CECCHINO da Verona
La data di nascita di questo pittore si può verisimilmente collocare intorno al 1406, a quanto si deduce dall'anagrafe, risalente circa al 1439, relativa alle contrade veronesi di S. Salvaro e S. Sebastiano. In essa il pittore è menzionato insieme con la moglie Bartolomea e gli si attribuisce l'età di trentatré anni (Mazzi, 1912, p. 51). Nel 1432 è certa la presenza dell'artista a Siena: nei documenti relativi alla Madonna delle Nevi, dipinta dal Sassetta per il duomo, egli appare come uno dei giudici interpellati per la valutazione dell'opera. Nelle carte veronesi è citato come testimonio negli atti testamentari di Francesco Brenzoni e della sorella di questo, rispettivamente del 18 marzo e del 6 apr. 1439, dove è detto "M. Francisco dicto Cichino pictore condam Franceschini de San Sebastiano" (Biadego, 1908-10). Di nuovo è ricordato a Verona negli estimi della contrada di S. Fermo per gli anni 1443, 1447, 1456 (Mazzi); mentre non trova conferma nell'estimo di S. Fermo del '64 la notizia - riportata dallo Zannandreis e da questo ricavata dalle postille alle Vite del Dal Pozzo dell'arciprete Campagnola - della menzione di C. per quell'anno. Che si tratti di un errore sembra del resto confermato dal fatto che in questo dato non s'imbatté neppure il Mazzi nelle sue attente ricerche d'archivio.
La morte del pittore pare sia da collocarsi prima del 1480: la notizia si ricava da un documento relativo alla figlia, segnalato da Gerola (Borenius, in Crowe-Cavalcaselle, 1912, II, p. 168; Bernath, in Thieme-Becker).
Forse può essere messo in relazione con C. il pittore Marco veronese, indicato come "quondam Zecchino" in un documento dell'ott. 1472 (Sartori, 1976, p. 418): la morte di C. potrebbe quindi essere anticipata.
Se la personalità anagrafica di C. può essere in parte ricostruita su un sia pur modesto numero di documenti, la fisionomia pittorica dell'artista appare assai più problematica, tanto più che nessun contributo al suo chiarimento è offerto dalle antiche fonti veronesi nelle quali egli appare sconosciuto. L'unico dipinto che gli si deve con certezza è la tavola del Museo diocesano di Trento con la Madonna e i ss. Sisinio e Vigilio, opera densa di umori tardogotici, scompartita a mo' di trittico e firmata sul pilastrino di destra. Non vi si riscontra però la data 1454insistentemente riferita da molti studiosi: data che tuttavia non dovrebbe discostarsi troppo dal vero, secondo il parere del Cavalcaselle e del Longhi, concordi nel collocare l'esecuzione del dipinto intorno alla metà del secolo. L'altra opera che la tradizione attribuisce a C. è la Madonna tra i ss. Giobbe e Bonaventura, già nella cappella Torriani in S. Fermo a Verona, oggi nella cappella Brenzoni, restaurata nel 1628 e di nuovo nel 1874. Non si tratta però di un dipinto firmato (Bernath, in Thieme-Becker), e sulla sua appartenenza all'artista già sollevava dubbi anche lo Zannandreis, riconoscendolo affatto incongruente con il linguaggio di C., quale almeno appare nella tavola di Trento. Si tratta infatti di un'opera cronologicamente più avanzata, già conscia di quel mantegnismo superficiale diffusosi a Verona nel secondo Quattrocento.
