cavallo
Numerose occorrenze, ma solo in Convivio e Inferno; un esempio in Fiore e uno in Detto.
Dei tre casi che compaiono in Inferno, due si riferiscono al c. di Troia, che fé la porta onde / uscì de' Romani il gentil seme (XXVI 59), e al quale allude Mastro Adamo, rivolgendosi a Sinone: Ricorditi, spergiuro, del cavallo (XXX 118).
In If XXVI 36 si tratta invece dei c. del carro di Elia, i quali al cielo erti levorsi con una rapidità tale da impedire a Eliseo di distinguere la figura di Elia che s'innalzava.
Molti luoghi del Convivio contengono riferimenti al c.: dicemo del cavallo virtuoso che corre forte e molto, a la qual cosa è ordinato (I V 11). Il cavaliere deve essere buono cavalcatore, perché uno sciolto cavallo, quanto ch'ello sia di natura nobile, per sé... bene non si conduce (IV XXVI 6).
Gli uomini desiderano massimamente il c., una volta giunti a una certa età: prima vogliono un pomo, e poi... uno augellino; e poi ... bel vestimento; e poi lo cavallo; e poi una donna (IV XII 16). Non tutti i c. sono di buona natura: in ciascuna spezie di cose veggiamo l'imagine di nobilitade e di viltade: onde spesse volte diciamo uno nobile cavallo e uno vile, e uno nobile falcone e uno vile (IV XIV 9, e v. anche XVI 5). Naturalmente è più laudabile uno mal cavallo reggere che un altro non reo (III VIII 19).
In Cv IV IX 10, la umana volontade è paragonata a un c., che come vada senza lo cavalcatore per lo campo assai è manifesto; il cavalcatore, che non si cura di governare e guidare l'uomo nella sfera temporale, è l'imperatore. Il passo ricorda la famosa invettiva contro l'Italia, in Pg VI 88-99, in cui il nostro misero paese è paragonato a un c. ribelle domato, ma poi del tutto abbandonato, dall'imperatore (anche se la parola non appare nel passo). Altre occorrenze in Cv IV XXIII 14, XXVII 13, XV 6 (in cui il c. è ricordato insieme all'asino), Fiore CCXVII 9 e Detto 410.