Poeta (n. Siena prima del 1260 - m. tra il 1311 e il 1313). Dal 1281 (anno in cui prese parte alla campagna militare per la conquista del castello di Turri) al 1291 (anno in cui fu coinvolto nel processo per un ferimento) si hanno documenti della sua vita sregolata in patria; poi sembra abbia esulato; partecipò anche, col contingente senese, alla battaglia di Campaldino (1289) e forse in questa occasione conobbe Dante; nel 1303 era forse a Roma. Nel suo canzoniere, fra i più ricchi (150 sonetti, successivamente, con i più recenti studî, ridotti a poco più di 120) e significativi del tempo, canta le vicende tristi e liete del suo amore per Becchina, la predilezione per "la taverna e il dado", la "malinconia" di non potere, per l'avarizia e la bigotteria dei genitori, ai quali augura la morte, dar pieno corso a queste sue passioni. Nel passato, s'individuava romanticamente la fonte della poesia dell'A. in un drammatico contrasto, risolto in spavaldo cinismo, tra l'insopprimibile istinto e la coscienza dell'abiezione di esso. Ora si tende invece a veder nell'A. un poeta essenzialmente scherzoso, che, inserendosi in una corrente letteraria preesistente e che continuerà dopo di lui, volutamente esagera in tono popolaresco i proprî elementari sentimenti e afferma la realtà di questi, contro l'idealizzazione di altri modi d'arte, specie lo stilnovistico, conquistando un suo personale stile comico.