CAVALLOTTO
. Sul finire del sec. XV e nei primi anni del XVI parecchie zecche, specialmente dell'Italia Settentrionale, impressero sulle monete la figura di un Santo, a cavallo in atto di trafiggere il drago, S. Giorgio, S. Seconda, S. Martino, o anche l'effigie del principe a cavallo. Queste monete vennero dette cavallotti; per la molteplicità degli emittenti e la varietà grande di peso di tali monete, è difficile stabilire quale ne fosse veramente il valore.
La più antica sembra quella (detta Rössler) coniata a Bellinzona dai tre Cantoni (1413-1425); poi vengono quelle di Lodovico II di Saluzzo (1475-1504), di Luigi XII di Francia coniate in Asti (1498-1515) e di Guglielmo II di Monferrato (1494-1518), che avevano un peso minore di 4 grammi, mentre Gian Giacomo Trivulzio (1487-1518) emise cavallotti che pesavano più di sei grammi e si dissero anche grossi da soldi 9. Intorno a questo tempo, altri principi e altre zecche coniarono monete di questo peso e valore che presero anche il nome di cornabò e cornuti. Poi la denominazione rimase a monete del valore di 6 e 4 soldi, anche se non avevano il cavallo come quelle della repubblica di Genova. Carlo III di Savoia (1504-1553) fece coniare cavallotti da tre grossi, detti di Piemonte, con lo scudo sabaudo e S. Maurizio a cavallo, più tardi sostituito da un cavallo libro retrospiciente.
Bibl.: Corpus Nummorum Italicorum, I, II, III, IV, IX, X, XI, Roma 1910-1929; E. Martinori, La moneta ecc., Roma 1915, p. 64.