Ma il più complesso problema critico relativo all'artista è quello impostato dal Longhi nel '28e ripreso nel '40, quando, riscontrando nei tondi del Giudizio di Paride al Bargello e nella collezione Le Roy e nell'anconetta n. 5 del Fogg Museum di Cambridge elementi di cultura nordica intrecciati a modi senesi nella direzione di Giovanni di Paolo e del Sassetta, suggeriva di porre questi dipinti in relazione a C., la cui situazione culturale di maestro settentrionale informato sui fatti toscani dovrebbe coincidere con quella che emerge da tali opere. L'ipotesi - suggestiva ma di difficile verifica in mancanza di sicuri dati stilistici del pittore intorno al '30 -veniva ripresa dallo Zeri che avvicinava ai dipinti indicati dal Longhi altre opere, sempre col dubitativo riferimento al "supposto Cecchino". Gli sportelli con i SS. Giovanni Battista e Margherita in collezione privata, il S. Sebastiano del Museo di Semur, gli Angeli musicanti della William Rockhill Nelson Gallery di Kansas City venivano così, sia pure con molta prudenza, segnalati quali possibili arricchimenti del catalogo dell'artista. Prossimi al corpus così costituito dovrebbero essere pure, secondo lo Zeri, gli affreschi del portico della chiesa di Lecceto, che già il Brandi aveva pensato di poter accostare al Maestro del Giudizio di Paride, per poi risolvere la questione a favore di un pittore locale attivo intorno al 1420-25.
La ricostruzione dello Zeri, condivisa sostanzialmente dalla Castelfranchi Vegas, non trova però credito né presso il Magagnato né presso il Puppi.
Bibl.: C. Bernasconi, Studi sopra la storia della pittura ital. dei sec. XIV e XV e della scuola pittorica veronese …, Verona 1864, II, p. 234; D. Zannandreis, Le vite dei pittori, scultori e architetti veronesi, Verona 1891, p. 39; V. Zippel, La mostra d'arte sacra a Trento, in Arch. trentino, XX (1905), p. 205; V. Casagrande, Catal. del Museo diocesano, trentino, Trento 1909, p. 17; G. B. Cervellini, Per la storia dell'arte veronese nel Trentino,in Madonna Verona, III (1909), p. 136; G. Biadego, Pisanus pictor, in Atti del R. Ist. veneto di scienze, lett. e arti, s. 8, XI (1908-10), p. 243 nn. 2, 3; A. Venturi, Storia dell'arte ital., VII, 1, Milano 1911, p. 238; J. A. Crowe-G. B. Cavalcaselle, A history of painting in North Italy, a cura di T. Borenius, London 1912, II, p. 168; A. Mazzi, Gli estimi e le anagrafi inedite dei pittori veronesi del secolo XV, in Madonna Verona, VI (1912), p. 51; P. Toesca, La pittura e la miniatura nella Lombardia, Milano 1912, p. 576 n. 1; P. M. Tua, Per un elenco delle opere pittoriche della scuola veronese prima di Paolo,in Madonna Verona, VI(1912), p. 104; R. Van Marle, The Development of the Ital. Schools of Painting, VII,The Hague 1926, p. 312; IX, ibid. 1927, pp. 274-75; R. Longhi, Ricerche su gli anni di Francesco, in Pinacotheca, I(1928), p. 35; M. Salmi, Gli affreschi nella Collegiata di Castiglione Olona, in Dedalo,IX (1928), p. 13; R. Longhi, Fatti di Masolino e Masaccio, in La Critica d'arte…, V(1940), pp. 185 s. n. 23; C. Brandi, Pietro di Giovanni di Ambrogio, in Le Arti, V(1943), p. 133 nn. 14 s.; C. Brandi, Quattrocentisti senesi, Milano 1949, pp. 135, 188 n. 27, 252; F. Zeri, Inediti del supposto "C. da Verona",in Paragone, II (1951), 17, pp. 29-32; L. Magagnato, Da Altichiero a Pisanello (catalogo), Venezia 1958, p. 63; R. Longhi, Una mostra a Verona, in L'Approdo letterario, I(1958), p. 7; L. Puppi, C. da Verona e il "Maestro del Giudizio di Paride" al Bargello, in Cultura atosina, XII (1958), pp. 3-7; C. Volpe, Nuove prospettive sui Lorenzetti, in Arte antica e moderna, 1960, p. 275; L. Castelfranchi Vegas, Il gotico internazionale in Italia, Roma 1966, pp. 50-51, 53; P. Zampetti, A Dict. of Venetian Painters, Leigh-on-Sea 1969, I, p. 38; A. Sartori, Docum. per la storia dell'arte a Padova, Vicenza 1976, p. 418; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 256.