ANGIOLIERI, Cecco
Nacque da Angioliero e da Lisa Salimbeni, in Siena, prima del 1260. Probabilmente nella battaglia di Campaldino conobbe Dante, con cui fu poi in corrispondenza poetica. Si può ritenere che morisse nel 1312. Documenti storici testimoniano la sua vita sregolata; il suo Canzoniere (centocinquanta sonetti) la illustra largamente, e la fa cominciare con il suo amore per Becchina. Odiò, per la loro avarizia, il padre e la madre: e lo affermò cinicamente più volte e nel più famoso dei suoi sonetti (S'i'fosse foco, arderei 'l mondo"). Dalla sua breve opera vien fuori una figura di poeta empio e triste, che fu spesso accostata a quella di altri, certo più profondi. Ma senza dubbio egli è il più forte e il più personale tra i nostri lirici comici del Duecento e del Trecento, pur avendo una violenza d'ispirazione un po' superficiale e povera. Pochi sonetti bastano a definirlo. Ha uno stile tagliente e impetuoso, e qualche momento di nerissima tristezza. Nel sonetto citato v'è il suo umore tetro e il suo cinismo: gli altri non aggiungono sostanzialmente nulla a questa sua psicologia di libertino e di ubriaco turbolento e torvo.
Il migliore dei manoscritti contenenti i sonetti dell'A. è il codice chigiano L. VIII. 305. Per le edizioni basti citare quella contenuta nel 1° volume dei Sonetti burleschi e realistici dei primi due secoli a cura di A. F. Massèra (Bari 1920).
Bibl.: A. D'Ancona, Stdi di critica e di storia letteraria, Bologna 1912, I, pp. 163-275; C. Steiner, introduzione all'edizione commentata del Canzoniere, Torino 1925.