, in “Visibile parlare”. Le scritture esposte nei volgari italiani dal Medioevo al Rinascimento. Atti del Convegno..., Cassino... 1992, a cura di C. Ciociola, Napoli 1997, pp. 305-339; S. Bellomo, C. di Meo Mellone degli U., in Dizionario dei commentatori danteschi. L’esegesi della Commedia da Iacopo Alighieri a Nidobeato, Firenze 2004, pp. 383-385; M.M. Donato, “Quando i contrari son posti da presso...”. Breve itinerario intorno al Buon Governo tra Siena e Firenze, in Il Buono e il Cattivo Governo. Rappresentazioni nelle arti dal Medioevo al Novecento (catal.), a cura di G. Pavanello, Venezia 2004, pp. 21-43; Id., Dal “Comune rubato” di Giotto al “Comune sovrano” di Ambrogio Lorenzetti (con una proposta per la canzone del Buon Governo), in Medioevo. Immagini e ideologie. Atti del Convegno... Parma... 2002, a cura di A.C. Quintavalle, Milano 2005, pp. 489-509; C. Lorenzi Biondi, Le “Chiose sopra la Commedia” di Mino di Vanni d’Arezzo, in Studi di filologia italiana, LXVIII (2010), pp. 51-170; C. Lagomarsini, Æneis. Volgarizzamento senese trecentesco di Ciampolo di Meo Ugurgieri, Pisa 2018, pp. 135-154.