CAYLINA, Paolo, il Giovane
Pittore, figlio di Bartolomeo e di Margherita Moracavalli, nacque a Brescia verso il 1485 (Ffoulkes-Majocchi, p. 219), fu nipote, procuratore quindi erede ed esecutore testamentario di V. Foppa.
Già chiamato, in passato, con nomi diversi (Paolo Foppa, Paolo Zoppo, Vincenzo Foppa il Giovane), e sdoppiato nella personalità con attribuzione di opere e documenti propri di altri artisti (Foppa, Ferramola, Moretto, Romanino) e viceversa, è oggi invece chiaramente individuato con la ricostruzione del suo non scarso anche se alquanto farraginoso catalogo, grazie agli studi soprattutto di A. Morassi, C. Boselli e G. Panazza.
Nel 1503 e 1504 era rispettivamente a Milano e a Pavia, come procuratore del Foppa (Ffoulkes-Majocchi, pp. 223, 225, 228); nel 1505-06 ("Paulo da Bressa", "Paulo de Pavia depentor") decorava i camerini di Lucrezia Borgia nel castello di Ferrara dove egli eseguiva anche altri lavori e dove conobbe il Bembo che lo ricorda (però sotto il nome di Paolo Zoppo) come amico di Giovanni Bellini (Venturi).
Fra il 1514 e il '24 è ricordato in vari documenti bresciani riguardanti interessi familiari. Circa il 1527 eseguì parte degli affreschi della chiesa bresciana di S. Giulia insieme con il Ferramola; del 1541 è la pala di S. Girolamo in S. Maria delle Grazie, a Brescia; nel 1545, che è la data dell'ultimo documento noto, era ancora vivo.
Numerose sono le opere del C. o comunque a lui attribuite; ma incerta, per mancanza di documentazione, ne è la sequenza cronologica che si è cercato di ricostruire per lo più in base alle corrispondenze stilistiche con opere e modi di artisti contemporanei ai quali variamente si ispirò. Perciò, poco dopo il già ricordato soggiorno ferrarese, circa il 1510, va collocato il polittico con la Deposizione inS. Afra restituitogli dal Panazza (cfr. Storia di Brescia, II, p.988 e nota 4). Tra il 1514 e il '22, posteriore alla pala del Francia nella chiesa bresciana di S. Giovanni, è stato collocato il polittico della parrocchiale di Lavone (Madonna con Bambino, Santi, la Trinità),con evidenti richiami, oltre che allo stesso Francia, al Civerchio e al Bergognone.
Intorno al 1518-20 sembrano assegnabili le ante d'organo della chiesa bresciana dei SS. Nazaro e Celso, con il Martirio dei santi titolari. Anteriori al 1527, in quanto ancora immuni dall'influenza delRomanino, si considerano gli affreschi di S. Salvatore dove però compaiono citazioni varie dal Bramantino, dal Luini e da Gaudenzio Ferrari. Sicuramente databili al '27 - seguendo la traccia degli ultimi studi del Panazza - sono gli affreschi di S. Giulia (Museo Cristiano di Brescia: cappelle del lato nord e alcune figure sotto la Crocifissione) eseguiti in collaborazione col Ferramola, tra echi ancora del Civerchio e la suggestione del Romanino che si fa ormai preminente. Seguono alcune opere ora nella Pinacoteca: Ultima Cena, Cristo portacroce; gliaffreschi di S. Cassiano; quindi la Deposizione di Nuvolento e la Cena di Milzano, attribuitegli dal Panazza (1963), tutte opere di stampo romaniniano non senza residui echi foppeschi commisti ad accenti nordici.
Verso il 1530-32 è da assegnare il ciclo del presbiterio di S. Giovanni Battista di Edolo (Panazza-Boselli), che, sempre nell'ambito di stretta influenza del Romanino (al quale fu a lungo riferita), segna forse il momento più alto del Caylina. È incerto se egli abbia lavorato all'Annunziata di Bienno (Panazza, 1965) come aiuto accanto al maggior collega del quale sembra ripetere testualmente motivi e composizioni, ad esempio negli affreschi di Sabbio Chiese e di Provaglio d'Iseo (chiesa del monastero). Più deboli sono comunque le opere dello scorcio del quarto decennio: la pala del 1533 con S. Nicolò (Pinacoteca di Brescia), la piccola tela con un Vescovo nella chiesa dei SS. Cosma e Damiano, la Salita al Calvario in S. Pietro in Oliveto.
Del 1541 è la pala della Madonna di S. Gerolamo in S. Maria delle Grazie: unica opera documentata (dopo gli affreschi di S. Giulia), dove, al ritorno di un "fondamentale accento lombardo-emiliano" si mescolano effetti luministici tra Moretto e Savoldo (Panazza-Boselli, p. 109). Ma è opera ormai di stanca ripetizione come la pala di Carzago Riviera, collegabile a quella morettiana di Francoforte (1540-45 circa) non meno che ai polittici giovanili di S. Afra e di Lavone.
Scarsamente dotato e privo di una vera personalità, il C. operò attingendo variamente ai contemporanei: anzitutto al Foppa, dal quale stentò a staccarsi, quindi al Civerchio, poi largamente al Romanino e infine, meno, al Moretto. Ma lo fece confusamente e senza un plausibile criterio, dando luogo a scarti di livello e a sconcertanti dissonanze di stile, anche quando, forse perseguendo la sua vena più congeniale, pretese a composizioni di stampo drammatico sulla falsariga di certe opere dello stesso Romanino e forse anche di stampe nordiche.
Già considerato anello di congiunzione fra l'arte del Foppa e la generazione dei grandi pittori bresciani del Cinquecento, il C. è stato ormai giustamente ricondotto al piùmodesto ruolo di un eclettico artigiano di provincia.
Fonti e Bibl.: F. Paglia, Giardino della pittura [1663-1670], a cura di C. Boselli, Brescia 1967, ad Indicem; F. Maccarinelli, Le glorie di Brescia [1747-1751], a cura di C. Boselli, Brescia 1959, ad Indicem; [M. Oretti], Pitture nelle città dello Stato Veneto... [1795], a cura di C. Boselli, in Comm dell'Ateneo di Brescia, CLVI (1957), pp. 148 s.; J. A. Crowe-G. B. Cavalcaselle, A History ofPainting in North Italy [1871],London 1912, III, pp. 321s.; S. Fenaroli, Dizionario..., Brescia 1877, pp. 135, 260ss.; A. Venturi, Pittori dellacorte ducale a Ferrara nella prima decade del sec. XVI, in Arch. stor. dell'arte, VII (1894), pp. 299 s.; E. Jacobsen, Die Gemälde der einheimischen Malerschule in Brescia, in Jahrbuch der Kgl. Preusz. Kunstsamml., XVII (1896), pp. 25 s.; C. J. Ffoulkes-R. Maiocchi, V. Foppa of Brescia, London 1909, ad Indicem; F. Canevali, Elencodegli edifici monumentali, opere d'arte e ricordistor. esistenti nella Valle Camonica, Milano 1912, p. 253; R. Longhi, Cose bresciane del '500, in L'Arte, XX(1917), p. 101; G. Nicodemi, G. Romanino, Brescia 1925, pp. 46ss. (rec. di R. Longhi, in L'Arte, XXIX [1926], p. 148; ma vedi anche ibid., p. 277); Id., La Pinacoteca Tosio-Martinengo, Bologna 1927, pp. 25, 27; A. Morassi, Pittori bresciani del Rinascimento: V. Foppa, in Emporium, LXXXIX (1939), p. 358; C. Boselli, Alexander Brixiensis, in L'Arte, XLV (1942), pp. 105, 124; G. Gombosi, Moretto daBrescia, Basilea 1943, p. 19 (rec. di G. Boselli, in Arte veneta, I[1947], p. 298); G. Panazza-C. Boselli, Pitture in Brescia dal Duecento all'Ottocento, Brescia 1946, pp. 104 ss.; P. Guerrini, Lavone di Pezzase, in Mem. stor. della Diocesi diBrescia, XV (1948), p. 85; M. L. Ferrari, G. Paolo da Cemmo, Milano 1956, ad Ind.; G. Panazza, Restauri e scoperte in Brescia, in Brescia, VII (1957), 27, p. 40; C. Boselli, Noterelle bresciane, in Arte veneta, XI (1957), p. 205; M. L. Ferrari, Lo pseudo-Civerchio...,in Paragone, XI (1960), 127, pp. 59 s., 69 nota 43; Id., Il Romanino, Milano 1961, pp. 306, 308, 310; G. Panazza, La pittura nella seconda metà del Quattrocento, in Storia di Brescia, Brescia 1963, II, pp. 799, 987-993; Id., Affreschi di G. Romanino, Milano 1965, p. 64; Id., Un'opera nuova di Paoloda Brescia, in Studi di storia dell'arte in on. diA. Morassi, Venezia 1971, p. 50; G. Dester, Origini e vicende, in S. Giovanni di Brescia, Brescia 1975, p. 32; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, pp. 240s.